MAYBE, ONE DAY, WHO DOES KNOW? - di "Ireland's Sky"
L'autrice ritiene opportuno
precisare in che contesto si svolgono le vicende che narra:
La fan fiction si svolge prima che Gidan arrivi dopo essersi calato nell'albero
di Iifa per salvare Kuja. ...Ma allo stesso tempo (che complicata che sono ^^)
ancora prima che Freija accetti l'idea di poter ricostruire una vita con Flatrey.
Io penso che non sia una cosa così semplice allora ho voluto dare una mia
versione su come le due ragazze abbiano accettato il loro destino. Naturalmente
la storia delle protagoniste continua e il finale ci svela come ^_^.
(Vi consiglio di mettere come sottofondo la canzone, cantata o strumentale, "Melodies of Life")
"Però… però… però… promettimi che un giorno ritornerai."
Il sole calava piano verso l'orizzonte. Le nuvole che gli facevano da contorno erano rosa, con striature bianche ed azzurre. Accompagnavano il disco solare al suo giaciglio, con la dolcezza di una madre, lasciando così terso il cielo estivo che sovrastava la città di Alexandria. Man mano che il sole se ne andava le luci della città si accendevano, illuminando il borgo di riflessi dorati e rosati. L'aria fresca e dormiente della sera fu riempita all'improvviso di un melodioso canto. La gente che popolava le strade e le vie si fermò, ascoltando quella stupenda e allo stesso tempo triste armonia, che da tanto tempo ormai risuonava nella città. Un bambino che stava passeggiando con la madre, si fermò e chiese alla mamma:
- Mamma, chi è che canta? E' forse un fantasma?
- No Michele, non esistono i fantasmi.
- Eh allora chi è?
La signora guardò tristemente verso il Palazzo Reale.
- E' la nostra regina, Michele.
- E come mai canta così?
La madre guardò teneramente il suo figlioletto.
- Quando sarai più grande te lo dirò. Adesso non capiresti.
- Cos'è che devo capire? Mmh? DIMMELO MAMMA!
La signora non lo badò, e rimase ad ascoltare ancora quella canzone. Allora anche il bambino smise di urlare ed alzò incuriosito lo sguardo verso la grande spada di cristallo. Lì, sul balcone del palazzo, si poteva distinguere da lontano un'ombra scura, che imperterrita continuava a la sua dolce cantilena.
In quello stesso momento una nostra vecchia conoscenza varcava la porta d'entrata della città. Guardò anche lei in alto, e scosse la testa. Poi si incamminò verso il Palazzo.
Mentre stava facendo il suo solito giro per la reggia, Steiner pensava a quello che era successo solo qualche mese fa, ma che sognava ogni notte. Era ricorrente, ma da quando era successo quel fatto doveva sempre prendere dei calmanti per andare a dormire. Non avrebbe mai dimenticato quello scontro terribile con la morte in persona, il nulla assoluto, che lui ed i suoi amici avevano affrontato nel mondo di cristallo, e di quelle urla disperate del Colle della Disperazione che continuavano a risuonargli nella mente. Per un attimo aveva creduto di non poter ritornare ad Alexandria, di non poter rivedere la sua affezionata squadra Plutò,…e Beatrix. Per un istante aveva avuto paura di perdere tutto quello che amava di più. Un'esperienza che avrebbe voluto dimenticare al più presto. Ma la cosa che più gli stringeva il cuore era rivedere, in ogni attimo della giornata, lo sguardo disperato e rassegnato della regina Garnet. Se lo ricordava ancora il suo viso, quando l'Hilda Garde III di Cid li aveva portati via dall'albero di Iifa, mentre lei continuava a guardare verso Gidan, con le lacrime agli occhi. Lui era sicuro che non se la sarebbe mai dimenticata quella scena. Fosse campato cento anni. E nemmeno la sua principessa avrebbe mai dimenticato quel brigante. Le aveva promesso che sarebbe ritornato da lei, ma da quel giorno non avevano avuto più sue notizie. Non era riuscito a mantenere la promessa. Era stato ucciso dall'albero di Iifa. Tutti avevano visto, in lontananza, le radici verdi che attaccavano il cuore dell'albero, dove Gidan si era andato a infilare per salvare Kuja. E tutti avevano capito quello che era successo. Ormai non sarebbe tornato, ed ora di farsene una ragione. Niente lo avrebbe riportato in vita. E la Regina doveva incominciare ad andare avanti. Ma lei non voleva accettare la realtà. Cantava ogni notte quella canzone con cui si erano conosciuti, e se ne stava rinchiusa nella propria stanza guardando il cielo. Se non fosse stato per il Dottor Dotto, che la aiutava nel governare, presto il regno sarebbe caduto in miseria. E la regina si stava consumando giorno dopo giorno. Lui e Beatrix erano disperati. Proprio mentre stava rimurginando questi pensieri, sentì dei rumori provenire dall'entrata del castello.
- Lei no può passare per di qua! INGRESSO VIETATO! Aspetti, dove va? Si fermi IMMEDIATAMENTE!!!
- E adesso che succede?- disse Steiner sbuffando. E si diresse verso l'entrata.
Lì vide uno dei suoi Plutò che tentava (inutilmente) di impedire il passaggio ad una strana figura incappucciata.
- Chi è che disturba la quiete del palazzo? Si può sapere?
- Oh comandante! Questa persona non vuole collaborare! Glielo dica lei che qui non …
Non ebbe tempo di finire la frase che la misteriosa persona fece un balzo altissimo, e si posò esattamente dietro alla guardia Plutò, di fronte a Steiner.
- Cos'è Steiner? Non ti ricordi più di me?- e si tolse il cappuccio dalla testa.
- Signorina Freija! Che piacere rivederla qui da noi! Mi scusi, ma non l'avevo proprio riconosciuta così vestita. Tu!- disse rivolgendosi al Plutò- fa preparare subito una stanza per la signorina. IMMEDIATAMENTE!!!
- Sì! Subito signore!
Dopo che la guardia se ne andò…
- Sono felice di rivederla dopo tanto tempo signorina Freija! A cosa dobbiamo questa visita improvvisa.
- Steiner, perché usi quel tono tanto formale? Dammi del tu come è giusto che sia.
- Sì, certo. Sapete è l'abitudine di noi cavalieri, non possiamo farci niente. Comunque non avete ancora risposto alla mia domanda. Come mai siete arrivata qui? Non dovevate ritornare a Burmesia?
La draghiera posò la lunga lancia acuminata per terra, e si sedette sulle scalinate di marmo.
- Burmesia ormai è ridotta ad una cumulo di macerie: le case crollano a pezzi, le strade sono distrutte, …ed i mostri sbucano da tutte le parti. Capirai che dovremo ricostruirla da zero, ma per ora bisogna riformare il popolo di Burmesia, che si è sparso per tutto il continente.
- Allora siete venuta qui a chiederci aiuto! Non c'è nessun problema, vi manderemo i nostri più efficienti operai, la mia squadra Plutò sarà al vostro servizio e poi…
- Non sono venuta qui per chiedere carità.- Lo interruppe Freija.
- Ah…no?
- No. Sono qui per la Regina Garnet.
Steiner ci rimase malissimo.
- Come?! Per la regina? E che cosa le vuole dire? Guardi, so che è da molto che non la vede, ma la sovrana di Alexandria non parla più con nessuno da quando…sì, da quando è successo quell'"incidente".
- Da quando Gidan è morto.- disse secca lei.
- Sshhhh!!!- disse il cavaliere facendo segno di abbassare la voce.- Non lo dica ad alta voce, altrimenti la regina…
- LA REGINA DEVE IMPARARE A VIVERE!!- disse Freija, alzandosi in piedi.
E presa in mano la lancia, saltò in alto, fino ad arrivare al limite della scalinata, e si diresse verso gli appartamenti reali con tono deciso. Steiner le corse dietro, ma con quella sua armatura pesante non riusciva a raggiungerla.
- La prego Freija! Lasci stare la nostra principessina! E' ancora sotto shock!
Freija non lo badò, ed una volta arrivata negli appartamenti reali si chiuse la porta alle spalle. Sentì Steiner che tentava invano di aprire la porta con calci e pugni.
(Lo so quanto vuoi bene a Daga, Steiner. Ma non posso permettere che lei se ne vada in questo modo. Lo devo a Gidan. E servirà anche a me.)
Appena entrata, Freija poté sentire in lontananza il canto di Daga.
Steiner si sbagliava. Questa non era la melodia dolce e melodiosa della principessa. Se la ricordava bene. Questa non era la canzone che Gidan amava tanto. Questa era senza vita. Piena di dolore e di rassegnazione. Non esprimeva altro che paura e delusione, tristezza e rabbia. Freija abbassò la testa, vergognandosi di sé stessa. Anche lei, dopotutto, non si era rassegnata alla morte del suo Fratley. Come Daga nei riguardi di Gidan. Nessuna di loro due aveva voluto accettare la realtà, e tutte e due avevano cercato di sfuggire a questa verità, nascondendosi dietro ai loro ricordi. Alla fin fine, lei non era per niente differente a Daga. Che diritto aveva di parlarle? Nemmeno lei era stata forte.
Il canto si interruppe. Freija si destò improvvisamente dai suoi pensieri e ritornò in sé.
(Non importa. Solo perché abbiamo perso per sempre la persona che amavamo, non vuol dire che dobbiamo disperaci per tutto il resto della nostra vita. Bisogna andare avanti. In un modo o nell'altro.)
La draghiera si diresse silenziosamente verso l'entrata della torre e percorse tutti gli scalini che portavano in alto, fino alla sommità del castello. Una volta raggiunta finalmente l'uscita, aprì la porta e se la ritrovò davanti.
Vestita con l'abito da cerimonia bianco e verde, con l'ornamento d'argento sui capelli castani e lunghi, la regina Garnet si voltò verso Freija, con ancora la collana di Alexandria al petto, uno dei quattro monili del Destino delle Sciamane. Non era cambiata di molto, anche se il viso e gli occhi, una volta solari, adesso erano spenti, privi di vitalità. Per un po' rimasero lì, stupite di rivedersi dopo così tanto tempo. Poi Garnet si fece avanti, con quel suo passo regale, fino a quando non si ritrovò davanti alla sua amica.
- Freija…quanto tempo è passato!
- Daga! Finalmente ci rincontriamo!
- Avresti potuto avvisarmi del tuo arrivo, ti avrei fatto accogliere con tutti gli onori.
- Non era il caso Daga. Passavo di qui ed ho deciso di farti una visita. Come va? Il tuo regno è ritornato ad essere quello di un tempo, a quanto vedo. Stai facendo proprio un ottimo lavoro…
- Se non fosse per il Dottor Totto, Alexandria non si sarebbe mai ripresa.- disse Garnet mogia mogia, facendo sentire Freija in imbarazzo.
- …Lasciamo stare gli affari di corte, e parliamo di te. Come te la passi qui a palazzo?
- Così e così.- E sospirò. Si allontanò e si diresse verso il balcone.
- Che significa "così e così"?
Daga rimase in silenzio, a contemplare la sua città al tramonto. Poi disse:
- Significa che potrebbe andare meglio.
(E' proprio diversa. Daga, ma che ti è successo?)
- Daga, quando sono venuta nel castello ho incrociato Steiner…
- Ah,…davvero?- disse lei noncurante.
Sembrava che non si interessasse neanche un po' ai discorsi di Freija. Ma questa proseguì:
- Non è più il cavaliere che conoscevo. Per quanto lui si sforzi di non farlo vedere, mi sembra sempre stanco, senza più energie. Ed è anche dimagrito parecchio. Sai forse il perché?
- No.- disse assente Daga.
- Ne sei proprio sicura?
- A me sembra quello di sempre.
Freija stava cominciando ad arrabbiarsi. Daga continuava a non tenerla in considerazione, come se non capisse quello che le diceva. Continuava ad avere quello sguardo assente, pareva che vivesse in un'altra dimensione. Era come se la sua anima le fosse stata tolta. Assomigliava ad una bambola priva del respiro vitale.
- Daga. C'è qualcosa che non va?
Il sole ormai era calato, e la notte aveva costellato con le sue gemme il mantello corvino della sera. Garnet rimase zitta. Continuava a scrutare l'orizzonte, come se stesse aspettando qualcosa.
- Daga…lui non tornerà più.
Appena Freija finì di parlare, Garnet si irrigidì, ed incominciò a tremare.
- E' inutile che continui ad illuderti. Sai anche tu cosa é successo. L'abbiamo visto tutti! So che è difficile accettarlo, ma è ora di lasciarsi il passato alle spalle! Non puoi continuare a nasconderti dietro ai tuoi ricordi, devi reagire! Gidan è morto!
- BASTAAAAAA!!!- urlò Garnet girandosi verso Freija.
- Daga!
- NON VOGLIO PIU' SENTIRE QUESTI DISCORSI! Lui tornerà, ME L'HA PROMESSO! Lui tornerà, ed io lo aspetterò!
Freija cercò di avvicinarla, ma questa le si allontanò e cominciò a fissarla con odio.
- Tutti, tutti continuano a dirmelo. - disse Garnet.- Cercano di portarmi via anche l'ultima speranza che mi rimane, l'unica ragione che io ho per continuare a vivere!
Freija sentì che dentro di sé cominciava a crescere una rabbia che non aveva mai provato prima. Si sentiva piena di rancore verso Daga. Le mani cominciarono a tremarle febbrilmente.
- Ho capito.- disse la draghiera.- Ma forse tu…non ti rendi conto, CHE SONO TUTTI IN ANSIA PER TE?!
Garnet la guardò dritta negli occhi.
- Che stai dicendo?!
- E' VERO! Steiner continua a preoccuparsi per la tua salute, come Beatrix, me e tutta Alexandria! MA E' POSSIBILE CHE NON TE NE RENDA CONTO?!
- Non è assolutamente vero! Se fossero veramente in pena, mi aiuterebbero, ed invece continuano a fregarsene!
- SANTO CIELO SVEGLIATI DAGA!!! E GUARDA LE FACCE DI CHI STA VICINO!!!! CONTINUANO A SPERARE CHE TU TI RIPRENDA!!! Sperano in fondo al cuore che tu possa avere la forza di reagire, di continuare a vivere, di ritornare la Daga che tutti conosciavamo!
- STA' ZITTA! MI STAI DICENDO SOLO BUGIE!!! Nessuno si è mai preoccupato per me! NESSUNO!!!
SCIAFF!
Freija non era riuscita più a trattenersi. Era stato come un vortice di emozioni. Freija non si era mai sentita così, neanche quando Flatrey se n'era andato. Vedere e sentire come si era ridotta Daga, era stata come rivedersi in uno specchio. Freija avrebbe voluto che quando Flatrey se ne fosse andato, qualcuno le avesse fatto capire quello che lei aveva fatto capire in quello stesso istante a Daga: che non bisognava cadere nella disperazione, diventando ciechi nei confronti degli altri, ma che si doveva cercare di superare quei momenti. Altrimenti…Sfortunatamente, nessuno l'aveva fatta rinsavire, e lei si era lasciata andare. Aveva abbandonato la sua città, la sua gente, per inseguire qualcosa che aveva già perso. Se fosse stata più saggia, avrebbe potuto fare qualcosa per Burmesia. Adesso che le aveva dato quello schiaffo in viso, riacquistò piano piano la calma.
Le due ragazze rimasero in silenzio per molto tempo, fino a quando Freija non distolse lo sguardo. Si voltò e si diresse verso l'uscita. Scese correndo le scale, lasciandosi alle spalle l'amica, ancora stupita del suo gesto. Tante lacrime le rigavano il viso. Ma non stava piangendo per Daga. Per lei. Per la sua stupidità, per il suo comportamento irresponsabile nei confronti del suo popolo, della sua gente, della sua patria, dei suoi amici e di sé stessa. Non riusciva a smettere. Corse fino ad uscire dagli appartamenti reali, scese la lunga scalinata, oltrepassò l'entrata del castello ed arrivò alla banchina, dove la piccola barca che portava al borgo la stava aspettando.
- Vuole andare al borgo?- chiese la soldatessa.
- No. Mi porti alla tomba della Regina Brahne.- disse Freija col capo chino per non far veder che piangeva. E salì.
- Ah, è venuta a renderle omaggio? Che pensiero gentile.
E detto questo, con una piccola spinta, fece partire la barca, che cominciò a scivolare dolcemente sull'acqua. Freija si avvicinò al bordo della barca, e guardò il suo viso riflesso tra le increspature del fiume.
(Sono stata stupida. Alla fine, non aiutato Daga. Le ho solo fatto del male. Non sono buona neanche a consolare gli altri. Gidan ce l'avrebbe fatta di sicuro. Lui era l'unico che riusciva a farci sorridere tutti. Perché hai voluto lasciarci Gidan? Perché?).
Si asciugò con rabbia le lacrime che le rigavano il viso.
- Signorina, siamo arrivati.
- Grazie del passaggio.- disse Freija, e scese dalla barca. Salì i pochi gradini che la separavano dalla lapide su cui era stata sepolta la madre di Garnet.
La draghiera rimase a fissarla pensierosa. Sotto quella pietra c'era colei che aveva distrutto Burmesia, che aveva ucciso la sua gente, raso al suolo Cleyra e che aveva messo in guerra il continente della Nebbia. Era stata lei a sconvolgere la sua vita, ma stranamente non provava più odio per lei. Non sentiva dentro di sé né rabbia né rancore. Alla fine, che cosa rimane? Quando uno muore, ti rimangono solo i ricordi più belli della persona che ti ha lasciato. Brahne era stata una regina che aveva voluto il meglio per il suo regno e che aveva tirato su Daga come fosse stata una figlia per lei. Gidan le aveva raccontato gli ultimi istanti di vita della regina. Più ci pensava e più le veniva da piangere. Si inchinò di fronte alla lapide. Anche Brahne aveva perso la persona che più amava al mondo, ed era come impazzita dal dolore. Come lei e Daga. Loro avevano molte cose in comune. Ammirava Daga per aver amato sua madre fino alla fine. E capiva anche perché si era aggrappata al ricordo di Gidan: era l'ultima persona che le restava da amare. Sicuramente Daga aveva immaginato un futuro con lui al suo fianco, ma il destino le aveva tolto anche lui. Ma quello che lei le aveva fatto non era servito a farla rinsavire. Era mai possibile che non ne combinasse una giusta? Si alzò ed una volta dato un ultimo sguardo alla tomba, si diresse verso la barca. Scese gli scalini a testa china, ma quando alzò gli occhi da terra, non si ritrovò la barchetta ad aspettarla. C'era Garnet al suo posto. Le sorrideva, nello stesso modo con cui lo faceva a Gidan. La draghiera si fermò di colpo con gli occhi fissi su di lei.
- Freija.- sussurrò Daga, ammassando lo sguardo.
- Daga? …Io…io non so cosa mi è preso…io
- …Grazie…per avermi fatto capire.
Freija guardò stupita l'amica.
- Hai capito? …Veramente?
- Ho capito quello che tu hai provato. Ed anche dove ho sbagliato.
- Dove abbiamo sbagliato tutte e due.- aggiunse la draghiera.- Scusami per lo schiaffo, ma non sono più riuscita a trattenermi. Vederti così, mi ha fatto sentire malissimo. E non sapevo come tirati fuori da quella situazione.
- No, tu non hai colpa. Dovevo rendermi conto da sola del disagio mio e degli altri. Ma quand'è che crescerò, Freija? Non riesco ancora ad autogestirmi. E sono la regina di Alexandria…
- …Venendo qui hai dato prova di aver capito. Non serve fare altro.
Daga le sorrise.
- …Sai,…sento tanto la sua mancanza.
- Lo so. Anch'io. Era un amico molto importante per me.
- Per me era anche di più…
Ed il silenzio calò di nuovo sulle amiche.
- Però…- disse Garnet girandosi verso oriente.- sono sicura che prima o poi lo rivedrò.
- Sì, dopotutto, ci si ritrova sempre alla fine…in un modo o nell'altro.
- Freija,…oggi mi hai dato una grande lezione. Ma ora dico io una cosa.- E si voltò ancora una volta verso Freija.- Tu non devi smettere di sperare nel ritorno di Flatrey… Avrete altri ricordi… Sarete di nuovo insieme. Lui prima o poi si ricorderà di te. Non devi mai smettere di sperare, in un futuro migliore.
- Daga…
- Io invece, mi sono aggrappata a quella speranza in un modo troppo eccessivo, credendo che fosse il mio unico motivo di vita. E così facendo ho fatto preoccupare coloro che mi vogliono bene. Sono stata una sciocca. Spero, che mi potrete perdonare, un giorno o l'altro.
- Nessuno di noi è arrabbiato con te. Tutti abbiamo capito il dolore che provi e che stai provando ancora. Ma ora che sei tornata quella di sempre, nessuno di noi avrà più paura di perderti.
Daga si toccò la gemma che portava al collo. Poi disse:
- Ti và di ascoltare la vera canzone di Gidan?
Freija fece di sì con la testa.
- Ci ho aggiunto delle parole.
- Davvero?- disse stupita Freija.
- Sì, e spero che vi piaccia. A te, a Steiner, ai miei amici, a tutta Alexandria. E forse, un
giorno… chissà, anche lui potrà sentirla.
E mentre Daga cantava "Melodies of Life" uno stormo di colombe si alzò in volo, per dipingere di bianco la venuta di una nuova alba.
FINE
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LE STRATEGIE DI ZELL
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