KASUMI MEGAMI
di Ayame
1. Una nuova scuola
Aspettava fuori alla porta del preside già da mezzora e cominciava a sentirsi
stufa, così si sedette sui talloni, con la schiena appoggiata alla porta, ad
aspettare di venire ricevuta. All´improvviso la porta si aprì e lei cadde lunga
e distesa in presidenza. Un uomo l´aiutò ad alzarsi e poi le indicò di
avvicinarsi alla scrivania dall´altra parte della stanza. La ragazza si guardò
intorno curiosa: la stanza aveva un normale mobilio ma la cosa anomala era ciò
che nasceva dal pavimento. Al centro della stanza, infatti, vi era un piccolo
ascensore che portava a una piattaforma al livello superiore. Si accorse che il
preside, l´uomo che l´aveva aiutata a rialzarsi, la fissava in attesa di una
risposta.
- Prego?
- Siediti –rispose il preside.
La ragazza eseguì velocemente l´ordine.
- Non mi hai ancora presentato i moduli d´iscrizione.
La ragazza estrasse dalla borsa un fascicoletto di fogli e lo consegnò al
preside.
Il preside Kanzi osservò la ragazza davanti a sé: non era molto alta e aveva una
massa di capelli castani con striature bionde che le ricadevano sulle spalle.
Aveva un perfetto sorriso di circostanza sulle labbra mentre lo fissava coi suoi
grandi occhi turchesi. Gli diede l´impressione di una buona alunna, ma rimase
perplesso dal suo abbigliamento: un attillato ed estremamente scollato top
bianco, un paio di scaldamuscoli neri sulle braccia e degli attillati shorts
neri. Kanzi fece cadere la propria penna e fu sollevato che almeno indossava un
paio di comodi anfibi. Il preside controllò il fascicolo consegnatoli.
- Tu sei Kasumi Megami, hai diciassette anni e vieni da Esthar. Giusto?
- Precisamente. Kasumi, mi chiamo Kasumi.
- Bene -continuò Kanzi, –possiedi già un´arma o desideri averne una in dotazione
dalla scuola?
- La possiedo già.
- Che tipo di arma è? Gunblade, Frusta, Boomerfritz, Lancia, Nunchaku, Daga,
arma da fuoco o cos´altro?
- Adopero un´asta –rispose nuovamente Kasumi.
- Un´asta? –il preside rimase perplesso. L´asta era una delle armi con minor
potere offensivo. –Hai l´arma a livello base?
La ragazza si alzò in piedi e allungò le braccia davanti a sé con le mani
semichiuse, come se stesse brandendo un bastone. Ci fu una piccola scintilla e
davanti agli occhi del preside apparve un´arma estremamente bella. Era, sì,
un´asta viola, ma aveva alle due estremità due lame azzurre gemelle a quella del
leggendario Lion Heart.
- L´arma si chiama Poleblade. –spiegò Kasumi. –E questo è il Divine Angel.
L´ultimo modello. A discapito di quello che dicono alcuni, è un´arma di tutto
rispetto. La mia Limit è il Kirkazuken. L´attacco è praticamente come il
Renzokuken, e alla fine posso eseguire il Colpo Imperiale, il Cerchio Fatato, il
Raggio Esplosivo, il Cuore di Pietra e l´Ice Tornado.
Il preside guardò la ragazza esterrefatto, gli aveva esposto tutte le
potenzialità dell´arma in meno di un minuto senza intoppi o esitazioni.
- Bene, -disse allora il preside. –compila questa breve scheda e poi aspetta
fuori. Ti avvertiremo se sarai ammessa o no.
Kasumi prese il foglio, si sedette in un angolo e cominciò a scrivere: "Nome:
Kasumi
Cognome: Megami
Data di nascita: 27 Settembre
Età: 17 anni
Luogo di nascita: Esthar
Arma: Poleblade (modello in possesso: Divine Angel)
Abilità: Risveglio, Angel Cure, Angel´s Anger, Eden´s Garden, Angel Curse.
Invocazioni: Phoneix – Eden
Limit: Kirkazuken. Colpo Imperiale, Cerchio Fatato, Raggio Esplosivo, Cuore di
Pietra, Ice Tornado."
Dopo ciò la ragazza dovette rispondere a decine di domande su Guardian Force,
Magie, Limit, Armi e Mostri. Le furono necessari tre quarti d´ora ma alla fine
consegnò il foglio e attese di nuovo fuori dalla presidenza. Un quarto d´ora
dopo rientrò e trovò in compagnia del preside una giovane insegnante che le
venne presentata come Miryoku.
- Sei stata ammessa al Garden di Balamb. –le venne detto. Kasumi annuì.
- Io ora ho un´assemblea. –avvertì il preside. - Miryoku, pensaci tu.
Kasumi rimase da sola con l´insegnante che chiuse gli occhi, semi-sconvolta.
- Vedi - disse a Kasumi, – purtroppo siamo senza stanze. L´unica dove ti
possiamo sistemare… è quella di Sway Leonheart.
- Con un ragazzo!? – domandò pacata Kasumi.
La professoressa annuì.
- Mi dispiace, vorrei ci fosse un´alternativa.
- Beh – disse Kasumi, – dopotutto è solo per dormire. Il resto della giornata lo
passeremo fuori.
- Ti mostro dov´è la camera – le disse Miryoku mettendole solidale un braccio
intorno alle spalle.
2. Compagni di stanza
Kasumi entrò nella stanza che le era stata assegnata e si ritrovò immersa nel
disordine. "Dove sono finita?" Pensò la ragazza. In quel momento la porta dietro
di lei si spalancò e un ragazzo entrò nella camera munito di Gunblade.
Scaraventò giubbotto e maglietta, sporchi e sudati, in un angolo e si buttò sul
letto senza degnare le due di uno sguardo. Kasumi rimase a guardare il ragazzo
con la bocca leggermente spalancata per alcuni istanti, poi questo aprì gli
occhi e volse di scatto la testa verso di lei per fissarla. I duri occhi blu
mare del ragazzo si scontrarono con quelli turchesi di Kasumi, che continuò a
fissarlo orgogliosa.
- Questa è la tua compagna di stanza, Sway – annunciò Miryoku.
Gli occhi del ragazzo, Sway, scattarono sorpresi verso la professoressa.
- E´ appena arrivata e non erano disponibili altre stanze oltre la tua. O
accetti questa condizione, o le cedi la tua stanza andandotene. Capito?
Il ragazzo annuì, sedendosi sul letto.
- Io torno nel mio ufficio – avvertì la professoressa. – Se hai bisogno di
qualsiasi cosa vieni senza esitazioni. Dopodomani ci sarà la prova scritta,
cerca di prepararti – fece una pausa. – Anche se dai risultati del foglio di
ammissione non credo che ti serva un ulteriore ripasso. Sway, falle da guida. La
professoressa uscì dalla camera chiudendo la porta, lasciando soli Kasumi e Sway.
I due ragazzi rimasero in silenzio per molti minuti, poi Kasumi decise di
rompere il silenzio.
- Ciao, sono Kasumi Megami – tese la mano destra. Il ragazzo la guardò per
alcuni istanti, poi la strinse.
- Sway Leonheart.
Il ragazzo si allontanò e si chiuse nel bagno. Dieci minuti dopo Sway ritornò in
camera con i capelli bagnati: era appena uscito dalla doccia.
- Sway… Sono appena arrivata, mi fai da guida?
Il ragazzo parve non sentirla.
- Ehi, Sway!
Di nuovo il ragazzo la ignorò.
- Sto parlando con te! – la ragazza alzò il volume della voce.
- Ho capito!! – urlò Sway. - Mi metto dei vestiti puliti e andiamo!
- Se non mi rispondevi non potevo saperlo – Kasumi si lasciò cadere sul letto
aspettando che il ragazzo finisse di vestirsi e successivamente di asciugarsi i
capelli.
I corridoi del Garden erano semideserti a causa dell´esame imminente. Kasumi
ascoltava attenta le spiegazioni di Sway, brevi ma chiare. A nord c´era il
dormitorio, a fianco, rispettivamente a destra e sinistra il garage e la mensa,
poi il centro addestramento e il giardino, e infine la biblioteca e
l´infermeria.
- Ti ho fatto vedere il Garden. Ora possiamo tornare in stanza?
- No… ci alleniamo un po´?
Sway sospirò. Come aveva fatto quella ragazza a convincerlo a fare tutte quelle
cose? Avevano pure aiutato le cameriere della mensa… E ora lo stava trascinando
ad allenarsi con lei.
3. Consegna movimentata
- Chou! Chou dove sei!?
- Mmh? – una ragazza saltò dal tetto della pizzeria di Balamb City, atterrando
davanti ad un omone con la barba e i capelli neri che teneva tre scatole di
pizze in bilico sulla mano destra.
- Chou, devi consegnare queste pizze al Garden, stanza 232. Capito!?
- Yes, non preoccuparti, volo!!
La ragazza, di nome Chou, saltò in sella alla propria motoretta e partì diretta
al Garden di Balamb. I capelli le cadevano davanti agli occhi, ma lei li scostò
con un sorriso. Ben era impazzito quando era tornata a casa con le mashes
magenta e celesti. "I tuoi bei capelli neri!" aveva esclamato. Ma poi aveva
dovuto ammettere che le stavano molto bene. Chou si intrufolò nel Garden e
consegnò le pizze alle matricole della stanza 232.
Passeggiava lentamente nei corridoi del Garden ma non incontrò nessuno o quasi.
Si domandò perché, visto che c´erano un sacco d´iscritti. La ragazza sentì un
rumore proveniente dal corridoio alla sua sinistra e vi corse dentro senza
esitazione. Le sembrò di essere piombata in una foresta. Al posto del pavimento
c´era un terreno sconnesso, ai lati del sentiero si vedevano solo alberi,
nonostante il rumore di un ruscello. Doveva essere nel Centro Addestramento.
Sentì un urlo e si inoltrò tra gli alberi. Giunse in una radura e vide un mostro
simile ad un dinosauro che stava attaccando un ragazzo alto con i capelli biondo
scuro. Il ragazzo impugnava due pistole nere e rosse e sparava con molta
velocità contro il mostro. Chou notò l´intensità del blu dei suoi occhi. Il
ragazzo sparò un altro colpo e i suoi occhi diventarono per un istante color
zafferano. La pistole smisero di sparare, emettendo soltanto un click sordo.
Gettò via con rabbia le due armi e caricò una magia Fire. Questa colpì il mostro
ma non fu sufficiente a sconfiggerlo. L´Archeosaurus colpì il ragazzo con la sua
lunga coda facendolo cadere nel laghetto, senza più la forza di rialzarsi, così
il mostro si avvicinò per finirlo. Chou si guardò intorno presa dal panico e
vide lo zaino aperto del ragazzo, abbandonato sotto un albero. Corse a
recuperarlo, sperando che contenesse qualcosa di utile. Lo rovesciò sul terreno
e la sua attenzione venne catturata da alcuni oggetti di metallo. Per primo notò
una specie di disco con le punte, lo Shuriken, per secondo la sua attenzione
venne catturata da degli stiletti ninja chiamati anche Kozuka. Li prese e si
voltò verso il ragazzo e l´Archeosauros e constatò che la situazione era
tragica. Lanciò Kozuka, colpendo il mostro sul muso, questo si voltò verso di
lei adirato e, dimenticò della sua precedente preda, cominciò a correre verso di
lei. La ragazza fece un balzo indietro schivando le grosse zanne del mostro e
lanciò lo Shuriken. Di nuovo l´Archeosauros venne colpito sul muso ma questa
volta perse l´equilibrio cadendo nel corso d´acqua. Chou si appoggiò ad un masso
esausta: l´Archeosauros, cadendo, le aveva lanciato una magia Fire, e lei era
debole a quell´elemento. Nel frattempo il ragazzo che era stato attaccato
precedentemente si era alzato a sedere attirando su di sè l´attenzione del
dinosauro. La vita del ragazzo era palesemente critica così Chou, la cui barra
della vita scarseggiava, lanciò in aria il suo Shuriken.
- Fiocco Arcobaleno! – urlò e una moltitudine di luci colorate colpirono lei, il
ragazzo e l´Archeosauros. La vita dei due ragazzi venne ripristinata mentre al
mostro vennero inflitti ingenti danni. Il dinosauro ruggì e si rimise in piedi,
pronto a riprendere lo scontro.
4. Nuova Matricola SeeD
Kasumi e Sway raggiunsero il Centro Addestramento ma subito avvertirono qualcosa
di strano. Varcarono la soglia e si ritrovarono in una foresta.
- Che bello questo posto! – esclamò Kasumi con una giravolta.
- Devi stare attenta però. Qui ci sono mostri veri e non si cureranno di non
mandarti K.O.!
- Lascia fare a me! Non sono certo… - la frase venne interrotta da un altro
urlo.
- Fiocco Arcobaleno!
- Qualcuno sta combattendo! – Sway si girò a guardare la sua compagna di stanza,
ma si accorse che Kasumi guardava fisso davanti a sé mentre gli occhi avevano
assunto un colore argenteo.
- Megami! –esclamò allora, preoccupato, prendendola per le spalle. Gli occhi
della ragazza ripresero il loro colore abituale, mentre si rivolgeva a Sway.
- E´ in pericolo!
- Cosa?
- La ragazza che sta combattendo è in pericolo! – ripeté Kasumi correndo
attraverso gli alberi. Sway le fu subito dietro, raggiunsero una radura e
videro: una ragazza con i capelli neri colorati di rosa e celeste e gli occhi
azzurri che combatteva con uno Shuriken contro un Archeosauros e poi un ragazzo
biondo che sedeva, ferito, in un corso d´acqua. L´Archeosauros stava per mandare
in KO la ragazza con i capelli colorati, e Sway sfoderò il Gunblade per aiutarla
ma non fu abbastanza veloce per Kasumi, che aveva già estratto il Divine Angel
per parare un morso da parte del dinosauro. La ragazza spiccò una rincorsa e
colpì svariate volte il mostro con il Kirkazuken, terminando l´attacco con la
propria Limit Ice Tornado: fece roteare il Poleblade davanti a sé finché
dall´arma non creò un´onda di ghiaccio che, sempre roteando a velocità pazzesca,
colpì l´Archeosauros. Il mostro cadde a terra. Sia Kasumi che gli altri due
ragazzi che aveva soccorso si illuminarono rispettivamente di una luce rosa,
celeste e grigia dovuta all´aumento di livello.
Sway castò sulla ragazza con i capelli colorati e sul ragazzo biondo un Energira
prima di aiutarli a rimettersi in piedi.
- Grazie! – disse la ragazza con i capelli colorati. - Ci avete salvato la vita.
Io sono Chou.
- Io Kasumi. E lui Sway – presentò Kasumi.
Sway fece un cenno di saluto col capo mentre sorreggeva il ragazzo biondo.
– Dobbiamo portarli in infermeria. Le magie di recupero non bastano.
- Ma sì che bastano! – ribatté Kasumi avvicinandosi ai due ragazzi feriti. Si
portò indice e medio della mano destra alle labbra e fece una piroetta
distendendo il braccio. La ragazza venne circondata dalla brina mentre
sussurrava: - Angel Cure!
Fu subito palese l´efficacia di quella tecnica perché i ragazzi sembravano
rinati.
- Allora…! Come avete fatto a cacciarvi in quel pasticcio? Stavate scappando
nella Zona Segreta e quel mostro vi ha attaccati? – domandò Kasumi con un tono
che si avvicinava alla malizia.
- No - rispose il ragazzo biondo, – non ci conosciamo.
Sway e Kasumi si guardarono perplessi.
- E´ vero – confermò Chou. – Non sono una matricola del Garden. Ho consegnato
delle pizze e poi mi sono messa a curiosare qui intorno. Sono entrata in questa
giungla e ho visto che questo ragazzo aveva finito le munizioni e che stava per
andare KO così ho preso queste due armi dal suo zaino e ho attirato l´attenzione
del dinosauro su di me.
- Ottima combattente per essere la prima volta che impugni un´arma – commentò il
ragazzo biondo restando in piedi da solo, senza più bisogno dell´aiuto di Sway.
- Dovresti diventare un cadetto SeeD.
Il ragazzo biondo mise le pistole nelle fondine e si allontanò con le mani nelle
tasche.
- Grazie Chou. Le armi puoi tenerle: te le regalo. Ci vediamo all´esame, ragazze
– disse, e prima di uscire dal Centro Addestramento aggiunse. – Ah, io sono
Himitsu!
Kasumi, Sway e Chou rimasero ancora per qualche secondo in silenzio, poi
decisero di raggiungere la presidenza per chiedere di ammettere Chou al Garden
di Balamb. I ragazzi erano nel corridoio che portava allo studio del preside
quando a Sway sorse una domanda:
- Ma non avevano esaurito tutte le camere?
Kasumi fece spallucce.
- Ho visto una ragazza che se ne andava con le valige… magari si è liberata una
stanza.
I tre ragazzi bussarono alla porta della presidenza e Kanzi aprì loro la porta.
- Oh, buon giorno! A cosa devo questa visita inaspettata?
Kasumi spiegò dettagliatamente quel che era appena accaduto, chiedendo se c´era
la possibilità che Chou entrasse nel Garden. Il preside rimase pensieroso per
alcuni minuti e alla fine annunciò:
- Sì, credo sia possibile. La signorina Sagami se n´è andata cinque minuti fa.
Chou potrà occupare la sua vecchia stanza.
Chou batté le mani euforica. Era proprio contenta.
- Sway, la stanza è la terza, andando a sinistra, rispetto alla tua. Puoi
accompagnare la tua nuova compagna, visto che tutti gli insegnanti di questa
scuola sembrano essersi dissolti?
Sway accompagnò le due ragazze nei dormitori, continuando a borbottare per tutto
il tragitto:
- E´ colpa tua Kasumi! Arrivi qui e prima ti devo fare da guida turistica, poi
devo fare il cameriere, adesso questo!
- Avanti, Sway! Infondo ti piace tutto questo! – esclamò Kasumi assestando al
compagno di stanza una bella pacca sulle spalle.
- Questa è la tua stanza Chou. La tua compagna è Dwale Kibou. Ora è ad
allenamento ma sarà qui tra un po´. Intanto sistemati, le tue valige ti
giungeranno tra un´ora circa.
- Allora ciao! E ricorda – aggiunse Kasumi, bisbigliando all´orecchio di quella
ragazza tanto vivace. – di studiare per domani! (c´è il compito in classe!) Sway
e Kasumi uscirono dalla stanza, lasciando Chou sola, a riflettere su quel che
era successo nell´ultima ora. Ah, giusto! Doveva telefonare a Ben…
5. Sorpresa in camera
- Alza di più quelle braccia, Dwale!! – urlò Miryoku alla sua alunna. Dwale
Kibou, aveva preso un pessimo voto nell´ultimo compito pratico e ora la sua
insegnante le aveva proposto un mini corso di recupero. – E legati quei capelli!
–aggiunse.
Dwale smise di combattere contro la propria professoressa e con un nastro verde
legò in una cosa lasca i suoi lunghi capelli platinati fatta eccezione per una
ciocca nera che le partiva da sopra l´orecchia sinistra. La ragazza tornò a
combattere. Usava le arti marziali e indossava un paio di guanti borchiati.
Anche se, purtroppo, la sua tecnica lasciava un po´ a desiderare. Dopo due ore
di duro allenamento con Miryoku per due settimane avevano migliorato le sue
prestazioni, ma ancora non sapeva eseguire una qualunque Limit.
- Per oggi basta – annunciò Miryoku. – Ma per domani devi aver imparato almeno
un attacco speciale. Vai spesso in turbo ed è un peccato che tu non possa
sfruttare l´occasione. Ora vai in camera.
Dwale si tolse i guanti e li depose nella sua borsa che subito si mise in
spalla. La ragazza camminava sola nei corridoi, vista l´ora tarda. Era molto
irritabile quella sera perché, sebbene la sua tecnica non fosse sopraffina, era
molto potente. Aveva un ottimo gancio anche se erano i calci una delle sue vere
specialità. Dwale era stravolta e doveva finire di studiare per l´esame scritto
del giorno dopo. Se non lo superava… niente esame SeeD! Accelerò il passo e
raggiunse la propria stanza. Buttò la borsa sull´ex-letto della sua compagna,
che se n´era andata quello stesso giorno, e si sedette sulla scrivania per
ripetere il programma riguardante i Guardian Force: "A volte può capitare a un
guerriero di ingemellarsi con uno di questi Spiriti, diventando suo Partner. I
Criteri con cui la Summon che capisce colui con cui è destinata a ingemellarsi,
sono basati su elementi in comune: elemento, carattere ecc". La lettura di Dwale
venne interrotta da un gemito proveniente dal letto: Chou si era svegliata a
causa della borsa di Dwale che le era piombata in testa.
- Ohi, ohi! Che male osceno! Qual è il pazzo che aspira alla mia vita? Ohi, ohi,
ohi!!
- E tu chi saresti? – le domandò Dwale.
- Chou Nizi. Mi hanno appena affibbiato questa camera. Sei la mia compagna di
stanza? – rispose Chou massaggiandosi la testa con una smorfia.
- Sono Dwale Kibou. Piacere – rispose Dwale molto poco convinta.
- Piacere un corno! – esclamò Chou continuando a lamentarsi. – Qui mi spunterà
il Lunatic Pandora!
- Basta frignare! – scoppiò Dwale. – Devo studiare per l´esame di domani!
- Ah, giusto! Anche io – si ricordò Chou pescando il suo nuovo libro di testo
direttamente da uno scatolone.
Chou si sedette a gambe incrociate sul suo letto e cominciò a leggere il
capitolo sulle magie. Anche Dwale ricominciò a leggere, ma venne interrotta dopo
pochi minuti:
- Senti Dwale, tu che magie usi?
- Cosa vuoi dire? – domandò la ragazza bionda con un sospiro.
- Io le magie le assimilo dai nemici tranne Quake e Aero, perché le conosco già
di mio. Tu?
- Io… uso le Materia.
- Ah… - lasciarono cadere il discorso. Entrambe sapevano che colore che
utilizzavano le materia non erano in grado di utilizzare magie "proprie". Il
massimo sarebbe si possederne di proprie, altrimenti c´era l´Assimilazione.
Coloro che si servivano dell´ausilio delle Materia però non sapevano utilizzare
nemmeno quell´abilità. Chou passò al capitolo riguardante la storia degli ultimi
duecento anni, (tutto ciò avvenuto prima di allora c´era solamente come miti e
leggende, probabilmente poco attendibili) e lesse i nomi di coloro che erano
stati considerati "Great Magician". Alcuni di loro utilizzavano le Materia, così
lo disse alla sua nuova compagna, in modo che non si abbattesse.
Alle undici e mezza circa, entrambe si dichiararono pronte per l´esame e
andarono a letto.
- Se si supera la prova scritta, in cosa consisterà l´esame SeeD? – domandò Chou.
- L´insegnante che ti ha accompagnata in camera non te l´ha spiegato?
- No, non è stato un´insegnante a portami fin qua, è stato uno studente.
- E non ti ha detto nulla?
- No, - confermò vivace la ragazza. – Sway non mi ha detto proprio nulla!
- Hai detto Sway? – esclamò incredula Dwale.
- Sì, perché?
- Ti ha parlato? Avete chiacchierato? Cosa ha detto?
- Non è che abbia parlato molto con me – rispose Chou pensierosa. – Piì che
altro continuava a punzecchiarsi con Kasumi. Ha detto che l´ha costretto ad
aiutare in mensa e continuava a lamentarsi. All´inizio mi era parso piì
silenzioso.
- E chi è questa Kasumi?
- E´ arrivata oggi da Esthar.
- Con chi divide la stanza?
- Con Sway perché non ce n´erano altre disponibili.
Per quel giorno la discussione finì lì. Sway, che faceva parte del Garden da
quando aveva dieci anni era conosciuto da tutti, ma quasi nessuno era mai
riuscito a rivolgergli la parola. Dwale da due mesi, da quando era arrivata,
tentava di parlare con quel ragazzo con cui aveva più o meno parlato appena era
diventata una matricola. Praticamente era l´unica che ci riusciva, anche se
erano poche parole e… e questa Kasumi arriva e riesce addirittura a farsi
insultare da lui? "Devo proprio conoscerlo, questo fenomeno!" Pensò la ragazza
risentita.
6. L´esame scritto
Kasumi ritornò nella propria camera e lanciò un´occhiata al letto di Sway: il
ragazzo stava ancora dormendo. Kasumi controllò l´ora sul suo cellulare e sgranò
gli occhi: per lei era inconcepibile che a quell´ora si potesse ancora dormire.
Si avvicinò al letto di Sway e scosse delicatamente il ragazzo. Questo però
continuò a dormire, allora corse alla finestra e aprì le tende ma la luce non
era sufficiente a svegliare il bell´addormentato, quindi, tolse di scatto il
cuscino da sotto la testa di Sway. Il ragazzo si svegliò immediatamente.
- Alla buon´ora! – esclamò Kasumi.
- Che ore sono? – borbottò Sway prendendo la sveglia poggiata sul suo comodino.
– LE SEI E UN QUARTO!?!? Kasumi… - fece sprofondare la testa nel cuscino,
esasperato. – L´esame è a mezzogiorno…
- Embé? Andiamo in mensa e ci facciamo una bella colazione!
Sway gemette di nuovo, ma poi si arrese all´allegria della ragazza e si alzò,
poi, mentre Kasumi aspettava fischiettando, pazientemente girata verso il muro,
lui si vestì e insieme uscirono diretti verso la mensa.
- Come fai a dormire così poco? – volle sapere il ragazzo. – A che ora ti sei
svegliata? Le sei?
Kasumi scosse la testa.
- Le cinque – ripose tranquillamente.
I due ragazzi raggiunsero la mensa e si sedettero ad un tavolino: Kasumi prese
un cappuccino mentre Sway un caffè.
A metà della mattina Kasumi domandò:
- Tu hai diciotto anni, Sway?
- Sì, perché?
- Sei stato bocciato?
- No, solo che tre anni fa sono stato seriamente ammalato e ho dovuto saltare un
anno scolastico. Tutto qua. Che ore sono?
- Mezzogiorno meno cinque – rispose la ragazza saltellando.
Sway inciampò nei propri passi.
- E lo dici così!? Stupida! Sta per iniziare l´esame e noi siamo qua a
passeggiare!! – esclamò correndo via in direzione dell´aula.
- Ah, giusto. – assentì Kasumi, sempre calma, mentre Sway spariva dietro un
angolo. Quando il ragazzo raggiunse l´aula era appena suonata la campanella e,
imprecando sottovoce contro quella ragazza sconsiderata, si sedette al proprio
posto domandandosi se sarebbe riuscita a raggiungerli in tempo utile. Proprio in
quel momento si accorse che quella matta era seduta accanto a lui. Una vena gli
pulsò pericolosamente sulla tempia mentre le metteva le mani intorno al collo. -
Kasumi… - disse tremando abbastanza scherzosamente, - ti conosco da due giorni e
già desidero la tua morte.
- Faccio questo effetto a molte persone.
- Ragazzi! – esclamò Miryoku, appena entrata in classe, sul vostro banco ci sono
i fogli del compito. Avete tre ore a partire da adesso. Kasumi guardò il foglio
e dopo pochi secondi cominciò a scrivere. Lo stesso fece Sway.
Qualche banco più avanti Dwale stava fissando i due ragazzi. Erano arrivati
entrambi in ritardo, prima Kasumi, poi Sway. E il ragazzo aveva mimato il gesto
di strozzare la ragazza, ma appena la professoressa aveva dato il via entrambi
si erano estraniati e avevano cominciato a scrivere sul foglio. Dwale guardò la
prima domanda. Erano tutte delle specie di questionari: domanda-risposta. Qual è
la GF di ghiaccio? Shiva, scrisse. Arrivò senza problemi alla quarantacinquesima
domanda, quando si bloccò: come si fa a diventare una strega? Questa domanda
aveva lo spazio per rispondere a parole. "Allora…" tentò di ragionare. "Una
strega diventa tale quando… centra qualcosa la morte delle altre streghe, ma non
mi ricordo…" Dwale si guardò intorno in cerca di aiuto. Chou era dall´altra
parte della classe, mentre seduto vicino a lei c´era il più incompetente della
classe (che si trovava ancora alle decima domanda dopo esser stato bocciato tre
volte). In quel momento sia Kasumi che Sway si alzarono e consegnarono il
foglio. Dwale controllò l´ora: avevano consegnato con un´ora di anticipo. La
ragazza appoggiò la testa sulle mani disperata, quella era una di quelle domande
che determinano l´esito del compito… e lei non sapeva rispondere! Decise di
passare alle altre. Rispose a tutte le domande e ritornò a quella maledetta
quando mancavano cinque minuti alla fine del tempo. Gli studenti che avevano
terminato il compito dovevano attendere fuori, ma ad un tratto la porta si aprì
ed entrò Kasumi che chiese il permesso di recuperare la matita che aveva
dimenticato. Ottenuto il permesso, la ragazza raggiunse il proprio banco e prese
la matita, ma tornando lasciò cadere sul banco di Dwale un bigliettino: "La
risposta 45 è: una strega diventa tale quando eredita il potere da un´altra
strega prima che questa muoia, infatti una strega non può morire finché non ha
lasciato i suoi poteri ad un´altra persona." Dwale non rimase a pensarci e copiò
velocemente la risposta. Consegnò il foglio appena prima che la campanella
suonasse di nuovo. Piì di metà classe non aveva ancora terminato, quindi si
riduceva la lista dei possibili ammessi all´esame. Siccome un´altra gran parte,
di sicuro, non aveva risposto correttamente a un sufficiente numero di domande…
sarebbero stati più o meno in dieci a partecipare all´esame pratico. Dwale uscì
dall´aula e vide subito che coloro che avevano già terminato il compito
aspettavano impazienti i risultati. La ragazza si guardò intorno cercando Sway:
forse sarebbe riuscita a spiccicare qualche parola con lui riguardo l´esame. Lo
individuò appoggiato ad una colonna mentre parlava con una ragazza castana con
Mashes bionde e occhi azzurri cerulei. Doveva essere Kasumi. D´un tratto sia
Sway che la ragazza scoppiarono a ridere e Dwale sentì la gelosia ribollirle
nelle vene. Doveva esserle salito il sangue alla testa perché Chou si avvicinò
preoccupata:
- Stress post esame, Dwale?
- Sì - rispose la ragazza in un sibilo, – deve essere così.
I ragazzi attesero i risultati per un quarto d´ora, finché la professoressa
Miryoku non uscì dalla classe con un foglio in mano.
- I promossi sono stati dieci. Ecco i nomi degli ammessi all´esame pratico con i
voti: Kasumi Megami dieci e lode. Hai risposto con molta cura e con informazioni
che non erano necessarie, riguardo la domanda quarantacinque.
La ragazza annuì compiaciuta mentre Dwale cominciava a provare pura antipatia
nei suoi confronti.
- Sway Leonheart dieci. Ottimo lavoro, nessun errore.
Anche Sway annuì, poi scambiò con Kasumi uno sguardo che voleva dire: "te
l´avevo detto!". Di nuovo il volto di Dwale assunse un colorito vermiglio.
- Krateia Chishiki: dieci. Come Sway un ottimo lavoro.
Dwale si guardò intorno domandandosi a chi si riferisse la professoressa, poi si
ricordò. Krateia era la figlia diciottenne del preside. Sarebbe diventata SeeD
l´anno prima, ma a causa dell´improvvisa morte della madre era rimasta assente a
lungo e aveva poi dovuto ripetere l´anno. Aveva pochissimi amici, Dwale
sospettava fosse simpatica ma timida. Aveva i capelli ramati e gli occhi grigi.
Indossava un abito arancione senza maniche che le arrivava alle caviglie. Sotto
aveva una maglia di un arancione quasi giallo e dall´orlo della gonna spuntavano
un paio di pedule da montagna. Era una secchiona e rimaneva sempre chiusa nella
sua stanza a studiare. Nessuno si sorprese del voto.
- Chou Nizi otto meno. Sono sorpresa del visto il tuo recentissimo ingresso
nell´accademia. Complimenti.
La ragazza fece un salto felicissima, poi mostro il segno di vittoria prima a
Kasumi che ricambiò con l´alzata del pollice, poi a lei.
Dopo Chou la professoressa chiamò altre cinque persone mentre Dwale perdeva
progressivamente le speranze. Ancora un ammesso. "Oh Hyne, fa che sia io!"
Supplicò Dwale stringendo le mani come una morsa.
- Dwale Kibou sette/otto. Potevi fare di meglio, comunque complimenti!
La ragazza alzò di scatto la testa incredula. Era davvero stata ammessa e dalla
gioia fece un salto molto simile a Chou.
- Domani per voi ci sarà l´esame pratico a Trabia. Vi divideremo in due squadre.
La prima avrà la prova nella grotta di Ghiaccio mentre, contemporaneamente, gli
altri affronteranno la stessa prova in una grotta sottomarina. Presentatevi
tutti ugualmente alle quattordici venti e nella hall.
7. L'esame pratico
Sway si svegliò prestissimo, in modo da non ricevere lo stesso trattamento del
giorno prima da parte della sua cara compagna di stanza che stranamente riposava
ancora angelicamente. Il ragazzo decise di aspettare che si svegliasse da sola e
si recò alla mensa per fare colazione. Subito dopo andò al centro addestramento
per allenarsi un po´. Tornò in camera a mezzogiorno e trovò Kasumi ancora
dormiente. Le si avvicinò e notò come i suoi capelli giacessero sparpagliati sul
cuscino, sul viso un´espressione innocente.
- Sei proprio carina quando non reincarni Ifrid! – si sedette sul proprio letto
e rimase ad osservarla. Quella ragazza era arrivata solamente due giorni prima
ma sembrava esserci sempre stata. All´inizio gli era sembrata una seccatura ma
ora non riusciva più a immaginarsi senza la sua invadente compagnia. Però era
molto strana, la maggior parte della volte era allegra ma in certi momenti
assumeva misteriosi atteggiamenti. Come al Centro Addestramento, quando avevano
incontrato Chou: i suoi occhi splendenti erano improvvisamente diventati
d´argento e subito dopo sembrava sapere cosa ignote a tutti gli altri, anche
all´esame scritto. Come faceva a sapere che Kibou era bloccata con la domanda
quarantacinque? "Cosa nascondi? Perché di solito sei uno spirito libero e solare
mentre in certi momenti sembri la sorella di Shiva?" Si avvicinò di nuovo al suo
letto e la scosse leggermente per le spalle. Come reazione la ragazza si girò
verso di lui e gli mise le braccia al collo. Sway tentò di allontanarsi senza
riuscirci.
- Kasumi! – la chiamò sperando di svegliarla. – Kasumi ti prego scollati! –
disse supplicante.
La ragazza aprì lentamente gli occhi e lo squadrò (erano ancora abbracciati).
- Che stai facendo?
- Che stai facendo tu! Ti sei appiccicata che in confronto una piovra è un
giochetto!
- Che ore sono?
- Mezzogiorno e mezza! Ma non eri tu a non riuscire a dormire fino alle sei!?
- Non di mercoledì.
- Vai a giorni?
Kasumi annuì.
- Andiamo a fare colazione?
- Colazione? Non sarebbe meglio andare a pranzare?
- Forse hai ragione… - assentì la ragazza. – Tra tre minuti sono pronta, aspetta
fuori.
La camera era buia. Si sentivano solamente i respiri delle due ragazze che la
occupavano.
- Dwale, sei sveglia?
- Sì, ma non uscirò da questa stanza prima dell´una! – rispose ferma la ragazza.
- Nervosa, eh? Anch´io.
- Senti… com´è Kasumi Megami? – volle sapere Dwale.
- E´ una ragazza abile e molto simpatica. A volte è un po´ sottile, ma è
piacevole stare con lei. Sai, riesce a tirare fuori il lato più nascosto dentro
te stessa. Prova a parlarle, almeno per ringraziarla. E´ andata in giro per
tutta la scuola per avere un foglietto dove scriverti la risposta
quarantacinque!
- E così lo sanno tutti che mi ha consigliato la domanda…?
- No, solo Sway che l´ha detto a me.
- Te l´ha detto lui senza una domanda esplicita? – esclamò esterrefatta Dwale. -
Sì, perché?
Dwale raccontò tutto quello che sapeva di Sway, in verità molto poco, senza
avere riserve su nulla, nemmeno sul fatto che stravedesse per lui nonostante
fosse sempre così freddo e distaccato.
- Guarda che non credo che Kasumi abbia queste mire – disse Chou pensierosa.
- Ah no? – sorrise Dwale.
- No, io con Kasumi ci ho parlato a lungo anche dopo l´esame. A volte sembra
provenire da un´altra galassia. Hai presente quando stai con persone molto
anziane? Che sembra che siano a un livello sopraelevato rispetto a te? Con
Kasumi a volte succede, sembra sapere o capire cose che non fanno parte della
nostra realtà.
- Sai, io sono nata a Timber, ma non ho mai conosciuto i miei genitori, a
tredici anni mi sono trasferita a Winhill dove ho conosciuto un vecchio veterano
di guerra e sua moglie. Stando in loro compagnia ero soggetta alla stessa
sensazione di cui mi hai parlato. Sono stata con loro tre anni, lui mi ha
insegnato a combattere… sono morti questo inverno e mi hanno detto che avevano
scoperto che mia madre è ancora viva. Dopo il loro funerale sono venuta qui al
Garden: se diventerò SeeD tra le molte missioni girerò il mondo e forse riuscirò
a ritrovare mia madre.
- Sei molto fortunata D-chan… Anche io sono orfana però non ho nessun parente in
vita e ho pochissimi ricordi della mia infanzia: sono cresciuta in un
orfanotrofio di Centra dal quale sono scappata all´età di sette anni. Ho
raggiunto Deling City e mi sono fatta assumere in una pizzeria: Ben, il gestore,
mi ha accolta e mi ha cresciuto come una figlia. Mi sono trasferita qui a Balamb
quando l´ha fatto la pizzeria e, sorprendentemente, la mia vita è tutta qua. -
Non sai che fine hanno fatto gli altri bambini dell´orfanotrofio?
Chou scosse la testa.
- Non ricordo niente, a parte l´esserci stata, della mia vita all´orfanotrofio.
- Oh… - sussurrò Dwale, poi: - dovremmo alzarci.
- Sì, dovremmo.
Mise via il panno con cui stava lubrificando la sua frusta e si affacciò alla
finestra. Tra poche ore ci sarebbe stato l´esame SeeD, lei doveva passare. Aveva
diciannove anni e non aveva potuto salire prima di grado perché sua madre si era
ammalata e lei era dovuta tornare a Dollet per occuparsi di lei, purtroppo si
era spenta l´anno prima. Allora era tornata a Balamb, dal preside del Garden di
Balamb: suo padre. Guardò nuovamente l´orologio, quindi con le mani strinse con
forza la frusta, intascò un paio di pozioni e finalmente uscì dalla sua camera.
All´ora predefinita i dieci ragazzi ammessi all´esame si presentarono nella Hall
dove li attendevano la professoressa Miryoku e il SeeD Himitsu Ribbuku, lo
stesso ragazzo che Chou aveva soccorso al Centro Addestramento.
- Come vi è già stato preannunciato ieri vi divideremo in due gruppi da cinque:
il primo gruppo sosterrà la prova nella Grotta di Ghiaccio, mentre il secondo
nella grotta sottomarina. – spiegò Miryoku.
- Io e la professoressa assisteremo rispettivamente il primo e il secondo
gruppo. – precisò Himitsu. – Allora, i ragazzi che prenderanno parte alla prima
prova sono: Megami, Leonheart, Chishiki, Kibou e Nizi. Gli altri nel gruppo
della professoressa Miryoku.
I cinque ragazzi seguirono Himitsu in garage, lì presero una grande automobile
con cui raggiunsero Balamb. - Ragazzi, - disse Himitsu mentre salivano
sull´imbarcazione che li avrebbe portati a Trabia. – io non potrò entrare nella
grotta, ma vi aspetterò fuori. Dovrete affrontare alcuni Guardian Force che vi
attenderanno ognuno in un ambiente diverso: per esempio se vi ritroverete a
combattere contro la GF Cerberus, probabilmente sarete in un ambiente simile ad
un cimitero, nel caso di Ifrid vi sembrerà di trovarvi nella Caverna di Fuoco di
Balamb e così discorrendo. Ok?
- Certo. – risposero Chou e Dwale, mentre Krateia esclamò un:
- Agli ordini!
E Sway e Kasumi si misero sull´attenti rispondendo con un secco:
- Ricevuto!
I cinque ragazzi vennero lasciati davanti all´entrata della grotta.
- Io vi aspetterò all´uscita dall´altra parte della grotta. Avete due ore di
tempo, sfruttatele al meglio, altrimenti sarete bocciati.
Il gruppo di ragazzi, con in testa Kasumi e Sway, si addentrarono nella caverna.
Dopo alcuni metri il sentiero si restrinse finché i ragazzi non si ritrovarono a
camminare su una sottile striscia di terra con sotto un profondo burrone. Tanto
che non si riusciva a vedere la fine. Sembrava, insomma, di rimanere sospesi nel
nulla più totale.
A metà nel sentiero ci fu un lampo, e subito dopo davanti agli occhi dei ragazzi
era apparsa la Guardian Force Quetzal. Kasumi fu la prima ad estrarre la sua
arma, subito seguita da Sway e gli altri. La prima a farsi avanti per
fronteggiare lo spirito, fu Chou che estrasse il suo Shuriken. Eseguì la sua
tecnica speciale: il Nizinkin, dopo aver colpito la GF varie volte indietreggiò
e castò su i suoi compagni Shell, Protect, Heste, Levita, Rigene e Aura grazie
all´ "Hoshinami".
Dopo Chou arrivò il turno di Dwale che nonostante l´Aura castatole dalla sua
compagna di stanza, attaccò fisicamente un paio di volte.
Quetzal incassava paziente i colpi mentre Sway prendeva la rincorsa ed eseguiva
il Renzokuken terminandolo con un Raggio Esplosivo. Tecnica appresa in quello
stesso istante.
Mancavano solamente Kasumi e Krateia. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo
ma fu Kasumi a colpire per prima la GF con un normalissimo attacco fisico.
Allora si fece avanti Krateia con la sua frusta: il Red Scorpion. La fece
volteggiare alcune volte in aria mentre la sua punta acquisiva un´aurea celeste.
Alla fine attaccò Quetzal unendo la magia Idro all´attacco fisico. La Summon
allora, sconfitta, smise di attaccare e si rivolse a Krateia, che distava pochi
passi da lei, con la sua rimbalzava sulle pareti della grotta.
- Guerriera di temperanza e sapienza, per te sono sorta. Accetta i miei servigi.
Dopo di ch&eacite; la Guardian Force si dissolse, diventando un fascio di luce
che investì Krateia. La ragazza aveva trovato il suo Spirito gemello.
Dopo alcuni secondi Chou domandò incalzante:
- Si può sapere cosa cavolo è successo?
- Hai studiato per l´esame, vero? Quetzal è lo Spirito gemello di Krateia. –
spiegò Kasumi dirigendosi verso il passaggio che conduceva in una nuova sezione
della grotta. Per farlo dovette passare davanti a Dwale, che la sentì
distintamente sussurrare: "Va tutto secondo i piani".
I ragazzi attraversarono il passaggio, dopo di ché sembrò loro di essere usciti
all´aria aperta se non fosse stato che il soffitto di pietra, con le sue
stalattiti, fungeva da cielo. Il suolo era ricoperto di sabbia e quella
particolare sezione della grotta era attraversata da un fiume. Dal corso d´acqua
emergeva uno scoglio. I ragazzi scorsero, adagiata su di esso, una meravigliosa
sirena bionda: era la Summon Siren. La sirena cominciò a pizzicare dolcemente la
piccola arpa che teneva in mano, mentre intonava il suo dolce canto.
- Credi di poterci sconfiggere così!? – esclamò Dwale portandosi in posizione da
combattimento. Come lei anche Chou, Kasumi e Krateia sfoderarono le proprie
armi. La sirena le ignorò e continuò il suo canto. Ad un tratto Dwale venne
colpita alle spalle e cadde a terra stordita. Le altre ragazze si voltarono e
videro Sway mentre impugnava il suo Gunblade. Chou, Krateia e Dwale, che si era
rialzata, fecero un passo indietro.
- Sway…? – domandò Krateia incredula.
- Cosa gli è preso? – volle sapere Chou.
- E´ stato il canto della GF! – esclamò Kasumi parando un nuovo attacco del
ragazzo. – Dobbiamo attaccarlo.
- Cosa!? Stai scherzando spero! – enfatizzò Dwale.
- Ho la faccia di una che scherza?
Nessuna delle ragazze però mosse un qualsivoglia attacco contro Sway, che invece
tentava in continuazione di neutralizzarle. Alla fine, siccome nessuna si
decideva a provare un´offensiva, Kasumi avanzò di un passo. Fece roteare il
Poleblade con una mano sola, poi, la conficcò a terra, incrociò le braccia al
petto per poi distenderle di scatto invocando una magia Ultima che colpì Sway
mandandolo KO.
Subito però Siren castò al ragazzo un Reiz che lo rianimò. Il Gunblader si
rialzò in piedi palesemente critico. Sway impugnò nuovamente la sua arma, prese
la rincorsa attaccando col Renzokuken, terminandolo con un Cerchio Fatato.
Kasumi venne scagliata contro la parete di roccia.
- Dwale! – chiamò allora. – Nonostante le Materia tu possiedi grandi capacità
magiche. Io lo so, credimi! Sway è debole a Bio. Attacca con quella magia! Dwale
deglutì, tentando di eliminare il groppo che le aveva occupato la gola. Allora
attinse alle sferetta verde incastonata nei suoi guanti per invocare una magia
Bio. Questa, di grande potenza, andò a colpire Sway che cadde a terra esausto.
Purtroppo il controllo esercitato su di lui lo costringeva a rialzarsi. Dwale
allora cominciò a indietreggiare intimorita.
Kasumi si alzò tremante impugnando il Divine Angel. Spiccò la solita rincorsa
per eseguire il suo Kirkazuken. Dopo questo primo attacco la ragazza prese fiato
ed eseguì il devastante Cuore di Pietra. La ragazza, terminata la tecnica, ebbe
appena il tempo di toccare terra che già spiccava un nuovo salto in aria per
eseguire la sua tecnica più potente. L´Angel Curse.
Purtroppo la vita di Siren era molto elevata e nemmeno quella tecnica era
riuscita a sconfiggerla, allora si rivolse a Dwale.
- Sei in turbo Dwale! Attaccala!
- Io non so… -balbettò la ragazza.
- Sì che sai! Attacca! ORA!!–urlò Kasumi.
Dwale scrollò la testa e attaccò come le era stato detto. Dopo una numerosa
successione di colpi riuscì a terminare l´attacco con la sua Limit: il Colpo del
Delfino.
Siren si alzò in piedi sullo scoglio e fece un cenno con la testa poi, come
Quetzal, diventò luce che successivamente illuminò Dwale, ormai ingemellata con
quella Summon ammaliatrice.
- Hai visto che ce la facevi? – le sorrise Kasumi.
- Come puoi sorridere? – esclamò Dwale sull´orlo del pianto. – Sway è morto!
Guarda!
La ragazza indicò il giovane steso a terra. Subito Kasumi le si avvicinò, le
poggiò una mano sulla spalla per poi allontanarla. Il suo corpo venne circondato
da simboli arcaici mentre Phoenix faceva la sua comparsa rianimando Sway. Il
ragazzo si alzò un po´ spaesato ma gli venne subito prestato soccorso.
- Anche tu sei ingemellata con Phoenix? – volle sapere Chou.
- No, - rispose Kasumi con poca attenzione. – E´ solo Junction.
I ragazzi si curarono con magie e medicine prima di varcare un nuovo passaggio
che li avrebbe portati al cospetto di un´altra Guardian Force. Il passaggio in
cui si ritrovarono rappresentava una radura. Una grande, infinita distesa d´erba
fatta a eccezione per un albero perfettamente al suo centro. Seduti sotto la
pianta li attendevano i Brothers.
I ragazzi si avvicinarono finché non c´erano che pochi metri di distanza, quando
acquistarono una postura guardinga. Seclet e Minotaurus alzarono lo sguardo e
quello dall´aspetto più grande fece un gesto con il braccio che intimava di
deporre le armi.
- Non è la battaglia quel che cerchiamo. – spiegò Seclet.
- A lungo noi abbiamo sorvegliato una tomba. – riprese Minotaurus continuando ad
alternarsi al fratello.
- I nostri animi sono assopiti.
- Desideriamo che uno di voi ce lo riscaldi.
- In conclusione? – li interruppe Kasumi facendo scomparire il Divine Angel.
- In conclusione, - riprese Minotaurus. – vogliamo che lei ci incanti con la sua
voce.
- Lei chi? – domandò Dwale.
- La ragazza arcobaleno.
- La ragazza arcobaleno? – ripeté Chou.
- Tu. –spiegò Kasumi.
- Cosa? Io dovrei cantare una canzone? Cosa dovrei cantare? - Non lo so,
-rispose Kasumi dandole le spalle e allontanandosi. – canta quello che sai.
La ragazza continuò a camminare lentamente fin quando non raggiunse la parete di
roccia, dove si appoggiò con la schiena intonando una melodia a bocca chiusa.
Quel motivetto risvegliò qualcosa nella mente di Chou che si avvicino ai
Guardiani.
- Canterò per voi.
Tra i presenti calò il silenzio. Non un suono si sentiva, finché la ragazza
cominciò a cantare. Era una ninna-nanna, di quelle che si cantano ai bambini per
farli addormentare. Era dolce e parlava degli alberi, del sole e della natura in
generale, infondendo in chi l´ascoltava il calore di un affetto materno. Quando
la canzone terminò, Chou alzò interrogativa gli occhi verso i due guardiani. In
silenzio, senza una parola, Seclet e Minotaurus si guardarono, poi quest´ultimo
divenne luce e si ingemellò a Chou come avevano fatto le Guardian Force
precedenti, mentre Seclet scomparve dividendosi dal fratello. I guardiani
indivisibili si erano divisi…?
Ancora una volta i ragazzi imboccarono una galleria che li avrebbe portati
all´aperto o da un´altra Guardian Force. Il passaggio fu più lungo degli altri.
Il gruppo di potenziali SeeD camminava in silenzio, l´unico rumore era quello
dei passi che rimbalzava sulle pareti. Dopo alcuni minuti di marcia Chou si
portò, saltellando, in testa al gruppo, poi si girò e continuando a camminare,
come un gambero, e domandò:
- Chissà se in questo esame tutti noi troveranno il loro spirito gemello? –
sembrava più un´esclamazione, che una domanda, infatti non sembrava richiedere
una risposta, ma questa arrivò dopo pochi istanti.
- No – Kasumi aveva parlato con un tono di voce freddissimo, che non ammetteva
repliche, e che si adattava benissimo alla temperatura che l´aria stava
assumendo.
I ragazzi, infatti, avevano percorso tutta la gallerie e gli sembrava di essere
usciti all´aperto, vista la neve che infuriava. Purtroppo le pareti di pietra
continuavano a circondarli, facendo capire loro di non essere ancora all´aria
aperta. All´improvviso ci fu una folata di vento gelido, e Shiva apparse poco
distante dalle giovani matricole. Il vento continuava a soffiare, mentre i
ragazzi si scrutavano l´un l´altro domandandosi come comportarsi con quella
nuova apparizione.
Senza aspettare nessuno, Kasumi avanzò di qualche passo, mentre i suoi capelli
venivano arruffati, agitati dal vento. La ragazza si avvicinò alla Signora dei
Ghiacci, finché non ci furono che un paio di metri a dividerle. Gli occhi
cerulei delle due si incrociarono, poi, contemporaneamente, si inchinarono.
Shiva esibì il suo gelido sorriso prima di scomparire accompagnata da un´altra
folata di vento. La tormenta cessò all´istante.
Kasumi allora si voltò verso i suoi compagni che la osservavano confusi alcuni
metri più indietro, e fece loro segno di incamminarsi verso l´uscita. I ragazzi
la seguirono, ma Krateia afferrò Kasumi per la maglia, facendola fermare.
- Cosa c´è? – volle sapere la ragazza.
- Cosa è successo un secondo fa? – rispose Krateia senza mollare la presa sulla
maglia della compagna.
- Shiva è il mio spirito gemello, ma è servito per questo test, perciò è stata
"utilizzata" e ora siamo tornate insieme. Siamo gemelle, anche se non siamo
vicine l´una all´altra. – spiegò Kasumi levando impercettibilmente un
sopracciglio.
In quel momento i ragazzi uscirono dalla caverna, ma non trovarono nessuno ad
attenderli, quindi si riproposero di aspettare che qualcuno li raggiungesse.
Poco lontano dal gruppo, Sway stava seduto su una sporgenza della roccia e
fissava, cupo, il mare. Kasumi gli si avvicinò e gli si accucciò davanti, in
modo che lo sguardo ceruleo di lei si incrociasse con quello da cerbiatto di
lui.
- Un giorno il tuo gemello sarà uno tra i più forti.
Subito dopo apparve Himitsu. I ragazzi si disposero in fila davanti al giovane e
si misero sull´attenti. Il pistolero li scrutò per alcuni secondi, poi sorrise
insinuante.
- Avete trovato i vostri gemelli, eh? – disse.
Le matricole si scambiarono sguardi sorpresi.
- Venite – interloquì Himitsu. – Raggiungiamo gli altri, siete stati i primi a
terminare la prova! I ragazzi seguirono il SeeD, percorrendo la costa.
Arrivarono in un spiazzo senza neve dove Miryoku e altri due professori
aspettavano pazientemente che gli altri ragazzi uscissero dalla grotta. I membri
dell´altra squadra erano tre maschi e due ragazze ed emersero dalla caverna dopo
alcuni minuti. A quel punto i professori e tutti i partecipanti all´esame
salirono sulle imbarcazioni che li avrebbero riportati a Balamb City.
8. Promossi
Kasumi, Sway, Chou, Dwale e Krateia erano stati lasciati da Himitsu nella Hall,
dicendo:
- Adesso ci sarà il consiglio degli insegnanti, che si riuniranno per decidere
chi di voi verrà bocciato e chi, invece, verrà promosso. Fatevi un giro,
riposatevi. Verrete chiamati all´aula del secondo piano quando saranno stati
decisi i risultati.
Subito Kasumi, euforica, aveva votato per la seconda opzione. A quel punto i
ragazzi si divisero, diretti verso le loro camere, verso la mensa, o dove
volevano.
Sway rimase con Kasumi, e la seguì mentre saltellava per i corridoio, finché non
arrivarono nella loro stanza. Appena dentro la ragazza si buttò sul suo letto e
si addormentò, mentre Sway si sedette sul proprio, rimanendo ad osservare la
compagna, quando si ripresentarono i pensieri di quella mattina.
"Kasumi, oggi ho avuto la conferma della tua stranezza! Quando combatti, diventi
fredda come il tuo spirito gemello… Mi sembra di conoscere due ragazze che si
alternano tra i combattimenti e in momenti di calma, a volte mi viene da pensare
che se mettessimo la Kasumi-da-combattimento e la Kasumi-queint´essenza-allegria
nella stessa stanza, si scarnerebbero per la diversità… Kasumi - pensò - sei una
ragazza… straordinaria."
Sway venne svegliato dalla voce di Miryoku, dall´altoparlante:
<< Gli studenti che hanno preso parte all´esame pratico sono pregati di
raggiungere l´aula del secondo piano >>
Il ragazzo si alzò dal proprio letto e si avvicinò a quello di Kasumi.
"E se si ripetesse l´imbarazzante episodio di questa mattina?" Pensò
rabbrividendo. "Ma no! Si disse poi, non è una cosa che può succedere due
volte!"
Il ragazzo si chinò sulla compagna e le poggiò le mani sulle spalle, per
svegliarla, ma si arrestò a metà del gesto: non voleva ripetere nulla di quello
che aveva fatto quella mattina, così preferì punzecchiarle un braccio. La
ragazza gemette e, con grande disperazione di Sway, gli si avvinghiò nuovamente
al collo.
- Non di nuovo! –esclamò il giovane, esasperato. –Kasumi! E dai, Kasumi! Sway si
alzò in piedi, trascinando con sé la ragazza. Questa volta la scosse senza
complimenti e finalmente, quando vide che Kasumi si stava svegliando, si sfilò
velocemente dall´abbraccio.
"Non è possibile che succeda ogni volta! La prossima volta le urlerò dall´altra
parte della stanza!!"
Due minuti dopo erano entrambi impegnati in una corsa da olimpiadi verso il
secondo piano, con Kasumi che si annodava i capelli in due codini con dei
nastrini azzurri, e Sway che si infilava la giacca di pelle urlando dietro alla
compagna di stanza tutti gli epiteti che gli venivano in mente. Giunsero al
secondo piano e si scusarono con studenti e insegnanti che li avevano aspettati
fino a quel momento. Coloro che riferivano i voti erano Miryoku e Himitsu. I due
si guardarono un istante, poi Miryoku cominciò a parlare:
- Dalla discussione che abbiamo tenuto, è emersa una cosa molto strana. –
premise. – Perché solo i membri di un gruppo sono stati promossi. Gli altri
hanno fallito miseramente.
- Cosa?! – esclamarono i ragazzi rivolti ai propri compagni.
- E´ così. – confermò Himitsu. – Solo il primo gruppo, quello affidato a me, ha
superato con successo l´esame, il secondo gruppo invece, oltre ad essere rimasto
nella grotta oltre il tempo limite, non è riuscito a sconfiggere l´ultima
Guardian Force.
- Ci dispiace, ma potrete ripetere l´esame l´anno prossimo. – continuò Miryoku.
– Kasumi, Sway, Dwale, Chou e Krateia, salite in presidenza dove vi verrà
affidato il diploma.
I ragazzi seguirono la professoressa in ascensore e poi dritti davanti al
preside. Si disposero in fila e attesero che venisse loro consegnato il diploma.
Kanzi passò tra i neo SeeD con cinque pergamene. Consegnò la prima a Sway, la
seconda a Chou, poi Dwale, Kasumi ed infine Krateia. Avevano ottenuto tutti un
buon punteggio, i ragazzi corsero a prendere l´ascensore per allontanarsi da
quel luogo carico di tensione. Kasumi fu l´unica a trattenersi perché Kanzi le
volle affidare una specie di schedario dove annotare i ragazzi andati KO nella
missione e i nemici sconfitti. Dopo di ché anche la ragazza raggiunse
l´ascensore ancora contemplando il suo diploma con il punteggio dell´esame:
ATT 100 DIF 100 RAPIDITA´ 100 DECISIONE 100 RANGO SEED: A Kasumi trovò i suoi
compagni ad aspettare nel corridoio prima della classe. Erano tutti agitati e
nervosi, Dwale camminava avanti e indietro per il corridoio, Chou saltellava
euforica sul posto, Krateia guardava fisso un punto qualsiasi del pavimento
mentre Sway attendeva con la schiena appoggiata al muro.
- Come mai siete tutti qui fermi? – volle sapere la ragazza.
- Ma come, non lo sai? – rispose Krateia. – I nuovi SeeD devono tenere un
discorso alle matricole e a coloro che sono stati bocciati.
Kasumi alzò un sopraciglio, non ci teneva particolarmente a mettersi in mostra.
Non doveva dare troppo nell´occhio, e con le sue capacità era già abbastanza
difficile.
- Bando alle ciance! – ringhiò Dwale. – Non sopporto quest´ansia! Io vado di là!
Seguirono Dwale, appena furono entrati in classe, i presenti si zittirono
all´istante. Dopo un poco qualcuno cominciò ad applaudire e subito tutti gli
furono dietro. In pochi secondi tutta la classe applaudiva ai nuovi SeeD al
massimo dell´imbarazzo.
Ci fu un discorso breve e circonciso, poi Kasumi trascinò tutti a Balamb per
festeggiare e alla sera erano tutti stanchissimi e si addormentarono senza
problemi. Tutti, comunque, ebbero modo di pensare alla loro vita, che certamente
sarebbe cambiata dal giorno dopo.
9. La prima missione
Alla promozione seguirono due giorni di completo relax da parte dei neo SeeD.
Chou passava molto tempo in cortile con Dwale, Krateia la si trovava sempre
nello stesso posto: la biblioteca. Sway preferiva allenarsi e Kasumi saltellava
dal dormitorio alla mensa da mane a sera. E fu proprio alla mensa, mentre si
mangiava un panino in compagnia di Sway che le arrivò la nuova notizia. Chou
infatti arrivò imitando un tornado ed esclamò felice:
- Ci hanno assegnato la prima missione!! Dobbiamo trovarci all´ingresso della
scuola tra trenta minuti. Himitsu ha consigliato di passare per la propria
camera a prendere un paio di Pozioni e Code di fenice.
La ragazza scomparve così come era apparsa. Kasumi e Sway seguirono il suo
consiglio e passarono per la propria nuova camera prima di recarsi all´ingresso
dell´accademia.
Come al solito Kasumi e Sway furono gli ultimi ad arrivare al luogo
dell´appuntamento, questa volta perché Kasumi aveva capito che il luogo dove
dovevano incontrarsi fosse un altro, e Sway si era dannato per riuscire a
convincerla del contrario.
Himitsu sovrastava sui ragazzi e li squadrò tutti, dal primo all´ultimo prima di
cominciare a parlare. Stava per aprire bocca quando Kasumi e Chou lo aggredirono
contemporaneamente con sdegno e con epiteti che preferisco non ripetere, tutto
per dirgli di non permettersi di guardarli dall´alto in basso.
Himitsu sorrise e con un inchino molto plateale esibí le sue scuse.
- La missione si svolgerà tra le rovine di Centra. – spiegò. – I nostri sensori
hanno rilevato una presenza sinistra. E´ nostro compito investigare. Siccome è
la vostra prima missione hanno preferito che vi accompagnassi anche io, che sono
SeeD da certamente piì tempo di voi.
Kasumi e Chou preferirono ignorare la frase che voleva sottolineare la sua
superiorità e seguirono il ragazzo alla stazione del treno. Fu un viaggio breve
e privo di preoccupazioni, l´unico movimento ci fu quando Kasumi sfidò Himitsu a
Triple Raid. Fu un’epica battaglia che vide Kasumi vincitrice dopo
un´agonizzante scontro. Scesi dal treno i ragazzi presero il traghetto dove
prese vita un´altra battaglia, ma di proporzioni minori rispetto alla precedente
a causa dell´incapacità di Sway al gioco. Fu stracciato da Chou che nemmeno
aveva mai giocato.
A metà pomeriggio raggiunsero le rovine di Centra. Era un posto desolato appena
fuori dal regno di Centra, una monarchia instaurata cento anni prima, al centro
di un cratere sorgeva una strana costruzione. Himitsu la indicò, dicendo che era
da lì che avevano ricevuto uno strano segnale. I SeeD si avventurarono per gli
umidi corridoi della torre. Ad un certo punto sentirono delle voci indistinte
provenire da sinistra. Le seguirono finché sbucarono in un´ampia stanza. C´erano
già altre persone, i SeeD preferirono nascondersi dietro delle grosse statue che
offrivano un nascondiglio perfetto. Rimasero in silenzio ad aspettare che quelle
entità sconosciute agissero: erano una donna vestita di rosso, i capelli neri
lunghi fino alla vita, gli occhi zafferano e la pelle abbronzata. Di fianco alla
donna vigilava un ragazzo più alto di lei di tutta la testa i capelli di un
castano chiarissimo, indossava un paio di jeans neri e un impermeabile grigio.
Alle spalle di questi due aspettavano più di venti soldati con lo stemma della
famiglia reale di Centra.
- Il Cavaliere… - sussurrò Kasumi.
- Cosa? – le chiese Himitsu al suo fianco.
- Ascoltiamo quello che stanno dicendo. – rispose Kasumi aggirando la domanda.
La donna vestita di rosso si stava rivolgendo ai soldati alle sue spalle. Kasumi
suppose fosse un membro della famiglia reale, ascoltando le sue parole i ragazzi
furono in grado di capire cosa ci facevano laggiù. Lo scopo di quella donna era
di assimilare il potere di Ultima e Omega Weapon. – Ma per poter far ciò – aveva
detto, - è necessario trovare la Guardian Force Gilgamesh. Così c´è scritto
sulle iscrizioni sulla tavola dei Guardiani.
- Ma allora è una strega! – esclamò Sway alzando la testa.
- Stai giù! – sibilò Kasumi tirandolo per una manica della giacca. – Ma che ti è
preso? – gli domandò Dwale.
- Nulla – rispose il giovane, poi tornò a osservare la scena.
Chou era l´unica che non aveva distolto lo sguardo da colui che doveva essere il
Cavaliere di quella strega vestita di rosso. Quando però il giovane alzò la
testa, i suoi occhi verdi incrociarono quelli di Chou. Sarebbero stati di un
verde molto intenso, se non fossero stati così opachi, in una tal maniera che
sembravano ricoperti da uno strado di nebbia.
- Cosa ti prende, Kensa? – domandò la strega.
Questa seguì lo sguardo del Cavaliere finché non si rese anche lei conto che dei
SeeD la stavano osservando.
- I SeeD! – esclamò. – Attaccateli!
I soldati misero mano alle loro armi cominciando a correre verso le statue, che
si trovavano vicino all´ingresso, di un piano più in alto rispetto a loro. Anche
Chou e Dwale balzarono in piedi pronte a combattere.
- No! – le richiamarono i loro compagni.
- Come volete sperare di sconfiggere cinquanta soldati, una strega e il suo
cavaliere? – urlò Sway cominciando a correre verso l´esterno affiancato da
Kasumi, Himitsu e Krateia.
- Ma…! – protestò Dwale.
- Niente "ma". Ritirata!
- Non hai il potere di darmi ordini Kasumi!
- Ma io sì. Ritirata! – ordinò Himitsu, ormai lontano insieme agli altri. Dopo
un secondo li raggiunsero anche le due ragazze.
Fuori dalle rovine i SeeD si guardarono furiosamente attorno alla ricerca di un
luogo dove nascondersi mentre i soldati si avvicinavano sempre di più.
- Per di là! – urlò Krateia indicando un boschetto poco lontano che avrebbe
potuto dar loro rifugio. Spiccarono una corsa folle verso il bosco, con le
guardie sempre alle spalle. Tra gli alberi inevitabilmente finirono per
dividersi. Con una determinazione incredibile, però, i soldati della strega non
accennarono a rinunciare, così alla fine, i SeeD vennero raggiunti al centro del
bosco, lì dove gli alberi diradavano.
- Contrattacchiamo! – fu l´esorto di Himitsu verso i suoi compagni mentre faceva
apparire le pistole.
Iniziò lo scontro. Chou era la meno pressata, dovendosi occupare di soli cinque
soldati. Mentre combatteva tutto intorno a lei sembrava sbiadire, permettendole
di concentrarsi solamente sul combattimento. Stordiva o, nel peggiore dei casi,
uccideva tutti i soldati che la attaccavano, fin quando rimase senza avversari.
Si guardò intorno, pronta a lanciarsi in un nuovo combattimento, ma prima volle
osservare gli altri: Himitsu e Krateia combattevano schiena contro schiena in
modo da prevenire scomodi attacchi alle spalle mentre Dwale era impegnata in uno
spettacolare corpo a corpo con uno dei capitani dei soldati. Chou girò su sé
stessa alla ricerca di Kasumi e Sway. All´improvviso sentì il suono di uno sparo
e si voltò. Alle sue spalle finalmente vide Sway. La ragazza poté osservare
tutta la scena che seguì a rallentatore: uno dei soldati aveva un fucile e aveva
puntato Sway. Quando era partito il colpo il giovane Gunblader era stato
solamente in grado di voltarsi contro il cecchino, così come tutti i suoi
compagni che non avrebbero potuto impedire al proiettile di colpire il
bersaglio. Pochi istanti dopo un corpo era caduto a terra.
- Kasumi! – urlò Sway. Il ragazzo si chinò sulla ragazza che perdeva
copiosamente sangue dall´addome, la tirò un po´ su e continuò a chiamarla con il
pianto che gli saliva agli occhi.
Chou rimaneva immobile solo pochi metri più lontano. Rivedendosi davanti agli
occhi gli ultimi secondi prima che il colpo arrivasse a destinazione: con una
rapidità impossibile da immaginare, Kasumi si era gettata su Sway buttandolo di
lato, ma prendendosi il proiettile nell´addome. In quell´istante invece Dwale
aveva raggiunto Sway, preoccupata per Kasumi, ma tentando di far rinsavire il
ragazzo che si era isolato la battaglia mentre tentava ancora di risvegliare
Kasumi.
Chou, anch´essa sotto shock non riusciva a decidere cosa fare mentre Himitsu e
Krateia continuavano a combattere alla sua sinistra. D´un tratto sentì un dolore
lancinante al braccio destro, lì dove era stata colpita dalla lama di un
soldato. Chou tentò di parare i colpi che seguirono impugnando l´arma con la
mano sinistra continuando a indietreggiare finché non si ritrovò con le spalle
contro il tronco di un albero. Subito dopo inciampò in una radice e cadde a
terra mentre la sua arma le scivolava di mano. Chou chiuse gli occhi attendendo
il colpo che l´avrebbe uccisa. Questo però non arrivò. La ragazza riaprì
lentamente gli occhi: davanti a lei stava combattendo un ragazzo armato con una
spada a lama larga, una di quelle che venivano chiamate “spade bastarde”, le
buster sword: capelli neri, pelle abbronzata, portava una maglia di cotone blu
col collo lungo ma senza maniche che mettevano in risalto le braccia muscolose,
un paio di jeans sbiaditi e un paio di scarponi. Il giovane finì l´avversario
con un affondo prima di richiamare a sé l´attenzione dei SeeD. Subito dopo gettò
a terra qualcosa di rotondeggiante che dopo pochi istanti cominciò a rilasciare
fumo che in breve rese impossibile a chiunque di vedere al di là del proprio
naso. Chou si sentì afferrare per il braccio sano, mentre l´altro non smetteva
di perdere il sangue che le inzuppava i vestiti, per poi essere trascinata via.
Per un po´ corse alla cieca seguendo solo colui o colei che la stava guidando,
dopo poco però inciampò e cadde, incapace di rialzarsi, sentendosi troppo debole
a causa dell´emorragia, alla fine svenne.
10. Un giovane vagabondo
Quando Chou si risvegliò non si trovava più nel bosco, o almeno, non in quello
dove si trovava prima. La ragazza si trovava distesa su un pagliericcio vicino
ai resti di un fuoco, ormai spento. Nel lettino alla sua destra si accorse della
compagnia di Kasumi che riposava. La giovane era molto smagrita, era pallida con
delle scure occhiaie che le segnavano gli occhi. Chou si alzò a sedere ma venne
subito colta da un giramento di testa che le fece appannare lo sguardo
costringendola così a risedersi, stanchissima.
- Ben svegliata – le disse una voce alle spalle.
Chou si voltò e riconobbe nel ragazzo che vide, lo stesso che l´aveva salvata
dall´attacco di uno dei soldati della strega.
- Hai dormito per quattro giorni, la tua amica invece è ancora svenuta. –
continuò il giovane. Siamo stati costretti a un´operazione di fortuna, ed è
stata davvero fortunata che avessi con me tutto il necessario per operar con
sicurezza. Grazie a Hyne il proiettile non era penetrato in profondità. - Tu chi
sei? – fu la prima frase che riuscì a formulare la ragazza dopo essersi
risvegliata.
- Mi chiamo Huta Ongaku. Stavo facendo una passeggiata e sono passato per caso
lì dove stavate combattendo. E´ stata proprio una fortuna per te e i tuoi
compagni. Una fortuna! Già, proprio una fortuna! – ripeté Huta annuendo con un
sorriso.
I suoi compagni! Come aveva potuto dimenticarlo?
- Gli altri…? – domandò.
- Chi? Krateia e la bella compagnia? Saranno qui in giro. Erano tutti molto in
pensiero. Ma quello Sway… Ti da mica l´impressione di essere innamorato della
castanina? Era così preoccupato poverino!
- Sway…? Io… no. Cioè… non credo…
- Sei ancora un po´ confusa, eh? – le chiese bonario. – Ti capisco, ti capisco.
I tuoi compagni mi hanno già detto il tuo nome, ma vorrei fossi tu a
presentarti!
- Chou. Chou Nizi. – rispose lei mentre la pastoia che le sembrava di avere in
bocca cominciava a scomparire.
- Tanto, tanto piacere! – esclamò Huta stringendole energicamente la mano con il
suo eterno sorriso stampato sulla faccia. – Tieni, bevi questo tè! Contiene
tanta di quella caffeina che potrebbe tenere sveglio persino un morto!
- Kasumi non è morta, vero?
- Ti ho già detto che sta dormendo! – esclamò Huta. – E´ da quando avevo dieci
anni che sono abituato a curare e bendare le ferite, mie e quelle altrui. Posso
assicurarti che si sveglierà da un momento all´altro.
Difatti, per una stranissima coincidenza, appena Huta smise di parlare, Kasumi
emise un lamento e aprì gli occhi.
- Kasumi! Kasumi! Ti sei svegliata! Stai bene?! – volle sapere con ansia Chou
precipitandosi al fianco dell´amica.
Kasumi sorrise: - Tutto a posto Chou. Grazie giovane guerriero. – disse poi
rivolta a Huta.
- Oh, non c´è di ché! – assicurò questo sciacquando la tazza in cui aveva
bevuto.
- Gli altri stanno tutti bene? – interrogò Kasumi.
- Io non lo so, mi sono appena svegliata anche io – confessò Chou, - ma Huta
assicura che, sì, stanno tutti a meraviglia.
- Se vuoi, potresti andare ad avvertirli che la vostra amica si è risvegliata –
interloquì il ragazzo. – Credo che li troverai dietro quella radura – e fece
appena in tempo ad indicare la direzione, che Chou era già scomparsa.
- E´ davvero spensierata Chou – sorrise Kasumi con moderata spossatezza.
- Già – concordò Huta, - mi ricorda la mia sorellina.
Rimasero in silenzio per qualche minuto e Huta si voltò verso Kasumi,
probabilmente per porle una domanda, ma incontrando gli occhi argentei di Kasumi
rimase attonito, e non disse nulla.
Quando finalmente Kasumi tornò in sé, però, preferì far finta di nulla e riprese
il discorso da dove lo aveva interrotto:
- Cosa ci facevate laggiù, in quel boschetto? – volle sapere. – Non sembrava una
passeggiata.
- No, non era una passeggiata – concordò la giovane. – E in realtà… il motivo è
abbastanza delicato… Noi facciamo parte dell´elite del Garden di Balamb:
ricevuta una segnalazione alle Rovine di Odino siamo venuti ad indagare e…
- E…? – la interrogò il giovane.
- Abbiamo scoperto che Cecir, la regina del regno di Centra, è la Strega e che…
vuole ottenere il potere dei Guardiani Supremi.
- Come? E cosa ci vorrebbe fare una volta ottenute? Allestire una mostra?
- Non essere ridicolo – lo rimproverò Kasumi. – Ma questo non lo sappiamo
ancora.
- Mmh… - borbottò Huta pizzicando le corde di una lira.
Kasumi si mise a riposare sul proprio giaciglio, ascoltando con serenità la
canzone suonata dal ragazzo.
- E´ molto bella – gli disse quando ebbe finito, - ma sono sicura di aver già
sentito questa melodia.
- E´ la ninna-nanna che cantavano nel luogo dove sono cresciuto. Ricordo che
piaceva tantissimo a me e alla mia sorellina – raccontò Huta strimpellando una
nuova canzone.
- Tra poco torneranno gli altri – stabilì Kasumi alzandosi in piedi con fare
tremolante. – Avresti anche per me una tazza di quella tisana piena di caffeina?
- Ma come?! Eri sveglia allora! – esclamò quello strano ragazzo porgendole la
tazza richiesta.
- Non del tutto – replicò invece Kasumi.
- Siete proprio un gruppo divertente – rise Huta dopo pochi secondi. - Ti
piacerebbe venire con noi?
Huta si acquietò e smise di suonare, probabilmente stava riflettendo sulla
proposta ricevuta quando, come un fuoco d´artificio, irruppe Chou seguita da
tutta la compagnia.
11. Il Bosco Sacro dei Chocobo
- Kasumi, stai bene!
- Ti sei ripresa, come stai?
- Per fortuna ti sei svegliata.
I compagni di Kasumi l’accerchiarono ansiosi, chi più chi meno, di sapere delle
sue condizioni. Dwale e Krateia si erano subito buttate addosso all’amica per un
grande abbraccio, mentre Himitsu le osservava un po’ più distante e sogghignava,
probabilmente per nascondere il suo sollievo. In piedi dietro Dwale e Krateia
aspettava Sway, sollevato a tal punto da sembrare un’altra persona.
- Be’ Sway, perché quella faccia? – gli domandò Kasumi con la voce fievole. –
Sto bene non vedi?
- Sì – assentì il ragazzo accucciandosi e prendendole il viso tra le mani, -
stai bene.
La giovane scoppiò a ridere per la strana reazione di Sway, ma gemette quando
quel gesto le fece male al petto.
- Sei ancora ferita? – domandò Krateia preoccupata.
- In verità – intervenì Huta, - è quasi miracoloso il solo fatto che sia ancora
viva. Era una ferita molto grave la sua ed è stato molto complicato estrarre il
proiettile. Potete ringraziare Hyne perché sta bene, contro ogni previsione sta
bene.
- Come puoi dire che sta bene? – lo aggredì Krateia.
- Sta bene – insistette il giovane vagabondo. – Sta bene, contro ogni
previsione, sarebbe dovuta essere morta tanto sangue aveva perso.
- Adesso basta – li zittì Kasumi cominciando a riacquistare forza nella voce. -
Dobbiamo decidere cosa fare adesso. La nostra missione Himitsu, ripetimi le
precise parole del preside.
- Kanzi ha detto: “I sensori del Garden hanno rilevato qualcosa di anormale alle
Rovine di Odino. Recatevi a Centra, accertatevi del problema e risolvetelo”.
- Perciò, secondo gli ordini ricevuti dobbiamo occuparci della Strega.
I ragazzi si avvicinarono a Kasumi per poter decidere un piano insieme. Gli
unici che non si unirono furono Himitsu, che osservava i neo SeeD con la schiena
appoggiata ad un albero, e Huta che, seduto su un masso, osservava a sua volta i
SeeD con un sorrisetto sulle labbra mentre strimpellava con la sua lira.
- Cosa sappiamo? – interrogò Kasumi, sperando di prendere al più presto tutte le
decisioni perché aveva ancora bisogno di riposo.
- Be’ l’obbiettivo più prossimo della strega deve essere per forza il
ritrovamento di Gilgamesh – rispose Chou.
- Ma per rintracciarlo, a sua volta ha bisogno della presenza di Odino – la
corresse Sway. – Ma se Odino non si trovava alle Rovine… allora dove si può
trovare?
I ragazzi si ammutolirono. Kasumi si sentiva spossata, sia mentalmente che
fisicamente, ma sapeva di non poter essere lei a fornire tutte le risposte.
Scoccò di nascosto un’occhiata a Himitsu che continuava ad osservare i ragazzi
col suo strano ghigno. Gli sguardi dei due ragazzi si scontrarono per un
istante, e alla fine:
- Il Cratere di Trabia – disse semplicemente il biondo SeeD.
- Il Cratere di Trabia? – domandò allora Chou. – Perché il Cratere di Trabia?
- Perché è il luogo con maggiore confluenza magica dopo Centra e il Lunatic
Pandora. Odino, non trovandosi a Centra, e non sapendo nemmeno se il Lunatic
Pandora esiste, l’unico luogo dopo si può cercare è il Cratere di Trabia –
spiegò Huta lasciando i ragazzi di stucco.
- Allora non sei soltanto uno strano barbone – lo schernì Himitsu.
- No, e tu possiedi il senso dell’umorismo Himi-chan – controbatté il giovane.
Poi questo si voltò verso Kasumi: - Vengo con voi.
- Ne sono felice – gli sorrise lei alzandosi in piedi.
- Sicura di stare bene? – le chiesero Chou e Krateia.
- Certo non vi preoccupate…
Ma le cedettero le gambe e solo Sway, afferrandola al volo, le impedì di cadere
a terra.
- Ah, no?
- …forse non sto così bene – ammise allora la giovane. – Ma non ha importanza:
dobbiamo raggiungere Trabia prima che lo facciano la Strega Cecir e il suo
cavaliere.
- Allora ti porterò io – decise Sway e se la caricò sulla schiena.
- No… Sway… - tentò di opporsi la ragazza, ma era troppo debole anche per
litigare.
“Non posso farmi portare da Sway… finirà che…” pensò la giovane portando gli
occhi al cielo.
- Zitta – le impose il Gunblader, prendendo il comando. – Come facciamo a
raggiungere Trabia prima della Strega?
Questa era una bella incognita perché effettivamente Trabia era molto distante,
e loro erano a piedi.
- Io avrei un’idea – si annunciò poi Huta. – Lo so, non è grandiosa, ma per il
momento credo sia davvero l’unica cosa che possiamo fare: qui vicino c’è uno dei
boschi sacri dei Chocobo. Potremmo…
- Bravissimo Huti! – esclamò Chou saltandogli in braccio.
- Mi chiamo Huta – rispose lui posandola a terra e arruffandole i capelli, di
cui ne prese in mano una ciocca. – peccato che li abbia colorati, credo che neri
ti sarebbero stati molto bene.
- Be’ a me piacciono così… e ridammi quella ciocca! È mia!
- Ora non più! – esclamò il ragazzo, poi estrasse un piccolo coltello da una
tasca e gliela tagliò via. – Mia! – le disse, lasciandola basita per qualche
secondo.
- Ehi… ma… i miei capelli!!!!!!
Chou prese ad inseguire Huta minacciandolo di morte e lanciandogli dietro dei
Kozuka, ovviamente senza colpire il bersaglio, strappando una risata ai
presenti.
- Sembrate marito e moglie! – gridò loro dietro Dwale.
- O forse come fratello e sorella – sussurrò Kasumi, ma l’unico che fu in grado
di sentirla fu Sway.
- Dovremmo avviarci – disse Himitsu, richiamando all’ordine i suoi compagni.
Il gruppo di ragazzi, dopo che Huta ebbe messo via in uno zaino tutte le proprie
cose, s’incamminò verso questo Bosco Sacro dei Chocobo. Himitsu in testa,
seguito da Dwale, Chou, Huta, Krateia e Sway e Kasumi per ultimi, un po’ più
indietro rispetto gli altri.
- Non ti peso? – sussurrò d’un tratto Kasumi all’orecchio di Sway.
- No, non preoccuparti. Sei talmente leggera che non mi sembra nemmeno di
tenerti in braccio. Ma quanto pesi?
- 47 chili.
- Ma non è poco, anche per una ragazza? – domandò lui incredulo.
- Un po’, ma sono forte lo stesso.
- Sì, lo vedo… lo vedo che sei forte!
Passarono ancora un po’ di tempo in silenzio quando Kasumi bisbigliò, poggiando
la testa a una spalla di Sway:
- Sto pesando a tutti…
- Veramente, per il momento solo a me… - tentò di scherzare il ragazzo.
- Seriamente, Sway.
- Sono serissimo. Non sei di peso per nessuno, anzi, sei di sostegno agli altri
con la tua saggezza e la tua allegria. Sei premurosa, gentile, altruista,
socievole, intelligente… bella… riassumi in una sola persona tutti i pregi di
noialtri.
- Ti prego, non dire così…
- Perché non dovrei? – le domandò lui inquieto.
- Non capiresti – gli rispose triste, nascondendo la faccia nel suo giubbotto.
Sway si fermò e posò in terra la ragazza.
- Kasumi Megami, dimmi – le intimò accucciandosi in modo da fissarla negli occhi
azzurri e malinconici, - che cosa ti turba?
- Io… ecco… non credo… di potertelo dire… - rispose lei sfuggendo il suo sguardo
e mordendosi il labbro.
- Prova – la incoraggiò lui, prendendole per la seconda volta il viso tra le
mani.
Lei lo fissò dritto negli occhi, aprì la bocca forse con l’intenzione di dire
qualcosa, ma alla fine la richiuse, mentre gli occhi le si riempivano di
lacrime. Lo abbracciò in cerca di conforto per qualcosa che non poteva rivelare
a nessuno. Sway decise di non porle altre domande, così ricambiò l’abbraccio.
Quando le lacrime della ragazza si furono fermate la prese di nuovo sulla
schiena e affrettò il passo per raggiungere i loro compagni. Kasumi disse ancora
un’unica frase, bisbigliata all’orecchia di Sway, poi tacque per il resto della
strada: - Anche Dwale è bella.
In quei momenti di silenzio Sway rifletté sull’ultima discussione che lui e
Kasumi avevano avuto e a quanto poco, in realtà, conoscesse la ragazza.
Il Bosco Sacro di cui aveva parlato Huta si trovava in prossimità di una
sporgenza che si affacciava sul mare. Più allegri di prima, ora che avevano
finalmente delineato un piano, i sette ragazzi avanzavano con passo sicuro verso
il bosco ma un ragazzino sbarrò loro la strada.
- Non potete entrare tutti quanti: spaventereste i Chocobo – disse loro.
- Tu chi sei? – lo interrogò Himitsu.
- Chiamatemi Chocoboy. Siamo noi Chocoboys che custodiamo i Boschi Sacri dei
Chocobo, se volete entrare, dovete farlo uno alla volta.
- Noi abbiamo solo bisogno di cavalcature per un viaggio veloce – mormorò Kasumi
mentre Sway la posava su un masso.
- Uno alla volta, la regola è sempre quella – insistette il Chocoboy. –
Scegliete chi di voi dovrò accompagnare nel bosco affinché catturi i vostri
Chocobo.
I ragazzi si fissarono a vicenda per qualche secondo.
- Andrò io – si offrì subito Kasumi, ma fu subito chiaro che nessuno dei suoi
compagni aveva la ben che minima intenzione di lasciarla andare.
- Sarò io – decise allora Chou, - ad andare. Chocoboy, accompagna me.
Così i SeeD guardarono Chou entrare nel bosco mentre si preparavano all’attesa,
fosse questa breve o lunga.
Huta fu il primo a trovare un modo per impiegare il tempo e cominciò zelante a
controllare le ferite e le bende di Kasumi aiutato da Krateia, Himitsu si era
seduto all’ombra di un albero, Dwale, invece, affiancava Sway che fissava con
sguardo assente i tronchi degli alberi tra i quali Chou era scomparsa.
- Ti senti meglio ora? – indagò la giovane pugile.
- Cosa ti fa credere che sia stato male? – ribatté secco il giovane.
- Ti ho visto molto preoccupato… eri in ansia per la salute di Kasumi. Ce ne
siamo accorti tutti, per questo io… mi chiedevo se ora ti fossi rilassato
vedendola sana.
- Sana? – ringhiò Sway voltandosi verso Dwale con gli occhi roventi. – Come puoi
definirla sana se non riesce nemmeno a reggersi in piedi?!
- Non occorre adirarsi per…
- Deciderò da solo per cosa adirarmi, ma grazie della premura.
- Beh, datti una calmata! – l’aggredì allora la giovane. – Io mi stavo solo
preoccupando per te perché ti avevo visto giù! Non ti permetterò di trattarmi
così, sono anch’io una tua compagna, perciò non serve ringhiarmi addosso se ti
rivolgo la parola. E scusa tanto se ti ho distolto dai tuoi interessantissimi
pensieri.
La sfuriata, pronunciata senza alzare la voce, scosse particolarmente Sway che
la fissò intensamente negli occhi per qualche istante.
- In effetti sei bella – disse Sway prima di voltarle le spalle e raggiungere
Huta che gli faceva segno di avvicinarsi già da qualche minuto.
Chou rimase dentro il Bosco per poco più di un’ora, ma quando ne uscì, reggeva
trionfante le redini di sei splendidi Chocobo. I Chocobo erano degli animali
davvero maestosi, alti un paio di metri, le penna gialle risplendevano sotto i
raggi del sole mentre attendevano impazienti di cominciare a correre, qualunque
fosse la loro destinazione. Senza perdere altro tempo ogni ragazzo balzò in
groppa a un Chocobo, Kasumi, che di certo non era in grado di governare il
bipede, fu costretta a sedersi davanti a Sway, di nuovo, nonostante la ragazza
avesse semi-espresso il desiderio di salire sul Chocobo insieme a chiunque
altro.
12. Il Cratere di Trabia
La velocità dei Chocobo era fantastica e incredibile, saettavano attraverso
pianure e secche come se non facessero altro per tutta la vita. Persa tra mille
emozioni, osservando tutto ciò che la circondava, nonostante rare volte riusciva
a cogliere qualcosa di più di semplici macchie di colore che sfrecciavano
velocissime ai suoi lati, Kasumi riuscì a dimenticare tutti i suoi problemi.
Almeno finché lei e gli altri ragazzi non scorsero in lontananza il cratere di
Trabia. Ormai avevano cavalcato per diverse ore e il cielo cominciava ad
imbrunire acquistando splendenti colori oro e arancio. I giovani SeeD spronarono
le loro cavalcature e raggiunsero finalmente l’orlo del cratere. Ma erano
arrivati troppo tardi. Al centro del cratere si trovavano già la strega Cecir e
il suo Cavaliere, quest’ultimo, avvolto da strani simboli arcaici e da una luce
ambrata aveva appena terminato una gemellanza. Si era unito con Odino, il suo
spirito gemello.
Ci volle poco perché strega e cavaliere si accorgessero dell’arrivo dei SeeD,
così cominciò la battaglia. I ragazzi eliminarono velocemente le guardie che
avevano accompagnato la strega e subito si scagliarono contro il Cavaliere,
mentre Cecir osservava lo scontro da poco lontano. Nessuno si era mai scontrato
con Kensa, o lo aveva visto combattere, ma in breve fu chiaro della sua potenza
e abilità. Da solo riusciva a tenere testa a tutti loro. Parando un suo fendente
Sway si domandò dove fosse Kasumi: l’aveva osservata durante l’esame pratico e
tutte le altre battaglie e si era reso conto della sua maestria nel combattere
che non era certo inferiore a quella di Kensa. Ma allora perché non erano ancora
riusciti a sopraffarlo? Sway fece un balzo indietro per riprendere fiato
lasciando il posto a Huta e Chou, e si guardò intorno cercando Kasumi con lo
sguardo. Eccola. La ragazza aveva insistito per combattere seppur non ancora
guarita e le era bastato stringere la propria arma e alzarla sulla testa per
sfinirla. Era caduta a terra e respirava a rantoli stringendosi spasmodicamente
l’addome, dove probabilmente si era riaperta la ferita. Sway le corse incontro e
la prese tra le braccia, la ragazza stava bruciando di febbre.
Qualche metro più in là intanto, lo scontro non sembrava voler cessare. In
quell’istante era Chou ad affrontare il giovane cavaliere. La ragazza schivava
gli attacchi con grande agilità per poi contrattaccare con i suoi stiletti,
anche se purtroppo non arrecavano gravi danni. La giovane combatteva guardando
fisso negli occhi il suo avversario. Ci fu un momento però, che durò quanto un
battito del cuore, in cui Kensa esitò, come dire… si arrestò a metà di un
fendente mentre guardava con una strana espressione la ragazza. In quel momento,
solo in quell’istante, la nebbia dei suoi occhi si era diradata e il verde
dell’iride aveva risplenduto come uno smeraldo sotto i raggi del sole. Chou ebbe
appena il tempo di accorgersene che la nebbia era tornata ad invadere gli occhi
di lui, tanto da farle pensare di essersi immaginata tutto. Si allontanò dal
giovane e lasciò il turno a Krateia. Si voltò cercando Sway e Kasumi e li vide,
una retta dall’altro, distante alcuni metri. Kasumi sembrava priva di sensi, ma
d’un tratto spalancò gli occhi e spinse bruscamente Sway allontanandolo da sé.
La giovane si alzò in piedi, nonostante fosse barcollante, e levò le braccia
sopra la testa. Cono orrore, probabilmente fu Chou a capire per prima le
intenzioni della compagna, difatti pochi secondi dopo il terreno sul quale
stavano tutti posando i piedi si era ricoperto di ghiaccio. Da questo ghiaccio
era emersa la Guardian Force Shiva che, attaccato il Cavaliere con un raggio
gelato, era scomparsa lasciando Kasumi totalmente priva di forze. La ragazza
svenne.
Sway si voltò adirato verso Kensa, pronto per riprendere il combattimento, ma
anche lui sembrava finalmente privo di forze. Si issò in piedi, pronto a
sferrargli il colpo decisivo, ma la Strega Cecir si interpose tra i due. La
donna fissò sprezzante, ad uno ad uno, tutti i ragazzi.
- Sono stufa di giocare con voi bravi soldatini – disse loro, fredda come il
ghiaccio. Alzò le braccia verso il cielo, evocando una magia, il cielo ormai
risplendeva rosso come il sangue ma il richiamo della magia lo fece diventare
quasi nero. Seguirono alcuni secondi di assoluto silenzio, poi caddero sulla
terra delle meteore. Colpirono ripetutamente tutti i ragazzi, facendo perdere
loro i sensi. Se quello fosse stato un videogioco, sullo schermo sarebbe apparsa
la scritta “Game Over”.
Sway fu l’ultimo a perdere conoscenza, ma sentiva ancora la gelida risata della
strega risuonargli nelle orecchie – Avete perso, SeeD. – Ma non gli interessava
questo: doveva trovare Kasumi, stava male, l’aveva vista…
13. Prigionieri
I ragazzi si risvegliarono, qualche tempo dopo, ma non si trovavano più presso
il Cratere di Trabia, anzi, probabilmente non si trovavano nemmeno più a Trabia.
Ognuno di loro era stato rinchiuso in una stanza diversa. Erano belle stanze, ma
avevano le sbarre alle finestre e le pesanti porte di legno chiuse da
catenaccio. Le varie stanze si trovavano divise su due piani, ma i ragazzi
ancora non capivano dove si trovavano. Guardando fuori della finestra c'era solo
un vastissimo deserto che si estendeva a perdita d'occhio. Le pareti delle
stanze erano in pietra... e sopra lo stipite della porta c'era, intagliato nel
legno, un grande serpente rosso: lo stemma della famiglia reale di Centra. Tutti
quanti, uno dopo l'altro, si erano ripresi e avevano recuperato le forze mentre
attendevano solamente di sapere cosa sarebbe successo loro. Tutti tranne Kasumi,
la ragazza era l'unica che, inerme stesa sul grande letto della sua stanza,
bruciava a causa dell'alta febbre che l'affliggeva.
Kensa stava percorrendo lentamente uno dei due lunghi corridoi sui quali si
affacciavano le stanze dei prigionieri, aveva ricevuto l’ordine da parte della
strega di far visita e interrogare tutti i ragazzi. La prima persona che visitò
fu Kasumi. Il giovane cavaliere aprì la porta della camera e si sporse sopra il
letto della ragazza, madida di sudore e la vista appannata. Kensa rimaneva lì,
fermo a guardarla. Kasumi strinse i denti, stava male, ma era cosciente.
Debolissima, l’unica cosa che era in grado di fare, era di sputare in faccia al
giovane. E lo fece.
- Maledetta strega! Non credevo foste così codarde!
Il volto di Kensa subì una trasformazione, improvvisamente i suoi bei lineamenti
furono deformati da una profonda smorfia d’odio improvviso. Il giovane la colpì
violentemente facendola cadere al suolo, Kasumi sbatté la testa e perse i sensi.
Allora Kensa l’afferrò in malo modo e la buttò sul letto prima di uscire
velocemente dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Si era svegliata da diverse ore, ma non era ancora sicura di dove si trovava. In
quel momento stava seduta per terra sotto la finestra, ignorando c9ompletamente
il raffinato mobilio che decorava la stanza. Dwale era molto confusa… e
preoccupata. Era molto preoccupata per Kasumi, ma soprattutto per Sway. Quando
Kasumi era svenuta, lo spadaccino era diventato strano… ed era entrato in quello
strano stato simil-comatoso già assunto prima. Cosa poteva fare? La ragazza era
tormentata da mille domande e crucci, quando sentì una chiave girare nella
serratura di ferro e vide Kensa entrare nella stanza. Dwale si alzò in piedi,
decisa a mostrare di non essere abbattuta come in realtà era. Kensa le si
avvicinò e la fissò con i suoi occhi gelidi.
- SeeD – disse azzannando la parola. – SeeD, siete d’intralcio. Chi vi ha
mandati qui? Cosa cercate? Chi di voi è il capo?
Dwale lo fissò, cercando di capire cosa le era appena stato detto. Provava,
provava, provava a capire cosa voleva da lei quell’uomo, ma non ci riusciva!
Inevitabilmente, contro la sua volontà, scoppiò in lacrime riuscendo a dare solo
qualche risposta confusa.
- …e all’esame non sapevo la risposta e Kasumi mi ha dato il biglietto… Huta
l’ha guarita e Chou era appena arrivata in stanza… e allora Himitsu ci ha detto
della missione e noi vi abbiamo visti… Kasumi… no, Himitsu… non so chi è il
capo… Sway… lui era preoccupato per Kasumi. A me non ci pensa mai… la strega…
Kensa decise di andarsene: di certo non avrebbe potuto ottenere di più da quella
giovane. Fece un passo in avanti e sferrò un violento calcio nello stomaco a
Dwale, che era scivolata per terra. In seguito al colpo ricevuto si piegò in
avanti tossendo e sputacchiando sangue.
Kensa uscì dalla stanza e raggiunse quella di Krateia. Entrando trovò la giovane
seduta su una poltrona, ma appena entrò nella camera, la giovane balzò in piedi
come l’avessero morsa. Le domande di Kensa furono le stesse di prima, ma
trovavano Krateia preparata.
- Ecco, signore – gli disse fingendo ottimamente rispetto, riverenza e timore,
cosa quest’ultima che non aveva bisogno di molta finzione. – E’ vero, noi siamo
SeeD. Ma ci trovavamo lì assolutamente per caso… eravamo stati accompagnati dal
nostro professore a fare visita alle rovine di Odino e vi abbiamo
accidentalmente intravisto…
Krateia vide uno strano ghigno allargarsi sul volto del giovane cavaliere.
Ridi, ridi pure idiota pensò.
- C’è, tra voi, un uomo di nome Leonheart? – domandò allora Kensa. Sembrava
avesse trovato la fonte dalla quale avrebbe potuto ottenere tutto quello che
voleva sapere.
Krateia rispose in fretta, senza fermarsi a riflettere: - No purtroppo… era un
mio caro amico ma è morto poco tempo fa in un incidente…
Krateia si inventò questa e molte altre bugie ma continuava a domandarsi cosa,
per Hyne, poteva interessare alla strega di Sway…
Alla fine, apparentemente soddisfatto, Kensa lasciò anche quella stanza e si
avviò verso la camera successiva: quella di Himitsu.
Himitsu non si trovava sdraiato sul letto, come era per Kasumi, non si trovava
seduto per terra, come era per Dwale, e non si trovava nemmeno seduto su una
poltrona poltrona, come era per Krateia. No, il giovane era in piedi, continuava
a camminare avanti e indietro per la stanza. Avanti e indietro, avanti e
indietro, aspettando che accadesse qualcosa. All’improvviso si accorse che la
pesante porta di legno si stava aprendo. Fece appena in tempo a vedere il volto
di Kensa che già lo colpiva con violenza con un pugno, ma non riuscì a far altro
che far girare di ottanta gradi il viso del cavaliere. Himitsu vide Kensa
irrigidirsi mentre tornava a fissare colui che l’aveva colpito. Lo fissò freddo
per qualche istante, poi gli tirò un pugno a sua volta. I due giovani si
guardarono con occhi roventi, anche Kensa, nonostante il suo sguardo
incandescente sembrasse essere di origine diversa. Non fu un combattimento vero
e proprio, ma durò alcuni minuti. Alla fine Kensa riuscì a colpire con molta
forza il suo avversario facendogli fare un giro su se stesso, Himitsu cadde a
terra dando le spalle a Kensa. Il giovane era pronto a rialzarsi, a continuare
lo scontro ma un colpo alla testa lo stordì. Il giovane si voltò, Kensa l’aveva
colpito col calcio dell’Hyperion. Cominciava già a vedere sfocato, i contorni
della stanza cominciavano a diventare indefiniti.
- Tu…! – ringhiò. - …bastardo sleale…
Kensa scoppiò a ridere di una risata cupa. – Non credere di combattere con un
SeeD del tuo Garden, che segue le tue stesse, sciocche regole – furono le ultime
parole udite da Himitsu prima di svenire. Kensa uscì anche da quella stanza.
Erano pochi ancora i prigionieri a cui doveva fare visita. La tappa che subito
seguiva l’incontro con Himitsu era la camera dove era rinchiuso Sway. Kensa
entrò e notò che stranamente lì la luce mancava. Cercò Sway con lo sguardo e si
accorse che era seduto per terra vicino a lui. Il cavaliere si accucciò in modo
da essere alla stessa altezza dello spadaccino, lo fissò negli occhi. Con la
testa lasciata ciondolare di lato, Sway sembrava addormentato, se non che aveva
gli occhi spalancati. Questi, di solito grigio-azzurri e intensi, fissavano
vacui nel vuoto. Silenziosamente, senza parlare, Kensa rimase a fissarlo per
qualche secondo, poi uscì.
14. Evasione
Ancora una stanza, quella di Chou, e poi sarebbe andato da Huta. Il giovane
cavaliere aprì la porta della stanza silenziosamente, furono solo i cardini da
oliare che annunciarono il suo arrivo. Kensa scrutò la camera, cercando la
ragazza con lo sguardo. Chou se ne stava seduta sul letto abbracciandosi le
ginocchia, con i capelli colorati che le cadevano davanti agli occhi donandole
un’aria tetra. Azzurro e rosa, erano colori accesi e vivaci… che così poco
centravano con l’umore della ragazza. Appena entrato Kensa aveva spalancato gli
occhi e aveva bisbigliato con la voce rotta: - Perché fai tutto questo?
Kensa la guardò inespressivo dando la precisa sensazione di non aver nemmeno
udito le parole pronunciate dalla ragazza.
- Mi ascolti? Perché fai tutto questo? – gli urlò contro la ragazza saltando in
piedi. Perché si stava arrabbiando? Lei non si arrabbiava mai così… lei non
aveva nessun motivo per adirarsi! Eppure… forse un motivo c’era… Ne era certa:
lei aveva visto qualcosa nei suoi occhi cupi, anche se in quel momento erano
inespressivi. – Durante la battaglia, io… io ti ho visto. Ne sono certa! Per un
istante, solo per un istante i tuoi occhi hanno cominciato a risplendere come
due smeraldi… possibile che una persona con gli occhi tanto belli e profondi
possa servire una strega crudele come Cecir?
Kensa la ignorò e, di nuovo, parve non averla nemmeno sentita, e le porse le
stesse, identiche domande che aveva posto anche agli altri ragazzi. O meglio, a
quelli padroni di sé che non avevano tentato di rompergli il naso.
Chou lo fissò, in quel momento era stata lei a non aver minimamente sentito e
ascoltato le parole del giovane. Dapprima piano, poi sempre più violentemente le
lacrime cominciarono a rigarle la faccia quando poi finalmente scoppio a
piangere.
- I tuoi occhi sono buoni! – gridò tra un singhiozzo e l’altro. – Perché fai
così? Perché fai così?
- Rispondimi, Chou Nizi.
La ragazza lo ignorò e mosse dei passi in avanti. Sembrava fosse quasi contro la
sua volontà, anzi ne era certa, le sue gambe si stavano muovendo da sole. Fatto
sta, che corse incontro al giovane e lo abbracciò stringendogli il busto con le
sue sottili braccia e affondando il volto rigato di lacrime nel suo petto. Era
così freddo…
- I tuoi occhi sono buoni! – strillò con la voce ormai spezzata dallo sforzo.
Per alcuni secondi non successe nulla, nel completo silenzio, anche il tempo
sembrava essersi fermato e gli unici suoni che si sentivano erano i singhiozzi
di Chou. Poi, all’improvviso Kensa cominciò a tremare e successe una cosa che,
probabilmente, sconvolse e confuse entrambi i giovani. Lentamente, anche Kensa
strinse a sé la ragazza, circondandola con le braccia.
- Tu… tu… - balbettò.
Chou alzò gli occhi arrossati per poter vedere il volto del ragazzo. Questo
aveva un’espressione che lei non gli aveva mai visto, e così i suoi occhi… erano
tornati verdi, di nuovo, ancora una volta. Verdi… verdi come gli smeraldi sotto
la luce del sole, verdi come il fondo delle bottiglie. Un verde tanto bello e
luminoso… però erano atterriti, i suoi occhi erano spaventati e confusi e la
fissavano agitati.
Tutto questo durò un istante. Ti colpo, così come si erano illuminati, così si
spensero e ritornarono vitrei e spenti. No… forse il disgusto e la crudeltà
erano gli unici sentimenti che si potevano leggere in quegl’occhi. Odio e
crudeltà… e violenza. Così con una sberla Kensa respinse la ragazza che andò a
sbattere contro la testiera del letto alle sue spalle. A questo punto Kensa
uscì, ma sembrava quasi corresse, che scappasse. Sbatté la porta dietro di sé e
scomparve.
Chou rimase distesa a terra, di lì a qualche ora avrebbe avuto un grosso livido
violaceo sulla schiena, ma certo non si preoccupava di questo. Era distesa a
terra, con le lacrime che scivolavano sul freddo pavimento, Chou aspettava che
la porta tornasse ad essere sprangata. Ecco, c’era, da un momento all’altro
avrebbe sentito la chiave girare. Aspettò… aspettò… ma nessuno chiuse la porta a
chiave, nessun catenaccio tirato. Aveva sentito distintamente il rumore delle
chiavi infilate nella serratura… ma la porta era ancora aperta! Chou attese
ancora qualche minuto, poi si decise a tentare l’evasione. Si avvicinò con
cautela alla maniglia in ottone della porta, come se avesse paura che le
mordesse la mano, e con altrettanta cautela l’abbassò. Nulla la morse, e la
porta si aprì, si spalancò senza fatica.
Riacquistato il coraggio, Chou uscì dalla sua stanza rendendosi conto, con
grande sorpresa, che non solo la chiave della sua elegante prigione era infilata
nella serratura, ma un intero mazzo di chiavi che contava almeno venti pezzi!
Senza esitazioni la ragazza afferrò il mazzo di chiavi e schizzò via, verso la
camera più vicina. Non sapeva chi dei suoi compagni vi fosse rinchiuso, o se
semplicemente era una stanza vuota, quello che sapeva è che se doveva fare
qualcosa, tanto valeva fare quello. Solo che non sapeva quale delle chiavi era
quella giusta per aprire la porta… ne provò una ma non entrava, ne provò
un'altra che sembrava funzionare ma era troppo piccola. Provo una decina di
chiavi e alla fine riuscì a trovare quella giusta e con grande gioia aprì la
porta ma scoprì che era vuota. Delusa sfilò la chiave appena utilizzata dal
mazzo, per evitare di fare confusione e se la mise in tasca. Corse subito alla
porta vicina, ma questa volta la trovava preparata. La giovane chiuse gli occhi
e si concentro. – Fiocco Arcobaleno! – urlò il nome della sua tecnica. Ogni
volta quasi arrossiva per la banalità di quel nome. – Lightdawn!
Una strana tecnica. Illuminò tutte le chiavi del mazzo ma pian piano la luce
cominciò a spegnersi, solo una chiave alla fine continuava a brillare: quella
per aprire la stanza. Chou infilò di nuovo la chiave nella serratura e questa si
aprì. Ma anche questa era vuota. Chou sbuffò spazientita, possibile che avessero
rinchiuso i suoi compagni nei quattro angoli del castello? La ragazza corse
avanti e aprì un’altra porta, poi quella dopo e quella dopo ancora. Percorse
tutti il corridoio per la sua lunghezza aprendo tutte le porte, finché non
giunse all’ultima di queste. La giovane quindi la spalancò e cerco di vedere se
aveva fatto un nuovo buco nell’acqua. Fu felice di scoprire che non era così,
solo che avrebbe preferito evitare di dover schivare la lampada che le era stata
scagliata contro appena aveva messo piade nella stanza.
- Dwale! – esclamò con gioia.
- Oh Chou! – singhiozzò Dwale in risposta. – scusami per la lampada. Come fai ad
essere qui?
- Sono riuscita a fuggire – le spiegò frettolosamente, e poi, porgendole
qualcosa: - Tieni. Queste sono tre chiavi, ti serviranno per aprire le porte
delle stanze dove sono rinchiusi Himitsu, Huta e Krateia. Si trovano al piano di
sotto. – e poi corse via.
- Aspetta! – la chiamò indietro Dwale. – come fai a sapere che sono le chiavi
giuste?
- Oh – rispose Chou sorridente, dopo tante lacrime, - una tecnica che ho
imparato giusto adesso! Vai, fai presto! Io libererò Kasumi e Sway!
15. La fuga
Le due ragazze si erano divise, e Chou impiegò poco tempo per trovare la stanza
nella quale Sway era rinchiuso. Ma quando entrò, si rese conto che forse avrebbe
preferito non trovare il ragazzo così presto… Sway se ne stava seduto a terra,
nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato Himitsu. Il ragazzo non si era
mosso di un millimetro, sembrava in coma.
- Oh… - sussultò la ragazza vedendo il compagno in quello stato. Chou gli si
inginocchiò accanto, lo afferrò per le spalle e lo scosse con gentilezza. Ma non
ottenne alcun effetto. Lo scrollò ancora, con più forza, ma invano. Alla fine,
dopo alcuni minuti di tentativi la ragazza si prese la testa tra le mani
abbattuta.
- Mammina… come cavolo faccio a farlo muovere? Devo ancora liberare Kasumi!
Chou tornò a fissare Sway.
- Come posso fare? – la ragazza corrugò la fronte. – Ehi! – Sway si era mosso!
Ne era certa… aveva spostato un braccio.
Ma allora… forse…
- Coraggio Sway… - disse la ragazza mettendosi un braccio del giovane dietro la
testa, in modo da farlo alzare in piedi. – Adesso andiamo a salvare Kasumi e poi
raggiungiamo gli altri!
Beh non parlava e sembrava addormentato… però si muoveva! Sembrava un’enorme
bambola che aspettava solamente di essere mossa. Aveva gli occhi vacui, che
guardavano fissi davanti a sé e più che camminare si faceva trascinare… ma
almeno non era un peso morto!
Quanto vorrei non essermi separata da Dwale! Pensò Chou a denti stretti.
Lentamente e con fatica, la ragazza riuscì a raggiungere anche la stanza di
Kasumi. Sway venne lasciato seduto a terra in corridoio, con la schiena adagiata
contro il muro. Subito dopo spalancò la porta ed entrò nella stanza dov’era
rinchiusa Kasumi ma fu allora, con disappunto, che si rese conto dello stato
della compagna. La ragazza infatti era distesa sul letto, dormiente o svenuta, e
non sembrava avere intenzione di destarsi dal suo stato di incoscienza. Così
Chou decide, senza tante cerimonie, di caricarsela sulle spalle e di trascinarla
in corridoio dove le “attendeva” Sway.
- Questo è un problema – si disse Chou dopo aver appoggiato con delicatezza ad
una parete del corridoio anche Kasumi. Entrambi erano svenuti e lei non aveva la
ben che minima idea di come fare per riunirsi ai suoi compagni. Kasumi
certamente avrebbe avuto una soluzione.
Presa dall’esasperazione si accucciò a fianco di Kasumi e la scosse, così come
aveva fatto con Sway, tenendola per le spalle.
Kasumi non riprese coscienza e Chou si alzò in piedi e cominciò a camminare,
nervosa, avanti e indietro per il corridoio.
- Dannazione, Kasumi! – esclamò calciando con forza la parete di pietra. Solo
allora, vide un’ombra muoversi alle sue spalle. Così si voltò. Era Sway che,
forse per la sfuriata di Chou (che per un quarto d’ora non aveva fatto altro che
imprecare) si era ripreso. Dopo essersi svegliato si era accostato a Kasumi,
senza tra l’altro degnare Chou di uno sguardo, e aveva abbassato la testa,
affranto.
- Mi dispiace Kasumi. Perdonami, è tutta colpa mia – sussurrò delicatamente alla
ragazza svenuta. Parlò in modo tanto lieve e leggero che Chou non riuscì ad
udire altro che un bisbiglio. Poi, senza altre parole, Sway si alzò in piedi e
si caricò Kasumi sulle spalle. Solo allora posò lo sguardo su Chou. – Andiamo –
le disse.
I due ragazzi percorsero velocemente il lungo corridoio e discesero due ripide
scalinate.
- Hai una pallida idea di dove stiamo andando? – gli urlò Chou dopo un po’.
- No – le venne gridato in rimando – ma è sempre meglio che starsene fermi nello
stesso posto all’infinito!
- Il ragionamento non fa una grinza – borbottò sarcasticamente la ragazza.
Eppure alla fine dell’ennesimo corridoio videro una lunga chioma bionda
scomparire dietro un angolo.
- Dwale! – chiamò Sway.
La ragazza era veramente Dwale, che correva in coda al gruppo di tutti i ragazzi
che aveva liberato.
- Come sta Kasumi? – domandò ansiosa Krateia appena vide i tre ragazzi correre
loro incontro.
- Non lo so – risposero sinceramente Chou e Sway. – Sta…
- Potrei gentilmente farvi notare – li interruppe con voce profondamente
sarcastica Huta – che stiamo fuggendo? Il salottino lo faremo quando avremo
cambiato continente.
- Giusto – assentì Sway.
Il gruppo riunito riprese la fuga. Discesero di corsa altre due rampe di scale e
attraversarono l’ennesimo interminabile corridoio. Durante la corsa vennero
attaccati da alcuni soldati, ma i ragazzi non avevano tempo per pensare a
eventuali valori e ad attacchi di coscienza e li eliminarono in pochi secondi.
Alla fine della corsa sbucarono all’aperto. Chi ci aveva pensato non si era
sbagliato, si trovavano realmente nel palazzo della famiglia reale di Centra e
quello che si estendeva davanti agli occhi dei ragazzi era un deserto di sabbia.
Il deserto a sud-est di centra. Di certo, l’interrogativo da formulare in quel
momento sarebbe stato: “E adesso come facciamo ad attraversare il deserto con
l’esercito reale alle calcagna?”
Purtroppo (ma è davvero giusto dire ‘purtroppo’?) i ragazzi non ebbero nemmeno
il tempo di porsi il quesito, perché l’esercito reale non l’avevano dietro, ma
davanti! Tutte, o quasi, le truppe al servizio della regina del regno di Centra,
la regina Cecir, erano schierate e pronte a ricatturare i fuggitivi. I giovani
SeeD rimasero sì e no un secondo a fissare quella miriade di soldati che si
voltarono e rientrarono nel castello alla ricerca di un'altra, disperata via di
fuga.
- Ma volete dirvi cosa diavolo le avete fatto per lanciarvi dietro tutto il suo
esercitooo?? – gridò a squarciagola Huta, con le lacrime agli occhi
dall’esasperazione.
. Ma che ne soooo?? – gli rispose Chou con lo stesso, identico tono di voce. –
Quella è pazza! Ha bisogno di un hobby, te lo dico io! Noi l’abbiamo solo vista
mentre elencava dettagliatamente i suoi piani alle truppe!
- E questo lo chiami poco? – le fece notare Himitsu con una punta di sarcasmo.
- Ah… è vero…
No, dev’esserci anche qualcos’altro… rifletté Krateia correndo di fianco agli
altri e ripensando al colloquio avuto con Kensa.
I ragazzi si ritrova nell’enorme e sfavillante salone d’ingresso, con le sue
decorazioni oro e blu e la luce del sole del deserto che filtrava dalle luminose
vetrate. E’ un peccato che i giovani andassero “così di fretta” perché se si
fossero soffermati appena qualche secondo ne sarebbero certo rimasti
affascinati. C’erano due grandi scalinate ma da lì scendevano quel centinaio di
soldati che non andavano a allargare le schiere dell’esercito. Una sola strada
aveva il passaggio libero.
- Il seminterrato – disse Sway.
16. VOLIAMOOOOOO!!
I ragazzi corsero velocemente per le ripide scale, certi che appena qualche
metro dietro di loro ci fossero decine di soldati pronti a ucciderli o
ricatturarli. Più scendevano, più la temperatura si raffreddava. Dwale era
convinta che avrebbero trovato un aria più rarefatta, invece le sembrava di
essere nel cortile del Garden.
- Come può esserci così tanta aria? – disse dando voce ai suoi pensieri. – Siamo
sottoterra!
- Ci saranno di sicuro delle ventole per il cambiò d’aria! – le spiegò Himitsu
che correva dietro di lei.
I SeeD finirono di percorrere la lunga scalinata e giunsero nel seminterrato.
Beh… ‘seminterrato’… più che uno seminterrato sembrava una base missilistica.
Lungo tutta una parete erano disposti in ordine una trentina di lanciamissili di
altissima tecnologia e altrettanti aeroplani, alcuni erano semplici idrovolanti
(cosa se ne facevano, visto che stavano nel deserto) o velivoli del tipo
amatoriale, ma altri erano aerei di tipo militare estremamente avanzati. I
colori predominanti erano il grigio e il marrone scuro che donavano al luogo
un’aria tetra e triste, non che ci si aspettasse altro da una base missilistica,
ma fu proprio questo che permise a Chou di decidere con che mezzo sarebbero
potuti fuggire.
- Guardate! – urlò d’un tratto. – Un drago rosso!
- Non dire scempiaggini, Chou – la rimproverò Sway senza prestarle attenzione.
- Scemo d’uno Sway – urlò ancora la ragazza. – Guardate!
Questa colta i ragazzi si girarono verso di lei e guardarono nella direzione che
veniva loro indicata.
- Chou – sospirò Himitsu con pazienza – quella è un’aeronave. Però
effettivamente…
- … potremmo usarla per fuggire! – termino per lui Huta. – Ma è vecchio, vedete
lì sulla fiancata? E’ stato costruito tre secoli fa!
- Se è qui vuol dire che funziona, no? Saliamoci! – decise Dwale premendo il
pulsante di apertura del portellone, su quella che sarebbe dovuta essere la
pancia del drago. L’aeronave infatti, di un colore rosso intenso e decorata di
nero e bianco, aveva la testa di un enorme drago rosso e dei bracci che
certamente rappresentavano le zampe della maestosa creatura.
I ragazzi stavano per salire a bordo del velivolo quanto una sfera d’energia
color blu e bianco sfiorò l’orecchia destra di Kasumi, ancora addormentata sulle
spalle di Sway. Tutti si girarono verso l’unica porta aspettandosi l’esercito,
ma trovarono di peggio. Solo due persone, ma le peggiori che potevano
incontrare: la strega e il suo cavaliere. I ragazzi, benché a malincuore,
estrassero velocemente le armi, pronti all’ennesimo scontro ma:
- Cosa fate, idioti! – ringhiò loro contro Krateia, affiancata da Chou. – Voi
salite sull’aeronave, presto!
- Già! - esclamò Chou, - ci pensiamo noi a questi due!
I ragazzi fissarono per alcuni secondi le due compagne. – Dobbiamo avere fiducia
in loro – disse Dwale aiutando Sway a portare Kasumi a bordo.
Appena l’ultimo dei ragazzi aveva messo piede nell’aeronave, Krateia avanzò
velocemente d’un passo. Circondata da simboli arcaici e da un’aura simile a
violente fiamme dorate spalancò le braccia chiamando a sé il potere del proprio
spirito gemello. Apparve Quetzal, il maestoso uccello richiamò una tempesta,
anche laggiù, sottoterra. Si alzò un forte vendo che agitava i ricci capelli
ramati di Krateia, poi insieme al vento giunsero anche i fulmini che si
diressero tutti verso la strega e il suo cavaliere. Cecir alzo una mano e
l’attacco fu nullo, essendosi i fulmini scontrati contro una spessa barriera
magica. Tutto ciò fu in un secondo. Cecir mosse lievemente la mano ancora levata
e Krateia venne scaraventata da una forza invisibile contro il portellone aperto
dell’aeronave. Rimase solo Chou.
La ragazza si voltò un attimo in dietro per controllare le condizioni della
compagna, alla quale era stato già prestato soccorso dagli altri. La giovane
fece un passo in avanti, ostentava uno sguardo duro ma in realtà, nel profondo
del suo animo, provava sentimenti ben diversi. Stava per impugnare il proprio
Shuriken, ma si fermò a metà del gesto. Portò invece le mani dietro alla
schiena: infilati della cintura c’erano due Sai. Li impugnò e dopo aver
bilanciato il peso sulle gambe si preparò a combattere.
- Fatti avanti! – urlò contro Kensa, per provocarlo.
Il cavaliere la guardò e scoppiò in una risata sadica. Impugnò l’Hyperion con la
mano destra e si piegò sulle ginocchia, preparandosi all’attacco. Kensa scattò
in avanti attaccando Chou con colpi velocissimi, violenti e frenetici, finché i
sai non sfuggirono dalle mani della ragazza, cadendo a terra e rotolando lontano
da lei.
Allora Kensa poggiò lentamente la lama dell’arma al collo della giovane
facendole colare lungo il collo alcune gocce di sangue. Rimase così, fermo,
senza una parola. La strega gli si avvicinò da dietro. Alcune ciocche dei suoi
lunghi e ondeggianti capelli neri le caddero davanti al viso. – Uccidila –
bisbigliò la strega all’orecchia di Kensa. Dato quest’ordine, Cecir sorrise
maligna e si allontanò di qualche passo.
Kensa fu scosso da un tremito e alzò l’affilata spada sopra la testa, pronto a
colpire. Chou lo fissava, gli occhi verdi brillavano mentre riflettevano la
triste luce delle lampade al neon sopra le loro teste. Strinse i denti, pronta a
ricevere il colpo che probabilmente le sarebbe stato mortale. Non aveva paura di
morire… no, non è vero. Era terrorizzata, ma lo accettava: in questo modo i suoi
compagni avrebbero avuto la possibilità di fuggire.
Cosa aspettate? Pensò contrariate, perché siete ancora qui?
Cercò di ignorarli e si concentrò solo su se stessa e Kensa davanti a lei. Chou
continuò a fissarlo: perché non colpiva? Le mani gli tremavano fino
all’inverosimile, il giovane sbatteva gli occhi ogni pochissimi istanti… e
continuava a tremare. Poi, all’improvviso si fermò e guardò Chou negli occhi. Fu
un istante, la ragazza ebbe la folle percezione che lo sguardo del giovane fosse
tornato limpido, ma che importava? Sarebbe morta. Chou chiuse gli occhi,
attendendo il colpo.
- Kensa… - bisbigliò solamente.
Sentì il rumore della carne lacerata e della lama contro le ossa che si
rompevano, il sangue che sgorgava copioso dalla ferita. Che strano però… lei non
sentiva dolore. Decise di aprire gli occhi, temendo ciò che avrebbe potuto
vedere. Si decise e li spalancò. Ciò che effettivamente vide la lasciò stordita,
si chiese se non fosse morta senza rendersene conto. C’erano Kensa… e anche
Cecir. Solo che… la spada del cavaliere che avrebbe dovuto colpire lei, era
invece conficcato nel fianco sinistro della strega.
- Come…?!
Il come era semplice da spiegare… alla fine Kensa aveva colpito, ma aveva deciso
di colpire la strega. All’ultimo aveva roteato la spada all’indietro e aveva
affondato la spada. Passarono alcuni secondi prima che qualcuno facesse
qualcosa. Lentamente, con una calma quasi surreale, Kensa si pulì la lama
insanguinata sul mantello e la rinfoderò. Il giovane si avvicinò a Chou, la
prese per le braccia e l’aiutò ad alzarsi in piedi. – Kensa… - bisbigliò di
nuovo la ragazza.
- Mi dispiace – borbottò con difficoltà il cavaliere e ora Chou non aveva
dubbio: il suo sguardo ora era limpido. Limpido come non l’aveva mai visto e ne
era certa, sarebbe rimasto così per sempre. La ragazza non riuscì a pensare a
nulla, a malapena riusciva a rendersi conto di quel che faceva. Solo vagamente
aveva registrato il fatto di star correndo, affiancata da Kensa, a tutta
velocità verso l’aeronave. Per strada si chinò a raccogliere i due sai prima di
raggiungere il portellone del drago rosso, dove li stava attendendo Krateia. Già
l’aeronave era pronta a partire, appena i due ragazzi salirono a bordo, questa
decollò. Chou, Kensa e Krateia raggiunsero la cabina di controllo. Krateia aveva
fissato strano Kensa ma, così come stavano facendo tutti gli altri, decise di
ignorare la sua presenza fino a quando non sarebbero stati al sicuro. Cosa che
non sarebbe avvenuta tanto presto perché si stavano rendendo conto di un altro
problema.
- Come facciamo ad uscire? Qui ci sono solo roccia e pietre! – esclamò Huta, che
stava ai comandi, inorridito.
Non ebbe però il tempo di aggiungere altro: Kensa tirò fuori da una tasca del
mantello un piccolo oggetto grigio e metallico, con un pulsante rosso al centro.
Lo premette e in pochi secondi una parte di soffitto di aprì grazie a un
meccanismo azionato dal pulsante e finalmente furono fuori. Chou corse a
guardare fuori da un oblò, vedeva sfrecciare sotto di sé a una velocità
impressionante prima il deserto, poi le montagne ed infine il mare. –
VOLIAMOOOOOOOO!! – urlò estasiata.
17. Ritorno al Garden
E così volarono, in quell’antica, seppure ancora magnifica, aeronave rossa con
la forma di drago. Erano riusciti a fuggire e ne erano tutti contenti, ma non ci
sarebbero mai riusciti senza l’inaspettato aiuto di Kensa. E poi… casa ci faceva
lì con loro? Era questo che i ragazzi SeeD stavano pensando mentre fissavano con
accesa diffidenza il giovane cavaliere seduto in un angolo.
- Beh – disse Sway rompendo il silenzio carico di tensione, - chi sei tu?
Kensa lo fissò, gli occhi ormai perennemente limpidi, con una mesta perplessità.
In che senso chi era?
- Emh… oltre a quello che sappiamo già ovviamente… o se vuoi anche quello… sì….
Cioè… insomma… che ci fai qui con noi? – si corresse un imbarazzato Sway.
- Fino a pochi minuti fa ero il Cavaliere della strega, il mio nome è Kensa Suru.
Sono stato scelto come cavaliere a sette anni.
- A sette anni? Eri così piccolo? – esclamò Chou.
- Sì, vedi Chou Nizi, 17 anni, luogo e data di nascita sconosciuti – disse Kensa,
come se parlasse solo a Chou e acquistando un tono di voce piatto mentre dava i
dati dell’ex porta-pizze – Esiste un paesino, isolato e tenuto nascosto alle
altre genti, dove è tradizione che la Strega scelga il suo cavaliere. Il bambino
scelto viene allontanato dalla famiglia appena possibile in modo che cominci al
più presto un durissimo e disumano allenamento per preparare il corpo.
- Ma… - interruppe bruscamente Dwale. – I genitori del bambino si separavano dal
figlio così, come niente fosse? E in un addestramento duro come dici tu, per
creare il guerriero perfetto, come mi sembra di aver capito, non si dovrebbe
temprare anche la mente e lo spirito?
- Vedi… il primo è un concetto complicato da spiegare, tutti gli abitanti di
quel villaggio vivono in funzione della Strega. Per due genitori avere il figlio
scelto per diventare il cavaliere è l’onore più grande che possano ricevere. Il
fatto che non lo rivedranno mai più, non riceveranno più notizie non è
importante… l’importante è l’onore e il privilegio. Probabilmente in una parola
sola potrei chiamarlo fanatismo – spiegò Kensa accigliandosi di più ogni secondo
che passava.
- E per quanto riguarda l’addestramento? – volle sapere Himitsu.
- Come ha detto Dwale Kibou, diciassette anni, nata il 12 novembre a Timber -
riprese l’ex cavaliere parlando di nuovo, per un secondo, con un tono molto
piatto nella voce, - non è necessario temprare la mente del neo-cavaliere
perché, giunto a una preparazione fisica sufficiente, la strega opera un
incantesimo, un brutto incantesimo… spaventoso. Questa magia, che sanno compiere
solo le streghe e che conoscono sin dal momento in cui acquisiscono i poteri,
spinge e rinchiude la coscienza del ragazzo in un angolo remoto della sua mente
rendendolo al pari di un burattino. Col tempo la coscienza si consuma fino ad
annientarsi.
- E’ terribile! – gemette Dwale che, piano piano, cominciava ad accettare
quell’uomo che aveva ferito tutti loro. Infondo, se quello che stava raccontando
era vero, non era stato realmente lui, ma Cecir!
- C’è una cosa che non capisco – s’intromise Huta, voltandosi dal sedile del
posto di comando. – (Non preoccupatevi, ho inserito il pilota automatico). Oltre
a difendere la strega che serve, che altro compito ha un cavalieri?
Himitsu, alle spalle dei ragazzi si coprì la bocca con una mano in un silenzioso
eccesso di risate. Krateia invece cominciò a parlare improvvisamente d’altro, la
voce alta e super velocemente, mentre il viso le si stava rapidamente diventando
porpora.
- Shhhh! – la sgridò Chou. – stiamo ascoltando!
- No, davvero… guardate che bel prato che c’è qui sotto! –continuò Krateia quasi
urlando.
Chou guardò fuori dall’oblò. – Ma se siamo sopra le montagne?!
- Ah… sì giusto, ma sono molto belle vero? – tentò ancora Krateia, in
quell’inutile e misterioso tentativo di sviare il discorso.
Kensa sorrise. – Non preoccuparti Krateia Chishiki, diciotto anni, nata il 20
ottobre a Balamb City. Non c’è nessun problema.
Krateia allargò le braccia in segno di resa: - E sia!
- Allora?! – incalzarono Huta e Chou all’unisono.
- Ero il suo amante.
Cadde un pesante silenzio. – Ah – fu l’unico, imbarazzato commento d Huta.
Superato il profondo imbarazzo, che durò per circa trenta secondi, Chou e Huta
ripresero a bombardare il giovane con mille e più domande.
- Perché continui a dire i nostri nomi, cognomi, date e luoghi di nascita?
- Ecco… perché… - ma Kensa s’interruppe. Era stata una voce femminile a parlare,
ma non apparteneva a Chou bensì…
- E’ difficile da spiegare Kasumi Tenshi Unmei Megami, età e origini
sconosciute. Alla mia regina dovevo riferire sempre dettagliatamente con chi
stavo parlando.
- Kasumi!
- Kasumi, ti sei svegliata! – esclamò Chou.
- Sì… - bisbigliò Kasumi senza aver ancora aperto i grandi occhi cerulei. – Ma
credo che tra un po’ me ne andrò di nuovo, non ho nemmeno la forza di aprire gli
occhi. Ah, Suru… basta che ci chiami per nome… o per cognome, se preferisci.
- Agli ordini, Kasumi Megami – sorrise Kensa mentre la ragazza tornava a
riposare.
- Ehi Kensa! Guarda che Kasumi-chan ha diciassette anni come noi! – lo
rimproverò Chou.
- Abbiamo raccolto informazioni su tutti voi. Luogo, data di nascita, genitori
(a questo riguardo, a parte la signorina Krateia siete stati tutti fin troppo
misteriosi) e la vostra vita fino a oggi… ma alcune informazioni sembrano non
esistere – spiegò l’ex Cavaliere. Di te, Chou, siamo a conoscenza solamente da
quando avevi nove anni e vivevi presso Ben Nizi, pizzaiolo trasferitosi da breve
a Balamb City. Ma conosciamo la tua età. Di Kasumi Megami non sappiamo nulla:
l’età, il luogo di nascita, i genitori o solo dove è vissuta fino al momento in
cui è giunta al Garden di Balamb qualche tempo fa.
- Guardate – ordinò Himitsu, interrompendo il discorso. – Si vede Balamb.
Tutti i SeeD abbandonarono velocemente l’argomento “Kasumi” e corsero a
spiaccicare il naso contro il vetro degli oblò per poter vedere dopo tanto tempo
l’amato Garden. Tutti tranne Sway: il ragazzo non riusciva a non pensare alla
dormiente Kasumi. Un giorno dovrai pur raccontarci di te stava pensando. Ha
detto di venire da Esthar… il miglior luogo se non vuoi far sapere nulla di te:
Esthar cerca di rimanere separato dal resto del mondo dalla Prima Guerra della
strega… sempre che ci sia stata. Leggenda o storia? Perché sono andati persi
quasi tutti i documenti di quegli anni?
Come prima cosa, dopo essere atterrati, vennero urgentemente condotti in
infermeria Kasumi, Sway, Chou e Kensa, che più necessitavano di soccorsi (gli
altri si erano accontentati di un paio di pozioni). Huta rimase con i feriti
mentre Himitsu, Krateia e Dwale si recarono dal preside per fare rapporto.
- Avete fatto un ottimo lavoro – si complimentò il preside Kanzi, dopo aver
ascoltato l’intero racconto. – Ora tornate nelle vostre stanze. Il signor Suru e
il signor Ongaku possono rimanere qui fino a tempo da definirsi.
- Ma non eravamo a corto di stanze? – domandò Dwale confusa.
Kanzi fece spallucce. – Siete stati via per più di un mese. Abbiamo fatto
costruire una nuova ala. Ora andate.
Dwale si girò subito per andarsene seguita, dopo qualche secondo di esitazione,
da Himitsu ma Krateia li fermò. – Desidero che la nostra squadra ottenga la
missione di annientamento della Strega Cecir, regina del regno di Centra.
- E’ fuori questione – rispose secco il preside. – Adesso uscite.
Gli occhi di Krateia lanciavano saette ma nonostante tutti si voltò e raggiunse
Himitsu e Dwale, poi insieme presero l’ascensore.
- Anche a me sarebbe piaciuto avere la missione – confidò sconsolata Dwale
mentre raggiungevano il piano terra.
Krateia non rispose e rimase in silenzio, poi si girò bruscamente e tornò in
ascensore. Stava per premere il pulsante per la presidenza quando Himitsu la
chiamò formalmente: - Soldato SeeD Krateia Chishiki.
- Presente – rispose Krateia.
- Come caposquadra ti affido il compito di convincere il preside ad affidarci
l’incarico.
- Agli ordini – rispose Krateia con un sorriso. – Vado ad ottenere la missione.
Così, mentre Krateia tornava a parlare col preside, Dwale e Himitsu raggiunsero
l’infermeria dove li attendevano Kasumi, ancora addormentata, Chou e Huta, che
stavano sveglia anche per lei.
- Dov’è Krateia? – domandò Huta appena li vide entrare.
- A litigare col preside – rispose Himitsu.
- Per cosa?
- Per farci affidare la missione contro la strega.
- Ma non era già nostra? – chiese Chou, perplessa.
- Evidentemente no – le rispose Himitsu esasperato. – Come sta Kasumi?
- La dottoressa dice che tra un paio di giorni starà meglio! – esclamò Chou.
Mentre Himitsu si chiedeva cosa trattenesse la ragazzina dal saltare dal letto,
entrò in infermeria un’agitatissima dottoressa Tiryo che quasi la legò al letto.
- La missione è nostra! – urlò Krateia mezzora dopo, entrando in infermeria
spalancando euforica la porta.
Nel frattempo anche Kasumi si era destata e chiacchierava animatamente con Chou
e Dwale. – Ottimo! – esclamò quest’ultima. – Quando partiamo?
- Subito – decise Kasumi balzando giù dal letto come se avesse avuto le molle
sotto il sedere. Ma di nuovo accorse la dottoressa Tiryo come la cavalleria
rusticana (Sway fu quasi sicuro di aver sentito le trombe) che la rimise a
letto, costringendola peggio di come aveva fatto con Chou, il che era tutto
dire!
- Nessuno si muoverà da qui senza il mio esplicito consenso! – ruggì la donna.
Era bassa e minuta, aveva i capelli castani raccolti in una severa crocchia e un
paio di occhi grigi, dolci e severi allo stesso tempo. Appunto… era bassa e
minuta, ma in quell’istante Huta credette che sarebbe saltata loro addosso da un
momento all’altro. Altro che dolce infermiera, questa è una fiera! Ma tutti si
dovettero arrendere all’autorevole dottoressa, tra l’altro anche il preside
aveva in seguito affermato che se non fossero totalmente guariti, tutti quanti,
non li avrebbe lasciati partire e avrebbe affidato la missione a qualcun altro.
Così i ragazzi furono costretti al Garden per ben due settimane. Ma quel tempo
non passò inutilizzato, tralasciando gli allenamenti dei ragazzi e quella che
sembrava la nuova sacra missione dell’esplosiva coppia Kasumi-Chou (e cioè far
impazzire nel minor tempo possibile la dottoressa e le due infermiere che
l’aiutavano), i giovani SeeD, Huta e Kensa si argomentarono il più possibile
sulla strega al fine di preparare un buon piano. Tutto quello che sapevano era
che, ottenuto Gilgamesh, l’obbiettivo più prossimo di Cecir sarebbe stato
ottenere la temibile Ultima Weapon… ma dove poteva essere questa? Kensa non poté
essere d’aiuto perché ricordava poco o niente degli anni in cui era stato un
fantoccio nelle mani della strega. L’unica che riuscì a trovare una pista fu
Krateia.
- Centro di Ricerca Sottomarino – disse un giorno. – l’ultima volta che è stata
avvistata si trovava al Centro di Ricerca Sottomarino. Ricordate però che non è
nulla di certo, pare che “quell’ultima volta” fu durante la Seconda Guerra della
Strega e potrebbe essere una semplice diceria.
- Non importa – disse Sway con decisione – se questa è l’unica pista che
abbiamo, questa è la pista che seguiremo.
E così partirono con l’aeronave a forma di drago in direzione del Centro di
Ricerca.
- Dovremmo dare un nome a questa bellezza – esclamò Chou guardando fuori da
un’olbò.
- E’ vero – annuì Dwale.
- Un nome ce l’ha già.
- Quale, Kasumi?
- E’ “Lagunarock” – sussurrò Kasumi con un sorriso malinconico.
- Che bello! Lagunarock! Lagunarock!
- E’ un nome che mi è familiare – rifletté Sway ad alta voce. – Mi piace!
E’ familiare anche a me, Sway. Pensò Krateia. Familiare, molto familiare… sono
sicura di averlo letto da qualche parte. Ahhh… è importante, lo so! Ma chissà
perché non riesco a mettere a fuoco il ricordo. E’ proprio lì, davanti a me, ma
come allungo la mano per afferrarlo… quello sguscia via, poco più lontano!
- L’ho sempre saputo che non c’era nessun altro adatto a questa missione oltre a
loro – disse orgoglioso il preside Kanzi che, in compagnia della professoressa
Miryoku, osservava i ragazzi partire a bordo della Lagunarock.
- Allora perché ha detto che non avrebbe affidato loro la missione, per nessun
motivo, se questa è sempre stata sua intenzione?
- Dovevo sapere quanto erano determinati. Dopo il frenetico urlare di mia figlia
che mi descriveva con rabbia tutte le cose fantastiche e stupefacenti che hanno
fatto mi sono convinto. Sono preoccupato per tutti loro, non solo per Krateia,
ma so che sono i miei SeeD… sono pronti a tutto! – osservò la Lagunarock
diventare un puntino rosso nell’orizzonte. – Buona fortuna, ragazzi!
18. Il Centro di Ricerca Sottomarino
- Centro di Ricerca Sottomarino… strano nome, strano posto, strano utilizzo.
Costruito in mezzo al mare da Esthar in un tempo molto remoto era stato
abbandonato dopo solo pochi anni di utilizzo e da quel momento era stato il covo
di alcuni dei più forti mostri… oltre che della Guardian Force Bahamut e della
Weapon chiamata Ultima.
- Abbiamo capito, Krateia! – esclamò Dwale. – Ma su quel tuo fantastico libro di
favole non ci sarebbe anche scritto dove si trova?
- E’ la millesima volta che ve lo dico: si trova qui sotto! – rispose Krateia
risentita.
- Ma qui sotto non c’è! – le urlò di rimando la pugile.
- Calmatevi – intimò Himitsu.
- E da quando sei tu a dare gli ordini? – ringhiò Dwale.
- Beh – rispose Himitsu con un tono saturo di sarcasmo – circa da quando siete
diventati SeeD e il preside mi ha designato come caposquadra visto che sono del
mestiere da un po’ più tempo di voi.
Questo zittì la ragazza, che comunque aveva ragione: non c’era traccia di
nessuna piccola isola che fungesse da ingresso al Centro di Ricerca. Krateia si
era argomentata molto, prima di partire, aveva trovato presunte coordinate e
aspetto dell’ingresso in una specie di vecchio diario, trovato in un vecchio
scatolone, nel vecchio ripostiglio della vecchia biblioteca, scritto da un
vecchio SeeD del Garden. Era tutto in po’ troppo “vecchio” per affidarsi
totalmente alle sue informazioni, ma per il momento erano tutto quello che i
giovani SeeD possedevano. Probabilmente, purtroppo, le coordinate non erano poi
così esatte: erano diverse ore che i ragazzi volavano ininterrottamente sullo
stesso tratto di mare senza trovare nulla (chissà, forse si aspettavano che dopo
trecento volte che un’astronave passava là sopra, l’isola sarebbe sorta
magicamente dalle acque. Non fu così).
- Oddio, certo! – gridò all’improvviso Kasumi, terrorizzando tutti quanti.
- Casa? – domandò Huta poggiandosi una mano sul petto – prega sia importante,
perché credo di aver appena avuto un infarto.
- Anch’io fratello, siamo sulla stessa barca – lo assicurò Chou dandogli una
pacca sulla schiena.
- Certo… è così ovvio… - pareva che Kasumi non avesse minimamente prestato
attenzione ai due. Continuava a camminare avanti e indietro per il ponte
guardando a tratti fuori dall’oblò. D’un tratto si voltò, in modo che la
vedessero tutti. – Ecco, sentite cosa ne penso io. Credo che il diario di
Krateia dica la verità, ma…
- Ma se sono ORE che giriamo su e giù senza trovare nulla! – s’intromise Dwale.
- Lasciami finire – la rimproverò Kasumi. – quel diario è molto vecchio, come
abbiamo capito e sappiamo tutti che negli ultimi secoli il livello dell’acqua si
è alzato in maniera spaventosa, metri addirittura.
- Certo – disse Krateia soprappensiero – mi sembra sia stato proprio durante in
secolo scorso che si firmò il trattato di Timber… qualcosa sui ghiacci che si
sciolgono, non riesco a ricordare bene.
- Sì comunque… Se il diario risale al periodo delle due Guerre della Strega da
allora il Pianeta ha subito un grande mutamento…
- L’ingresso al Centro di Ricerca dev’essere stato sommerso! – esclamò Kensa.
- Precisamente – annuì Kasumi.
- Grazie ad Hyne abbiamo te! – strillò Chou abbracciando l’amica.
- Le tue idee vengono dal Cielo, Kasumi! – stabilì Dwale ridendo.
Kasumi sorrise: - Non questa volta.
- Quindi cosa facciamo? – domandò Sway riportando la serietà all’interno del
gruppo. – E’ sottacqua, come facciamo noi a trovare qualcosa che è sottacqua?
- In realtà non dovrebbe essere troppo difficile – rifletté Huta a voce alta. –
L’acqua si è alzata di alcuni metri, non chilometri: dovrebbe essere appena
sotto il livello dell’acqua.
- Purtroppo temo che la fortuna non sia con noi, ragazzi – disse Himitsu atono.
- Ehh?? – esclamò Chou con una vocina da bambina piccola. – Perché dici cosìììì…
- Ma è ubriaca? – bisbigliò Kensa all’orecchia di Sway.
- Per quanto ne so… è sempre così.
- Dicevo – tossì Himitsu riportando l’attenzione su di sé – i radar
dell’aeronave rilevano che qui c’è stato un terremoto e…
- E…?
- E il Centro di Ricerca è finito davvero in fondo al mare – terminò Dwale
inorridita. – Adesso che facciamo?
Decisero di immergersi. Adesso sapevano dove si trovava la loro destinazione e
dovevano solamente raggiungerla, Huta trovò delle mute in una delle cabine della
Lagunarock.
- Farà freddo laggiù – disse sconsolato. – Io odio l’acqua…
- Niente storie! – sorrise Dwale – Andiamo! – e si tuffò per prima. Dietro di
lei scesero in ordine: Sway, Krateia, Himitsu, Kasumi, Kensa e Huta.
- Ci siamo tutti? – domandò Dwale un po’ impaziente.
- Credo di sì – rispose Krateia – vai.
Dwale chiuse gli occhi e si concentrò, la ragazza cominciò a brillare di una
luce cremisi, onde e mulinelli si crearono tutt’intorno a lei, un’onda più
grande e apparve Siren. L’affascinante Guardina reggeva in mano una cetra dorata
mentre le ali dello stesso colore, che le nascevano dalla testa, riflettevano i
raggi del sole creando mistici giochi di luce. Le ali si chiusero sulla Guardian
Force che si gettò in acqua, quando riemerse le ali erano scomparse e al loro
posto Siren aveva una coda di pesce. I ragazzi ne avevano già parlato prima:
sarebbe stata lei, col potere dell’acqua, a condurli incolumi in profondità
donando loro la capacità di respirare sott’acqua e di resistere dalla pressione.
- Ora siamo pronti? – chiese ancora Dwale. – Andiamo.
- No, aspetta! – la fermo Huta. – Chou, perché non sei in acqua?
- Io… - cominciò a balbettare la ragazza – ho tanta paura dell’acqua profonda.
Non mi piace, non mi piace…
- Ma Chou… - tentò di farla ragionare Dwale, ma la ragazza sembrava non voler
ascoltare nessuno.
- Va bene Chou – disse Kasumi, Sway si voltò verso di lei: i suoi occhi erano
diventati d’argento, - rimani sulla Lagunarock e aspettaci.
- Va bene – sussurrò Chou. – Mi dispiace ragazzi.
- Non ti preoccupare! – la rassicurò Dwale con un ampio sorriso. – Basteremo noi
per fargliela vedere a quella stregaccia!
- Però qualcuno dovrebbe rimanere con lei… - disse Huta indeciso.
- Rimarrò io – si propose Kensa, uscendo dall’acqua.
- Se entro quattro ore non siamo tornati, inviate un messaggio al Garden
spiegando la situazione e dando loro le nostre coordinate.
- Agli ordini.
Dwale s’immerse e i ragazzi le andarono dietro mentre Chou e Kensa rientrarono
nella Lagunarock. Kasumi e Sway erano ancora in superficie, il gunblader aveva
ancora una cosa da dire:
- Gli occhi sono lo specchio dell’anima, Kasumi.
- Sì, - sussurrò triste la ragazza – di solito sì. – E s’immerse seguendo i
compagni.
- Un giorno ti capirò – promise Sway.
19. Il Guardiano dell'isola sommersa
- Sei sicura di non voler andare con i tuoi compagni, Chou?
La ragazza annuì. – Io… non so perché, ma ho sempre avuto terrore del mare…
- Ti è successo qualcosa quando eri più piccola? – indagò Kensa.
- In realtà non so lo – gli confidò sconsolata Chou. – Non ricordo molto bene la
mia infanzia, solo pochi frammenti confusi, troppo pochi.
- Beh, se ti fa sentire meglio: io ricordo a malapena anche la mia adolescenza!
– tentò di consolarla l’ex cavaliere, scherzando su un evento che gli causava
ancora così tanta sofferenza.
- Mi dispiace – disse all’improvviso la ragazza. – In questo modo sono soltanto
un peso per i miei compagni.
- Non è così – la rassicurò Kensa. – Sicuramente saresti stata un peso maggiore
se fossi andata con loro in queste condizioni.
- Ma…
- E poi – la zittì lui, - in questo modo mi hai fatto un piacere.
Chou lo fissò interrogativa.
- Fino a pochi giorni fa ero il vostro nemico, né voi né io siamo ancora pronti
a ingaggiare un vero combattimento spalla contro spalla.
- Ma non è vero! – esclamò la ragazza. – Io mi fido. Io mi fido di te!
- E’ vero – sorrise il giovane. – Non so perché, ma tu ti sei subito resa conto
che l’uomo che combatteva contro di voi non ero realmente io. Te ne sono grato
Chou, è grazie a te se sono riuscito a sottrarmi al controllo della strega
- Ecco… umh… non so… erano i tuoi occhi che… insomma… - balbettò Chou
imbarazzata.
Kensa sorrise e si accostò alla ragazza.
- Chou, io…
Intanto i SeeD erano arrivati in prossimità di quel che rimaneva del centro di
ricerca.
- Per Hyne! – esclamò Huta appena riuscirono a vederlo. – Se prima erano delle
rovine, adesso sono solamente un cumulo di macerie!
- Vorrà dire che Cecir avrà più difficoltà a raggiungere la sala dove si trova
Ultima! – ribatté Krateia. - Speriamo solo che AHHHHHH!!! – strillò
all’improvviso schivando per un soffio un attacco giunto dall’alto.
- Che succede? – gridò Sway allarmato.
- Non lo so! – rispose Krateia agitata. – Qualcuno mi ha appena attaccata!
- E’ Leviathan, il guardiano delle rovine sommerse – spiegò Kasumi avvilita. –
Dovremo sconfiggerlo per passare.
- No, non c’è tempo! – s’intromise Himitsu. – Guardate, è stata recentemente
ferito sul dorso: la strega è già passata di qui!
- Cosa facciamo? – domandò Huta tenendo sott’occhio il Guardiano.
- Dividiamoci in due squadre – decise Sway. – La prima che rimanga a combattere
contro Leviathan, la seconda entri nelle rovine a incontrare la strega.
- D’accordo – assentì Dwale. – Io rimarrò qui, senza di me Siren non può
aiutarvi a respirare sott’acqua.
- A questo punto, altri due di noi restano e tre vanno – continuò Sway.
- Io preferirei andare nelle rovine – si propose Krateia. – Non sono la più
abile nel combattere, ma credo di poter essere utile nel caso c’imbattessimo in
indovinelli o meccanismi d’azionare.
- Adesso basta – esclamò Kasumi. – Leviathan non rimarrà per sempre ad
aspettarci. Sway, tu e Himitsu andrete con Krateia. Huta, Dwale ed io rimarremo
a combattere. Va bene, caposquadra?
- Esemplare – annuì Himitsu.
- Aspetta! Himitsu è uno dei più potenti tra di noi, non sarebbe meglio se
rimanesse ad aiutarci? – volle sapere Dwale.
- Volentieri Dwale, ma temo che sott’acqua le mie pistole non funzionerebbero
molto bene. Adesso muoviamoci.
- Agli ordini! Ragazzi, Siren ed io riusciremo a salvaguardarvi fino all’entrata
delle rovine, dopodiché perderemo ogni contatto con voi.
- Grazie Dwale. Sway, Himitsu, andiamo.
Kasumi, Huta e Dwale attesero che i loro compagni scomparissero all’interno
delle rovine per ingaggiare il combattimento.
- Ricordate di non allontanarvi troppo, altrimenti la magia di Siren non
riuscirà più a raggiungervi.
- Nessun problema! - esclamò Huta avvicinandosi alla Guardian Force con un colpo
di gambe. – Prendi questa!
Il ragazzo caricò la sua arma di elettricità e colpì il G.F. con tutta la sua
forza, ma Leviathan non sembrò nemmeno sentire l’attacco.
E pensare che è appena uscito da uno scontro con le truppe della strega! Si
disse il giovane stringendo i denti.
- Adesso tocca a me! – gridò Dwale facendosi avanti. – Preparati Leviathan,
perché sento di aver appena appreso una nuova limit: METEODRIVE!
Nemmeno questo attacco ebbe effetto, dopo di loro anche Kasumi preparò una delle
sue offensive più potenti ma non arrecò un danno tale da mandare Leviathan K.O.
Allora la ragazza si ritirò in seconda linea per curare Dwale e Huta con una
delle sue magie.
- Brava Kasumi – le urlò Huta. – Rimani in seconda linea e curaci con la tua
magia bianca mentre noi due continuiamo ad attaccare.
- Ha ragione Huta, non affaticarti troppo: ti sei ripresa da poco da quel brutto
infortunio. Non preoccuparti, bastiamo noi contro questa lucertola blu!
Kasumi diede loro ascolto e rimase dov’era. Non ho mai visto un Guardiano così
potente. Sono io più debole del solito? Non può certo essere stata quella
sciocchezza ad indebolirmi… O forse sono così per causa sua?
<< Sì Tenshi, è a causa mia >>
Ma perché? Adesso c’è bisogno del mio aiuto! Leviathan è quasi imbattibile nel
suo ambiente.
<< Tu sei mia, Tenshi, eppure ti stai affezionando troppo al leone >>
Non è così! Io…
<< Taci. D’ora in poi sarai privata dei miei poteri, vai ed aiutali con le tue
forze. Sei sempre stata la più potente, Tenshi, saprai ancora attingere alla tua
forza? Al tuo attacco distruttivo? >>
Quello non lo farò mai più.
<< Beh, è un peccato, sei l’unica che è riuscita ad apprendere il “The Fallen
Angel”, l’attacco dell’angelo caduto. Adesso è meglio che tu vada: la Belladonna
sta per appassire. >>
Kasumi uscì dalla sua trance e i suoi occhi riacquistarono il loro solito colore
turchino. Si voltò verso Dwale, la ragazza stava per soccombere.
- Kasumi, che stai combinando? – le gridò Huta, intento ad attaccare Leviathan
da dietro. – Cura Dwale, presto!
- No, non c’è tempo per curarla – disse Kasumi vedendo il Guardiano che si
preparava ad attaccarla. – Huta, stai indietro. Dwale, stringi i denti. – la
giovane portò davanti a sé il Divine Angel e cominciò a farlo roteare come
un’elica, l’aura della ragazza ormai risplendeva di un intenso colore purpureo
mentre richiamava a sé la più potente delle sue Limit dopo il “The Fallen
Angel”: - ANGEL CURSE!
Angel Curse significa “Maledizione dell’angelo”. In un attimo l’energia (HP) di
Kasumi si quintuplicò mentre si attivavano tutte le magie di protezione come ad
esempio Shell, Protect e Rigene. Il Divine Angel della ragazza si trasformò in
una katana giapponese a lama lunga, anche occhi della ragazza mutarono ma,
invece di acquisire quel particolare colore argentato, diventarono violetti
(Rosa di Parma, per intenderci. Diciamo un bel rosa shocking). Kasumi si
smaterializzò e riapparve in un attimo davanti a Dwale, tra lei e il Guardiano.
Con un grido di battaglia la ragazza cominciò ad attaccarlo con rapidissimi
fendenti che procurarono al G.F. profonde ferite in tutto il corpo. Alla fine,
privo di forze, Leviathan divenne una corrente d’acqua bollente e venne
assimilata da quella Kasumi impetuosa e aggressiva.
- Da questa parte! Ho trovato il passaggio! – disse Krateia chiamando i
compagni. - Dannati ricercatori, non potevano costruire questo Centro sulla
terraferma?
- Calmati Krateia… - consigliò Sway.
- Come faccio a calmarmi? E’ un’ora che stiamo attraversando corridoi mezzi
franati con l’acqua che ci arriva alla vita.
- Fate silenzio adesso, stiamo per entrare nella sala di Ultima – intimò
Himitsu, irritato dal fatto di essere bagnato fradicio. Erano stati più asciutti
prima, nella barriera d’aria che Siren e Dwale avevano creato intorno a loro che
non in quel momento.
I tre ragazzi entrarono silenziosamente nella sala di Ultima, la stanza era
misteriosamente illuminata da una luce azzurra che rimbalzava sulle pareti
levigate dall’acqua. Però, a parte loro, la sala era deserta.
- Siete arrivati troppo tardi – disse Sway.
- Come? – lo interpellò Krateia.
- E’ il messaggio che ci ha lasciato la strega, l’ha inciso nel muro con la
magia.
Krateia seguì con lo sguardo la direzione che le veniva indicata: come se
fossero state marcate a fuoco, su una delle pareti della sala c’erano proprio
quelle brucianti parole: “Siete arrivati troppo tardi, SeeD”.
- Dannazione, adesso cosa facciamo? – esclamò Sway stringendo i pugni. – Gli
altri contavano su di noi!
- Gli altri, o solamente una certa ragazza lunatica? – gli sibilò Himitsu
all’orecchio.
Sway lo spinse via con rabbia. – Ti fai mai gli affari tuoi, caposquadra?
- Non è colpa mia se non sa attenersi alla missione.
- Abbiamo tutti la stessa missione, te ne sei forse dimenticato? – continuò ad
aggredirlo.
- Tu non sai niente di lei! – gli urlò contro Himitsu.
- Perché, tu sì? – gridò Sway di rimando.
- Io… - cominciò Himitsu in collera, poi si arrestò, ricomponendosi. – No.
- Ehi, Sway! Himitsu! – chiamò Krateia.
- Cosa c’è?
- La strega vuole ancora divertirsi con noi – disse ai due ragazzi. – Ci ha
lasciato un indovinello:
“SeeD… SeeD… mi avete privata del mio cavaliere e del mio amante, desidero
vendetta. Raggiungetemi, se ci riuscite.
Con il primo cerchio splendente
di notte si aprirà
il sentiero con fiori di ciliegio
per le rovine dell’arma finale.
L’atrio tra terra e mare
Dimora delle ultime streghe passate.
- Cosa vuol dire? – domandò Sway, che intanto si era calmato.
Krateia scosse la testa. – Non ne ho idea. Torniamo dagli altri.
- Brava Kasumi! – esclamarono Huta e Dwale, sebbene un po’ intimoriti.
Kasumi si voltò verso di loro, gli occhi continuavano ad avere quel mistico
colore purpureo, la katana non accennava a ritornare l’asta a due lame che
Kasumi adorava tanto.
- Dwale… credo ci sia qualcosa che non va – mormorò Huta appena raggiunse la
compagna per risanarla. – Perché non torna normale?
- Non lo so – rispose la ragazza.
- Ehi Kasumi! Dwale! Huta! Siamo qui! – chiamò Krateia appena Siren ebbe
ricreato la barriera d’aria intorno a lei, Sway e Himitsu.
- State lontani! – strillò Dwale quando vide Kasumi nuotare velocissima verso di
loro. – Kasumi!
Sway aveva già cominciato a nuotare verso di lei e riuscì a intercettare il suo
fendente con il Gunblade. Il contraccolpo gli fece vibrare tutto il braccio,
fino alla spalla.
- Cosa le è successo? – domandò Krateia sull’orlo delle lacrime.
- Ha usato una delle sue abilità, si è trasformata e ha sconfitto Leviathan in
pochi secondi, poi non è tornata normale e ci ha attaccati – spiegò Dwale
abbracciando l’amica.
- E la sua arma?
- Si è trasformata con lei.
- Basta Kasumi, è ora di finirla! – urlò Sway spingendola via. La ragazza non
sembrò prestargli la minima attenzione e attaccò di nuovo.
- Tenshi, ti prego smettila!
- Zathvar… - Kasumi esitò e questo diete occasione a Sway di disarmarla.
- Siren è stanca, dobbiamo tornare in superficie altrimenti moriremo… -
bisbigliò Dwale priva di energie nel tentativo di mantenere la barriera d’aria
intorno a tutti loro.
- Krateia, credi che la Lagunarock sia in grado di fungere anche da sottomarino?
– domandò Huta con urgenza.
- Non lo so – rispose la ragazza scuotendo la testa. – In ogni modo non abbiamo
modo per contattare Chou.
- Posso farlo io – rispose Himitsu senza allontanare lo sguardo dallo scontro
tra Sway e Kasumi. Poi si costrinse a farlo, si concentrò cominciando a
risplendere, così come avevano già fatto gli altri quando avevano invocato il
loro Spirito Gemello. Beh, più che risplendere di luce dorata, rossa, blu, verde
o porpora come avevano fatto i suoi compagni, quando apparve Diablos il ragazzo
era completamente avvolto dall’oscurità più profonda, tale che a malapena si
riusciva ad intravedere il suo giubbotto rosso.
Vai dalla farfalla e avvertila che ci serve il suo aiuto. Disse Himitsu
comunicando mentalmente col suo gemello. Diablos scomparve.
Nel frattempo sia Sway che Kasumi si erano liberati delle loro armi, il giovane
gunblader afferrò la ragazza per le spalle e l’avvicinò a sé, in modo da
fissarla dritta in quegli occhi opalescenti. – Non mi interessa se quello di ha
chiamata Tenshi, tu sei Kasumi. La nostra Kasumi, perciò adesso ritorna in te!
La ragazza chiuse gli occhi e si aggrappò a Sway.
- Sway… - bisbigliò appoggiandosi a lui. – Cos’è successo? Vi ho attaccati?
Il ragazzo annuì.
- Mi dispiace, in nessun altro modo saremmo riusciti a sconfiggere Leviathan –
sorrise debolmente quando Sway l’accompagnò dagli altri SeeD. – In un modo o
nell’altro, alla fine sono sempre io quella che arreca più fastidi.
- Ma lo fai per aiutare i tuoi compagni – le disse Himitsu.
- Grazie. Aiutami a nuotare, per favore – gli rispose.
- Ti sto aiutando io – le fece notare Sway, accentuando la presa intorno alla
sua vita.
- Lo so, ma ti sei anche stancato nel tentativo di fermarmi. Non voglio che ti
senta male anche tu.
- Ma… - protestò il ragazzo.
- Insomma Sway, calmati – gli intimò Dwale, che a sua volta era aiutata da
Krateia. – Siamo tutti stanchi, di cosa ti preoccupi?
- Di niente, non importa – rispose il ragazzo affidando Kasumi a Himitsu. Dopo
il litigio che avevano avuto all’interno del centro di ricerca, Himitsu era
l’ultima persona a cui voleva affidare Kasumi.
Kensa sorrise e si accostò alla ragazza.
- Chou, io…
- Aspetta! – gridò Chou mettendogli una mano sulla faccia. – C’è un mostro della
Lagunarock!
- Cosa? Dove? – domandò Kensa.
- Guarda, è lì! – Chou gli indicò un angolo della cabina di pilotaggio.
- Non è un mostro, è Diablos: lo Spirito Gemello di Rubbuku Himitsu – spiegò
Kensa dopo aver buttato un’occhiata.
- E come lo sai?
- L’ho saputo dalla strega – rispose il ragazzo.
- Ehi tu, bruttone! – urlò Chou, parlando con Diablos. – Che cosa vuoi?
- Chou Nizi, modera il linguaggio – disse la voce di Himitsu attraverso la
Guardian Force.
- Oh, agli ordini caposquadra! – esclamò Chou sull’attenti.
- Prendete i comandi della Lagunarock e veniteci incontro, abbiamo numerosi
feriti, oltre ad una fretta insistente: Siren e Dwale tra breve ci lasceranno
bagnati.
Dopo un secondo, in cui Diablos fissò intensamente la ragazza, il Guardiano
avvolse intorno a sé le proprie ali da pipistrello e scomparve in una nuvola
nera simile ad uno stormo di pipistrelli.
- Credi siano nei guai? – domandò Chou sedendosi ai comandi.
- Solo se non ci sbrighiamo – rispose Kensa prendendo quelli secondari.
- A proposito, cosa stavi per dirmi prima?
- Nulla, questo – rispose l’ex-cavaliere – te lo dirò un altro giorno - e la
Lagunarock s’immerse.
- Non credevo che potesse essere anche un sottomarino – rifletté Kensa dopo
alcuni minuti di movimento, mentre cercava tracce dei SeeD sul radar.
- Credo che nessuno lo credesse – ridacchiò Chou, - altrimenti credi che si
sarebbero fatti tutta la strada a nuoto?
- Eccoli! Li ho travati: sono laggiù.
- Li vedo, come facciamo a farli entrare senza riempirci d’acqua?
Chou cominciò ad agitarsi, erano arrivati, ma come facevano a trarre in salvo i
suoi compagni? Eppure Kensa sembrava così calmo!
- Chou, ho trovato: sotto il portellone sinistro c’è un’entrata costruita per
espellere l’acqua infiltrata. La stessa utilizzata per la funzione di astronave.
Ma come li avvertiamo?
- A questo ci penso io – rispose la ragazzo con uno strano sorriso.
- E come? – sorrise a sua volta Kensa, trovando divertente l’espressione della
ragazza.
- Alla vecchia maniera – dopo di ché tirò fuori un foglio e cominciò a scriverci
sopra con un pennarello, poi sbatté il foglio stesso sul vetro della cabina di
pilotaggio, praticamente in faccia a Huta. Il ragazzo fissò per qualche istante
il foglio, sconcertato, poi guidò i SeeD all’entrata scoperta da Kensa.
- Ma cosa ci hai scritto? – domandò continuando a ridere.
Chou si voltò e gli mostrò il foglio, con una grafia grande e disordinata aveva
scritto di entrare dall’accesso sotto il portellone sinistro.
- Un genio Chou – sorrise l’ex-cavaliere preparandosi ad accogliere i SeeD
feriti.
20. Sentiero di primavera della prima notte di luna piena
- Per fortuna vuoi due eravate rimasti sulla Lagunarock, altrimenti a questo
punto ci saremmo trovati veramente nei pasticci – ringraziò Dwale strizzandosi
con forza i capelli grondanti d’acqua.
- Cosa è successo? – volle sapere Chou.
- Kasumi ha ottenuto Leviathan – disse Sway tenendo gli occhi bassi.
- Mentre noi tre abbiamo trovatoselo un misero indovinello… - spiegò Himitsu,
indicando se stesso, Sway e Krateia con un cenno della testa, perché ancora
reggeva Kasumi. La ragazza, nel frattempo, si era addormentata con
un’espressione sofferente sul volto.
- Non intendevo questo… - borbottò Chou facendo il broncio. La giovane voleva in
realtà venire a conoscenza dei fatti riguardanti Kasumi: non le avevano detto
nulla a riguardo, ma ormai tutti quando condividevano un legame speciale. Chou
sentiva che era accaduto qualcosa, ma avvertì anche che nessuno voleva
parlargliene. Dunque rinunciò.
- Che tipo di indovinello? – s’intromise Kensa.
- Con il primo cerchio splendente di notte si aprirà il sentiero con fiori di
ciliegio per le rovine dell’arma finale. L’atrio tra terra e mare dimora delle
ultime streghe passate. – recitò Krateia, che da quando avevano lasciato le
rovine del centro di ricerca non aveva fatto altro che pensarci. – Credo che sia
l’indizio che indica il luogo dove si trova Omega Weapon.
- Non è esattamente così – la corresse Kensa, pensieroso. – Omega Weapon non
appartiene e non è mai appartenuto a questo mondo.
- Ma ci sono giunti numerosi documenti in cui si testimonia la sua esistenza! –
esclamò Krateia. – Altrimenti, cosa starebbe cercando la Strega?
- Omega Weapon – le rispose semplicemente Dwale, che sembrava essere appena
stata colta da un’illuminazione. – Ragioniamo… l’Omega Weapon di cui si parla,
risale al periodo in cui dovrebbe esserci stata la seconda guerra della strega,
sbaglio?
- No… - assentì Krateia, ascoltandola con le braccia conserte.
- Beh… i testi dicono che fu la Strega di quel tempo a mandare l’Arma contro
coloro che in seguito la sconfissero…giusto? – chiese di nuovo conferma la
ragazza.
Krateia annuì. – La Strega Artemisia – precisò. – Ma è successo diversi secoli
fa! Cosa centra con adesso?
- Sempre se ricordo bene – continuò Dwale titubante, - quella Strega veniva da
un'altra dimensione, è quindi possibile che se la sua portata dietro da lì!
I ragazzi la fissarono intensamente.
– Come ho fatto a non pensarci! – esclamò alla fine Krateia. – Brava Dwale!
- Questo vuol dire che l’indovinello ci porterà a un portale? – esclamò Huta.
- No – rispose Himitsu. – A luogo dove il portale si aprirà. Credi che una cosa
così instabile si possa trovare sempre immobile nello stesso punto?
- Quindi, dovremmo risolverlo, non credete? – li spronò Sway, avvicinandosi a
Himitsu e portandogli via Kasumi. I due ragazzi si fissarono truci per un
istante, poi Himitsu guardò il Gunblader posare la giovane sulle loro coperte,
ammonticchiate in un angolo.
- Non lì, Sway! – lo sgridò Dwale. – Kasumi non è un sacco, portala in cabina… -
la ragazza fece una lunga pausa, sbatté velocemente le palpebre e con un
profondo respiro disse: - e stai con lei finché non si sveglia.
- Ma… e l’indovinello?
- Ci pensiamo noi all’indovinello, intanto – rispose Chou al posto dell’amica.
Il giovane annuì, sollevò ancora una volta Kasumi e scomparve insieme a lei
attraverso la porta.
Perché? Si domandò Dwale, vedendo Sway che si allontanava di spalle. Io… mi sono
innamorata di Sway, in questi mesi. All’inizio mi piaceva soltanto, ma standogli
vicina mi sono resa conto di quel che provo veramente. Allora perché aiuto quei
due… è chiaro che sono attratti l’uno dall’altro. L’hanno capito tutti, ormai.
Eppure, finché c’è la minima speranza io dovrei lottare. Perché li spingo ad
avvicinarsi?
- Dwale… - la chiamò Chou, sfiorandole la spalla. – Cominciamo a provare.
Non guardatemi con quello sguardo di compassione negli occhi! Pensò Dwale in un
urlo interiore. La giovane chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e sfoderò
il suo migliore sorriso.
- Forza! Si accettano suggerimenti!
I ragazzi sorrisero e cominciarono a lavorare su quell’antipatico enigma.
Sway si sedette su uno dei letti delle cabine. Fece stendere Kasumi sullo stesso
e appoggiò la sua testa sulle proprie ginocchia. Il ragazzo poteva vedere il
viso di lei, in quel momenti era sereno. Gli occhi chiusi e le ciglia lunghe… la
lebbra sottili lievemente dischiuse nel sonno. In quel tempo i capelli le erano
cresciuti e la frangia cominciava a caderle sugli occhi, glieli spostò
dolcemente. Sway sbuffò, già da un po’ lui al posto della frangia aveva un
tenda, per fortuna la sua particolare attaccatura di capelli gli permetteva di
continuare a vederci.
Kasumi gemette, movendosi sulle ginocchia di Sway, ma non si svegliò. Il ragazzo
continuò a vegliarla mentre si domandava cosa potesse esserle successo quando
combattevano contro Leviathan. Quando lui, Krateia e Himitsu erano tornati
all’esterno, quasi non l’aveva riconosciuta. Certo, i capelli erano i suoi, i
lineamenti erano i suoi… ma gli occhi, l’arma e i movimenti… quelli
appartenevano ad un’altra Kasumi. Sway si era spaventato, sebbene gli costasse
ammetterlo. Gli occhi della ragazza avevano quella caratteristica di mutare, di
passare dal turchese all’argento… dal turchese al rosa? I movimenti… di solito
così flemmatici ed eleganti, sinuosi… erano diventati precisi e violenti. No si
disse il giovane, quella certamente non era Kasumi.
Ma lui cosa poteva fare? Quel senso d’impotenza lo ferì e sentì una fitta al
petto. Cos’erano quei sentimenti? Preoccupazione? Angoscia? Paura? No. Il
tornare a volgere lo sguardo sulla ragazza addormentata gli rispose. Era amore.
Amore? Lui non conosceva l’amore. Come poteva essere amore? Sway chiuse gli
occhi, perché la vista del volto di Kasumi lo distraeva, e tentò di riflettere.
Da quando provava tale sentimento? Ripensò al giorno in cui si incontrarono… era
appena stato al Centro d’Addestramento, era nervoso e irritabile. Certo non in
quel momento, in cui l’aveva vista solo come un’invadente intrusa. Quando
l’aveva portata in giro per il Garden? Forse, ma allora la vedeva come
un’allegra amica. Poi partirono per la prima missione, pian piano osservava la
ragazza e si rendeva conto che il suo comportamento, forse il suo stesso
carattere mutava. Sempre di meno erano i momenti in cui rideva e scherzava, il
suo atteggiamento sempre serio. Poi lei fu ferita per salvarlo. Ricordarlo gli
provocò dolore, una fitta al petto. Quello? Era stato quello il momento in cui
il suo cuore aveva cominciato a battere per lei? In quell’istante lungo una
vita? Quell’istante, in cui la ragazza l’aveva abbracciato facendogli da scudo
con il suo corpo? Quell’istante, in cui la ragazza era caduta a terra mentre i
capelli la coprivano come un velo? Sì si rispose Sway. L’attimo in cui aveva
cominciato a provare qualcosa di più forte dell’amicizia era stato quello. Il
giovane si sentì bruciare gli angoli degli occhi. Non stava per piangere, lui
non piangeva… inconsciamente una mano gli scivolò nella tasca dei pantaloni per
stringere il medaglione. Era uno strano medaglione, era pensante e d’argento,
rappresentava l’immagine di un leone e dietro aveva un incisione: The sleeping
lion heart. Non aveva mai saputo cosa significasse quella frase, d'altronde
quell’oggetto non era suo…gli era stato affidato dai suoi genitori, da sua madre
per essere precisi. Il suo nome era Hina Leonheart, Sway aveva acquisito il suo
cognome e alla morte della donna aveva ricevuto quell’oggetto in dono. Il
cognome di Leonheart, che Sway portava fieramente, e il leone d’argento,
appartenevano alla tradizione della sua famiglia. Sua madre gli aveva sempre
narrato molte storie, su guerrieri e streghe e suoi loro antenati. Hina gli
aveva sempre ripetuto, dal giorno in cui era nato, che da sempre il destino dei
Leonheart era legato a quello del mondo. Sway non ci aveva mai creduto sul
serio, ma seguendo i desideri della madre aveva cominciato a esercitarsi con il
Gunblade. In breve, si appassionò alla disciplina e dopo la morte della madre
s’iscrisse al Garden di Balamb.
<< Perché vuoi che usi il Gunblade, mamma? >> << Anche io lo uso, non vuoi avere
la stessa arma della tua mamma? >> << Sì! Sì! >> << Sai, Sway, anche mia madre
utilizzava il Gunblade, così come mio nonno e il mio bisnonno, tutti i Leonheart
diventano maestri del Gunblade. È una tradizione di famiglia. Allo stesso modo,
tutti i Leonheart, maschi o femmine che siano cresceranno e si sposeranno con il
cognome di Leonheart >>
Quell’antichissima discussione che Sway aveva avuto con la madre, un giorno che
si allenavano, tornò alla mente del ragazzo. Credeva di essersene dimenticato,
quanti anni aveva a quel tempo? Cinque? Sei? Allontanò da sé quei pensieri con
una scrollata di spalle, il gesto improvviso fece di nuovo gemere Kasumi, ma non
la svegliò.
Sway abbassò lo sguardo su di lei, fissò intensamente la sua figura
addormentata, la linea del volto, la forma degli occhi, il suo petto muoversi
lentamente su e giù, seguendo il suo respiro. Chiuse gli occhi e si chinò su di
lei baciandola dolcemente, sfiorandole leggermente le labbra. Quando riaprì gli
occhi, vide che anche Kasumi l’aveva fatto.
- Buongiorno, bell’addormentata – le sorrise.
La ragazza invece non sorrise, vedendo lo sguardo colmo d’affetto del giovane
s’atterrì e lo spinse lontano da sé, bruscamente.
<< Tu sei mia, Tenshi, eppure ti stai affezionando troppo al leone >> quelle
parole risuonarono nella sua testa come un ricordo doloroso.
- Perdonami – la supplicò il ragazzo, guardandola ferito. – Non avevo intenzione
d’infastidirti. La Strega ci ha lasciato un enigma da risolvere, appena te la
senti raggiungici – le disse il giovane, assumendo un tono freddo e
avvicinandosi alla porta.
Kasumi si alzò a sedere, lo vedeva allontanarsi, le dava le spalle, stava per
andarsene. Se avesse varcato quella soglia, lei se lo sentiva, l’avrebbe perso
per sempre. Ma cosa poteva fare? La sua missione era una sola… Si alzò e lo
fermò, abbracciandolo da dietro.
- Scusami, ti prego scusami! – urlò la ragazza, in lacrime. Non si curava del
fatto che forse dalla cabina di pilotaggio la potessero sentire. Non la
sentirono, ma se fosse stato, a Kasumi non interessava.
- Kasumi… - sussurrò Sway, cercando di voltarsi.
- Non girarti! – urlò la ragazza, tenendolo stretto. – Non girarti – ripeté.
- Kasumi, cos… - domando il ragazzo confuso.
- I tuoi occhi mi rendono irrequieta… - bisbigliò la ragazza, scossa dai
singhiozzi. – La tua voce penetra dentro di me, profondamente…
- Kasumi… - cercò di parlare Sway, ma l’accentuarsi della stretta della ragazza
lo zittì.
- Non interrompermi, ti prego… - continuò lei, bagnandosi le guance e il
giubbotto del ragazzo, piangendo. – Ti adoro, mi sono innamorata di te… ma
questa sensazione avrei voluto non provarla mai in tutta la mia vita. La tua
gentilezza e l’affetto, il tuo sorriso e il tuo modo di fare… amo tutto, ma non
posso tornare indietro. Scusami…
- Kasumi! Cosa stai dicendo!? – esclamò Sway, finalmente riuscendo a voltarsi.
L’immagine della ragazza, in lacrime, gli straziò il cuore.
- Io non posso amarti – disse la ragazza. – Né ora, né mai. Siamo compagni,
possiamo essere amici, ma io non posso e non devo amarti!
La ragazza lo evitò e corse fuori dalla stanza. Sway la guardò allontanarsi
velocemente. Cosa… cosa volevano dire quelle parole? Il ragazzo si lasciò cadere
il ginocchio, il dolore gli lacerava il petto. Si piegò in avanti, tempestando
di pugni il pavimento.
- Cosa vuol dire, Kasumi? – strillò il ragazzo, la fronte appoggiata al suolo
gelato, sembrava pregare. Lui non adorava Hyne, non aveva mai preteso nulla da
lui ma per lui non aveva mai nemmeno fatto nulla. – Perché? – gli domandò in
quel momento. – Cosa vuoi da noi?!
Passarono alcuni minuti ma non ebbe nessuna risposta, non che se l’aspettasse,
ma quel tempo gli era servito per calmarsi. Strinse i denti, mentre si feriva le
labbra. Basta! Non poteva continuare ad autocommiserarsi a quel modo. Si alzò in
piedi, un po’ barcollante ed uscì dalla cabina.
Kasumi corse fino alla porta, dietro la quale poteva sentire le voci dei suoi
compagni discutere. Il cuore le saltava nel petto, impazzito, le sembrava che la
testa le scoppiasse. Non dovevo innamorarmi di lui?
<< No, Tenshi, non dovevi farlo >>
Signore… Io…
<< Basta così, sapevo che, affidandoti questa missione, ti avrei spinta incontro
a mille tentazioni. Com’è sentire il sangue scendere a fiotti dal tuo corpo?
Com’è sentire sulla pelle il calore di un’altra persona che ti sfiora? >>
Bello… singhiozzò la ragazza, impedendosi di ricominciare a piangere.
<< Sapevi che una volta terminato il tuo compito, tutto sarebbe tornato come
prima… eppure hai voluto immergerti in queste sensazioni e provarle nella loro
pienezza >>
Ho sbagliato, ma non commetterò più gli stessi errori.
<< Lo spero, Tenshi. Ti sei accorta, vero, che non sei sola? >>
C’è Zathvar…me ne sono resa conto quando siamo ripartiti dal Garden.
<< Lui ti aiuterà, Tenshi… Ti aiuterò anche io, non preoccuparti. Adesso vai,
riacquista i miei poteri >>
Signore, se posso chiedere…vorrei continuare con le mie sole forze.
<< D’accordo, Tenshi. Ma il mio aiuto lo avrai sempre >>
Kasumi si sentì di nuovo libera da quel contatto, ma si sentì rattristata quando
si spezzò, l’aveva salutata con calore e le aveva infuso coraggio. Era un po’ di
tempo che pensava a lui con rancore, ma finalmente si era ricordata del suo
compito, e della ragione per cui lei era lì. Sorrise e spalancò la porta.
- Kasumi! – esclamò Huta, che fu il primo a vederla.
- Ciao, ragazzi – rispose Kasumi, cercando di tornare la spensierata ragazza che
aveva dimostrato di essere all’inizio del viaggio.
- Stai bene? – le sussurrò Himitsu, avvicinandosi e fermandosi davanti a lei.
- Sto bene – annuì la ragazza, mentre gli angoli della bocca si incurvarono
verso il basso in un’espressione triste. – Mi aiuterai? – gli domandò,
stringendogli il braccio in una morsa.
- Ti aiuteremo tutti – rispose il ragazzo.
- Dov’è Sway? – domandò Dwale, preoccupata.
- Ha detto… - esitò Kasumi. – che…
- Che l’avrei raggiunta subito.
- Sway! – sussultò Kasumi. – rifugiandosi vicino a Himitsu. I due giovani si
scambiarono sguardi di ghiaccio, poi Himitsu fece sedere Kasumi tra Chou e Huta.
- Allora, come va con l’enigma? – chiese Sway, ignorando sia Himitsu che Kasumi.
- Non molto bene – rispose Krateia, fingendo di non cogliere la tensione
palpabile nell’aria. – Non riusciamo a capire quasi nulla. Dice che di notte si
aprirà un sentiero con fiori di ciliegio. Potrebbe essere un indizio sulla
particolare conformazione del terreno, ma potrebbe essere solamente una
metafora…
- Le righe seconda e quarta sono le uniche che non hanno bisogno di
interpretazione… - borbottò Huta, seguendo il filo dei propri pensieri. È certo
che il portale si aprirà di notte e che condurrà alle rovine di Omega Weapon.
Weapon significa arma, mentre omega è l’ultima lettera dell’alfabeto greco.
- Abbiamo anche supposto che il cerchio splendente potesse indicare il momento
esatto… - continuò Kensa, fissando il foglio su cui avevano trascritto l’enigma.
Il luogo è certamente indicato nelle ultime due strofe, ma non riusciamo a
capire a cosa si riferiscano “L’atrio tra terra e mare dimora delle ultime
streghe passate”.
- Sono stanca – si lamentò Kasumi, appoggiandosi alla spalla di Chou.
- Forse è meglio se torni a riposare… - propose allora la ragazza, ma Kasumi non
intendeva quello. Il significato nascosto in quelle parole, lo colse una persona
sola.
- Allora svelaci la soluzione! – disse questa, soddisfatta.
- Con il primo cerchio splendente, di notte si aprirà il sentiero con fiori di
ciliegio, questo porterà alle rovine dell’arma finale – recitò Kasumi. – La
prima notte primaverile di luna piena, si aprirà il sentiero che conduce alle
Rovine di Omega.
- Brava Kasumi! – esclamò Chou, tentando di sembrare serena. L’avevano allarmata
quelle improvvise parole della ragazza, come poteva aver risolto l’enigma dopo
averlo sentito una sola volta, quando invece loro ci stavano ragionando da una
lunga infinita ora?
- Ma certo… Il primo cerchio splendente è la prima luna piena e i fiori di
ciliegio indicano la primavera!
- E l’atrio tra terra e mare, dimora delle ultime streghe passate? – domandò
Sway, senza la minima flessione nella voce.
- La Casa di Pietra – rispose la ragazza, senza guardarlo negli occhi.
21. La Casa di pietra
Huta conosceva l’ubicazione della casa, ma non volle svelare il perché di quella
conoscenza. Purtroppo i ragazzi non ebbero l’opportunità di prepararsi allo
scontri: Kensa avvertì che la prima notte di plenilunio primaverile sarebbe
stata dopo due giorni, così già da quella notte i giovani SeeD si erano
accampati davanti alla Casa di Pietra. “Un orfanotrofio” aveva spiegato Huta.
Dwale aveva acceso un grande fuoco e in quel momento stava seduta a terra a
fissare le fiamme, vicino a lei sedeva Sway e dopo di lui, a cerchio intorno al
piccolo falò Kasumi, Himitsu, Krateia, Kensa, Huta e Chou.
Il sole era tramontato dietro la linea dell’orizzonte già da qualche ora, tutti
erano silenziosi. C’era da aspettarselo… il destino di molte persone dipendeva
solamente da loro: appena risolto l’enigma, Himitsu aveva contattato il Garden,
richiedendo rinforzi SeeD al preside. Non solo la comunicazione era fortemente
disturbata, ma l’uomo avvisò che anche movendosi immediatamente, nessun membro
del Garden sarebbe riuscito a raggiungerli in meno di tre giorni… ovverosia
troppo tardi.
All’improvviso, ma silenziosa come una farfalla, Chou balzò in piedi. Lei non
era fatta per le lunghe attese, diceva, e così si allontanò verso il boschetto
vicino, con la scusa di una passeggiata. Kensa la guardò allontanarsi, sembrava
pensieroso, ma dopo pochi secondi si alzò, senza una parola, e la seguì.
- Come li invidio… - disse veemente Krateia, levandosi a suo volta e sedendosi
tra Kasumi e Sway. – Ehi, mi hai sentita? – la pungolo non sentendo la risposta.
Sway levò lo sguardo sulla giovane dai capelli castani. I suoi occhi erano
argentei, di un argento così intenso che sembravano essere stati coniati con il
mercurio puro. Ma non solo lo sguardo, anche l’espressione, la linea della
bocca… Kasumi era molto triste, Sway non sapeva cosa succedesse quando il colore
suoi occhi si alterava, ma sospettò che fosse a causa di quello se la ragazza in
quel momento era addolorata.
- Perché siete qui, voi tutti? – volle sapere Kasumi, quando tornò se stessa.
I ragazzi si voltarono a guardarla, era la prima volta che apriva bocca da dopo
la risoluzione dell’indovinello.
- Non lo so… Forse, all’inizio, era solo una questione di valori - disse Sway,
rispondendo per primo, fissando la giovane negli occhi con uno sguardo
estremamente intenso, profondo, come se volesse leggerle nell’anima, ma anche…
accusatore. – Adesso desidero solo che questa storia termini il più presto
possibile. E tu, Kasumi?
- Mi dispiace – rispose la ragazza, senza avere la forza di reggere un confronto
visivo con lo spadaccino. – Ma questo… rimarrà un mio segreto – fece una pausa.
– Fino alla fine.
- Sono qui perché sto viaggiando con voi – rispose Dwale, riuscendo a cancellare
un po’ di tensione. – Io sono orfana, forse non lo sapete, sono nata a Timber,
cresciuta in un orfanotrofio. A tredici anni, cioè appena mi è stato possibile,
ho abbandonato la città e ho cominciato a viaggiare: dopo pochi mesi giunsi nel
tranquillo paese di Winhill. Laggiù conobbi un’anziana coppia, un vecchio
soldato Galbadiano e sua moglie. Mi presero con loro e l’uomo cominciò a
insegnarmi le arti marziali, non fui la sua prima allieva, ma in quel periodo
era l’unica. Morirono in un incidente due anni dopo… quando li raggiunsi ormai
era troppo tardi, l’uomo era già spirato, mentre sua moglie era morente. Prima
di andarsene, però, utilizzò le sue ultime energie per svelarmi una cosa che
avevano scoperto due anni prima, pochi mesi dopo il mio arrivo: l’anziano uomo
aveva indagato sulle mie origini, trovando ben poco in realtà… solo una cosa
scoprì e ricordo ancora nitidamente le parole della donna quando me la riferì:
da qualche parte, su questa terra, mia madre vive ancora. Abbandonai il paese la
settimana successiva, amavo molto quell’anziana coppia, li consideravo come miei
nonni. Chiusi così quel capitolo della mia vita e m’iscrissi al Garden di
Balamb… perché? Perché i SeeD viaggiano, come era mio desiderio, ma i SeeD anche
combattono, come era sempre stato desiderio del nonno. Me lo ripeteva sempre,
che un giorno avrebbe voluto vedermi nella divisa dei SeeD. Un giorno tornerò al
villaggio e la indosserò: anche se lui non può più vedermi so che ne sarà
felice.
- Non lo sapevamo… - le disse Sway.
- No, lo supponevo: l’unica persona a cui ne ho parlato è Chou. Allora… Huta!
Tocca a te!
- Anche io sono in viaggio per cercare qualcuno – sorrise il giovane, tirando
una corda della sua lira, che da tanto tempo non suonava. – Accidenti! Non è più
accordata! Un tempo avevo una sorella, ma fuggì quando avevamo sette anni. Da
allora sono dieci anni, che la cerco ininterrottamente per il mondo. Ho sempre
viaggiato da solo, ma questa volta sono felice di avere dei compagni!
- Io sono qui… perché sono un SeeD – rispose Himitsu, glaciale.
- Tocca a Krateia! – esclamò Huta, voltandosi verso la ragazza. – Ehi! Dov’è
Krateia?
- Presto, venite qui! – la sentirono però chiamare, in quell’istante.
I ragazzi scattarono in piedi e corsero verso la direzione sa cui proveniva la
sua voce.
La ragazza si era allontanata pochi secondi dopo Kensa ma, invece di dirigersi
verso il boschetto, si era addentrata tra le rovine di quella misteriosa casa
grigia. Attraversato il cortile, si era resa conto che la porta d’ingresso era
stata bloccata da alcune macerie. Dopo essersi guardata intorno per alcuni
minuti, aveva individuato una fenditura nella parete. Ci s’infilò dentro,
facendo attenzione a non sbattere la testa contro uno dei macigni che sporgevano
bassi.
- Ma tu guarda cosa deve fare un poveretta come me… - borbottò. Scivolò oltre
massi e pezzi di muro e soffitto caduti, da quanto tempo era lì quel piccolo
edificio? Alla fine sbucò in una stanza, era in buone condizioni, nonostante i
vetri delle finestre non esistessero più e buona parte del soffitto fosse
crollato, aveva ancora l’aspetto di una stanza. La ragazza notò immediatamente
la porta di legno e corse ad aprirla, si trovò davanti a uno spettacolo
magnifico: la luna risplendeva, nonostante non fosse ancora un cerchio perfetto,
rifletteva la sua luce su tutti i fiori dell’immenso prato. Dovevano essere
sbocciati da poco e si esibivano colorati e rigogliosi.
- Bellissimo… - sospirò la ragazza, ma poi si ricordò che non aveva avvertito
nessuno quando si era allontanata. Si voltò per tornare indietro, proprio allora
vide un’iscrizione sul muro.
- Ragazzi… - bisbigliò. – Presto venite qui! – urlò poi.
Dopo pochi istanti sentì un rumore di passi dietro una parete di macerie. Qui
dietro deve esserci la porta bloccata pensò. Tentò di chiamare ancora una volta
gli amici, ma non la sentirono, perché stavano parlando tra loro concitatamente.
- Uff… - sospirò. – A mali estremi, estremi rimedi. Quetzal! Dammi il tuo potere
del fulmine! Kyaaaaaahh!
Krateia si allontanò di qualche passo dalle macerie, poi ci scagliò contro un
fulmine. La parete si frantumò all’istante, rivelando il passaggio ai SeeD.
- Salve! – salutò la ragazza!
- Che spavento… - sospirò Dwale, poggiandosi una mano sul petto.
- Perché ci hai chiamato? – domandò Sway.
- Giusto! – esclamò Krateia, battendo le mani. Poi, indicò il muro della casa,
quello con la porta da cui era uscita. – Guardate lì, c’è un’iscrizione
bellissima!
Kasumi si accucciò vicino al muro indicatole e sorrise.
- “La Casa di Pietra esisterà sempre per accogliere tutti i bambini senza
famiglia, in modo che possano crescere e diventare veri guerrieri ed eroi” –
lesse la ragazza. – Sotto sono state incise le firme: Squall e Rinoa, Selphie
Tilmitt, Irvine Kinneas, Quistis Trepe, Zell Dintch, Edea e Cid Kramer.
- Mancano i cognomi dei primi due – osservò Dwale, avvicinandosi all’iscrizione.
- Sono due nomi che mi suonano molto familiari – annunciò Krateia.
- Anche a me – bisbigliò Sway, senza convinzione.
- Come possono aver abbandonato un luogo così importante? – si domandò Dwale. –
E da quanto?
- Non più di sei anni – disse Huta. – Io sono cresciuto in questo orfanotrofio.
Sei anni fa è stata l’ultima volta un cui tornai qui, non so cosa sia successo
da allora.
- Non ha senso continuare a ragionarci su – avvertì Himitsu, senza staccare gli
occhi da quell’iscrizione. – E’ meglio andare a riposare, adesso. Domani ci
aspetterà un momento difficile.
Huta, Dwale e Sway annuirono e, insieme al giovane, ritornarono al piccolo
campo, dove solo Kasumi era rimasta a sorvegliare.
- Tu non vieni, Krateia? – domandò Dwale.
- No… io rimango qui ancora un po’.
La ragazza rimase sola. Quei primi due nomi le erano troppo familiari, il loro
suono le risuonavano nella mente come una canzone. Continuava a fissarli
intensamente, come se si aspettasse che chi li aveva scritti potesse apparire
davanti a lei da un momento all’altro. Krateia sospirò, doveva essere pazza ad
essere ancora lì. Decise di andare a riposare anche lei. Fece per levarsi in
piedi e sfiorò i nomi con le dita, come se li salutasse. Proprio quel gesto,
però, fece staccare un pezzo di muschio secco che non aveva notato, cadde e
rivelò il cognome dei due consorti.
- Leonheart…? – sussultò la giovane, voltandosi a guardare Sway. – Ma allora…!
Krateia si alzò in piedi e mosse il primo passo verso il ragazzo, ma una luce
alle spalle la fece girare di nuovo.
- Non è possibile… la parete brilla!
La luce scomparve dopo un istante, al suo posto apparve un essere enorme e
maestoso. Un leone immenso e magnifico, tutto nero con la criniera e altre
sfumature viola e due grandi ali sulla schiena.
- Oh, mamma…
Il leone parve studiare la ragazza per qualche secondo, poi perse interesse e
volse lo sguardo verso il falò.
- Ragazzi! Aiuto! – gridò Krateia.
- Ragazzi! Aiuto!
- Questa è di nuovo la voce di Krateia! – esclamò Huta, balzando in piedi.
- Sta chiamando aiuto! – realizzò Sway, correndo verso di lei.
Dwale e Huta fecero per seguirlo, ma Himitsu si parò loro davanti, fermandoli e
permettendo solo a Kasumi e Sway di raggiungere Krateia.
- Cosa stai facendo? – domandò Dwale.
- Aspettate - si limitò a dire il giovane uomo.
Solo Kasumi e Sway giunsero ad aiutare Krateia, la ragazza si domandò il motivo.
- Cos’è questo? – gridò Sway, estraendo il Gunblade.
- Sono un Guardiano – rispose il leone nero, con la sua voce imperiosa. – Il mio
nome è Griever!
- Chiunque tu sia, lasciaci stare!
- Metti a tacere i tuoi bollori, giovane ribelle – ordinò Griever senza
scomporsi, colpendo il giovane con una zampata.
Sway sbatté la schiena contro un masso e, suo malgrado, tossì del sangue.
- Krateia, allontanati da qui! – ordinò Kasumi. Quando la compagna le diede
ascolto, corse da Sway, per aiutarlo a rialzarsi, ma il ragazzo la spinse via.
- Faccio da solo – le disse, freddo.
Kasumi lo vide tirarsi faticosamente in piedi, per poi crollare di nuovo a
terra.
- Non fare lo stupido! Siamo compagni, te l’ho pur detto!
- Non è la sola cosa che hai detto – ribatté il ragazzo.
Allora la ragazza si irritò.
- Volendo fare il conto di tutto ciò che ho detto da quando ci siamo conosciuti,
ricordi le miei parole fuori dalla caverna dove tenemmo l’esame pratico per
diventare SeeD?
Sway scosse la testa.
-Ti dissi queste precise parole: “Un giorno il tuo gemello sarà uno dei più
forti”. Ricordi adesso?
- Sì, adesso ricordo. Ma cosa centra con quello che è successo tra noi due?
- Niente! – strillò la ragazza, afferrando Sway per il colletto del giubbotto. –
Apri gli occhi, deficiente – lo insultò. – Apri gli occhi e guarda chi hai
davanti a te, sai chi è? Sai chi era? Datti una mossa!
Sway venne gettato con violenza ai piedi della Guardian Force.
- Quel è il tuo nome, guerriero? – domandò la creatura al ragazzo.
- Il mio nome è Sway Leonheart.
- Leonheart… - ripeté Griever. – Quanti anni non sentivo questo nome. Anche tu
possiedi il cuore del leone addormentato?
Sway lo fissò confuso, di cosa stava parlando? Istintivamente andò a stringere
il medaglione che gli aveva dato la madre… Ma certo! Il medaglione! Si ricordò.
The sleeping lion heart… Il cuore del leone dormiente. Sway lo tirò fuori e lo
esibì sul palmo della propria mano.
- Indossalo – ordinò Griever.
- Come? Perché…?
Il Guardiano ruggì, divenne luce e sembrò tuffarsi nel medaglione. Sway sentì il
metallo vibrargli bollente contro la pelle, poi sentì un ruggito. Senza che lui
facesse nulla, il medaglione si levò in aria e gli si legò al collo con una
catena.
- Da oggi sarò il tuo spirito gemello, protettore e guida – disse ancora
Griever, poi tutto tornò come prima.
Sway si tirò in piedi, sentendosi pervaso da una nuova forza. Si voltò verso
Kasumi.
- Hai ragione – le disse, - non ho il permesso di pretendere nulla da te. Hai
detto che anche tu mi ami, ma che non puoi farlo. Va bene, lo accetto. Prima
credevo che non ci sarei mai riuscito, ma Griever mi ha dato un nuovo spirito,
mi ha reso completo.
Kasumi annuì, stringendosi le spalle: non era sicura di voler sentire quelle
parole.
- Nonostante ciò – continuò Sway, - non smetterò di amarti. Se un giorno potrai
farlo anche tu, sappi che io… - fece una pausa, guardando l’immenso prato
fiorito. – Io sarò qui.
- Sarai qui? – domandò, incredula.
- Sì, sarò qui. Aspetterò qui.
- Aspetterai me? – sussurrò la ragazza, mentre lottava per ricacciare indietro
le lacrime. Forse era l’unica persona che aveva già sentito quelle parole: non
era la pria volta che venivano pronunciate. Anche quei fiori le avevano già
sentite.
- Ti aspetterò qui – ribadì il giovane. – Se un giorno verrai, riuscirai a
trovarmi. Lo prometto.
Sway si voltò e tornò al falò. Kasumi, invece, si lasciò cadere contro la parete
della casa. Era un sogno? Un’illusione? Ma soprattutto… poteva esserne felice?
Poteva sperare? Attanagliata da tutti quei dilemmi si rannicchiò, la schiena
appoggiata contro il muro e la testa appoggiata sulle braccia che le
abbracciavano le ginocchia. Scoppiò di nuovo a piangere, doveva smetterla però.
Il giorno dopo ci sarebbe stato lo scontro finale. Scossa da quei cupi pensieri,
si addormentò sulla fredda terra.
22. Ti amo
Tutto intorno era buio. L’unico, sporadico raggio di luce era dovuto alla luna,
in quei rari momenti in cui riusciva a trapassare i fitti rami degli alberi.
Camminando, Chou si guardava intorno, riusciva a sentire ogni presenza che la
circondava, uccelli, volpi, conigli. Ma era una presenza inquietante, gli
animali erano irrequieti e anche Chou lo era. La ragazza si era allontanata dal
gruppo proprio per scacciare la sua irrequietezza, ma invano. Poche ore
separavano lei e i suoi compagni dalla battaglia, una battaglia assurda. Il
destino di tantissime persone dipendeva da loro. Loro, gli unici in grado di
contrastare la follia di una donna permeata di poteri incredibili, potentissimi.
Cosa ci faccio io qui? Si domandò. Tutti i suoi compagni erano guerrieri
esperti, dotati di capacità formidabili: maestri nella spada, nelle armi da
fuoco, nel corpo a corpo, nelle magie. E lei? Lei cos’era? Infondo era solo una
porta-pizze, si era trovata nel posto giusto al momento giusto, nulla di più.
Era SeeD, certo, aveva passato l’esame, ma…era ad un livello completamente
diverso da quello, per esempio, di Kasumi, o di Dwale, o di Krateia. Si sentiva
un’infiltrata. Era carina e spiritosa, ma non è con questo che si vincono le
battaglie! Oltretutto lei… si sentiva incompleta. Spessissimo, da quando erano
diventati SeeD, aveva udito i suoi amici comunicare con i propri spiriti
gemelli, percepiva tra loro un’affinità indissolubile, che lei non riusciva ad
avere. In quel lontano giorno anche Chou aveva trovato il suo spirito gemello,
ma solo uno dei due Brothers si era unito alla ragazza, e lei sapeva che per
completarsi avrebbe dovuto trovare l’altra metà di sé: l’altro guardiano.
- Perché ti sei allontanata?
Persa nei suoi pensieri, Chou impiegò un attimo a voltarsi e a riconoscere la
voce di Kensa.
- Dovevo riflettere da sola - rispose la ragazza.
- A cosa pensavi? - domandò lui raggiungendola.
- A tante cose… - disse Chou calciando un sasso e facendolo rotolare fino a un
cespuglio. - A questa situazione. A domani.
- Non sei l’unica. Quella di domani sarà una battaglia diversa dalle altre.
Abbiamo tutti paura…
- Non ho paura - lo interruppe la ragazza. - Solo…non capisco perché sono qui.
Qual è la mia funzione nel gruppo.
Kensa sorrise e la invitò a camminare con un gesto della mano. - Quindi hai
paura - insistette il giovane dopo un lungo silenzio. - Paura di non essere
all’altezza dei tuoi compagni. Paura di risultare inutile.
Chou annuì.
- Ma lascia che ti faccia una domanda - riprese Kensa. - Dove credi saremmo se
tu non fossi stata con noi? Anzi, dove credi sarebbero i tuoi compagni se non
fossi stata con loro? Io non so i dettagli di quel che successe prima del mio
“risveglio”, ma posso dirti cosa appresi in quel momento: capii che ero vivo,
capii che ero libero e, soprattutto, capii che da quel momento in avanti avrei
potuto decidere da solo da che parte stare. Decisi di stare con te.
- Grazie Kensa - sussurrò Chou, rischiarando la propria espressione triste con
un sorriso.
- Questa è la Chou che conosco! - esclamò il giovane, sorridendo a sua volta. -
Torniamo dagli altri?
- Va bene - acconsentì la ragazza, voltandosi e ricominciando a camminare nella
direzione da cui erano arrivati. - Però…prima vorrei che mi dicessi una cosa.
- Che cosa?
- Cosa stavi per dirmi il giorno dello scontro con il Leviatano?
L’espressione di Kensa si fece seria, lo sguardo divenne più intenso. - Lo vuoi
sapere adesso? - domandò.
- Sì.
Kensa scosse la testa, ridacchiando. Era molto tempo che lo pensava, da molto
tempo aveva provato il desiderio di svelarlo a Chou ma, per un motivo o per un
altro, aveva sempre taciuto tutto. Quando aveva finalmente preso la decisione
era stato bruscamente interrotto dall’apparizione di Diablos. Quella sera non
aveva seguito Chou con l’intento di toccare quell’argomento: voleva solo
restarle accanto e rassicurarla, per cancellarle ogni dubbio e tentennamento da
cuore e dalla mente. Ma adesso era stata proprio lei a chiederglielo. Doveva
dirle tutto? Doveva fingere ancora? Sicuramente le sue parole l’avrebbero
turbata: sarebbe riuscita comunque a dare il meglio di sé in battaglia? Lui non
lo sapeva, ma in quel momento non gli importava nulla della battaglia, se
avrebbero vinto o se avrebbero perso, se sarebbero morti o sarebbero
sopravvissuti. Doveva svelarle ciò che celava dentro di sé. Kensa fece un lento
passo verso di lei, l’espressione seria era scomparsa per lasciare spazio a un
sorriso raggiante. Poggiò delicatamente le sue grandi mani sulle spalle della
ragazza e la fissò negli occhi. Fece un profondo respiro e aprì la bocca per
parlare.
Fu un istante, lo spostarsi di una foglia, l’improvvisa consapevolezza di essere
in trappola. Kensa spinse bruscamente Chou di lato, facendo evitare a entrambi
una pallottola.
- Cosa succede? - strillò la ragazza, rialzandosi in piedi.
- Soldati della strega - ringhiò Kensa, raggiungendo la giovane per aiutarla. -
Sono tutt’intorno a noi, ci hanno circondati!
Dopo poco, infatti, uno dopo l’altro i soldati con lo stemma di Centra uscirono
dall’ombra offerta dagli alberi e raggiunsero i due ragazzi nella radura,
stringendosi sempre più intorno a loro.
- Cosa facciamo? - domandò Chou.
- L’unica cosa che possiamo fare - rispose Kensa, ponendo la sua schiena contro
quella della ragazza. - combattiamo. Anche se urliamo, le nostre voci non
raggiungeranno mai l’accampamento.
- Le armi le ho lasciate presso il fuoco!
- Allora combatterai a mani nude - rispose freddo Kensa. Il giovane non temeva
la morte, l’aveva affrontata e sconfitta migliaia di volte, ogni volta che
scendeva in un combattimento. In verità, a ogni suo respiro affrontava la morte.
Era consapevole che un giorno anche lui sarebbe stato accolto nelle braccia di
Hyne e lo accettava ma…non sarebbe stato quel giorno. Non sarebbe morto tanto
presto perché lui…lui aveva una persona da proteggere, e questa persona era
Chou. Non avrebbe permesso a nessuno di ucciderla o di ferirla. Al fianco aveva
ancora il fodero dell’Hyperion, che vibrava assetato di vittime e non sarebbe
certo stato lui a fermarlo. Estrasse l’arma facendo sibilare la lama
affilatissima al contatto con l’aria.
- Sei pronta? - domandò.
- Con te, lo sono sempre - rispose Chou, che ne frattempo si era avvolta le mani
in alcune strisce di stoffa.
Fu così che cominciò il combattimento. Schiena contro schiena, secondo dopo
secondo i due giovani combattevano e uccidevano, schivavano i colpi e venivano
feriti. Kensa, un maestro del gunblade, e Chou, che combatteva con una tecnica
che non le apparteneva. Ma entrambi sapevano di non poter continuare a lungo, i
nemici erano troppo numerosi e loro solo in due. Chou era determinata a non
essere sconfitta. Voleva dimostrare a Kensa che non era solo una ragazzina,
voleva dimostrare ai suoi compagni che sapeva combattere come loro, ma
soprattutto, voleva dimostrare a se stessa di potercela fare. Io non sono solo
una ragazzina, e sono pronta a dimostrarvelo!
Purtroppo non è con la determinazione che si vincono le battaglie. Nonostante la
grande forza interiore dei due guerrieri, pian piano cominciarono a soccombere
sotto l’accanimento degli attacchi nemici. In tutto quel tempo, da quando la sua
avventura aveva avuto inizio, Chou era cambiata e lo sentiva, forse se ne
rendeva conto solo in quel momento. Era cambiata non solo nell’aspetto fisico,
che si era slanciato e raffinato, gli occhi mostravano sempre quella parte di
lei insicura ma finalmente ostentavano una fierezza nata lentamente e
faticosamente nell’animo della giovane. Chou rivolse lo sguardo a Kensa,
impegnato nella battaglia. Il volto del cavaliere era schizzato col sangue dei
suoi nemici, eseguiva una danza letale insieme alla sua spada, volteggiava su se
stesso eliminando un nemico dopo l’altro ma trovava sempre il momento per
volgere lo sguardo verso Chou. I due compagni si fissarono negli occhi per un
istante, un istante che durò mille anni. Entrambi erano esausti e cominciavano a
sentire il peso della fatica ma nessuno dei due aveva intenzione di soccombere,
questo Chou lo sapeva benissimo, ma nonostante ciò lesse qualcosa negli occhi di
Kensa, qualcosa che non avrebbe voluto cogliere e che non le piacque affatto. La
ragazza aveva imparato a osservare e conoscere il profondo sguardo di Kensa,
sapeva che dentro di esso erano racchiusi l’animo e i sentimenti del giovane.
Per questo si spaventò. Chou intravide due sentimenti che aveva già incontrato
sulla sua strada, mai li aveva visti riuniti in un solo istante eppure erano lì
e la stavano osservando. Morte e Amore. Cosa significava? Perché Kensa le
rivolgeva quello sguardo?
- Quello che volevo dirti - disse il giovane parando un fendente con l’Hyperion
- è semplice: io ti amo. Forse ti ho amata ancor prima di riuscire a
risvegliarmi completamente, in quei momenti in cui un barlume della mia
coscienza si ribellava al dominio della srega e io intravedevo i tuoi occhi
spaventati, confusi o determinati. Ti ho amata e ti amerò per sempre.
Kensa non la guardava ma non aveva importanza perché anche Chou non poteva
distrarsi dal corpo a corpo con i soldati. Senza che potesse impedirlo la vista
cominciò ad appannarsi e delle calde lacrime le scivolarono sulla guancia. Lei
lo sapeva? Sapeva che Kensa l’aveva amata? Ma soprattutto, cosa provava lei per
lui? In quel momento non ebbe alcun dubbio, mentre e sudore e sangue si
mescolavano tra loro non ebbe alcun dubbio. Forse in un altro posto, in un’altra
situazione avrebbe faticato a trovare la verità tra i suoi sentimenti confusi,
ma in quell’istante le apparve tutto così chiaro e semplice… Chou stese l’ultimo
sua avversario e si voltò verso Kensa per parlargli, ma una nuova ondata di
nemici si presentava ad attaccarli. Ma quanti sono? Alla ragazza non
interessava, forse non le sarebbe importato nemmeno di morire, ma prima doveva
parlare a Kensa. Spiccò una corsa verso di lui, che nel frattempo di era
allontanato, non sapeva cosa avrebbe fatto una volta raggiunto, le importava
solo essergli accanto.
- Fermati! - le ordinò però lui.
- Cosa…? - balbettò Chou, arrestando la sua corsa. - Perché?
- Perché voglio salvarti. Voglio vederti tornare dai tuoi…dai nostri compagni e
poi domani sconfiggere Cecir.
- Certo! - urlò Chou. - Lo faremo tutti insieme1
- No - asserì Kensa socchiudendo gli occhi, i nemici che si facevano sempre più
vicini. - Questa qui è la mia battaglia, questi soldati, che a suo tempo furono
miei sottoposti, sono stati mandati qui da Cecir per me. Per vendicarsi del mio
tradimento. Io non voglio che tu muoia, voglio che continui a sorridere,
scherzare…voglio che continui a vivere…anche senza di me!
- Cosa stai dicendo? - strillò Chou, avanzando un altro passo verso Kensa. Stava
piangendo, piangeva come non aveva mai pianto in vita sua. Gli occhi le
bruciavano e faceva fatica a respirare, singhiozzava senza ritegno ma si
ostinava a non distogliere lo sguardo.
- Fermati - ripeté Kensa. Si voltò. - Ti ho detto l’unica cosa importante,
l’unica cosa che avrei voluto dire prima di morire.
Il cavaliere si voltò di nuovo, ora impugnava l’elsa dell’Hyperion con entrambe
le mani. La lama scura della spada cominciò a brillare come una pietra
d’ossidiana gettata in un mare di luce, come in un sogno il giovane cominciò a
correre, una folle corsa che lo portava dritto nelle braccia del nemico.
- Tu non pensi a quello che voglio io? - urlò allora Chou, con tutto il fiato
che aveva in corpo. - Non ti interessa conoscere i miei desideri? Tu vuoi che io
continui a vivere come sempre, ma come potrei farlo senza di te? Quello che io
desidero è tornare a casa insieme a te, perché anche io ti amo! Anche io ti ho
amato da sempre, dalla prima volta in cui il tuo sguardo limpido si è posato su
di me!
Non l’aveva sentita. Il volto di Chou era arrossato e bagnato dalle lacrime, lo
vedeva allontanarsi da lei senza via di scampo, e non aveva nemmeno udito le sue
parole. Non provò neppure a raggiungerlo, ormai era troppo lontano, stava
andando in un posto dove non avrebbe mai potuto raggiungerlo. Ormai la spada di
Kensa rifulgeva di una luce propria, una forza immensa, da lontano Chou riusciva
quasi a percepire la forte tensione che faceva vibrare la spada incandescente.
Cosa stava succedendo? La ragazza non riusciva a capirlo, ma in realtà la
spiegazione era più semplice di quel che sembrava. Cercando all’interno di sé,
Kensa trovò il cuore della sua energia, la fonte di tutto il suo potere e la
prosciugò quasi interamente, riversando quasi totalmente quell’essenza nella
lama della spada. L’impatto con i suoi avversari fu terribile. L’Hyperion
sprigionò una potenza incredibile, una luce fortissima squarciò il buio della
notte. Chou venne sbalzata via dall’onda d’urto provocata e perse i sensi.
23. Fratelli
Chou aprì lentamente un occhio. Lo richiuse e infine li aprì entrambi con
difficoltà. Le doleva la testa insieme a ogni singola parte del suo corpo. Volse
lentamente la testa, Huta e Dwale la stavano sorreggendo.
- Si è svegliata!
- Dov’è Kensa? - domandò Chou un secondo dopo, mettendosi a sedere. Si trovava
ancora nel boschetto, nello stesso punto in cui aveva perso i sensi. Ancora
confusa si guardò intorno, tutti i suoi compagni, tranne Kensa, erano lì
riuniti, in cerchio davanti a lei. - Dov’è Kensa? - ripeté.
Kasumi, che era dritta in piedi davanti a lei, distolse lo sguardo e si spostò
di lato, liberando la visuale dalla ragazza. Davanti a Chou si estendeva un
enorme cratere, largo diversi metri. Impiegò un secondo a comprendere ciò che
era successi e realizzarlo le provocò un dolore indescrivibile, un dolore che
non aveva mai provato in tutta la sua vita.
- Non ci credo… - bisbigliò, poi si girò e corse via, le lacrime che le
scivolavano oltre le guance, rimanendo sospese nell’aria un secondo prima di
ricadere.
Huta la guardò allontanarsi e dopo un secondo decise di seguirla. - Io vado con
lei.
Sway era appoggiato con la schiena ad un albero, poco lontano. Il suo sguardo
non seguiva Chou, ma Kasumi, ed i suoi occhi seguirono la direzione di quelli di
lei. La giovane aveva un’espressione malinconica, dopo aver osservato Chou e
Huta scomparire nella boscaglia si diresse nuovamente verso l’accampamento. Sway
si staccò dal tronco e raggiunse Kasumi in pochi passi. Le afferrò un braccio e
la fermò. - Tu lo sapevi! - l’accusò con aggressività.
- Si - fu la secca risposta.
- Perché non li hai fermati?
- Ci sono cose che sono necessarie - si giustificò lei con una nota tagliente
nella voce, poi se lo scrollò di dosso.
L’aveva persa di vista un paio di volte. Chou correva a perdifiato nell’oscurità
della notte e non aveva una meta. Finalmente la raggiunse, era rannicchiata tra
due rocce, sotto un grande albero. Quando Huta le fu abbastanza vicino, Chou
alzò la testa per controllarne l’identità. Dopo un attimo tornò a nascondere il
volto tra le braccia. Il ragazzo fece ancora un paio di passi verso l’amica e
poi si fermò, si accovacciò a terra e attese.
- Non gli ho nemmeno potuto rispondere - singhiozzò Chou dopo un po’ di tempo
che se ne stavano lì, immobili.
Huta si alzò di nuovo in piedi e la raggiunse. Senza pensarci su le si sedette
accanto e la confortò fra le proprie braccia. Dal principio Chou avrebbe voluto
spingerlo via, ma aveva troppo bisogno d’appoggio e quell’abbraccio era così
strano, così… materno, in un certo senso.
- Portami al faro - disse dopo un lungo silenzio.
Huta la guardò circospetto. - Quale faro?
- Quello dell’orfanotrofio.
- Sicura di non preferire stare da sola?
Chou annuì.
- D’accordo - assentì il giovane, - vieni. - E la prese in braccio.
- Cosa stai facendo? - esclamò Chou, lasciandosi scappare un gridolino.
- Ti porto al faro, no?
- Grazie - sorrise la ragazza.
Impiegarono diverso tempo per raggiungere la spiaggia. Si sedettero sugli scogli
con la luce del faro, che continuava a funzionare sebbene abbandonato da lunghi
anni, che illuminava il mare.
- Non sono triste - disse Chou all'improvviso, gettando un sasso nella scura
acqua del mare.
Huta si voltò per scrutarla in volto. - Non è vero - proferì.
- No, sul serio - lo rassicurò lei. - Non sono triste: è qualcosa...di molto più
forte e devastante. Chissà... - sorrise, - forse è rimpianto! Non è un bel
sentimento, sai?
Huta l'osservò preoccupato. Quella non era la Chou che conosceva, era
malinconica, gli occhi arrossati dal pianto, eppure cercava di apparire allegra.
Non l'aveva mai vista fare così.
- Sai... - sussurrò Chou dopo un po', cambiando argomento. Io da piccola sono
cresciuta qui.
- Anche io - rispose Huta, scendendo dal masso e stendendosi sulla sabbia
fredda. - Ma non mi ricordo di te.
- Nemmeno io - annuì la ragazza raggiungendolo. - Mpf! ma in fondo è
comprensibile: ricordo pochissimo della mia vita all'orfanotrofio...quando ero
ancora molto piccola prese una barca e me ne andai per mare. Da sola. Scappai,
ma era ovvio che una bambina di...quanti anni avevo? Sei? Sette? Comunque...dopo
solo la prima notte stavo per morire. Dispersa in mare aperto su una barchetta
di legno, completamente abbandonata ai flutti marini!
Huta ascoltava le parole della ragazza in silenzio, senza aprire bocca.
All'improvviso l'aria intorno a lui si era allertata, e continuava ad ascoltare.
- Non so per quanto tempo rimasi in balia delle onde - continuava intanto Chou.
- Ore, giorni...non saprei dirlo. Mi salvò una nave che attraversava i mari di
Centra. Non ho molti ricordi di loro, ma agli occhi di una bambina quale
ero...mi erano sembrati degli angeli! Vestiti di bianco su una nave lunga e
sottile... Mi tennero con loro per alcuni giorni, fino al momento in cui non
incontrai Ben, il mio patrigno.
- Quindi, "Chou"...? - biascicò Huta, mettendosi a sedere.
- No - lo precedette la ragazza, - non è il mio vero nome, ma io non riuscivo in
alcun modo a ricordare il mio, così... Chou vuol dire "farfalla", lo sai?
Huta sorrise benevolo. Quanto voleva bene a quella ragazza! Era ancora triste,
il dolore continuava a consumarla crudelmente ma adesso anche lei opponeva una
resistenza, il giovane non faticò a comprenderlo e ne fu felice.
- Non dovremmo tornare dagli altri, adesso? - domandò.
- Sto bene qui… - Chou stette zitta un secondo. - Va bene, andiamo.
I due giovani si alzarono in piedi, togliendosi la sabbia da i vestiti.
Improvvisamente un rombo preannunciò la venuta di un lieve terremoto, che fece
cadere i due per terra. Il problema era che non accennava a smettere?
- Cosa sta succedendo? - strillò Chou nel tentativo di farsi sentire oltre il
rumore.
- Non lo so! - urlò Huta in rimando, ma proprio in quel momento la risposta
divenne chiara ad entrambi. Mucchi di sabbia si raccolsero in un’unica duna che
si aprì. Dal suolo emersero due esseri con le sembianze di due tori.
- Seclet! Minotaurus! - esclamarono i due giovani all’unisono.
- Grazie, finalmente ho potuto rincontrare mio fratello! - proferì Seclet.
- Cosa?! Vuoi dire che ognuno di noi ha uno dei due Brothers come Spirito
Gemello? - domandarono Huta e Chou, contemporaneamente.
- Huta - chiamò Seclet. - Non suoni più la cetra?
Il ragazzo osservò il toro con un’espressione confusa. - No…Sì…Non ne ho avuta
l’occasione ultimamente.
- Ma cosa state farfugliando? - gemette Chou infastidita, non aveva molta voglia
di parlare con quei due svitati, anche se era gemellata con uno di loro.
- La porti con te, vero? - continuò Minotaurus, ignorando la ragazza. - Suonala.
- Come? - chiese Huta, i due giovani erano sempre più confusi. Nonostante tutto
prese in mano lo strumento. - Cosa dovrei suonare?
- La ninna-nanna - ordinò la Guardian Force.
Rinunciando all’idea di ottenere delle risposte, Huta impugnò la cetra e pizzicò
la prima corda ma la pazienza di Chou si era esaurita già da tempo.
- Non ho intenzione di stare qui un secondo di più - ringhiò. Si sistemò i
capelli e si allontanò. Intanto, però, Huta aveva cominciato a suonare. La
ragazza si arrestò: dove aveva già sentito quella canzone? Lei la conosceva! La
sapeva cantare! Tornò velocemente sui suoi passi e si aggiunse alla voce di
Huta. Era un ninna-nanna per infanti, ma in quell’istante le sembravano le
parole più sensate del mondo.
- La conosci?! - esclamò Huta alla fine della canzone.
- Anche tu!
- Dove l’hai imparata? - aggredì lui.
- Non lo so!
I due stettero in silenzio e si scrutarono sospettosi negli occhi, allora i due
guardiani si sorrisero: - Ben ritrovati, fratelli! - e scomparirono.
- Non posso crederci - sussurrò Huta, dopo che lui e Chou erano rimasti da soli.
- Cosa? - domandò con lo sguardo basso.
- Ho iniziato la mia ricerca giovanissimo… sono anni che la porto avanti…
Chou lo fissò confusa.
- Cercavo mia sorella, che era fuggita dall’orfanotrofio dove eravamo stati
affidati a bordo di una barca. La cercavo e continuavo a cercarla e lei era
sotto i miei occhi!
- Aspetta - lo fermò lei. - Rifletti, non è possibile!
-Come non è possibile? I due Brothers, che si sono divisi tra noi due! La
canzone, ultimo ricordo che abbiamo di nostra madre! Lo stesso fatto che tu e
mia sorella siete fuggite dall’orfanotrofio, lo stesso dove sei cresciuta anche
tu, alla stessa maniera! Queste non sono coincidenze, anche il nostro aspetto è
simile! Gli stessi occhi verdi, gli stessi capelli neri (anche se i tuoi erano
ricoperti fino a poche settimane fa da una massiccia dose di colorante blu e
rosa). Guarda la forma del naso, la forma allungata degli occhi, la carnagione!
Come puoi dire che non siamo fratelli!? Mi domando solo come ho fatto a non
accorgermene prima! Dopo tutti questi anni, in cui ti ho cercata
ininterrottamente non ho intenzione di lasciarti andare!
- Ma Huta - disse Chou con la voce rotta, prossima al pianto, - fratelli? Anzi,
gemelli? Oggi, tutto oggi, io non… non riesco… io non…non…non… - non riuscì più
a continuare. La voce le si spezzò in gola e non riuscì più a proferir parola.
Si limitò a gettarsi tra le braccia del ritrovato fratello e scoppiò in lacrime.
Pianse a lungo e i suoi singhiozzi riecheggiavano per tutta la spiaggia.
- Waaaaaaaaaaa!!! Sob, sob! Huta…Huta, Kensa è morto! Sigh… io non posso
affrontare la battaglia di domani da sola, non ci riesco…
- Chou… - sussurrò Huta, accarezzandole dolcemente i capelli. - Piangi, piangi e
sfogati. Ci sono io vicino a te, e ci sarò anche domani.
La ragazza si attaccò al lungo giaccone del ragazzo. - E’ tutta colpa mia…se
solo non mi fossi allontanata…O se solo non mi avesse seguito, lui sarebbe
ancora vivo!
- No Chou! - esclamò Huta. - Non devi dire così! Kensa si è sacrificato per te,
ha preferito dare la sua vita in cambio della tua, perché era innamorato di te.
Mi stai dicendo che desidereresti essere morta, lasciando lui a sprofondare nel
dolore che ora provi tu?
Chou scosse la testa.
- Su, adesso andiamo a riposarci.
La ragazza questa volta annuì, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
- Grazie di essere mio fratello.
- Ma ti pare! - le sorrise Huta mentre entrambi si avviavano verso
l’accampamento.
- Posso chiederti una cosa, prima di raggiungere gli altri? - sussurrò Chou
quando scorse in lontananza il fuoco acceso dai suoi compagni.
- Solo se in cambio mi fai una promessa - decretò Huta.
- Quale promessa?
- Se ti sentirai di nuovo afflitta correrai subito da me, prima di prendere
qualunque iniziativa.
- Va bene - annuì la ragazza. - Lo prometto!
- Okey. Adesso la domanda.
- Ecco… Ti ricordi il mio vero nome? - bisbigliò Chou in un sussurro appena
percettibile.
- Certo - annuì Huta. - Lo vorresti sapere?
- Sì… ma non voglio usarlo ancora.
- Il tuo nome è Nakaba Ongaku - rispose Huta solennemente.
- Se domani morissi mi piacerebbe che ci fossero entrambi i nomi sulla lapide.
Il suono di uno schiaffo riecheggiò a lungo nel silenzio della notte.
- Avevamo detto basta con i rimorsi. Domani non morirà nessuno! Vinceremo e
torneremo a casa tutti insieme… e magari quel cretino di Sway si metterà con
l’altra miss-allegria.
Chou ridacchiò. - E a dimostrazione del fatto che sono assolutamente certo di
quel che dico… quando torneremo su questa terra e in questo tempo ti racconterò
di nostra madre.
La ragazza annuì, di nuovo seria. - Non moriremo.
I due giovani raggiunsero gli altri SeeD dopo pochi altri minuti e li trovarono
tutti addormentati, tranne Dwale che aveva il suo turno di guardia. Quando vide
Chou e Huta fare ritorno, aspettò che il ragazzo si fosse separato dalla sorella
e poi corse da lei e l’abbracciò. Le due amiche stettero a lungo una abbracciata
all’altra.
- Fatti forza - le ordinò Dwale.
Chou riuscì a sorriderle. - Ho un fratello adesso.
- Cosa?! - esclamò Dwale confusa. - Raccontami cos’è successo questa notte!
- No - disse Chou. - Adesso vai a dormire, ti do il cambio: non credo di
riuscire a chiudere occhi questa notte.
- Perché - le rispose Dwale ironica, - credi che gli altri stiano dormendo là
sdraiati? Chi è sveglio batta un colpo! - esclamò allora.
Un colpo, due colpi, tre colpi, quattro e cinque: sì, erano tutti svegli.
- Fa nulla. Adesso ci sto io a fare la sentinella! Ti racconterò tutto domani,
dopo la battaglia: vinceremo!
Anche gli altri ragazzi udirono le parole della ragazza e ne trassero forza. Sì,
vinceremo! Pensarono mentre Dwale si infilava nel proprio sacco a pelo.
24. Anche io voglio cambiare!
All’improvviso, durante la notte, aveva cominciato a piovere. L’unica soluzione
era stata rifugiarsi sotto il tetto rovinato e consunto della vecchia casa di
pietra.
Non mi sarei mai aspettata un’eventualità del genere pensò Dwale. Erano tutti
svegli e fissavano silenziosamente le gocce d’acqua scendere dal cielo e bagnare
tutto il terreno, rendendolo fangoso.
Il tempo si assottiglia rifletté Dwale rifugiandosi in una nicchia, ma la
pressione sulle nostre spalle aumenta.
Si sentiva molto strana. Come tutti gli altri fino a quel momento aveva avuto
molti pensieri strani, pensieri che andavano ribelli in ogni direzione. Ora se
ne stava lì, con le braccia conserte, a osservare i suoi compagni di viaggio e
amici. Si rese conto solo in quell’istante di non averli mai osservati davvero…
Oh Hyne, come sono stata egoista! Si era sempre concentrata solo su se stessa,
tutto ciò che le accadeva intorno sembrava non riguardarla. Compiangeva quel suo
modo di essere, o meglio, di essere stata. Perché lei non era più la Dwale che
era all’inizio del viaggio. Aveva imparato a combattere bene, si rendeva conto
che i suoi avversari la temevano durante il combattimento. Aveva appreso nuove
tecniche e affinato quelle che già conosceva, ma non solo questo, aveva imparato
ad apprezzare le Materia e non temeva più di usarle perché conosceva la loro
vera forza. Si accorgeva di avere dei compagni. Ma io…cosa ho fatto tutto questo
tempo? Solo in quel momento capiva, solo in quel momento vedeva davvero. Lei era
lì, da sola in un angolo, ma davanti a lei si stagliavano delle scene simili ma
contemporaneamente diversissime a tal punto di sembrare su due universi
completamente diversi. Davanti a lei c’era la sempre splendente Kasumi, che si
puntellava al davanzale di una finestra senza vetri con i gomiti e osservare le
fronde degli alberi piegarsi sotto la violenza del vento. Il suo sguardo vagava
triste, il suo sguardo è sempre malinconico! Rifletté Dwale, cercando solo in
quel momento di formulare un’ipotesi per quel comportamento. Scosse la testa,
non l’avrebbe mai saputo. Loro due non erano amiche, avevano combattuto fianco a
fianco ma non erano amiche: Dwale aveva impedito che lo fossero, solo in
quell’istante se ne dispiacque. Il sentimento che entrambe provavano per Sway
aveva creato una barriera forse insormontabile. No, sono stata io a crearlo!
Dwale si ripromise che, se fossero tutti sopravvissuti alla battaglia, si
sarebbe impegnata ad abbattere quella barriera.
Poco distante da Kasumi, a sonnecchiare con le spalle appoggiate a una parete
ricoperta di muschio, riposava Himitsu. Dwale lo trovava particolarmente
interessante. Era affascinante, e i loro capelli biondi erano così diversi.
Quelli di lui erano bellissimi, dello stesso colore di un campo di grano
lasciato a dorare sotto i raggi del sole. I miei sono così pallidi… sorrise la
ragazza, prendendone in mano una lunga ciocca. Lentamente tornò ad osservare
Himitsu. Era il loro caposquadra ma infondo aveva sempre lasciato agli altri il
compito di prendere le decisioni, correggendoli se sbagliavano. Dwale scosse la
testa ridendo sommessamente, come aveva fatto ad essere così superficiale? La
giovane girò la testa verso sinistra e il suo sguardo s’incontrò con quello di
Krateia, le due si sorrisero un istante prima di immergersi nuovamente nei
propri pensieri. Anche Krateia era più di quel che appariva, era graziosa a modo
suo, meno di Kasumi e più di Chou. I riccioli ramati e gli occhi grandi, i suoi
movimenti maturi e il suo carattere deciso. Anche lei è cambiata molto.
All’inizio a malapena parlava. Mi voltavo e mi accorgevo di fissare una compagna
con cui a malapena avevo mai parlato… ora invece prende parola, interviene, ride
e si arrabbia. Dwale rise di nuovo cercando con lo sguardo i due fratelli, Huta
e Chou. Erano due gocce d’acqua, come avevano fatto tutti loro ad essere così
ciechi? Gli stessi capelli neri, li vedeva ora che Chou si era tolta
quell’eccentrica tintura colorata. Gli stessi occhi verdi allungati, il setto
nasale un po’ largo, le labbra sottili e la mascella ostinata. Erano davvero
uguali, anche nell’atteggiamento. Erano entrambi invadenti e perennemente
allegri, pronti a fare dello spirito, a risollevare il morale. Ora però erano
così tranquilli… felici perché si erano ritrovati dopo tanti anni. Ma intorno a
loro aleggiava anche un’aura di profonda amarezza. Non c’era da stupirsi
infondo, erano passate solo poche ore dalla morte di Kensa. Ne risentivano
tutti. Anche lui, nonostante la sua entrata tardiva nel gruppo, era diventato
necessario. Era come un teatro, tutti erano le maschere necessarie affinché lo
spettacolo andasse avanti. Dwale sorrise, di nuovo. Si sentiva serena, in
quell’alba piena di aspettativa e d’angoscia lei si sentiva serena come non lo
era da tempo. Di fianco a sé c’era Sway. Era inquieto, le braccia incrociate sul
petto. Il sue respiro era molto lento, che stesse dormendo? Dwale si voltò a
fissarlo: non stava dormendo. Stava fissando Kasumi. Dal principio Dwale sentì
la consueta fitta dolorosa al petto, poi, dopo che fu svanita, rimase perplessa.
Quello non era lo sguardo di Sway per Kasumi, uno sguardo che lei conosceva
molto bene. Quante volte li aveva osservati di sottecchi, cogliendo quelle
sensazioni che nemmeno loro percepivano? Di solito Sway posava gli occhi su
quella ragazza dai lunghi capelli castani e allora la sua espressione si
addolciva mentre lui sembrava estraniarsi da tutto il resto. Quello non era il
suo sguardo per lei. Certo, lui l’amava, tristemente per Dwale era palese che in
quegli occhi blu brillasse quel forte sentimento ma… c’era qualcos’altro. Forse…
risentimento? Ma come era possibile? Come si può amare e odiare
contemporaneamente una persona? Si può? Dwale non lo sapeva, ma era certa di
quello che stava vedendo e si sporse in avanti incredula. Con quel gesto attirò
su di sé l’attenzione di Sway, che spostò gli occhi su di lei, un po’
raddolcendoli, e le domandò: - Hai detto qualcosa?
La ragazza scosse la testa. - No, niente. Scusa, ero soprappensiero.
L’affermazione lo fece ridere - E chi non lo è! - esclamò scompigliandosi i
capelli neri. Dwale seguì la sua mano mentre compiva quel gesto. Anche lui è
cambiato moltissimo.
- A cosa pensavi? - le domandò ancora, sorridendo.
- Prova a indovinare - rispose lei, ricambiando il sorriso. Nonostante quel che
ho detto prima…sono davvero cambiata?
- Hai ragione - ammise lui. - Probabilmente solo Kasumi è capace di pensare ad
altro.
- Perché dici così? - volle sapere Dwale, notando la curva amara della bocca di
lui.
- Chi lo sa! - rispose Sway truce. Poi fede una pausa. - ahhhhh, lasciami
perdere! Parliamo d’altro!
No, non sono cambiata. Per niente, sono rimasta uguale identica a prima. Le
stesse fissazioni, le stesse paure, lo stesso carattere chiuso. Perché sono
l’unica a non essere cambiata?
Prese una decisione. Anche io voglio cambiare!
- Hai un coltello? - domandò a Sway. Il ragazzo la fissò sorpreso e scosse la
testa mentre indicava Chou, cullata dal fratello. - Chiedi a lei.
Non ce ne fu bisogno. La ragazza aveva udito la richiesta dell’arma e aveva già
lanciato uno dei propri sai all’amica. - Grazie! - esclamò Dwale prendendolo al
volo, allora afferrò i propri capelli e tagliò via una ciocca, poi un’altra e
ancora un’altra. Di certo il risultato era lungi dall’essere esteticamente
accettabile, ma ci avrebbe pensato in seguito. Ora i capelli le arrivavano sopra
le spalle. Restituì il sai a Chou che, come tutti gli altri, la guardava
sconcertata. Si accucciò e raccolse il nastro che fino a pochi secondi prima le
legava i capelli, se lo passò sulla fronte e lo legò sulla nuca. Fece una
giravolta su se stessa, allegra. Si domandò come faceva ad essere così felice,
sapendo che entro qualche ora lei e i suoi compagni avrebbero affrontato la
morte, ma non poteva farci nulla. Anche io cambierò, come tutti gli altri!
Tornò a sedersi a terra, accanto a Sway e gli sorrise ammiccante.
Kasumi guardava fuori della finestra della vecchia casa di pietra. Il vento le
carezzava dolcemente il viso, dietro di esso la ragazza percepì una gentilezza
che certo non apparteneva al vento. Alle spalle della ragazza anche i suoi
compagni erano inquieti e per qualche secondo sentì, oltre al perenne sguardo di
Sway, anche quello indagatore di Dwale. Dopo alcuni minuti la sentì parlare con
Sway, erano così sereni. Entrambi lo erano, da quanto tempo non accadeva al
giovane spadaccino? Da mesi, probabilmente. Kasumi non si voltò nemmeno quando
la sentì alzarsi in piedi e prendere il sai di Chou, sapeva cosa voleva fare.
- Mpf! - sussurrò senza farsi sentire dagli altri. Come se ce ne fosse bisogno…
quanto doveva ancora crescere quella ragazza! La sentì tagliarsi i capelli corti
e poi tornare al fianco di Sway.
Kasumi si sentì una goccia di pioggia scivolarle lungo la guancia, alzò lo
sguardo al cielo e scosse la testa, contrariata. Non piove più… Le nuvole si
diradarono lentamente scoprendo il nero cielo stellato e lì, nel centro del
firmamento una luna dorata e un tondo cerchio perfetto.
- E’ il momento - sentenziò Himitsu alzandosi in piedi.
- Andiamo - annuirono gli altri e, imbracciate le loro armi, uscirono dalla casa
e raggiunsero la spiaggia.
25. Le Rovine di Omega
Il mare era dello stesso colore del cielo e il riflesso della luna l’illuminava
di riflessi d’oro e d’argento.
- Cosa dovrebbe succedere? - domandò Huta mentre aspettava come tutti gli altri.
- Guarda… - sussurrò Kasumi indicando il mare. Un attimo dopo la luce dell’astro
notturno si allungò e creò un sentiero luminoso che si estendeva lungo tutto il
mare, terminava in una macchia scura all’orizzonte.
- Dobbiamo andare di là? - domandò Krateia indietreggiando esitante.
- Sbrighiamoci allora - esclamò Chou, che fu la prima ad incamminarsi. Subito
dietro la seguirono tutti gli altri.
Qualche tempo dopo raggiunsero il termine del sentiero dorato, davanti a loro
realizzarono che la macchia scura non era altro che il portale per un’altra
dimensione. Ci si gettarono dentro, senza esitare.
Per un istante tutto fu buio, non potevano scorgere nemmeno il più piccolo
bagliore di luce. Ma erano davvero nelle Rovine di Omega? Ogni secondo che
passava più vicini alla fine del loro viaggio, un viaggio così lungo…sembrava
strano fosse passato quasi un anno.
Ci fu un boato, una specie di ruggito alle loro spalle. Si voltarono tutti
insieme: il passaggio si era richiuso, imprigionandoli in quel mondo parallelo.
- Dobbiamo sbrigarci - esortò Himitsu, cominciando a camminare nella più fitta
oscurità.
- Ci siamo tutti? - volle però assicurarsi Krateia, trovando a tentoni la parete
e cominciando a camminare senza staccare la mano da essa. - Non vedo niente.
- Lasciate fare a me - Dwale distese la mano ed evocò la magia della Materia
incastonata nei suoi guanti. - Fire.
La fievole luce della fiammella illuminò i volti dei giovani. - Ci siamo tutti -
rassicurò Huta, accanto alla sorella.
- Facciamo presto - disse Kasumi, ripetendo l’esortazione di Himitsu. - Non
dobbiamo fermarci qui troppo a lungo, il tempo scorre più lentamente che nella
nostra dimensione, rischiamo di fare ritorno e non ritrovare più nessuno che
conosciamo.
Qualcuno sorrise, nell’ombra. Molti di loro avevano perso le persone più
importanti che avevano, altri le avevano appena ritrovate, c’era chi le aveva
vicino a sé e chi non ne aveva mai avute. Nonostante tutto, s’incamminarono
lungo gli stretti corridoi e cunicoli delle Rovine. Tutto era avvolto da un
alone di silenzio, il rumore dei loro passi rimbalzava sulle pareti e ritornava
alle loro orecchie smorzato, ovattato. Il clima caldo umido li irritava
profondamente annullando ogni desiderio di parlare. Tutti i loro pensieri e le
loro forze erano proiettate verso la vicina battaglia. Poi, da lontano, si
accorsero che la luce aumentava, laggiù, dietro l’angolo vedevano brillare una
luce molto intensa. Che Cecir fosse lì? Chou scattò in avanti, per accertarsene,
e gli altri le andarono subito dietro.
- La Strega!! - esclamò Chou, indicando la donna. Era in piedi, dall’altro lato
della caverna, a dividerli un profondo burrone.
- Dovremo attraversarlo sul fondo per poterlo superare… - constatò Krateia.
- Presto! Facciamo presto! - esclamò Dwale, in ansia. Dall’altra parte Cecir,
nel suo sfavillante abito scarlatto e i lunghissimi capelli neri, che scendevano
fino a sfiorarle i polsi, era avvolta da un’aura blu scuro, che si alzava verso
il soffitto come un rogo. Il rogo delle streghe, che però non bruciava loro la
pelle perché non era altro che la manifestazione del loro potere. Ai suoi piedi
potevano scorgere un mostro gigantesco, Omega Weapon, già sconfitto e
sottomesso. A sua volta avvolto dall’aura blu della strega, che stava piano
piano assorbendo il suo essere. La donna si voltò e li vide. Buttò indietro la
testa e scoppiò a ridere beffarda. - E così siete giunti fin qui SeeD, ma vi
manca qualcuno…dov’è il mio cavaliere?
- L’hai ucciso! - ululò Chou, dall’altra parte dello strapiombo.
- Oh, e così è stato lui… - ridacchiò. - Che cattivo ragazzo, fare tutto quel
baccano e rovinare il terreno…poi è così brutto quel cratere in mezzo alla
foresta! - scoppiò di nuovo a ridere. - Ebbene, SeeD, cosa volete fare?
- Ti sconfiggeremo… - sussurrò Kasumi, più a se stessa che agli altri. Solo
Sway, che le era accanto, riuscì a udire le sue parole, pronunciate in un
bisbiglio. Fece un passo in avanti e decise di urlarle: - Noi ti sconfiggeremo!!
- Prima dovrete raggiungermi, SeeD!
- Andiamo - ordinò Huta cominciando a discendere per uno stretto sentierino
scavato nella roccia. Gli altri annuirono e lo seguirono.
- Oh, non così facilmente, SeeD - bisbigliò graffiante, senza smettere
l’assimilazione del potere di Omega. - Prima dovrete sconfiggere loro! - urlò.
Alzò un braccio al cielo e sussurrò delle parole che non giunsero mai alle
orecchie dei ragazzi, che imperterriti continuavano la loro discesa nell’abisso.
- Affrontate il mio esercito!
Ci fu un lampo, il terreno tremò e poi, dalla terra, con strani lamenti
cominciarono ad emergere dei corpi, striscianti. Prima un braccio, poi la testa
seguita da tutto il corpo. Zombie, non-morti. Alcuni di loro erano armati,
possedevano asce o spade e indossavano delle armature, altri sembravano donne
dagli abiti logori, ma anche loro possedevano qualcosa per offendere, qualcuna
di loro delle lance o dei coltelli. Sembravano tutti uguali, i loro visi erano
indistinguibili, rovinati e logorati dalla terra che li aveva conservati,
privati della vita ora non erano altro che delle marionette nelle mani di chi li
aveva resuscitati: la Strega.
- E ora cantate, o miei servi, miei guerrieri, mio esercito!
Lentamente, l’incessante lamento dei non-morti mutò, acquistando una parvenza di
significato, un ritmo, un suono. Kasumi s’arrestò, rabbrividendo. Troppo tempo
era passato dall’ultima volta che aveva udito quell’inno.
- Fithos Lusec Wecos Vinosec… - gridavano. La successione d’amore delle streghe.
- Cos’è questo? - gracchiò Chou osservando i cadavere rianimati avanzare
lentamente verso di loro. Non prestò attenzione al lugubre canto che andavano
intonando.
- E’ il mio esercito, ragazzina! - gridò la strega da lontano, ridendo
sguaiatamente.
- Non sarà difficile eliminarlo… - disse Krateia, facendo un passo avanti e
superando i compagni.
- Cosa vuoi fare? - domandò Dwale. Poi capì. - Va bene, ti darò una mano.
Le due ragazze si posizionarono una al fianco dell’altra, mentre i corpi
putrefatti dei cadaveri avevano cominciato ad avanzare della loro direzione.
Dwale e Krateia stesero le mani in avanti a si concetrarono…
- Life2!! - urlò Dwale.
- Areiz! - evocò invece Krateia, mentre le voci delle due giovani si fondevano
in un solo urlo.
La luce verde, che caratterizzava la magia, avvolse i non-morti ma si fermò a
metà. Un attimo prima di sfiorare i loro corpi, uno scudo invisibile sembrò
proteggerli e la magia rimbalzò indietro. Venendo castata su Krateia e Dwale.
- Hanno Reflex… - osservò Himitsu, caricando le pistole.
- Vorrà dire che dovremmo adottare un altro metodo - ringhiò Chou, esibendo il
proprio Shuriken.
Tutti i ragazzi, uno a uno, imbracciarono le proprie armi e si prepararono a
colpire.
- Hyne…dacci la forza - disse Kasumi gettandosi nella calca. Le lama del Divine
Angel cominciò a rifulgere di una luce cerulea mentre la ragazza faceva roteare
vorticosamente l’asta mietendo i nemici come fossero spighe di grano. Solo dopo
molto tempo si fermò un secondo per riprendere fiato.
- Dunque è questo il Cuore di Pietra… - bisbigliò Sway, scrutando la ragazza da
lontano. In un solo colpo aveva atterrato metà del numerosissimo esercito della
Strega. Sway rivide mentalmente, ancora una volta, i movimenti della ragazza.
Come poteva possedere tanta potenza in un colpo così minuto? Anzi…come faceva a
conoscere quella tecnica? Erano anni che lui studiava e si allenava, il Cuore di
Pietra era l’attacco più potente eseguibile da un Gunblader… perché lui ancora
non l’aveva appresa? Ma sì, era talmente ovvio… Il Lion Heart, il rarissimo
gunblade dalla lama di indistruttibile cristallo azzurro, era quell’arma uno
degli elementi essenziali per poter eseguire il Cuore di Pietra con il
Renzokuken…e lui ancora non la possedeva. Un urlo lo distolse dai propri
pensieri.
- Non è possibile! - aveva urlato Dwale.
- Cosa c’è? - domandò Sway, affiancandosi alla giovane.
- No Sway…… guarda! Stanno resuscitando!
Era vero… tutti i corpi che erano stati colpiti da Kasumi , e anche quelli che
avevano in seguito eliminato Sway e gli altri, avevano cominciato a rimettersi
insieme e ad alzarsi in piedi.
- Cosa facciamo? - domandò Chou.
- Sono le nostre armi… - ipotizzò Huta. - Non sono abbastanza potenti.
- Ormai è tardi per pensare a questo - esclamò Himitsu freddo, ma intanto
rivolse lo sguardo verso Kasumi. Gli occhi dei due giovani s’incrociarono.
“Cosa ti aspetti che faccia?” domandò Kasumi muovendo solamente le labbra.
Himitsu scrollò le spalle. “Quello che devi”
“Non dipende da me”
- Dividiamoci! - urlò allora Himitsu. Dobbiamo trovare il modo per sconfiggerli!
I giovani si allontanarono e ricominciarono ad attaccare i non-morti,
separatamente. Era una battaglia assurda, apparentemente inutile. Per quanti
corpi potessero cadere a terra, dopo pochi istanti si rialzavano ancora più
agguerriti di prima.
- Tutto ciò… è frustrante - gemette Dwale, colpendo un cadavere con un montante.
Gli altri non lo ripeterono, alcuni neppure udirono il lamento della ragazza,
però tutti pensarono la stessa cosa.
Se solo…
Se solo…
Se solo…
Se solo…
Se solo…
- Se solo avessi un’arma un po’ più forte!!
Il tempo si fermò.
O meglio, sembrò fermarsi. In realtà tutto continuava a scorrere proprio come
aveva sempre fatto, eppure c’era qualcosa di diverso. I ragazzi si fermarono a
metà del gesto che stavano facendo. Huta rimase immobile, con la Buster Sword
conficcata nel terreno, Dwale non mosse più un muscolo rimanendo con un braccio
piegato e pronto a colpire il bersaglio, a Chou sembrò di levitare per un
istante in aria prima di posare i piedi per terra. Cosa stava succedendo?
Sway si guardò intorno, tutti i suoi compagni erano nelle sue stesse condizioni,
ma cosa significava tutto ciò? Si sentì le braccia più pesanti e si guardo le
mani. Quella non era l’elsa della sua spada. Le piccole ali d’argento, la lama
di cristallo azzurro… Non poteva essere… ma quella era proprio il…
- Il Lion Heart! - urlò.
I suoi compagni si voltarono a fissarlo, stupefatti. Seguendo il suo esempio
guardarono ciò che in quel momento stringevano tra le mani.
- Premium!! - urlò Dwale.
- Save the Queen?! - Krateia.
- Con… Conformer! - Chou.
- Crime Penality… - Himitsu.
- Cos’è successo? - domandò Krateia soppesando l’arma tra le mani. -
All’improvviso hanno mutato forma…
- Con queste potremo batterli!! - gridò Huta in preda al giubilo. Dal nulla,
sebbene un secondo prima non lo sapessero, in quel momento, da alcuni secondi,
ciascuno di quei ragazzi aveva appreso qualcosa di nuovo… qualcosa che per Huta
si chiamava Omnislash, che da solo riuscì ad eliminare più della metà dei
non-morti. Anche tutti gli altri lo imitarono. Un attimo dopo tutti i cadaveri
erano immobili al suolo.
- Ce l’abbiamo fatta? - azzardò Chou.
- Così pare - Kasumi sorrise, asciugandosi il sudore dalla fronte. Faceva fatica
a controllarsi e i combattimenti la stancavano.
Senza attendere un secondo di più, attraversarono il fondo del burrone e
ricominciarono lentamente a risalire lungo la parete opposta.
Mancava pochissimo, ormai riuscivano a sentire l’aura di Cecir premere sulle
loro spalle. Sembrava che da solo l’enorme potenza della strega potesse
respingerli.
- Manca poco! Forza! - Dwale tese la mano a Chou e l’aiutò a superare l’ultimo
ostacolo. Finalmente erano al cospetto della donna e dell’arma.
- Siete un po’ in ritardo, SeeD - ghignò Cecir. - Vi è piaciuto il mio esercito?
- Taci - sibilò Chou tra i denti.
La Strega non rispose, ma volse il suo gelido sguardo sulla ragazzina.
Sorrideva.
- Attacchiamo - esortò Sway. - Dobbiamo farlo prima che termini di assimilare
Omega.
Giusto, Omega. Kasumi abbassò lo sguardo sull’immensa creatura: ormai era allo
stremo delle forze. Le sue membra erano abbandonate per terra immobili, a tratti
il suo corpo veniva percosso da qualche breve spasmo. Presto avrebbe esaurito
tutta la sua energia. Dovevano sconfiggere quella donna, che li guardava con
quello sguardo distaccato e compiaciuto alla stesso tempo, e dovevano farlo in
fretta. Doveva attaccare, bastava facesse come aveva sempre fatto. Proprio come
stava facendo Sway, infondo, sperimentando l’appena appreso Cuore di Pietra.
Quando mai assisterò ad uno spettacolo come questo? pensò Kasumi ammirando
sorridente il giovane e le scintille infuocate provocate dalla sua lama. Kasumi
strinse l’asta del Divine Angel. Perché all’improvviso si sentiva senza forze?
Anzi, non era così: non riusciva proprio a muovere nemmeno un muscolo. Le dita
delle sue mani erano bianche lì dove stringevano l’arma. Perché non si muoveva?
- Perché combatto? - bisbigliò stringendo i denti. Sentì Huta attaccare la
strega.
Kasumi alzò di scatto la testa. Dov’era Himitsu? La ragazza era convinta che
solamente il giovane potesse darle una risposta. Ma lui non era accanto a lei.
Era laggiù, lontano, dall’altra parte della sala: era il suo turno di attaccare
la strega. Kasumi era sola in quel momento, in quel luogo ed era la sola su cui
fare affidamento: solo se stessa. Non era convinta di potercela fare, ormai non
sapeva più come attingere al coraggio dentro di sé. Senza volerlo, tornò a
fissare le proprie mani tremanti. Qualcosa doveva scuoterla, altrimenti non si
sarebbe mossa di lì.
26. Lontano da guerra, morte e magia…
- Dove sono?
Si era svegliato disteso su un letto. Dove si trovava? Non conosceva quel luogo,
ne era sicuro… fece scivolare i piedi fuori dal letto e si alzò in piedi. Provò
a guardarsi un attimo intorno, niente in quella stanza riusciva ad essergli
famigliare. Si lasciò cadere sul letto e provò a fare mente locale. Cosa gli era
successo?
Tutto, tutto, tutto, fu travolto dai ricordi come da un vortice violento. Ma
anche così non riusciva a capire in che modo fosse arrivato laggiù.
Distrattamente percepì delle voci. Erano reali o le aveva solamente immaginate?
Di nuovo.
No, non erano frutto della sua immaginazione: c’era qualcun altro in quella
stanza. I rumori provenivano dalla stanza attigua a quella in qui si trovava
lui. Si avvicinò alla porta senza fare il ben che minimo rumore. Non gli fu
difficile farlo.
Accostò l’orecchio al legno della porta. Chi erano quelle persone? Ascoltando le
loro voci dedusse che fossero due. Due donne, una di loro era giovane, molto
giovane. Non come lui ma ancora nel fiore dell’età: forse una trentina d‘anni.
La voce dell’altra donna invece era più bassa e un po’ roca. Probabilmente una
vecchia.
Ma chi era lui per loro? Le conosceva? O forse loro conoscevano lui… domande che
non avrebbero mai avuto risposta se continuava a starsene lì impalato. Spalancò
la porta senza fare rumore ed entrò nella stanza che riconobbe come una cucina.
Le due donne erano sedute al tavolo in mezzo alla stanza, poste una di fronte
all’altra. La donna giovane gli dava le spalle, la vecchia invece lo vide subito
appena entrò.
La donna sorrise rivelando parte della sua bocca sdentata. - Guarda Laael, si è
svegliato - disse afferrando distrattamente una ciocca dei propri capelli grigi.
- Cosa? - la donna di nome Laael si voltò di scatto. Era molto bella, a modo
suo. Era altissima, quanto lui. Noto la lunga treccia di capelli fulvi che le
ricadeva sul petto mentre i suoi occhi verdi lo fissavano curiosi e sorpresi.
Laael sorrise. - Come ti senti?
- Sto… bene - rispose lui confuso. Parlando, la gola gli fece male.
Involontariamente si massaggio delicatamente il collo con una mano.
- TI fa male perché hai dormito per due mesi - informò la vecchia, osservandolo.
- Già - assentì Laael. - Credevamo che fossi in coma, ormai!
Rimasero in silenzio. Nessuno di loro sapeva come dire tutto ciò che passava
loro per la testa. Fu Laael a rompere quell’attimo colmo di tensione.
- Hai un braccio fasciato - disse indicando la medicazione.
Sì, l’aveva notato.
- Anche il busto è fasciato - continuò lei imbarazzata. - E poi ti abbiamo
steccato una gamba.
Lui annuì. Apprezzava lo sforzo della donna di fare conversazione, ma non sapeva
proprio cosa poter rispondere. Appena Laael finì di parlare provò a domandare:
- Che posto è questo?
Vide Laael sorridere contenta e aprire la bocca per rispondere. La vecchia però
interruppe entrambi.
- Giovanotto, un po’ d’educazione! Dì un po’, prima di cominciare a fare domande
in casa d’altri non sarebbe meglio presentarsi? - sbottò contrita. - Ma come gli
educano i giovani d’oggi… mah!
- Avete ragione. Chiedo venia. Il mio nome è Kensa Suru.
- Io sono Laael Drenel - la donna ridacchiò divertita. Probabilmente dallo
strano linguaggio adottato dal giovane.
- Ghiv Drenel - si presentò la vecchia con un gesto della mano. - Ti trovi a
casa nostra.
- Sì, ma… dove di preciso? - tentò ancora il giovane.
- Nella cittadina di Lowtroohn.
Kensa non riuscì a impedirsi di levare gli occhi al cielo. - Ma dove?!
- Figliolo sei un disco rotto! Smettila con questi “dove! Dove! Dove!” non siamo
mica al circo!
- Zia, calmati - intimò Laael alzandosi in piedi. - Credo che il signor Suru
voglia conoscere tutta la storia dall’inizio.
Il giovane annuì speranzoso. - Non mi chiami Signor Suru. Prego, non siamo così
formali.
- Bene - sorrise Laael invitandolo a tornare nella propria stanza. - Vieni Suru,
ti racconterò tutta la storia… anche se in realtà non c’è molto da raccontare!
Kensa seguì la donna attraverso la stanza. Uscirono da una porta laterale che
prima non aveva notato e, dopo aver attraversato un lungo corridoio uscirono
all’aperto.
- Questo è il nostro giardino - annunciò Laael orgogliosa, indicando i fiori che
crescevano rigogliosi. - Ma prego, siediti da qualche parte: sulla panca o sulle
sedie. Sarai comunque affaticato.
Kensa si avvicinò alla panca di legno. Dopo pochi istanti ci si sedette sopra.
- Ti abbiamo trovato due mesi fa. In realtà ti ha trovato mio zio. La notte
prima avevamo visto un enorme lampo, o qualcosa del genere, cadere un po’
lontano, nei boschi. In realtà non ce ne siamo preoccupati, ma appena sorto il
sole ci è sembrata una buona idea andare a controllare.
- Cosa avete trovato? - domandò Kensa. Sospettava infatti che il fulmine
intravisto da Laael e i suoi zii altro non fosse che il risultato
dell’esplosione del suo Hyperion durante l’ultimo combattimento. A proposito,
chissà dov’era finito il suo gunblade.
- Nulla - fu la risposta, accompagnata da un’alzata di spalle. - Lo zio non è
mai arrivato a destinazione: a metà strada trovò te con metà delle ossa
distrutte e senza sensi…
- E quindi?
- Beh, cosa pretendevi che facesse? - esclamò Laael. - Ti ha caricato in spalla
e ti ha portato qua! Io e zia ti abbiamo curato proprio per benino! Ma, davvero,
non credevamo dormissi così a lungo. Avrai fame, vero?
Kensa sorrise alla donna. Il cibo era stato uno dei suoi pensieri dal momento in
cui aveva aperto gli occhi.
- Vieni dentro, ti preparo la cosa più sostanziosa che abbiamo! - rise la donna,
accompagnandolo nuovamente in cucina.
- Avete già finito? - gracchiò la vecchia quando li vide riapparire.
- Si zia - rispose Laael trafficando con le pentole.
- Allora fammi un favore, cara: accendimi la radio. Sta iniziando la
trasmissione da Timber sulle notizie.
- Lo faccio io - si offrì Kensa sintonizzando lo strumento sul canale giusto. -
C’è qualcosa di speciale da sentire?
- Ma come, non lo sai? - ridacchio Laael esterrefatta. - In questo momento
alcuni SeeD di Balamb stanno combattendo contro la strega.
- Quella lurida, sporca, schifosa cagna di una Strega - la vecchia sottolineò il
proprio disprezzo sputando in un angolo. - Un tempo era pure la regina di
Centra, lo sai, ragazzo?
- Ho sentito qualcosa a riguardo… - riuscì a borbottare Kensa. Quindi erano già
passati due mesi? Da due mesi stavano combattendo incessantemente contro Cecir?
Come poteva essere possibile? Provò a chiederlo.
- Cecir? - ripeté la vecchia. - Chi mai chiama quella puttana per nome? Non
sarai mica una sua spia!?
Kensa scosse la testa tristemente. -Perché nessuno la chiama per nome?
- Non si fa e basta! - grugnì la vecchia. - Mi chiedi come fanno a combattere
per due mesi… ma chi credi che sia io, il preside del Garden? Non sappiamo
niente noi poveri mortali! - sputò di nuovo.
- Zia, calmati - suggerì Laael servendo da mangiare a Kensa.
- Hai ragione - le concesse. - Me ne vado a letto: questo gagliardo giovanotto
mi irrita terribilmente - e se ne andò sbattendo la porta.
- Non farci caso. Fa sempre così - gli confidò la donna. - E’ solo infastidita
dal fatto che ci nascondano le cose.
- In che senso? - domandò Kensa, tra un boccone e l’altro.
- Ci hanno avvertito dei fatti riguardanti la Strega solo il mese scorso… -
spiegò Laael. - Quel demone ha rasato al suolo due città al nord, una a Trabia e
una a Galbadia… E noi non capivamo neppure perché! Tutti avevano dei sospetti,
in fatto a catastrofi, si pensa per prima cosa sempre alle streghe… Comunque… -
sospirò e non concluse la frase. - No, niente.
- Cosa c’è? Dimmi - la spinse Kensa.
Laael stette in silenzio ancora un istante. - Come possono solo sette ragazzi
determinare il destino di un mondo intero? Dei ragazzini poi…
- Non sono solo dei ragazzini! - gridò Kensa rovesciando il piatto a terra. -
Sono forti, sono determinati e sanno quello che fanno. Sono giovani, certo, e
questo non giustificherebbe alcun loro errore… errori che non compiranno. Sono
più validi di molti adulti che conoscono e da soli hanno sconfitto avversari che
non hanno nulla da invidiare alla strega! Come Leviathan ad esempio!
Laael rimase interdetta un istante. Poi sorrise.
- Da questo dovrei supporre che li conosci… dimmi chi sei, ragazzo. Sono
curiosa. Raccontami tu una storia questa volta.
Rimasero fermi a fissarsi a lungo. Kensa non voleva mettersi a raccontare la sua
vita e nemmeno quella degli altri. Però forse avrebbe dovuto. Laael e i suoi zii
gli avevano salvato la vita, lo avevano accolto in casa e… sì, da una parte
glielo doveva. Dall’altro provò il desiderio di far conoscere almeno a qualcuno
la loro storia. Kensa non nutriva dubbi riguardo alla vittoria di Chou e degli
altri ragazzi, ma poi come avrebbero fatto conoscere la loro storia? Attraverso
la radio? I Media? Dovette reprimere una risata. Sarebbe stato tutto stravolto,
per questo cominciò a raccontare la sua storia, cominciando dall’inizio, e piano
piano cominciò ad introdurre anche accenni alle storie degli altri. Il sole
tramontò molto prima che il giovane terminasse il proprio racconto.
27. The Fallen Angel
Sangue. Fatica. E ferite. Per quanto tempo ancora sarebbe durata la battaglia?
Ma, soprattutto, quanto ancora sarebbero durati loro? Ormai le forze stavano per
abbandonarli e anche la determinazione che all'inizio aveva tanto animato i
giovani stava scomparendo. Era troppo potente. Quella strega che con tanto
ardore detestavano e volevano vedere morta sembrava immortale. Da quando era
cominciato lo scontro non aveva provato a schivare nemmeno uno degli attacchi
dei SeeD, eppure non riportava la ben che minima ferita. Nemmeno un graffio: per
lei il tempo sembrava non essere passato. Non aveva subito il più piccolo
mutamento dal momento in cui l'avevano vista, ormai più di un'ora prima. Non un
capello si era mosso, non un lembo del vestito si era strappato, non una goccia
si sudore le aveva imperlato la fronte. Solo l'aura del potere di Omega
continuava a diminuire, inevitabilmente, mentre quello di Cecir cresceva sempre
di più. Cosa potevano fare ancora? Erano feriti, perché talvolta gli attacchi
che sferravano tornavano loro indietro, ma non esausti. Il problema non
consisteva nelle condizioni in cui vigevano i ragazzi, quanto piuttosto quelle
del loro avversario: dovevano trovare il suo punto debole, altrimenti sarebbero
rimasti laggiù per sempre. O meglio, fino a che la Strega avesse finito di
assorbire Omega.
The Fallen Angel, è la vostra unica possibilità!
NO!
- Sono stufa di vedervi muovere indaffarati come formichine, SeeD - disse
all'improvviso Cecir, volgendo lo sguardo su di loro. - Andatevene, altrimenti
vi caccerò io stessa.
- Provaci! - ringhiò Sway alzando minaccioso il Lion Heart.
- Cominciamo da te soldatino? - disse la strega con un sorriso velato che le
scopriva i denti bianchissimi. - Molto bene.
La donna levò un braccio verso l'alto. La sua aura vibrò e per un secondo
diventò di un intenso color ghiaccio. Una spirale di brina si arrampicò su di
lei come un serpente, partendo dal terreno le circondò dapprima le gambe, il
busto ed infine si concentrò sul suo palmo alzato.
Cosa stava facendo?
Sentirono il rumore proprio dell'acqua che si solidifica ed eccola là,
minacciosa sopra la testa della Strega una lancia di ghiaccio. Il suo volto era
inespressivo mentre la scagliava contro Sway.
- Dwale! - Sway s'accucciò a terra reggendo la compagna tra le braccia.
- Stai bene, Sway? - domandò la ragazza levando gli occhi sul giovane. Cercava
di non guardare la lancia che le aveva trapassato una spalla.
- Stupida! Cosa credevi di fare? - gridò Sway cercando di estrarla.
- Non lo fare... - intimò Dwale in un bisbiglio sofferente. - Non credo che mi
farebbe molto bene...
- Ha ragione. Sway, portala via.
Il giovane alzò lo sguardo verso Kasumi.
- E' un ordine?
- No, solo un consiglio. Mettetevi al riparo e comincia a curarla. - Kasumi
s'inginocchiò accanto ai due ragazzi. - Dwale, sei forte, vero? Non morirai,
vero?
Dwale le sorrise. Faticosamente le prese una mano e la strinse. - Non morirò.
Le due giovani si fissarono intensamente. Il loro rapporto, misto di amicizia e
rivalità in quel momento aveva escluso tutti i contrasti. Nonostante ciò però,
Kasumi sussurrò delle parole all'orecchio dell'amica: - Adesso siamo pari, vero?
Dwale le ammiccò debolmente mentre Sway la trascinava via. La mente rievocò il
ricordo della battaglia che precedeva l'incontro con Huta. Mpf... hai ragione,
siamo pari.
- Che cosa toccante - commentò Cecir, che fino a quel momento era rimasta in
silenzio ad osservare la scena. - Quasi quasi vi lascio in vita solo per vedere
come va a finire!
- Prima di interessarti della vita degli altri dovresti pensare alla tua! - urlò
Chou attaccandola alle spalle. Lo shuriken della ragazza però si limitò a
colpire la barriera evocata dalla strega per poi rimbalzare indietro.
- Sciocca ragazzina, non vedi che è completamente inutile?
Il The Fallen Angel! Vuoi forse che muoiano tutti?
NON LO FARO'!
- Cecir non avere troppa fiducia in te stessa, riusciremo a batterti!
- E come? - domandò la Strega, sinceramente incuriosita. - Io sono la strega,
ricordi? Nessun attacco umano potrà sconfiggermi!
-Allora prova questo! Aiutaci Diablos, principe dei demoni!
- Himitsu, cosa stai facendo? - domandò Krateia fissando sbalordita il demone
fare la sua comparsa avvolto da una nera nuvola di pipistrelli.
- La attacco con qualcosa di non umano, no?
- Non funzionerà mai! - esclamò Kasumi, immobile.
Evoca il The Fallen Angel, i Guardian Force non hanno il potere necessario per
affrontare la strega!
TROVERO' UN'ALTRA SOLUZIONE!!
- Non ditemi che vi avevo sopravvalutato, SeeD - disse la strega allontanando
con un gesto della mano il polverone provocato dall'attacco di Diablos. - Non
pensavate davvero di potermi sconfiggere così!
Detto questo incrociò le braccia sul petto e fissò Himitsu. Il giovane venne
avvolto da una specie di guscio seminvisibile. Quando questo scomparve egli
cadde a terra senza un gemito.
- Himitsu!! - strillò Kasumi gettandosi accanto al giovane.
- Ho la pelle dura - biascicò il SeeD tossendo sangue. - Auch... credo si sia
rotto qualcosa... dentro... ma che razza di attacco era?
- Himitsu! - ripetè Kasumi cacciando indietro le lacrime.
- Piangi? - domandò lui con un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca.
- Non sto piangendo!
- Ehi moretto... - chiamò Himitsu rivolgendosi ad Huta. - Portami via di qui...
- Cosa? - esclamò Huta spostando lo sguardo da lui alla sorella. - Ma così Chou,
Kasumi e Krateia rimarranno da sole!
- Se è questo il tuo problema - s'informò la strega poco lontano da loro. -
Allora farai meglio ad allontanarti... tutt'al più per curare te stesso!
- Cosa? - disse Huta senza capire nemmeno chi aveva parlato. - Ma io non sono
ferito! ARGH!!
Nel momento preciso in cui aveva terminato la frase gli era comparsa una
profonda lacerazione sul braccio. La ferita partiva dalla spalla e scendeva giù
giù fino al polso. - Che diavolo...
- Sei soddisfatto adesso? O forse preferisci che la prossima volta ti colpisca
direttamente alla testa?
E tu? C'è soddisfazione in te? Non hai alternative: evoca il The Fallen Angel o
tutti moriranno!
Ma...
Fallo!
NO!!
- Credo che sia il mio turno adesso - riprese Cecir. Lentamente la figura di
Omega si dissolse davanti agli occhi increduli di Kasumi, Chou e Krateia. -
Siete sorprese?
- No - azzardò a rispondere Krateia fissando astiosamente la strega.
- Davvero? Le vostre facce dicono il contrario...
- Come mai così all'improvviso sei diventata così in vena di chiacchere? -
domandò Chou a denti stretti.
- Oh ma è semplice: adesso sono invincibile! Il potere delle Guardian Force
superiori ormai è in mio possesso! Per questo posso permettermi di fare salotto
qui con voi - scoppiò a ridere.
Sentito? Adesso è invincibile... The Fallen Angel...
- Sapete una cosa? Mi sento buona... credo che potrei anche permettervi di
diventare mie seguaci.
- MAI! - gridarono le giovani.
- E' un vero peccato... questo vuol dire che dovrò uccidervi tutte e tre.
Cominciamo... da te forse? O da te? - ammiccò verso Krateia e Kasumi. - No.
Certamente no: sarai tu la prima, vero bambina?
Chou non abbassò lo sguardo e continuò a fissare con aria di sfida la Strega
dritta negli occhi.
- Tu, che mi hai privata del mio cavaliere. Del mio amante. Uhuh... Te l'aveva
detto questo?
- Si! - gridò Chou correndole contro.
- No, Chou! - cercarono di fermarla le compagne. La ragazza però non diede loro
ascolto e alla fine giacque a terra priva di sensi, respinta violentemente da un
onda di pura magia.
- E' viva - le rassicurò Cecir con un sorriso meschino. - Ho cambiato idea: lei
sarà l'ultima a morire. Desidero far soffrire colei che si è appropriata delle
mie cose! In fin dei conti... sarete voi le prima a morire. Dovreste essermene
grate: probabilmente soffrirete di meno!
L'hai sentita? The Fallen Angel!
Non posso!
Devi!
Potrei perdermi!
Non questa volta.
- Ho capito - disse Kasumi facendo un passo in avanti.
- Aspetta! - la fermò Krateia trattenendola per un braccio. - Che cosa vuoi
fare?
Kasumi si voltò verso l'amica. - Ascoltami Krateia, adesso stai per vedere il
potere. Temilo ma non scappare, per questa volta. E... non raccontarlo.
- Aspetta! - ripeté Krateia, ma Kasumi si era già allontanata da lei. Adesso non
distava che pochi passi da Cecir.
La donna scrutò la giovane negli occhi. - Oh, adesso capisco - disse. - Cosa ci
fai qui? Chi ti ha mandato?
- Non sono affari tuoi - rispose Kasumi freddamente, levando entrambe le braccia
sopra la testa. Sembrava prepararsi a evocare una Guardian Force ma tutto
sembrava così diverso dal solito! I simboli arcaici che solevano circondare gli
evocatori apparivano neri come il carbone e pareva essersi levato uno strano
vento mistico, anche laggiù, in quella caverna senza uscite.
- Una Guardiana?
Da quel momento in poi calò un silenzio colmo d'angoscia. Solo tre persone
assistevano alla scena: Krateia, Cecir e Kasumi. Poi qualcosa cambiò ma così
lentamente che Krateia non si rese nemmeno conto che era mutato. Kasumi, la sua
compagna, la sua amica, non c'era più: al suo posto era apparsa quella stessa
ragazza che avevano incontrato durante lo scontro con il Leviatano. Era Kasumi,
certo, eppure non era Kasumi. Anzi, se guardava con attenzione si rendeva conto
che in quel momento la giovane era cambiata in maniera ancora più marcata. I già
lunghi capelli castani ora le si riversavano sulla schiena come una cascata, ed
erano diventati neri come la pece. Di nuovo il Divine Angel si trasformò in
katana.
- Kasumi... - sussurrò Krateia esitante. - Sei tu?
La ragazza si voltò. I suoi lineamenti si erano affilati, ma questa volta la sua
espressione era rimasta quella di sempre e la fissava con i consueti e limpidi
occhi azzurri.
- Adesso sono io - sorrise la ragazza.
- Cos'è successo? - strillò Cecir terrorizzata.
- Fai bene a temermi, strega! Mi riconosci? No, come potresti - rise. - Però
riesci a intuire chi ti trovi davanti!
- Come può essere che qui...solo le... The Fallen Angel...
- Ahahahahah ti cosa ti stai stupendo? Non riesco a capire - disse Kasumi
puntandole contro la punta della katana. - Ma non preoccuparti troppo, sono quel
che pensi solamente per metà. Questa è un'occasione speciale.
- Qualcuno vuole spiegarmi cosa sta succedendo? - strillò Krateia
intromettendosi nel discorso.
- Guardami bene, amica mia - ordinò Kasumi. - Questo ti porterà un passo più
vicino per capire la mia identità, ma dovrai tenertelo per te.
Detto questo Kasumi spalancò le due enormi ali nere che le erano spuntate sulla
schiena e si lanciò sulla strega. In un istante la colpì un numero infinito di
volte, alla fine sia lei che la strega di accasciarono al suolo.
Dopo un lungo momento la polvere scomparve e nessun rumore osò infrangere il
sacro silenzio che vegliava quel momento, in cui la potentissima strega si
trovava a terra privata di ogni forza. Il bellissimo vestito rosso era macchiato
di nero e di grigio in più punto, gli orli erano strappati e i lucidi capelli
d'ebano non erano altro che i rovi di un cespuglio di more. La donna ebbe uno
spasimo e vomitò a terra una gran quantità di sangue.
- Non posso morire... io non posso morire... -farfugliò Cecir. - Non posso
morire prima di...
- Lo so - le sibilò Kasumi, tornata al suo aspetto normale, all'orecchio. - Io
sono qui per questo.
- Va bene - sorrise la strega appoggiando la testa sulla spalla della ragazza. -
Buona fortuna.
- Non ne avrò bisogno.
- Mpf! Lo credevo anche io però... sappilo! Questo non è un dono: è una
maledizione. Una maledizione che finirà solo con la fine del mondo.
- Kasumi!! - Krateia raggiunse l'amica nel preciso istante in cui Cecir esalò
l'ultimo respiro: non era riuscita ad udire quello che si erano dette le due. -
E' morta?
- Sì.
- Kasumi... quello che è successo prima... - cominciò Krateia.
- Non è successo nulla - la zittì l'altra. - Adesso andiamo dagli altri.
La giovane osservò Kasumi allontanarsi di schiena, nella mano destra stringeva
il Divine Angel mentre con la sinistra cercava di impedire alla maglia,
strappata sulla schiena, di caderle a terra.
Aveva visto bene? A Kasumi erano spuntate due ali d'angelo che le avevano
lacerato la maglietta... erano davvero ali, o era solo un'illusione? Due ali
nerissime dello stesso colore che avevano assunto i capelli della ragazza. Ma
cosa le era successo in realtà? Anzi, cosa le accadeva? Tutti loro si erano
accorti delle stranezza di Kasumi ma avevano preferito ignorarle, certi che un
giorno gliene avrebbe parlato lei stessa... adesso però Krateia sapeva che non
sarebbe mai successo. Kasumi non era chi tutti loro credevano, ma il problema
era che lei non glielo avrebbe mai confidato!
Chi era Kasumi Megami? Da dove veniva? Si erano mai posti interrogativi del
genere? Ovviamente sì, ma si erano mai dati delle risposte? Le avevano mai
pretese? Personalmente Krateia avrebbe aspettato: non raccontò mai di propria
iniziativa quello cui assistette il giorno della battaglia contro la Strega
Cecir. Alla fine, però, tutti i nodi vengono sempre al pettine.
28. La fine dell'inizio
Dal principio non se ne erano accorti, ma nel preciso momento in cui Cecir aveva
chiuso gli occhi esanime, la terra aveva cominciato a tremare e lentamente le
Rovine di Omega avevano iniziato il loro veloce disfacimento.
Kasumi e Krateia avevano trascinato Chou dagli altri mettendosi a vicenda un
braccio della ragazza dietro le spalle. Appena ritrovate con il resto della
squadra rimasero molto colpite dal fatto che nessuno di loro riportava ferite, o
meglio, riportava ancora ferite. Nemmeno i ragazzi seppero dare una spiegazione,
asserendo semplicemente che pochi minuti prima, nello stesso momento, si erano
resi conto di non sanguinare più e di aver recuperato tutte le forze. Le uniche
tracce che rimanevano della battaglia erano cicatrici che sembravano poter
risalire a parecchi anni prima.
Appena apparve la prima crepa nella parete rocciosa, i giovani balzarono in
piedi e cominciarono a correre velocemente verso l'uscita, percorrendo a ritroso
la strada che avevano fatto per arrivare fin lì. Con la scomparsa della strega e
di Omega, i SeeD erano sicuri che il collegamento tra le Rovine e Centra si
fosse riaperto e sarebbe rimasto lì fino alla completa disfatta delle rovine. Ma
dovevano sbrigarsi: non avevano un attimo da perdere.
Kasumi affidò Chou a Huta, che corse avanti agli altri trasportando la sorella
semicosciente sulla schiena. Dopo di lei corsero Himitsu e Krateia, seguiti da
tutti gli altri. Rimaneva solo Kasumi come chiudi-fila, si teneva un po' più
indietro rispetto agli altri in modo da assicurarsi che non rimanesse indietro
nessuno, senza pensare che era proprio lei quella che poteva rimanere indietro.
Il portale! Finalmente... pensò quando scorse in lontananza i colori cangianti
del passaggio. Osservò mentre veniva attraversato da Chou e Huta, Himitsu e
Krateia. Ancora pochi passi e saremo tutti fuori... e intanto il costante rombo
all'interno della caverna continuava ad aumentare mentre massicci pezzi di
roccia si staccavano dal soffitto e finivano in frantumi al suolo.
All'improvviso ci fu un rumore simile ad un fulmine, che riecheggiò per tutte le
rovine rimbalzando sulle pareti per alcuni secondi, quando la terra non solo non
smise di tremare, ma si divise in due creando un enorme baratro che avanzò
zigzagando, senza una direzione, come una saetta.
Kasumi urlò nel momento in cui si sentì cadere, quando le venne a mancare il
terreno sotto i piedi. Ancora qualche attimo e sarebbe precipitata in quel
baratro senza fine. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stata questa, la fine?
In realtà la caduta non sarebbe durata che pochi istanti: il suo corpo avrebbe
rimbalzato sulle rocce provocandosi profonde lacerazioni e lividi su tutto il
corpo. Da quel momento non avrebbe dovuto attendere a lungo la morte. Infondo,
moriranno tutti un giorno... Ma forse quello non era il suo giorno!
- Kasumi!! - sentì solo gridare mentre qualcuno le afferrava il polso sottile.
La ragazza colpì duramente l'addome contro la roccia ma non precipito, chi la
stava tenendo non aveva intenzione di lasciarla e la stringeva così forte che
quasi le bloccava la circolazione del braccio. Kasumi provò ad alzare il viso e
vedere chi l'aveva salvata, ma alcune schegge le erano entrate negli occhi e non
riusciva ad aprirli. E non ce ne fu nemmeno bisogno. Passato quell'attimo di
terrore e ripreso il controllo su di sé non ebbe alcuna difficoltà a riconoscere
la mano che la stringeva. Il suo calore. Allo stesso modo, non ebbe nessuna
esitazione a riconoscere il respiro affannoso di Sway sui suoi capelli.
- Cosa fai, sciocco? - tossì. - Scappa, vattene, veloce! - ma contemporaneamente
strinse a sua vola il polso di Sway, per non scivolare.
- Sarei davvero "sciocco" se facessi quello che mi stai dicendo - ringhiò lui
tentando di trascinarla via dallo strapiombo.
- La verità è che non vuoi vedere la verità intorno a te - sospirò debolmente la
ragazza aggrappandosi anche all'altro braccio che le veniva porto. Quando fu di
nuovo al sicuro sulla terraferma, la giovane provò ad alzarsi in piedi, ma Sway
la bloccò a metà del gesto per stringerla a sé.
- Sei proprio uno sciocco, eh, Sway? - bisbigliò la ragazza circondando la
schiena del giovane con le braccia.
- Kasumi - disse lui con enfasi - anche se non mi ami o non puoi farlo, io provo
per te un sentimento molto profondo e non ho intenzione di lasciar morire né te,
né lui: per nessuna ragione al mondo.
- Quello che tu ti rifiuti di capire è che devi solo dimenticarmi: non c'è
nient'altro da fare. E poi non sei l'unico ad amare. Anche Dwale è legata a te
da un sentimento che va ben oltre la solida amicizia.
Kasumi sentì Sway trattenere un attimo il respiro, probabilmente senza
accorgersene. - Dunque è per questo? E' per Dwale? - domandò lui con voce un po'
roca.
- No, non è per Dwale - assicurò Kasumi socchiudendo le palpebre.
- E allora perché?! - gridò Sway fissando la ragazza negli occhi.
- Ti ho già detto che non posso svelarti i miei motivi, né a te né ad altri -
rispose lei sciogliendosi dall'abbraccio. Dopo poco anche Sway la seguì in piedi
e si voltò verso il portale, solo allora si accorse che non erano i soli rimasti
nelle rovine, quando incrociò lo sguardo limpido e malinconico di Dwale, che si
era voltata per aspettarli. Era rimasta lì tutto quel tempo, in silenzio per
lasciarli parlare, quasi costretta a sentire le parole dei due giovani. Parole
che la riguardavano molto strettamente. Ora però avevano finito, e appena riuscì
a liberarsi dai magnetici occhi blu mare di Sway chiamò a gran voce, cercando di
sovrastare il rumore del terremoto: - Che cosa fate ancora lì? Sbrigatevi!! -
poi si voltò di scatto ed attraversò il portale.
- State bene! - strillò Chou appena vide i tre ragazzi attraversare il portale
che, dopo un breve risucchio, si chiuse. Dwale ebbe un po' di difficoltà a
sciogliersi dall'energica stretta di Chou.
- Cosa c'è da agitarsi tanto? - domandò la biondina, un po' confusa.
- Dopo che tutti noi siamo usciti, sono dovute passare due ore prima di poter
vedere voi tre attraversare il portale - spiegò Huta apprensivo. - Credevamo vi
fosse successo qualcosa: volevamo tornare indietro a controllare, ma non siamo
più stati in grado di attraversare il passaggio.
Kasumi abbozzò un sorriso. -In realtà siamo usciti pochi minuti dopo di voi: vi
avevo già detto che il tempo tra le due dimensioni scorre in modo diverso, no?
- Ah, è vero!! - seguì una risata generale, poi silenzio. Un lungo silenzio, che
venne rotto da Chou.
- E' finita... - balbettò, lottando per cacciare indietro le lacrime. - Abbiamo
combattuto...e c'è chi è morto per questa battaglia... - si fermò, perché non
era più in grado di continuare.
- ...ed è a Kensa che credo dovremmo dedicare la battaglia - continuò Huta,
venendo in aiuto della sorella. Chou annuì energicamente passandosi la manica
sulla faccia con un gesto vagamente infantile.
- Adesso è meglio fare ritorno al Garden - suggerì Himitsu passando accanto a
Chou. Superandole le diede un buffetto sulla spalla.
- Qualcuno si ricorda dove abbiamo lasciato la Lagunarock? - domandò Krateia
presa un po' alla sprovvista. - Anzi, meglio... qualcuno sa dove siamo??
Alla fine tornarono a Balamb sani e salvi. Dopo solo alcuni giorni il preside
aveva già diffuso la notizia del loro ritorno e il rapporto della missione era
ormai di dominio pubblico. Nessuno sembrava non sapere quello che avevano fatto,
perché l'avevano fatto e come l'avevano fatto, e questo in un certo senso destò
un po' d'irritazione nella vecchia compagnia. In particolar modo in Huta: non
tanto per sé, quanto per la sorella che vedeva il ragazzo che aveva amato, e che
continuava ad amare, messo sotto il giudizio di chi non l'aveva mai nemmeno
visto. Alla fine però ebbero ben poco tempo per pensare a questo, in quanto i
governi di Balamb, Galbadia, Trabia ed Esthar fecero in modo da assegnare ai
ragazzi che avevano partecipato alla battaglia un encomio speciale per i servizi
resi all'umanità, o "qualcosa di simile" come diceva Huta. Ciò che ottennero in
realtà non fu molto concreto, ringraziamenti, discorsi e strette di mano: nulla
di nuovo. L'unico vero apporto fu quello di Kanzi che nominò Huta SeeD del
Garden di Balamb, senza che fosse necessario per lui partecipare ad alcun esame.
Anche Kensa fu investito dello stesso onore, diventando membro onorario SeeD,
sebbene non potesse realmente usufruire di tale onore.
Epilogo
- Sei sicura di volerci già far ritorno?
- Sì, fratello - rispose Chou seria. - Sarebbe dovuta essere la prima cosa da
fare, per me, dopo la sconfitta di Cecir. Invece per un motivo o per un altro
sono sempre stata costretta a rimandare - fece una piccola pausa. - Grazie per
avermi accompagnata oggi.
- No problem! - esclamò Huta facendole l'occhiolino. - A cosa servono i
fratelli, se non per sfruttarli crudelmente?!
- Io non ti sfrutto! - esclamò Chou mostrandogli la lingua. - Solo che io non
sono proprio capace di pilotare la Lagunarock!
- Lo so, lo so! - rise Huta cominciando ad atterrare. - Non te la prendere,
stavo solo scherzando! - poi cambiò tono di voce e si fece serio: - vai da sola?
- Sì - rispose la ragazza scendendo dall'aeronave. - Tu mi aspetti qui?
- Certamente - annuì Huta osservando la sorella scomparire dalla propria vista.
Tutto sembrava identico a quel giorno, solo il sole cambiava radicalmente
l'atmosfera. Anche il senso di ansia che le stringeva le viscere era scomparso
lasciando posto ad un sottile velo di tristezza. Ormai si era già chiesta
miliardi di volte, solo quella mattina, perché sentiva l'irresistibile impulso
di tornare nel boschetto dove era morto Kensa.
- Ecco, qui mi ha raggiunta - si disse Chou sottovoce, continuando a camminare.
Dopo poco aggiunse distrattamente: - ...e qui ho calciato un sassolino.
Ma ecco, alla fine era giunta a destinazione. La zona del boschetto dove gli
alberi si diradavano, rivelando un orribile e profondissimo cratere. La ragazza
lo fissò con astio per qualche secondo, poi alzò lo sguardo... e il cuore le
mancò un battito. Non poteva essere vero ciò che vedeva, probabilmente era un
illusione che aveva creato da sola. Proprio laggiù, dall'altra parte del cratere
stava osservando un immagine troppo nitida per essere un'allucinazione. Chou
vedeva un giovane molto alto, i capelli biondi sembravano molto più lunghi
rispetto a come li ricordava lei. Indossava un paio di jeans ed una camicia
azzurra, il braccio sinistro era ingessato e sorretto da una benda che girava
intorno al collo del ragazzo. Lui se ne stava immobile, appoggiato con la
schiena ad il tronco di un albero, e la fissava.
Chou corse a perdifiato lungo il perimetro del cratere e si fermò solo quando fu
a pochi metri dal giovane. Non riusciva a credere che fosse lui, ma quando
incrociò i suoi occhi di smeraldo non ebbe più dubbi sulla sua identità, e
percorse la breve distanza che ancora li separava. Chou vide però che stava per
dirle qualcosa, così lo bloccò a metà del gesto poggiandogli indice e medio
sulle labbra. La giovane scosse la testa, intimandogli di tacere. Ormai non
riusciva più a trattenere né il riso né le lacrime così alla fine si lanciò al
collo del giovane gridando: - Anch'io ti amo, Kensa!! - completando finalmente
quella ormai lontana dichiarazione mai conclusa e suggellandola con un bacio.
FINE
...o forse no.