KASUMI MEGAMI
di Ayame


1. Una nuova scuola

Aspettava fuori alla porta del preside già da mezzora e cominciava a sentirsi stufa, così si sedette sui talloni, con la schiena appoggiata alla porta, ad aspettare di venire ricevuta. All´improvviso la porta si aprì e lei cadde lunga e distesa in presidenza. Un uomo l´aiutò ad alzarsi e poi le indicò di avvicinarsi alla scrivania dall´altra parte della stanza. La ragazza si guardò intorno curiosa: la stanza aveva un normale mobilio ma la cosa anomala era ciò che nasceva dal pavimento. Al centro della stanza, infatti, vi era un piccolo ascensore che portava a una piattaforma al livello superiore. Si accorse che il preside, l´uomo che l´aveva aiutata a rialzarsi, la fissava in attesa di una risposta.
- Prego?
- Siediti –rispose il preside.
La ragazza eseguì velocemente l´ordine.
- Non mi hai ancora presentato i moduli d´iscrizione.
La ragazza estrasse dalla borsa un fascicoletto di fogli e lo consegnò al preside.
Il preside Kanzi osservò la ragazza davanti a sé: non era molto alta e aveva una massa di capelli castani con striature bionde che le ricadevano sulle spalle. Aveva un perfetto sorriso di circostanza sulle labbra mentre lo fissava coi suoi grandi occhi turchesi. Gli diede l´impressione di una buona alunna, ma rimase perplesso dal suo abbigliamento: un attillato ed estremamente scollato top bianco, un paio di scaldamuscoli neri sulle braccia e degli attillati shorts neri. Kanzi fece cadere la propria penna e fu sollevato che almeno indossava un paio di comodi anfibi. Il preside controllò il fascicolo consegnatoli.
- Tu sei Kasumi Megami, hai diciassette anni e vieni da Esthar. Giusto?
- Precisamente. Kasumi, mi chiamo Kasumi.
- Bene -continuò Kanzi, –possiedi già un´arma o desideri averne una in dotazione dalla scuola?
- La possiedo già.
- Che tipo di arma è? Gunblade, Frusta, Boomerfritz, Lancia, Nunchaku, Daga, arma da fuoco o cos´altro?
- Adopero un´asta –rispose nuovamente Kasumi.
- Un´asta? –il preside rimase perplesso. L´asta era una delle armi con minor potere offensivo. –Hai l´arma a livello base?
La ragazza si alzò in piedi e allungò le braccia davanti a sé con le mani semichiuse, come se stesse brandendo un bastone. Ci fu una piccola scintilla e davanti agli occhi del preside apparve un´arma estremamente bella. Era, sì, un´asta viola, ma aveva alle due estremità due lame azzurre gemelle a quella del leggendario Lion Heart.
- L´arma si chiama Poleblade. –spiegò Kasumi. –E questo è il Divine Angel. L´ultimo modello. A discapito di quello che dicono alcuni, è un´arma di tutto rispetto. La mia Limit è il Kirkazuken. L´attacco è praticamente come il Renzokuken, e alla fine posso eseguire il Colpo Imperiale, il Cerchio Fatato, il Raggio Esplosivo, il Cuore di Pietra e l´Ice Tornado.
Il preside guardò la ragazza esterrefatto, gli aveva esposto tutte le potenzialità dell´arma in meno di un minuto senza intoppi o esitazioni.
- Bene, -disse allora il preside. –compila questa breve scheda e poi aspetta fuori. Ti avvertiremo se sarai ammessa o no.
Kasumi prese il foglio, si sedette in un angolo e cominciò a scrivere: "Nome: Kasumi
Cognome: Megami
Data di nascita: 27 Settembre
Età: 17 anni
Luogo di nascita: Esthar
Arma: Poleblade (modello in possesso: Divine Angel)
Abilità: Risveglio, Angel Cure, Angel´s Anger, Eden´s Garden, Angel Curse. Invocazioni: Phoneix – Eden
Limit: Kirkazuken. Colpo Imperiale, Cerchio Fatato, Raggio Esplosivo, Cuore di Pietra, Ice Tornado."
Dopo ciò la ragazza dovette rispondere a decine di domande su Guardian Force, Magie, Limit, Armi e Mostri. Le furono necessari tre quarti d´ora ma alla fine consegnò il foglio e attese di nuovo fuori dalla presidenza. Un quarto d´ora dopo rientrò e trovò in compagnia del preside una giovane insegnante che le venne presentata come Miryoku.
- Sei stata ammessa al Garden di Balamb. –le venne detto. Kasumi annuì.
- Io ora ho un´assemblea. –avvertì il preside. - Miryoku, pensaci tu.
Kasumi rimase da sola con l´insegnante che chiuse gli occhi, semi-sconvolta.
- Vedi - disse a Kasumi, – purtroppo siamo senza stanze. L´unica dove ti possiamo sistemare… è quella di Sway Leonheart.
- Con un ragazzo!? – domandò pacata Kasumi.
La professoressa annuì.
- Mi dispiace, vorrei ci fosse un´alternativa.
- Beh – disse Kasumi, – dopotutto è solo per dormire. Il resto della giornata lo passeremo fuori.
- Ti mostro dov´è la camera – le disse Miryoku mettendole solidale un braccio intorno alle spalle.

2. Compagni di stanza

Kasumi entrò nella stanza che le era stata assegnata e si ritrovò immersa nel disordine. "Dove sono finita?" Pensò la ragazza. In quel momento la porta dietro di lei si spalancò e un ragazzo entrò nella camera munito di Gunblade. Scaraventò giubbotto e maglietta, sporchi e sudati, in un angolo e si buttò sul letto senza degnare le due di uno sguardo. Kasumi rimase a guardare il ragazzo con la bocca leggermente spalancata per alcuni istanti, poi questo aprì gli occhi e volse di scatto la testa verso di lei per fissarla. I duri occhi blu mare del ragazzo si scontrarono con quelli turchesi di Kasumi, che continuò a fissarlo orgogliosa.
- Questa è la tua compagna di stanza, Sway – annunciò Miryoku.
Gli occhi del ragazzo, Sway, scattarono sorpresi verso la professoressa.
- E´ appena arrivata e non erano disponibili altre stanze oltre la tua. O accetti questa condizione, o le cedi la tua stanza andandotene. Capito?
Il ragazzo annuì, sedendosi sul letto.
- Io torno nel mio ufficio – avvertì la professoressa. – Se hai bisogno di qualsiasi cosa vieni senza esitazioni. Dopodomani ci sarà la prova scritta, cerca di prepararti – fece una pausa. – Anche se dai risultati del foglio di ammissione non credo che ti serva un ulteriore ripasso. Sway, falle da guida. La professoressa uscì dalla camera chiudendo la porta, lasciando soli Kasumi e Sway. I due ragazzi rimasero in silenzio per molti minuti, poi Kasumi decise di rompere il silenzio.
- Ciao, sono Kasumi Megami – tese la mano destra. Il ragazzo la guardò per alcuni istanti, poi la strinse.
- Sway Leonheart.
Il ragazzo si allontanò e si chiuse nel bagno. Dieci minuti dopo Sway ritornò in camera con i capelli bagnati: era appena uscito dalla doccia.
- Sway… Sono appena arrivata, mi fai da guida?
Il ragazzo parve non sentirla.
- Ehi, Sway!
Di nuovo il ragazzo la ignorò.
- Sto parlando con te! – la ragazza alzò il volume della voce.
- Ho capito!! – urlò Sway. - Mi metto dei vestiti puliti e andiamo!
- Se non mi rispondevi non potevo saperlo – Kasumi si lasciò cadere sul letto aspettando che il ragazzo finisse di vestirsi e successivamente di asciugarsi i capelli.
I corridoi del Garden erano semideserti a causa dell´esame imminente. Kasumi ascoltava attenta le spiegazioni di Sway, brevi ma chiare. A nord c´era il dormitorio, a fianco, rispettivamente a destra e sinistra il garage e la mensa, poi il centro addestramento e il giardino, e infine la biblioteca e l´infermeria.
- Ti ho fatto vedere il Garden. Ora possiamo tornare in stanza?
- No… ci alleniamo un po´?
Sway sospirò. Come aveva fatto quella ragazza a convincerlo a fare tutte quelle cose? Avevano pure aiutato le cameriere della mensa… E ora lo stava trascinando ad allenarsi con lei.

3. Consegna movimentata

- Chou! Chou dove sei!?
- Mmh? – una ragazza saltò dal tetto della pizzeria di Balamb City, atterrando davanti ad un omone con la barba e i capelli neri che teneva tre scatole di pizze in bilico sulla mano destra.
- Chou, devi consegnare queste pizze al Garden, stanza 232. Capito!?
- Yes, non preoccuparti, volo!!
La ragazza, di nome Chou, saltò in sella alla propria motoretta e partì diretta al Garden di Balamb. I capelli le cadevano davanti agli occhi, ma lei li scostò con un sorriso. Ben era impazzito quando era tornata a casa con le mashes magenta e celesti. "I tuoi bei capelli neri!" aveva esclamato. Ma poi aveva dovuto ammettere che le stavano molto bene. Chou si intrufolò nel Garden e consegnò le pizze alle matricole della stanza 232.
Passeggiava lentamente nei corridoi del Garden ma non incontrò nessuno o quasi. Si domandò perché, visto che c´erano un sacco d´iscritti. La ragazza sentì un rumore proveniente dal corridoio alla sua sinistra e vi corse dentro senza esitazione. Le sembrò di essere piombata in una foresta. Al posto del pavimento c´era un terreno sconnesso, ai lati del sentiero si vedevano solo alberi, nonostante il rumore di un ruscello. Doveva essere nel Centro Addestramento. Sentì un urlo e si inoltrò tra gli alberi. Giunse in una radura e vide un mostro simile ad un dinosauro che stava attaccando un ragazzo alto con i capelli biondo scuro. Il ragazzo impugnava due pistole nere e rosse e sparava con molta velocità contro il mostro. Chou notò l´intensità del blu dei suoi occhi. Il ragazzo sparò un altro colpo e i suoi occhi diventarono per un istante color zafferano. La pistole smisero di sparare, emettendo soltanto un click sordo. Gettò via con rabbia le due armi e caricò una magia Fire. Questa colpì il mostro ma non fu sufficiente a sconfiggerlo. L´Archeosaurus colpì il ragazzo con la sua lunga coda facendolo cadere nel laghetto, senza più la forza di rialzarsi, così il mostro si avvicinò per finirlo. Chou si guardò intorno presa dal panico e vide lo zaino aperto del ragazzo, abbandonato sotto un albero. Corse a recuperarlo, sperando che contenesse qualcosa di utile. Lo rovesciò sul terreno e la sua attenzione venne catturata da alcuni oggetti di metallo. Per primo notò una specie di disco con le punte, lo Shuriken, per secondo la sua attenzione venne catturata da degli stiletti ninja chiamati anche Kozuka. Li prese e si voltò verso il ragazzo e l´Archeosauros e constatò che la situazione era tragica. Lanciò Kozuka, colpendo il mostro sul muso, questo si voltò verso di lei adirato e, dimenticò della sua precedente preda, cominciò a correre verso di lei. La ragazza fece un balzo indietro schivando le grosse zanne del mostro e lanciò lo Shuriken. Di nuovo l´Archeosauros venne colpito sul muso ma questa volta perse l´equilibrio cadendo nel corso d´acqua. Chou si appoggiò ad un masso esausta: l´Archeosauros, cadendo, le aveva lanciato una magia Fire, e lei era debole a quell´elemento. Nel frattempo il ragazzo che era stato attaccato precedentemente si era alzato a sedere attirando su di sè l´attenzione del dinosauro. La vita del ragazzo era palesemente critica così Chou, la cui barra della vita scarseggiava, lanciò in aria il suo Shuriken.
- Fiocco Arcobaleno! – urlò e una moltitudine di luci colorate colpirono lei, il ragazzo e l´Archeosauros. La vita dei due ragazzi venne ripristinata mentre al mostro vennero inflitti ingenti danni. Il dinosauro ruggì e si rimise in piedi, pronto a riprendere lo scontro.

4. Nuova Matricola SeeD

Kasumi e Sway raggiunsero il Centro Addestramento ma subito avvertirono qualcosa di strano. Varcarono la soglia e si ritrovarono in una foresta.
- Che bello questo posto! – esclamò Kasumi con una giravolta.
- Devi stare attenta però. Qui ci sono mostri veri e non si cureranno di non mandarti K.O.!
- Lascia fare a me! Non sono certo… - la frase venne interrotta da un altro urlo.
- Fiocco Arcobaleno!
- Qualcuno sta combattendo! – Sway si girò a guardare la sua compagna di stanza, ma si accorse che Kasumi guardava fisso davanti a sé mentre gli occhi avevano assunto un colore argenteo.
- Megami! –esclamò allora, preoccupato, prendendola per le spalle. Gli occhi della ragazza ripresero il loro colore abituale, mentre si rivolgeva a Sway.
- E´ in pericolo!
- Cosa?
- La ragazza che sta combattendo è in pericolo! – ripeté Kasumi correndo attraverso gli alberi. Sway le fu subito dietro, raggiunsero una radura e videro: una ragazza con i capelli neri colorati di rosa e celeste e gli occhi azzurri che combatteva con uno Shuriken contro un Archeosauros e poi un ragazzo biondo che sedeva, ferito, in un corso d´acqua. L´Archeosauros stava per mandare in KO la ragazza con i capelli colorati, e Sway sfoderò il Gunblade per aiutarla ma non fu abbastanza veloce per Kasumi, che aveva già estratto il Divine Angel per parare un morso da parte del dinosauro. La ragazza spiccò una rincorsa e colpì svariate volte il mostro con il Kirkazuken, terminando l´attacco con la propria Limit Ice Tornado: fece roteare il Poleblade davanti a sé finché dall´arma non creò un´onda di ghiaccio che, sempre roteando a velocità pazzesca, colpì l´Archeosauros. Il mostro cadde a terra. Sia Kasumi che gli altri due ragazzi che aveva soccorso si illuminarono rispettivamente di una luce rosa, celeste e grigia dovuta all´aumento di livello.
Sway castò sulla ragazza con i capelli colorati e sul ragazzo biondo un Energira prima di aiutarli a rimettersi in piedi.
- Grazie! – disse la ragazza con i capelli colorati. - Ci avete salvato la vita. Io sono Chou.
- Io Kasumi. E lui Sway – presentò Kasumi.
Sway fece un cenno di saluto col capo mentre sorreggeva il ragazzo biondo.
– Dobbiamo portarli in infermeria. Le magie di recupero non bastano.
- Ma sì che bastano! – ribatté Kasumi avvicinandosi ai due ragazzi feriti. Si portò indice e medio della mano destra alle labbra e fece una piroetta distendendo il braccio. La ragazza venne circondata dalla brina mentre sussurrava: - Angel Cure!
Fu subito palese l´efficacia di quella tecnica perché i ragazzi sembravano rinati.
- Allora…! Come avete fatto a cacciarvi in quel pasticcio? Stavate scappando nella Zona Segreta e quel mostro vi ha attaccati? – domandò Kasumi con un tono che si avvicinava alla malizia.
- No - rispose il ragazzo biondo, – non ci conosciamo.
Sway e Kasumi si guardarono perplessi.
- E´ vero – confermò Chou. – Non sono una matricola del Garden. Ho consegnato delle pizze e poi mi sono messa a curiosare qui intorno. Sono entrata in questa giungla e ho visto che questo ragazzo aveva finito le munizioni e che stava per andare KO così ho preso queste due armi dal suo zaino e ho attirato l´attenzione del dinosauro su di me.
- Ottima combattente per essere la prima volta che impugni un´arma – commentò il ragazzo biondo restando in piedi da solo, senza più bisogno dell´aiuto di Sway.
- Dovresti diventare un cadetto SeeD.
Il ragazzo biondo mise le pistole nelle fondine e si allontanò con le mani nelle tasche.
- Grazie Chou. Le armi puoi tenerle: te le regalo. Ci vediamo all´esame, ragazze – disse, e prima di uscire dal Centro Addestramento aggiunse. – Ah, io sono Himitsu!
Kasumi, Sway e Chou rimasero ancora per qualche secondo in silenzio, poi decisero di raggiungere la presidenza per chiedere di ammettere Chou al Garden di Balamb. I ragazzi erano nel corridoio che portava allo studio del preside quando a Sway sorse una domanda:
- Ma non avevano esaurito tutte le camere?
Kasumi fece spallucce.
- Ho visto una ragazza che se ne andava con le valige… magari si è liberata una stanza.
I tre ragazzi bussarono alla porta della presidenza e Kanzi aprì loro la porta.
- Oh, buon giorno! A cosa devo questa visita inaspettata?
Kasumi spiegò dettagliatamente quel che era appena accaduto, chiedendo se c´era la possibilità che Chou entrasse nel Garden. Il preside rimase pensieroso per alcuni minuti e alla fine annunciò:
- Sì, credo sia possibile. La signorina Sagami se n´è andata cinque minuti fa. Chou potrà occupare la sua vecchia stanza.
Chou batté le mani euforica. Era proprio contenta.
- Sway, la stanza è la terza, andando a sinistra, rispetto alla tua. Puoi accompagnare la tua nuova compagna, visto che tutti gli insegnanti di questa scuola sembrano essersi dissolti?
Sway accompagnò le due ragazze nei dormitori, continuando a borbottare per tutto il tragitto:
- E´ colpa tua Kasumi! Arrivi qui e prima ti devo fare da guida turistica, poi devo fare il cameriere, adesso questo!
- Avanti, Sway! Infondo ti piace tutto questo! – esclamò Kasumi assestando al compagno di stanza una bella pacca sulle spalle.
- Questa è la tua stanza Chou. La tua compagna è Dwale Kibou. Ora è ad allenamento ma sarà qui tra un po´. Intanto sistemati, le tue valige ti giungeranno tra un´ora circa.
- Allora ciao! E ricorda – aggiunse Kasumi, bisbigliando all´orecchio di quella ragazza tanto vivace. – di studiare per domani! (c´è il compito in classe!) Sway e Kasumi uscirono dalla stanza, lasciando Chou sola, a riflettere su quel che era successo nell´ultima ora. Ah, giusto! Doveva telefonare a Ben…

5. Sorpresa in camera

- Alza di più quelle braccia, Dwale!! – urlò Miryoku alla sua alunna. Dwale Kibou, aveva preso un pessimo voto nell´ultimo compito pratico e ora la sua insegnante le aveva proposto un mini corso di recupero. – E legati quei capelli! –aggiunse.
Dwale smise di combattere contro la propria professoressa e con un nastro verde legò in una cosa lasca i suoi lunghi capelli platinati fatta eccezione per una ciocca nera che le partiva da sopra l´orecchia sinistra. La ragazza tornò a combattere. Usava le arti marziali e indossava un paio di guanti borchiati. Anche se, purtroppo, la sua tecnica lasciava un po´ a desiderare. Dopo due ore di duro allenamento con Miryoku per due settimane avevano migliorato le sue prestazioni, ma ancora non sapeva eseguire una qualunque Limit.
- Per oggi basta – annunciò Miryoku. – Ma per domani devi aver imparato almeno un attacco speciale. Vai spesso in turbo ed è un peccato che tu non possa sfruttare l´occasione. Ora vai in camera.
Dwale si tolse i guanti e li depose nella sua borsa che subito si mise in spalla. La ragazza camminava sola nei corridoi, vista l´ora tarda. Era molto irritabile quella sera perché, sebbene la sua tecnica non fosse sopraffina, era molto potente. Aveva un ottimo gancio anche se erano i calci una delle sue vere specialità. Dwale era stravolta e doveva finire di studiare per l´esame scritto del giorno dopo. Se non lo superava… niente esame SeeD! Accelerò il passo e raggiunse la propria stanza. Buttò la borsa sull´ex-letto della sua compagna, che se n´era andata quello stesso giorno, e si sedette sulla scrivania per ripetere il programma riguardante i Guardian Force: "A volte può capitare a un guerriero di ingemellarsi con uno di questi Spiriti, diventando suo Partner. I Criteri con cui la Summon che capisce colui con cui è destinata a ingemellarsi, sono basati su elementi in comune: elemento, carattere ecc". La lettura di Dwale venne interrotta da un gemito proveniente dal letto: Chou si era svegliata a causa della borsa di Dwale che le era piombata in testa.
- Ohi, ohi! Che male osceno! Qual è il pazzo che aspira alla mia vita? Ohi, ohi, ohi!!
- E tu chi saresti? – le domandò Dwale.
- Chou Nizi. Mi hanno appena affibbiato questa camera. Sei la mia compagna di stanza? – rispose Chou massaggiandosi la testa con una smorfia.
- Sono Dwale Kibou. Piacere – rispose Dwale molto poco convinta.
- Piacere un corno! – esclamò Chou continuando a lamentarsi. – Qui mi spunterà il Lunatic Pandora!
- Basta frignare! – scoppiò Dwale. – Devo studiare per l´esame di domani!
- Ah, giusto! Anche io – si ricordò Chou pescando il suo nuovo libro di testo direttamente da uno scatolone.
Chou si sedette a gambe incrociate sul suo letto e cominciò a leggere il capitolo sulle magie. Anche Dwale ricominciò a leggere, ma venne interrotta dopo pochi minuti:
- Senti Dwale, tu che magie usi?
- Cosa vuoi dire? – domandò la ragazza bionda con un sospiro.
- Io le magie le assimilo dai nemici tranne Quake e Aero, perché le conosco già di mio. Tu?
- Io… uso le Materia.
- Ah… - lasciarono cadere il discorso. Entrambe sapevano che colore che utilizzavano le materia non erano in grado di utilizzare magie "proprie". Il massimo sarebbe si possederne di proprie, altrimenti c´era l´Assimilazione. Coloro che si servivano dell´ausilio delle Materia però non sapevano utilizzare nemmeno quell´abilità. Chou passò al capitolo riguardante la storia degli ultimi duecento anni, (tutto ciò avvenuto prima di allora c´era solamente come miti e leggende, probabilmente poco attendibili) e lesse i nomi di coloro che erano stati considerati "Great Magician". Alcuni di loro utilizzavano le Materia, così lo disse alla sua nuova compagna, in modo che non si abbattesse.
Alle undici e mezza circa, entrambe si dichiararono pronte per l´esame e andarono a letto.
- Se si supera la prova scritta, in cosa consisterà l´esame SeeD? – domandò Chou.
- L´insegnante che ti ha accompagnata in camera non te l´ha spiegato?
- No, non è stato un´insegnante a portami fin qua, è stato uno studente.
- E non ti ha detto nulla?
- No, - confermò vivace la ragazza. – Sway non mi ha detto proprio nulla!
- Hai detto Sway? – esclamò incredula Dwale.
- Sì, perché?
- Ti ha parlato? Avete chiacchierato? Cosa ha detto?
- Non è che abbia parlato molto con me – rispose Chou pensierosa. – Piì che altro continuava a punzecchiarsi con Kasumi. Ha detto che l´ha costretto ad aiutare in mensa e continuava a lamentarsi. All´inizio mi era parso piì silenzioso.
- E chi è questa Kasumi?
- E´ arrivata oggi da Esthar.
- Con chi divide la stanza?
- Con Sway perché non ce n´erano altre disponibili.
Per quel giorno la discussione finì lì. Sway, che faceva parte del Garden da quando aveva dieci anni era conosciuto da tutti, ma quasi nessuno era mai riuscito a rivolgergli la parola. Dwale da due mesi, da quando era arrivata, tentava di parlare con quel ragazzo con cui aveva più o meno parlato appena era diventata una matricola. Praticamente era l´unica che ci riusciva, anche se erano poche parole e… e questa Kasumi arriva e riesce addirittura a farsi insultare da lui? "Devo proprio conoscerlo, questo fenomeno!" Pensò la ragazza risentita.

6. L´esame scritto

Kasumi ritornò nella propria camera e lanciò un´occhiata al letto di Sway: il ragazzo stava ancora dormendo. Kasumi controllò l´ora sul suo cellulare e sgranò gli occhi: per lei era inconcepibile che a quell´ora si potesse ancora dormire. Si avvicinò al letto di Sway e scosse delicatamente il ragazzo. Questo però continuò a dormire, allora corse alla finestra e aprì le tende ma la luce non era sufficiente a svegliare il bell´addormentato, quindi, tolse di scatto il cuscino da sotto la testa di Sway. Il ragazzo si svegliò immediatamente.
- Alla buon´ora! – esclamò Kasumi.
- Che ore sono? – borbottò Sway prendendo la sveglia poggiata sul suo comodino.
– LE SEI E UN QUARTO!?!? Kasumi… - fece sprofondare la testa nel cuscino, esasperato. – L´esame è a mezzogiorno…
- Embé? Andiamo in mensa e ci facciamo una bella colazione!
Sway gemette di nuovo, ma poi si arrese all´allegria della ragazza e si alzò, poi, mentre Kasumi aspettava fischiettando, pazientemente girata verso il muro, lui si vestì e insieme uscirono diretti verso la mensa.
- Come fai a dormire così poco? – volle sapere il ragazzo. – A che ora ti sei svegliata? Le sei?
Kasumi scosse la testa.
- Le cinque – ripose tranquillamente.
I due ragazzi raggiunsero la mensa e si sedettero ad un tavolino: Kasumi prese un cappuccino mentre Sway un caffè.
A metà della mattina Kasumi domandò:
- Tu hai diciotto anni, Sway?
- Sì, perché?
- Sei stato bocciato?
- No, solo che tre anni fa sono stato seriamente ammalato e ho dovuto saltare un anno scolastico. Tutto qua. Che ore sono?
- Mezzogiorno meno cinque – rispose la ragazza saltellando.
Sway inciampò nei propri passi.
- E lo dici così!? Stupida! Sta per iniziare l´esame e noi siamo qua a passeggiare!! – esclamò correndo via in direzione dell´aula.
- Ah, giusto. – assentì Kasumi, sempre calma, mentre Sway spariva dietro un angolo. Quando il ragazzo raggiunse l´aula era appena suonata la campanella e, imprecando sottovoce contro quella ragazza sconsiderata, si sedette al proprio posto domandandosi se sarebbe riuscita a raggiungerli in tempo utile. Proprio in quel momento si accorse che quella matta era seduta accanto a lui. Una vena gli pulsò pericolosamente sulla tempia mentre le metteva le mani intorno al collo. - Kasumi… - disse tremando abbastanza scherzosamente, - ti conosco da due giorni e già desidero la tua morte.
- Faccio questo effetto a molte persone.
- Ragazzi! – esclamò Miryoku, appena entrata in classe, sul vostro banco ci sono i fogli del compito. Avete tre ore a partire da adesso. Kasumi guardò il foglio e dopo pochi secondi cominciò a scrivere. Lo stesso fece Sway.

Qualche banco più avanti Dwale stava fissando i due ragazzi. Erano arrivati entrambi in ritardo, prima Kasumi, poi Sway. E il ragazzo aveva mimato il gesto di strozzare la ragazza, ma appena la professoressa aveva dato il via entrambi si erano estraniati e avevano cominciato a scrivere sul foglio. Dwale guardò la prima domanda. Erano tutte delle specie di questionari: domanda-risposta. Qual è la GF di ghiaccio? Shiva, scrisse. Arrivò senza problemi alla quarantacinquesima domanda, quando si bloccò: come si fa a diventare una strega? Questa domanda aveva lo spazio per rispondere a parole. "Allora…" tentò di ragionare. "Una strega diventa tale quando… centra qualcosa la morte delle altre streghe, ma non mi ricordo…" Dwale si guardò intorno in cerca di aiuto. Chou era dall´altra parte della classe, mentre seduto vicino a lei c´era il più incompetente della classe (che si trovava ancora alle decima domanda dopo esser stato bocciato tre volte). In quel momento sia Kasumi che Sway si alzarono e consegnarono il foglio. Dwale controllò l´ora: avevano consegnato con un´ora di anticipo. La ragazza appoggiò la testa sulle mani disperata, quella era una di quelle domande che determinano l´esito del compito… e lei non sapeva rispondere! Decise di passare alle altre. Rispose a tutte le domande e ritornò a quella maledetta quando mancavano cinque minuti alla fine del tempo. Gli studenti che avevano terminato il compito dovevano attendere fuori, ma ad un tratto la porta si aprì ed entrò Kasumi che chiese il permesso di recuperare la matita che aveva dimenticato. Ottenuto il permesso, la ragazza raggiunse il proprio banco e prese la matita, ma tornando lasciò cadere sul banco di Dwale un bigliettino: "La risposta 45 è: una strega diventa tale quando eredita il potere da un´altra strega prima che questa muoia, infatti una strega non può morire finché non ha lasciato i suoi poteri ad un´altra persona." Dwale non rimase a pensarci e copiò velocemente la risposta. Consegnò il foglio appena prima che la campanella suonasse di nuovo. Piì di metà classe non aveva ancora terminato, quindi si riduceva la lista dei possibili ammessi all´esame. Siccome un´altra gran parte, di sicuro, non aveva risposto correttamente a un sufficiente numero di domande… sarebbero stati più o meno in dieci a partecipare all´esame pratico. Dwale uscì dall´aula e vide subito che coloro che avevano già terminato il compito aspettavano impazienti i risultati. La ragazza si guardò intorno cercando Sway: forse sarebbe riuscita a spiccicare qualche parola con lui riguardo l´esame. Lo individuò appoggiato ad una colonna mentre parlava con una ragazza castana con Mashes bionde e occhi azzurri cerulei. Doveva essere Kasumi. D´un tratto sia Sway che la ragazza scoppiarono a ridere e Dwale sentì la gelosia ribollirle nelle vene. Doveva esserle salito il sangue alla testa perché Chou si avvicinò preoccupata:
- Stress post esame, Dwale?
- Sì - rispose la ragazza in un sibilo, – deve essere così.
I ragazzi attesero i risultati per un quarto d´ora, finché la professoressa Miryoku non uscì dalla classe con un foglio in mano.
- I promossi sono stati dieci. Ecco i nomi degli ammessi all´esame pratico con i voti: Kasumi Megami dieci e lode. Hai risposto con molta cura e con informazioni che non erano necessarie, riguardo la domanda quarantacinque.
La ragazza annuì compiaciuta mentre Dwale cominciava a provare pura antipatia nei suoi confronti.
- Sway Leonheart dieci. Ottimo lavoro, nessun errore.
Anche Sway annuì, poi scambiò con Kasumi uno sguardo che voleva dire: "te l´avevo detto!". Di nuovo il volto di Dwale assunse un colorito vermiglio.
- Krateia Chishiki: dieci. Come Sway un ottimo lavoro.
Dwale si guardò intorno domandandosi a chi si riferisse la professoressa, poi si ricordò. Krateia era la figlia diciottenne del preside. Sarebbe diventata SeeD l´anno prima, ma a causa dell´improvvisa morte della madre era rimasta assente a lungo e aveva poi dovuto ripetere l´anno. Aveva pochissimi amici, Dwale sospettava fosse simpatica ma timida. Aveva i capelli ramati e gli occhi grigi. Indossava un abito arancione senza maniche che le arrivava alle caviglie. Sotto aveva una maglia di un arancione quasi giallo e dall´orlo della gonna spuntavano un paio di pedule da montagna. Era una secchiona e rimaneva sempre chiusa nella sua stanza a studiare. Nessuno si sorprese del voto.
- Chou Nizi otto meno. Sono sorpresa del visto il tuo recentissimo ingresso nell´accademia. Complimenti.
La ragazza fece un salto felicissima, poi mostro il segno di vittoria prima a Kasumi che ricambiò con l´alzata del pollice, poi a lei.
Dopo Chou la professoressa chiamò altre cinque persone mentre Dwale perdeva progressivamente le speranze. Ancora un ammesso. "Oh Hyne, fa che sia io!" Supplicò Dwale stringendo le mani come una morsa.
- Dwale Kibou sette/otto. Potevi fare di meglio, comunque complimenti!
La ragazza alzò di scatto la testa incredula. Era davvero stata ammessa e dalla gioia fece un salto molto simile a Chou.
- Domani per voi ci sarà l´esame pratico a Trabia. Vi divideremo in due squadre. La prima avrà la prova nella grotta di Ghiaccio mentre, contemporaneamente, gli altri affronteranno la stessa prova in una grotta sottomarina. Presentatevi tutti ugualmente alle quattordici venti e nella hall.

7. L'esame pratico

Sway si svegliò prestissimo, in modo da non ricevere lo stesso trattamento del giorno prima da parte della sua cara compagna di stanza che stranamente riposava ancora angelicamente. Il ragazzo decise di aspettare che si svegliasse da sola e si recò alla mensa per fare colazione. Subito dopo andò al centro addestramento per allenarsi un po´. Tornò in camera a mezzogiorno e trovò Kasumi ancora dormiente. Le si avvicinò e notò come i suoi capelli giacessero sparpagliati sul cuscino, sul viso un´espressione innocente.
- Sei proprio carina quando non reincarni Ifrid! – si sedette sul proprio letto e rimase ad osservarla. Quella ragazza era arrivata solamente due giorni prima ma sembrava esserci sempre stata. All´inizio gli era sembrata una seccatura ma ora non riusciva più a immaginarsi senza la sua invadente compagnia. Però era molto strana, la maggior parte della volte era allegra ma in certi momenti assumeva misteriosi atteggiamenti. Come al Centro Addestramento, quando avevano incontrato Chou: i suoi occhi splendenti erano improvvisamente diventati d´argento e subito dopo sembrava sapere cosa ignote a tutti gli altri, anche all´esame scritto. Come faceva a sapere che Kibou era bloccata con la domanda quarantacinque? "Cosa nascondi? Perché di solito sei uno spirito libero e solare mentre in certi momenti sembri la sorella di Shiva?" Si avvicinò di nuovo al suo letto e la scosse leggermente per le spalle. Come reazione la ragazza si girò verso di lui e gli mise le braccia al collo. Sway tentò di allontanarsi senza riuscirci.
- Kasumi! – la chiamò sperando di svegliarla. – Kasumi ti prego scollati! – disse supplicante.
La ragazza aprì lentamente gli occhi e lo squadrò (erano ancora abbracciati).
- Che stai facendo?
- Che stai facendo tu! Ti sei appiccicata che in confronto una piovra è un giochetto!
- Che ore sono?
- Mezzogiorno e mezza! Ma non eri tu a non riuscire a dormire fino alle sei!?
- Non di mercoledì.
- Vai a giorni?
Kasumi annuì.
- Andiamo a fare colazione?
- Colazione? Non sarebbe meglio andare a pranzare?
- Forse hai ragione… - assentì la ragazza. – Tra tre minuti sono pronta, aspetta fuori.

La camera era buia. Si sentivano solamente i respiri delle due ragazze che la occupavano.
- Dwale, sei sveglia?
- Sì, ma non uscirò da questa stanza prima dell´una! – rispose ferma la ragazza.
- Nervosa, eh? Anch´io.
- Senti… com´è Kasumi Megami? – volle sapere Dwale.
- E´ una ragazza abile e molto simpatica. A volte è un po´ sottile, ma è piacevole stare con lei. Sai, riesce a tirare fuori il lato più nascosto dentro te stessa. Prova a parlarle, almeno per ringraziarla. E´ andata in giro per tutta la scuola per avere un foglietto dove scriverti la risposta quarantacinque!
- E così lo sanno tutti che mi ha consigliato la domanda…?
- No, solo Sway che l´ha detto a me.
- Te l´ha detto lui senza una domanda esplicita? – esclamò esterrefatta Dwale. - Sì, perché?
Dwale raccontò tutto quello che sapeva di Sway, in verità molto poco, senza avere riserve su nulla, nemmeno sul fatto che stravedesse per lui nonostante fosse sempre così freddo e distaccato.
- Guarda che non credo che Kasumi abbia queste mire – disse Chou pensierosa.
- Ah no? – sorrise Dwale.
- No, io con Kasumi ci ho parlato a lungo anche dopo l´esame. A volte sembra provenire da un´altra galassia. Hai presente quando stai con persone molto anziane? Che sembra che siano a un livello sopraelevato rispetto a te? Con Kasumi a volte succede, sembra sapere o capire cose che non fanno parte della nostra realtà.
- Sai, io sono nata a Timber, ma non ho mai conosciuto i miei genitori, a tredici anni mi sono trasferita a Winhill dove ho conosciuto un vecchio veterano di guerra e sua moglie. Stando in loro compagnia ero soggetta alla stessa sensazione di cui mi hai parlato. Sono stata con loro tre anni, lui mi ha insegnato a combattere… sono morti questo inverno e mi hanno detto che avevano scoperto che mia madre è ancora viva. Dopo il loro funerale sono venuta qui al Garden: se diventerò SeeD tra le molte missioni girerò il mondo e forse riuscirò a ritrovare mia madre.
- Sei molto fortunata D-chan… Anche io sono orfana però non ho nessun parente in vita e ho pochissimi ricordi della mia infanzia: sono cresciuta in un orfanotrofio di Centra dal quale sono scappata all´età di sette anni. Ho raggiunto Deling City e mi sono fatta assumere in una pizzeria: Ben, il gestore, mi ha accolta e mi ha cresciuto come una figlia. Mi sono trasferita qui a Balamb quando l´ha fatto la pizzeria e, sorprendentemente, la mia vita è tutta qua. - Non sai che fine hanno fatto gli altri bambini dell´orfanotrofio?
Chou scosse la testa.
- Non ricordo niente, a parte l´esserci stata, della mia vita all´orfanotrofio. - Oh… - sussurrò Dwale, poi: - dovremmo alzarci.
- Sì, dovremmo.

Mise via il panno con cui stava lubrificando la sua frusta e si affacciò alla finestra. Tra poche ore ci sarebbe stato l´esame SeeD, lei doveva passare. Aveva diciannove anni e non aveva potuto salire prima di grado perché sua madre si era ammalata e lei era dovuta tornare a Dollet per occuparsi di lei, purtroppo si era spenta l´anno prima. Allora era tornata a Balamb, dal preside del Garden di Balamb: suo padre. Guardò nuovamente l´orologio, quindi con le mani strinse con forza la frusta, intascò un paio di pozioni e finalmente uscì dalla sua camera.

All´ora predefinita i dieci ragazzi ammessi all´esame si presentarono nella Hall dove li attendevano la professoressa Miryoku e il SeeD Himitsu Ribbuku, lo stesso ragazzo che Chou aveva soccorso al Centro Addestramento.
- Come vi è già stato preannunciato ieri vi divideremo in due gruppi da cinque: il primo gruppo sosterrà la prova nella Grotta di Ghiaccio, mentre il secondo nella grotta sottomarina. – spiegò Miryoku.
- Io e la professoressa assisteremo rispettivamente il primo e il secondo gruppo. – precisò Himitsu. – Allora, i ragazzi che prenderanno parte alla prima prova sono: Megami, Leonheart, Chishiki, Kibou e Nizi. Gli altri nel gruppo della professoressa Miryoku.
I cinque ragazzi seguirono Himitsu in garage, lì presero una grande automobile con cui raggiunsero Balamb. - Ragazzi, - disse Himitsu mentre salivano sull´imbarcazione che li avrebbe portati a Trabia. – io non potrò entrare nella grotta, ma vi aspetterò fuori. Dovrete affrontare alcuni Guardian Force che vi attenderanno ognuno in un ambiente diverso: per esempio se vi ritroverete a combattere contro la GF Cerberus, probabilmente sarete in un ambiente simile ad un cimitero, nel caso di Ifrid vi sembrerà di trovarvi nella Caverna di Fuoco di Balamb e così discorrendo. Ok?
- Certo. – risposero Chou e Dwale, mentre Krateia esclamò un:
- Agli ordini!
E Sway e Kasumi si misero sull´attenti rispondendo con un secco:
- Ricevuto!
I cinque ragazzi vennero lasciati davanti all´entrata della grotta.
- Io vi aspetterò all´uscita dall´altra parte della grotta. Avete due ore di tempo, sfruttatele al meglio, altrimenti sarete bocciati.
Il gruppo di ragazzi, con in testa Kasumi e Sway, si addentrarono nella caverna. Dopo alcuni metri il sentiero si restrinse finché i ragazzi non si ritrovarono a camminare su una sottile striscia di terra con sotto un profondo burrone. Tanto che non si riusciva a vedere la fine. Sembrava, insomma, di rimanere sospesi nel nulla più totale.
A metà nel sentiero ci fu un lampo, e subito dopo davanti agli occhi dei ragazzi era apparsa la Guardian Force Quetzal. Kasumi fu la prima ad estrarre la sua arma, subito seguita da Sway e gli altri. La prima a farsi avanti per fronteggiare lo spirito, fu Chou che estrasse il suo Shuriken. Eseguì la sua tecnica speciale: il Nizinkin, dopo aver colpito la GF varie volte indietreggiò e castò su i suoi compagni Shell, Protect, Heste, Levita, Rigene e Aura grazie all´ "Hoshinami".
Dopo Chou arrivò il turno di Dwale che nonostante l´Aura castatole dalla sua compagna di stanza, attaccò fisicamente un paio di volte.
Quetzal incassava paziente i colpi mentre Sway prendeva la rincorsa ed eseguiva il Renzokuken terminandolo con un Raggio Esplosivo. Tecnica appresa in quello stesso istante.
Mancavano solamente Kasumi e Krateia. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo ma fu Kasumi a colpire per prima la GF con un normalissimo attacco fisico. Allora si fece avanti Krateia con la sua frusta: il Red Scorpion. La fece volteggiare alcune volte in aria mentre la sua punta acquisiva un´aurea celeste. Alla fine attaccò Quetzal unendo la magia Idro all´attacco fisico. La Summon allora, sconfitta, smise di attaccare e si rivolse a Krateia, che distava pochi passi da lei, con la sua rimbalzava sulle pareti della grotta.
- Guerriera di temperanza e sapienza, per te sono sorta. Accetta i miei servigi. Dopo di ch&eacite; la Guardian Force si dissolse, diventando un fascio di luce che investì Krateia. La ragazza aveva trovato il suo Spirito gemello.
Dopo alcuni secondi Chou domandò incalzante:
- Si può sapere cosa cavolo è successo?
- Hai studiato per l´esame, vero? Quetzal è lo Spirito gemello di Krateia. – spiegò Kasumi dirigendosi verso il passaggio che conduceva in una nuova sezione della grotta. Per farlo dovette passare davanti a Dwale, che la sentì distintamente sussurrare: "Va tutto secondo i piani".
I ragazzi attraversarono il passaggio, dopo di ché sembrò loro di essere usciti all´aria aperta se non fosse stato che il soffitto di pietra, con le sue stalattiti, fungeva da cielo. Il suolo era ricoperto di sabbia e quella particolare sezione della grotta era attraversata da un fiume. Dal corso d´acqua emergeva uno scoglio. I ragazzi scorsero, adagiata su di esso, una meravigliosa sirena bionda: era la Summon Siren. La sirena cominciò a pizzicare dolcemente la piccola arpa che teneva in mano, mentre intonava il suo dolce canto.
- Credi di poterci sconfiggere così!? – esclamò Dwale portandosi in posizione da combattimento. Come lei anche Chou, Kasumi e Krateia sfoderarono le proprie armi. La sirena le ignorò e continuò il suo canto. Ad un tratto Dwale venne colpita alle spalle e cadde a terra stordita. Le altre ragazze si voltarono e videro Sway mentre impugnava il suo Gunblade. Chou, Krateia e Dwale, che si era rialzata, fecero un passo indietro.
- Sway…? – domandò Krateia incredula.
- Cosa gli è preso? – volle sapere Chou.
- E´ stato il canto della GF! – esclamò Kasumi parando un nuovo attacco del ragazzo. – Dobbiamo attaccarlo.
- Cosa!? Stai scherzando spero! – enfatizzò Dwale.
- Ho la faccia di una che scherza?
Nessuna delle ragazze però mosse un qualsivoglia attacco contro Sway, che invece tentava in continuazione di neutralizzarle. Alla fine, siccome nessuna si decideva a provare un´offensiva, Kasumi avanzò di un passo. Fece roteare il Poleblade con una mano sola, poi, la conficcò a terra, incrociò le braccia al petto per poi distenderle di scatto invocando una magia Ultima che colpì Sway mandandolo KO.
Subito però Siren castò al ragazzo un Reiz che lo rianimò. Il Gunblader si rialzò in piedi palesemente critico. Sway impugnò nuovamente la sua arma, prese la rincorsa attaccando col Renzokuken, terminandolo con un Cerchio Fatato.
Kasumi venne scagliata contro la parete di roccia.
- Dwale! – chiamò allora. – Nonostante le Materia tu possiedi grandi capacità magiche. Io lo so, credimi! Sway è debole a Bio. Attacca con quella magia! Dwale deglutì, tentando di eliminare il groppo che le aveva occupato la gola. Allora attinse alle sferetta verde incastonata nei suoi guanti per invocare una magia Bio. Questa, di grande potenza, andò a colpire Sway che cadde a terra esausto. Purtroppo il controllo esercitato su di lui lo costringeva a rialzarsi. Dwale allora cominciò a indietreggiare intimorita.
Kasumi si alzò tremante impugnando il Divine Angel. Spiccò la solita rincorsa per eseguire il suo Kirkazuken. Dopo questo primo attacco la ragazza prese fiato ed eseguì il devastante Cuore di Pietra. La ragazza, terminata la tecnica, ebbe appena il tempo di toccare terra che già spiccava un nuovo salto in aria per eseguire la sua tecnica più potente. L´Angel Curse.
Purtroppo la vita di Siren era molto elevata e nemmeno quella tecnica era riuscita a sconfiggerla, allora si rivolse a Dwale.
- Sei in turbo Dwale! Attaccala!
- Io non so… -balbettò la ragazza.
- Sì che sai! Attacca! ORA!!–urlò Kasumi.
Dwale scrollò la testa e attaccò come le era stato detto. Dopo una numerosa successione di colpi riuscì a terminare l´attacco con la sua Limit: il Colpo del Delfino.
Siren si alzò in piedi sullo scoglio e fece un cenno con la testa poi, come Quetzal, diventò luce che successivamente illuminò Dwale, ormai ingemellata con quella Summon ammaliatrice.
- Hai visto che ce la facevi? – le sorrise Kasumi.
- Come puoi sorridere? – esclamò Dwale sull´orlo del pianto. – Sway è morto! Guarda!
La ragazza indicò il giovane steso a terra. Subito Kasumi le si avvicinò, le poggiò una mano sulla spalla per poi allontanarla. Il suo corpo venne circondato da simboli arcaici mentre Phoenix faceva la sua comparsa rianimando Sway. Il ragazzo si alzò un po´ spaesato ma gli venne subito prestato soccorso.
- Anche tu sei ingemellata con Phoenix? – volle sapere Chou.
- No, - rispose Kasumi con poca attenzione. – E´ solo Junction.
I ragazzi si curarono con magie e medicine prima di varcare un nuovo passaggio che li avrebbe portati al cospetto di un´altra Guardian Force. Il passaggio in cui si ritrovarono rappresentava una radura. Una grande, infinita distesa d´erba fatta a eccezione per un albero perfettamente al suo centro. Seduti sotto la pianta li attendevano i Brothers.
I ragazzi si avvicinarono finché non c´erano che pochi metri di distanza, quando acquistarono una postura guardinga. Seclet e Minotaurus alzarono lo sguardo e quello dall´aspetto più grande fece un gesto con il braccio che intimava di deporre le armi.
- Non è la battaglia quel che cerchiamo. – spiegò Seclet.
- A lungo noi abbiamo sorvegliato una tomba. – riprese Minotaurus continuando ad alternarsi al fratello.
- I nostri animi sono assopiti.
- Desideriamo che uno di voi ce lo riscaldi.
- In conclusione? – li interruppe Kasumi facendo scomparire il Divine Angel.
- In conclusione, - riprese Minotaurus. – vogliamo che lei ci incanti con la sua voce.
- Lei chi? – domandò Dwale.
- La ragazza arcobaleno.
- La ragazza arcobaleno? – ripeté Chou.
- Tu. –spiegò Kasumi.
- Cosa? Io dovrei cantare una canzone? Cosa dovrei cantare? - Non lo so, -rispose Kasumi dandole le spalle e allontanandosi. – canta quello che sai.
La ragazza continuò a camminare lentamente fin quando non raggiunse la parete di roccia, dove si appoggiò con la schiena intonando una melodia a bocca chiusa. Quel motivetto risvegliò qualcosa nella mente di Chou che si avvicino ai Guardiani.
- Canterò per voi.
Tra i presenti calò il silenzio. Non un suono si sentiva, finché la ragazza cominciò a cantare. Era una ninna-nanna, di quelle che si cantano ai bambini per farli addormentare. Era dolce e parlava degli alberi, del sole e della natura in generale, infondendo in chi l´ascoltava il calore di un affetto materno. Quando la canzone terminò, Chou alzò interrogativa gli occhi verso i due guardiani. In silenzio, senza una parola, Seclet e Minotaurus si guardarono, poi quest´ultimo divenne luce e si ingemellò a Chou come avevano fatto le Guardian Force precedenti, mentre Seclet scomparve dividendosi dal fratello. I guardiani indivisibili si erano divisi…?
Ancora una volta i ragazzi imboccarono una galleria che li avrebbe portati all´aperto o da un´altra Guardian Force. Il passaggio fu più lungo degli altri. Il gruppo di potenziali SeeD camminava in silenzio, l´unico rumore era quello dei passi che rimbalzava sulle pareti. Dopo alcuni minuti di marcia Chou si portò, saltellando, in testa al gruppo, poi si girò e continuando a camminare, come un gambero, e domandò:
- Chissà se in questo esame tutti noi troveranno il loro spirito gemello? – sembrava più un´esclamazione, che una domanda, infatti non sembrava richiedere una risposta, ma questa arrivò dopo pochi istanti.
- No – Kasumi aveva parlato con un tono di voce freddissimo, che non ammetteva repliche, e che si adattava benissimo alla temperatura che l´aria stava assumendo.
I ragazzi, infatti, avevano percorso tutta la gallerie e gli sembrava di essere usciti all´aperto, vista la neve che infuriava. Purtroppo le pareti di pietra continuavano a circondarli, facendo capire loro di non essere ancora all´aria aperta. All´improvviso ci fu una folata di vento gelido, e Shiva apparse poco distante dalle giovani matricole. Il vento continuava a soffiare, mentre i ragazzi si scrutavano l´un l´altro domandandosi come comportarsi con quella nuova apparizione.
Senza aspettare nessuno, Kasumi avanzò di qualche passo, mentre i suoi capelli venivano arruffati, agitati dal vento. La ragazza si avvicinò alla Signora dei Ghiacci, finché non ci furono che un paio di metri a dividerle. Gli occhi cerulei delle due si incrociarono, poi, contemporaneamente, si inchinarono. Shiva esibì il suo gelido sorriso prima di scomparire accompagnata da un´altra folata di vento. La tormenta cessò all´istante.
Kasumi allora si voltò verso i suoi compagni che la osservavano confusi alcuni metri più indietro, e fece loro segno di incamminarsi verso l´uscita. I ragazzi la seguirono, ma Krateia afferrò Kasumi per la maglia, facendola fermare.
- Cosa c´è? – volle sapere la ragazza.
- Cosa è successo un secondo fa? – rispose Krateia senza mollare la presa sulla maglia della compagna.
- Shiva è il mio spirito gemello, ma è servito per questo test, perciò è stata "utilizzata" e ora siamo tornate insieme. Siamo gemelle, anche se non siamo vicine l´una all´altra. – spiegò Kasumi levando impercettibilmente un sopracciglio.
In quel momento i ragazzi uscirono dalla caverna, ma non trovarono nessuno ad attenderli, quindi si riproposero di aspettare che qualcuno li raggiungesse. Poco lontano dal gruppo, Sway stava seduto su una sporgenza della roccia e fissava, cupo, il mare. Kasumi gli si avvicinò e gli si accucciò davanti, in modo che lo sguardo ceruleo di lei si incrociasse con quello da cerbiatto di lui.
- Un giorno il tuo gemello sarà uno tra i più forti.
Subito dopo apparve Himitsu. I ragazzi si disposero in fila davanti al giovane e si misero sull´attenti. Il pistolero li scrutò per alcuni secondi, poi sorrise insinuante.
- Avete trovato i vostri gemelli, eh? – disse.
Le matricole si scambiarono sguardi sorpresi.
- Venite – interloquì Himitsu. – Raggiungiamo gli altri, siete stati i primi a terminare la prova! I ragazzi seguirono il SeeD, percorrendo la costa. Arrivarono in un spiazzo senza neve dove Miryoku e altri due professori aspettavano pazientemente che gli altri ragazzi uscissero dalla grotta. I membri dell´altra squadra erano tre maschi e due ragazze ed emersero dalla caverna dopo alcuni minuti. A quel punto i professori e tutti i partecipanti all´esame salirono sulle imbarcazioni che li avrebbero riportati a Balamb City.

8. Promossi

Kasumi, Sway, Chou, Dwale e Krateia erano stati lasciati da Himitsu nella Hall, dicendo:
- Adesso ci sarà il consiglio degli insegnanti, che si riuniranno per decidere chi di voi verrà bocciato e chi, invece, verrà promosso. Fatevi un giro, riposatevi. Verrete chiamati all´aula del secondo piano quando saranno stati decisi i risultati.
Subito Kasumi, euforica, aveva votato per la seconda opzione. A quel punto i ragazzi si divisero, diretti verso le loro camere, verso la mensa, o dove volevano.
Sway rimase con Kasumi, e la seguì mentre saltellava per i corridoio, finché non arrivarono nella loro stanza. Appena dentro la ragazza si buttò sul suo letto e si addormentò, mentre Sway si sedette sul proprio, rimanendo ad osservare la compagna, quando si ripresentarono i pensieri di quella mattina.
"Kasumi, oggi ho avuto la conferma della tua stranezza! Quando combatti, diventi fredda come il tuo spirito gemello… Mi sembra di conoscere due ragazze che si alternano tra i combattimenti e in momenti di calma, a volte mi viene da pensare che se mettessimo la Kasumi-da-combattimento e la Kasumi-queint´essenza-allegria nella stessa stanza, si scarnerebbero per la diversità… Kasumi - pensò - sei una ragazza… straordinaria."
Sway venne svegliato dalla voce di Miryoku, dall´altoparlante:
<< Gli studenti che hanno preso parte all´esame pratico sono pregati di raggiungere l´aula del secondo piano >>
Il ragazzo si alzò dal proprio letto e si avvicinò a quello di Kasumi.
"E se si ripetesse l´imbarazzante episodio di questa mattina?" Pensò rabbrividendo. "Ma no! Si disse poi, non è una cosa che può succedere due volte!"
Il ragazzo si chinò sulla compagna e le poggiò le mani sulle spalle, per svegliarla, ma si arrestò a metà del gesto: non voleva ripetere nulla di quello che aveva fatto quella mattina, così preferì punzecchiarle un braccio. La ragazza gemette e, con grande disperazione di Sway, gli si avvinghiò nuovamente al collo.
- Non di nuovo! –esclamò il giovane, esasperato. –Kasumi! E dai, Kasumi! Sway si alzò in piedi, trascinando con sé la ragazza. Questa volta la scosse senza complimenti e finalmente, quando vide che Kasumi si stava svegliando, si sfilò velocemente dall´abbraccio.
"Non è possibile che succeda ogni volta! La prossima volta le urlerò dall´altra parte della stanza!!"
Due minuti dopo erano entrambi impegnati in una corsa da olimpiadi verso il secondo piano, con Kasumi che si annodava i capelli in due codini con dei nastrini azzurri, e Sway che si infilava la giacca di pelle urlando dietro alla compagna di stanza tutti gli epiteti che gli venivano in mente. Giunsero al secondo piano e si scusarono con studenti e insegnanti che li avevano aspettati fino a quel momento. Coloro che riferivano i voti erano Miryoku e Himitsu. I due si guardarono un istante, poi Miryoku cominciò a parlare:
- Dalla discussione che abbiamo tenuto, è emersa una cosa molto strana. – premise. – Perché solo i membri di un gruppo sono stati promossi. Gli altri hanno fallito miseramente.
- Cosa?! – esclamarono i ragazzi rivolti ai propri compagni.
- E´ così. – confermò Himitsu. – Solo il primo gruppo, quello affidato a me, ha superato con successo l´esame, il secondo gruppo invece, oltre ad essere rimasto nella grotta oltre il tempo limite, non è riuscito a sconfiggere l´ultima Guardian Force.
- Ci dispiace, ma potrete ripetere l´esame l´anno prossimo. – continuò Miryoku.
– Kasumi, Sway, Dwale, Chou e Krateia, salite in presidenza dove vi verrà affidato il diploma.
I ragazzi seguirono la professoressa in ascensore e poi dritti davanti al preside. Si disposero in fila e attesero che venisse loro consegnato il diploma. Kanzi passò tra i neo SeeD con cinque pergamene. Consegnò la prima a Sway, la seconda a Chou, poi Dwale, Kasumi ed infine Krateia. Avevano ottenuto tutti un buon punteggio, i ragazzi corsero a prendere l´ascensore per allontanarsi da quel luogo carico di tensione. Kasumi fu l´unica a trattenersi perché Kanzi le volle affidare una specie di schedario dove annotare i ragazzi andati KO nella missione e i nemici sconfitti. Dopo di ché anche la ragazza raggiunse l´ascensore ancora contemplando il suo diploma con il punteggio dell´esame:
ATT 100 DIF 100 RAPIDITA´ 100 DECISIONE 100 RANGO SEED: A Kasumi trovò i suoi compagni ad aspettare nel corridoio prima della classe. Erano tutti agitati e nervosi, Dwale camminava avanti e indietro per il corridoio, Chou saltellava euforica sul posto, Krateia guardava fisso un punto qualsiasi del pavimento mentre Sway attendeva con la schiena appoggiata al muro.
- Come mai siete tutti qui fermi? – volle sapere la ragazza.
- Ma come, non lo sai? – rispose Krateia. – I nuovi SeeD devono tenere un discorso alle matricole e a coloro che sono stati bocciati.
Kasumi alzò un sopraciglio, non ci teneva particolarmente a mettersi in mostra. Non doveva dare troppo nell´occhio, e con le sue capacità era già abbastanza difficile.
- Bando alle ciance! – ringhiò Dwale. – Non sopporto quest´ansia! Io vado di là! Seguirono Dwale, appena furono entrati in classe, i presenti si zittirono all´istante. Dopo un poco qualcuno cominciò ad applaudire e subito tutti gli furono dietro. In pochi secondi tutta la classe applaudiva ai nuovi SeeD al massimo dell´imbarazzo.
Ci fu un discorso breve e circonciso, poi Kasumi trascinò tutti a Balamb per festeggiare e alla sera erano tutti stanchissimi e si addormentarono senza problemi. Tutti, comunque, ebbero modo di pensare alla loro vita, che certamente sarebbe cambiata dal giorno dopo.

9. La prima missione

Alla promozione seguirono due giorni di completo relax da parte dei neo SeeD. Chou passava molto tempo in cortile con Dwale, Krateia la si trovava sempre nello stesso posto: la biblioteca. Sway preferiva allenarsi e Kasumi saltellava dal dormitorio alla mensa da mane a sera. E fu proprio alla mensa, mentre si mangiava un panino in compagnia di Sway che le arrivò la nuova notizia. Chou infatti arrivò imitando un tornado ed esclamò felice:
- Ci hanno assegnato la prima missione!! Dobbiamo trovarci all´ingresso della scuola tra trenta minuti. Himitsu ha consigliato di passare per la propria camera a prendere un paio di Pozioni e Code di fenice.
La ragazza scomparve così come era apparsa. Kasumi e Sway seguirono il suo consiglio e passarono per la propria nuova camera prima di recarsi all´ingresso dell´accademia.
Come al solito Kasumi e Sway furono gli ultimi ad arrivare al luogo dell´appuntamento, questa volta perché Kasumi aveva capito che il luogo dove dovevano incontrarsi fosse un altro, e Sway si era dannato per riuscire a convincerla del contrario.
Himitsu sovrastava sui ragazzi e li squadrò tutti, dal primo all´ultimo prima di cominciare a parlare. Stava per aprire bocca quando Kasumi e Chou lo aggredirono contemporaneamente con sdegno e con epiteti che preferisco non ripetere, tutto per dirgli di non permettersi di guardarli dall´alto in basso.
Himitsu sorrise e con un inchino molto plateale esibí le sue scuse.
- La missione si svolgerà tra le rovine di Centra. – spiegò. – I nostri sensori hanno rilevato una presenza sinistra. E´ nostro compito investigare. Siccome è la vostra prima missione hanno preferito che vi accompagnassi anche io, che sono SeeD da certamente piì tempo di voi.
Kasumi e Chou preferirono ignorare la frase che voleva sottolineare la sua superiorità e seguirono il ragazzo alla stazione del treno. Fu un viaggio breve e privo di preoccupazioni, l´unico movimento ci fu quando Kasumi sfidò Himitsu a Triple Raid. Fu un’epica battaglia che vide Kasumi vincitrice dopo un´agonizzante scontro. Scesi dal treno i ragazzi presero il traghetto dove prese vita un´altra battaglia, ma di proporzioni minori rispetto alla precedente a causa dell´incapacità di Sway al gioco. Fu stracciato da Chou che nemmeno aveva mai giocato.
A metà pomeriggio raggiunsero le rovine di Centra. Era un posto desolato appena fuori dal regno di Centra, una monarchia instaurata cento anni prima, al centro di un cratere sorgeva una strana costruzione. Himitsu la indicò, dicendo che era da lì che avevano ricevuto uno strano segnale. I SeeD si avventurarono per gli umidi corridoi della torre. Ad un certo punto sentirono delle voci indistinte provenire da sinistra. Le seguirono finché sbucarono in un´ampia stanza. C´erano già altre persone, i SeeD preferirono nascondersi dietro delle grosse statue che offrivano un nascondiglio perfetto. Rimasero in silenzio ad aspettare che quelle entità sconosciute agissero: erano una donna vestita di rosso, i capelli neri lunghi fino alla vita, gli occhi zafferano e la pelle abbronzata. Di fianco alla donna vigilava un ragazzo più alto di lei di tutta la testa i capelli di un castano chiarissimo, indossava un paio di jeans neri e un impermeabile grigio. Alle spalle di questi due aspettavano più di venti soldati con lo stemma della famiglia reale di Centra.
- Il Cavaliere… - sussurrò Kasumi.
- Cosa? – le chiese Himitsu al suo fianco.
- Ascoltiamo quello che stanno dicendo. – rispose Kasumi aggirando la domanda.
La donna vestita di rosso si stava rivolgendo ai soldati alle sue spalle. Kasumi suppose fosse un membro della famiglia reale, ascoltando le sue parole i ragazzi furono in grado di capire cosa ci facevano laggiù. Lo scopo di quella donna era di assimilare il potere di Ultima e Omega Weapon. – Ma per poter far ciò – aveva detto, - è necessario trovare la Guardian Force Gilgamesh. Così c´è scritto sulle iscrizioni sulla tavola dei Guardiani.
- Ma allora è una strega! – esclamò Sway alzando la testa.
- Stai giù! – sibilò Kasumi tirandolo per una manica della giacca. – Ma che ti è preso? – gli domandò Dwale.
- Nulla – rispose il giovane, poi tornò a osservare la scena.
Chou era l´unica che non aveva distolto lo sguardo da colui che doveva essere il Cavaliere di quella strega vestita di rosso. Quando però il giovane alzò la testa, i suoi occhi verdi incrociarono quelli di Chou. Sarebbero stati di un verde molto intenso, se non fossero stati così opachi, in una tal maniera che sembravano ricoperti da uno strado di nebbia.
- Cosa ti prende, Kensa? – domandò la strega.
Questa seguì lo sguardo del Cavaliere finché non si rese anche lei conto che dei SeeD la stavano osservando.
- I SeeD! – esclamò. – Attaccateli!
I soldati misero mano alle loro armi cominciando a correre verso le statue, che si trovavano vicino all´ingresso, di un piano più in alto rispetto a loro. Anche Chou e Dwale balzarono in piedi pronte a combattere.
- No! – le richiamarono i loro compagni.
- Come volete sperare di sconfiggere cinquanta soldati, una strega e il suo cavaliere? – urlò Sway cominciando a correre verso l´esterno affiancato da Kasumi, Himitsu e Krateia.
- Ma…! – protestò Dwale.
- Niente "ma". Ritirata!
- Non hai il potere di darmi ordini Kasumi!
- Ma io sì. Ritirata! – ordinò Himitsu, ormai lontano insieme agli altri. Dopo un secondo li raggiunsero anche le due ragazze.
Fuori dalle rovine i SeeD si guardarono furiosamente attorno alla ricerca di un luogo dove nascondersi mentre i soldati si avvicinavano sempre di più.
- Per di là! – urlò Krateia indicando un boschetto poco lontano che avrebbe potuto dar loro rifugio. Spiccarono una corsa folle verso il bosco, con le guardie sempre alle spalle. Tra gli alberi inevitabilmente finirono per dividersi. Con una determinazione incredibile, però, i soldati della strega non accennarono a rinunciare, così alla fine, i SeeD vennero raggiunti al centro del bosco, lì dove gli alberi diradavano.
- Contrattacchiamo! – fu l´esorto di Himitsu verso i suoi compagni mentre faceva apparire le pistole.
Iniziò lo scontro. Chou era la meno pressata, dovendosi occupare di soli cinque soldati. Mentre combatteva tutto intorno a lei sembrava sbiadire, permettendole di concentrarsi solamente sul combattimento. Stordiva o, nel peggiore dei casi, uccideva tutti i soldati che la attaccavano, fin quando rimase senza avversari. Si guardò intorno, pronta a lanciarsi in un nuovo combattimento, ma prima volle osservare gli altri: Himitsu e Krateia combattevano schiena contro schiena in modo da prevenire scomodi attacchi alle spalle mentre Dwale era impegnata in uno spettacolare corpo a corpo con uno dei capitani dei soldati. Chou girò su sé stessa alla ricerca di Kasumi e Sway. All´improvviso sentì il suono di uno sparo e si voltò. Alle sue spalle finalmente vide Sway. La ragazza poté osservare tutta la scena che seguì a rallentatore: uno dei soldati aveva un fucile e aveva puntato Sway. Quando era partito il colpo il giovane Gunblader era stato solamente in grado di voltarsi contro il cecchino, così come tutti i suoi compagni che non avrebbero potuto impedire al proiettile di colpire il bersaglio. Pochi istanti dopo un corpo era caduto a terra.
- Kasumi! – urlò Sway. Il ragazzo si chinò sulla ragazza che perdeva copiosamente sangue dall´addome, la tirò un po´ su e continuò a chiamarla con il pianto che gli saliva agli occhi.
Chou rimaneva immobile solo pochi metri più lontano. Rivedendosi davanti agli occhi gli ultimi secondi prima che il colpo arrivasse a destinazione: con una rapidità impossibile da immaginare, Kasumi si era gettata su Sway buttandolo di lato, ma prendendosi il proiettile nell´addome. In quell´istante invece Dwale aveva raggiunto Sway, preoccupata per Kasumi, ma tentando di far rinsavire il ragazzo che si era isolato la battaglia mentre tentava ancora di risvegliare Kasumi.
Chou, anch´essa sotto shock non riusciva a decidere cosa fare mentre Himitsu e Krateia continuavano a combattere alla sua sinistra. D´un tratto sentì un dolore lancinante al braccio destro, lì dove era stata colpita dalla lama di un soldato. Chou tentò di parare i colpi che seguirono impugnando l´arma con la mano sinistra continuando a indietreggiare finché non si ritrovò con le spalle contro il tronco di un albero. Subito dopo inciampò in una radice e cadde a terra mentre la sua arma le scivolava di mano. Chou chiuse gli occhi attendendo il colpo che l´avrebbe uccisa. Questo però non arrivò. La ragazza riaprì lentamente gli occhi: davanti a lei stava combattendo un ragazzo armato con una spada a lama larga, una di quelle che venivano chiamate “spade bastarde”, le buster sword: capelli neri, pelle abbronzata, portava una maglia di cotone blu col collo lungo ma senza maniche che mettevano in risalto le braccia muscolose, un paio di jeans sbiaditi e un paio di scarponi. Il giovane finì l´avversario con un affondo prima di richiamare a sé l´attenzione dei SeeD. Subito dopo gettò a terra qualcosa di rotondeggiante che dopo pochi istanti cominciò a rilasciare fumo che in breve rese impossibile a chiunque di vedere al di là del proprio naso. Chou si sentì afferrare per il braccio sano, mentre l´altro non smetteva di perdere il sangue che le inzuppava i vestiti, per poi essere trascinata via. Per un po´ corse alla cieca seguendo solo colui o colei che la stava guidando, dopo poco però inciampò e cadde, incapace di rialzarsi, sentendosi troppo debole a causa dell´emorragia, alla fine svenne.

10. Un giovane vagabondo

Quando Chou si risvegliò non si trovava più nel bosco, o almeno, non in quello dove si trovava prima. La ragazza si trovava distesa su un pagliericcio vicino ai resti di un fuoco, ormai spento. Nel lettino alla sua destra si accorse della compagnia di Kasumi che riposava. La giovane era molto smagrita, era pallida con delle scure occhiaie che le segnavano gli occhi. Chou si alzò a sedere ma venne subito colta da un giramento di testa che le fece appannare lo sguardo costringendola così a risedersi, stanchissima.
- Ben svegliata – le disse una voce alle spalle.
Chou si voltò e riconobbe nel ragazzo che vide, lo stesso che l´aveva salvata dall´attacco di uno dei soldati della strega.
- Hai dormito per quattro giorni, la tua amica invece è ancora svenuta. – continuò il giovane. Siamo stati costretti a un´operazione di fortuna, ed è stata davvero fortunata che avessi con me tutto il necessario per operar con sicurezza. Grazie a Hyne il proiettile non era penetrato in profondità. - Tu chi sei? – fu la prima frase che riuscì a formulare la ragazza dopo essersi risvegliata.
- Mi chiamo Huta Ongaku. Stavo facendo una passeggiata e sono passato per caso lì dove stavate combattendo. E´ stata proprio una fortuna per te e i tuoi compagni. Una fortuna! Già, proprio una fortuna! – ripeté Huta annuendo con un sorriso.
I suoi compagni! Come aveva potuto dimenticarlo?
- Gli altri…? – domandò.
- Chi? Krateia e la bella compagnia? Saranno qui in giro. Erano tutti molto in pensiero. Ma quello Sway… Ti da mica l´impressione di essere innamorato della castanina? Era così preoccupato poverino!
- Sway…? Io… no. Cioè… non credo…
- Sei ancora un po´ confusa, eh? – le chiese bonario. – Ti capisco, ti capisco. I tuoi compagni mi hanno già detto il tuo nome, ma vorrei fossi tu a presentarti!
- Chou. Chou Nizi. – rispose lei mentre la pastoia che le sembrava di avere in bocca cominciava a scomparire.
- Tanto, tanto piacere! – esclamò Huta stringendole energicamente la mano con il suo eterno sorriso stampato sulla faccia. – Tieni, bevi questo tè! Contiene tanta di quella caffeina che potrebbe tenere sveglio persino un morto!
- Kasumi non è morta, vero?
- Ti ho già detto che sta dormendo! – esclamò Huta. – E´ da quando avevo dieci anni che sono abituato a curare e bendare le ferite, mie e quelle altrui. Posso assicurarti che si sveglierà da un momento all´altro.
Difatti, per una stranissima coincidenza, appena Huta smise di parlare, Kasumi emise un lamento e aprì gli occhi.
- Kasumi! Kasumi! Ti sei svegliata! Stai bene?! – volle sapere con ansia Chou precipitandosi al fianco dell´amica.
Kasumi sorrise: - Tutto a posto Chou. Grazie giovane guerriero. – disse poi rivolta a Huta.
- Oh, non c´è di ché! – assicurò questo sciacquando la tazza in cui aveva bevuto.
- Gli altri stanno tutti bene? – interrogò Kasumi.
- Io non lo so, mi sono appena svegliata anche io – confessò Chou, - ma Huta assicura che, sì, stanno tutti a meraviglia.
- Se vuoi, potresti andare ad avvertirli che la vostra amica si è risvegliata – interloquì il ragazzo. – Credo che li troverai dietro quella radura – e fece appena in tempo ad indicare la direzione, che Chou era già scomparsa.
- E´ davvero spensierata Chou – sorrise Kasumi con moderata spossatezza.
- Già – concordò Huta, - mi ricorda la mia sorellina.
Rimasero in silenzio per qualche minuto e Huta si voltò verso Kasumi, probabilmente per porle una domanda, ma incontrando gli occhi argentei di Kasumi rimase attonito, e non disse nulla.
Quando finalmente Kasumi tornò in sé, però, preferì far finta di nulla e riprese il discorso da dove lo aveva interrotto:
- Cosa ci facevate laggiù, in quel boschetto? – volle sapere. – Non sembrava una passeggiata.
- No, non era una passeggiata – concordò la giovane. – E in realtà… il motivo è abbastanza delicato… Noi facciamo parte dell´elite del Garden di Balamb:
ricevuta una segnalazione alle Rovine di Odino siamo venuti ad indagare e…
- E…? – la interrogò il giovane.
- Abbiamo scoperto che Cecir, la regina del regno di Centra, è la Strega e che… vuole ottenere il potere dei Guardiani Supremi.
- Come? E cosa ci vorrebbe fare una volta ottenute? Allestire una mostra?
- Non essere ridicolo – lo rimproverò Kasumi. – Ma questo non lo sappiamo ancora.
- Mmh… - borbottò Huta pizzicando le corde di una lira.
Kasumi si mise a riposare sul proprio giaciglio, ascoltando con serenità la canzone suonata dal ragazzo.
- E´ molto bella – gli disse quando ebbe finito, - ma sono sicura di aver già sentito questa melodia.
- E´ la ninna-nanna che cantavano nel luogo dove sono cresciuto. Ricordo che piaceva tantissimo a me e alla mia sorellina – raccontò Huta strimpellando una nuova canzone.
- Tra poco torneranno gli altri – stabilì Kasumi alzandosi in piedi con fare tremolante. – Avresti anche per me una tazza di quella tisana piena di caffeina?
- Ma come?! Eri sveglia allora! – esclamò quello strano ragazzo porgendole la tazza richiesta.
- Non del tutto – replicò invece Kasumi.
- Siete proprio un gruppo divertente – rise Huta dopo pochi secondi. - Ti piacerebbe venire con noi?
Huta si acquietò e smise di suonare, probabilmente stava riflettendo sulla proposta ricevuta quando, come un fuoco d´artificio, irruppe Chou seguita da tutta la compagnia.

11. Il Bosco Sacro dei Chocobo

- Kasumi, stai bene!
- Ti sei ripresa, come stai?
- Per fortuna ti sei svegliata.
I compagni di Kasumi l’accerchiarono ansiosi, chi più chi meno, di sapere delle sue condizioni. Dwale e Krateia si erano subito buttate addosso all’amica per un grande abbraccio, mentre Himitsu le osservava un po’ più distante e sogghignava, probabilmente per nascondere il suo sollievo. In piedi dietro Dwale e Krateia aspettava Sway, sollevato a tal punto da sembrare un’altra persona.
- Be’ Sway, perché quella faccia? – gli domandò Kasumi con la voce fievole. – Sto bene non vedi?
- Sì – assentì il ragazzo accucciandosi e prendendole il viso tra le mani, - stai bene.
La giovane scoppiò a ridere per la strana reazione di Sway, ma gemette quando quel gesto le fece male al petto.
- Sei ancora ferita? – domandò Krateia preoccupata.
- In verità – intervenì Huta, - è quasi miracoloso il solo fatto che sia ancora viva. Era una ferita molto grave la sua ed è stato molto complicato estrarre il proiettile. Potete ringraziare Hyne perché sta bene, contro ogni previsione sta bene.
- Come puoi dire che sta bene? – lo aggredì Krateia.
- Sta bene – insistette il giovane vagabondo. – Sta bene, contro ogni previsione, sarebbe dovuta essere morta tanto sangue aveva perso.
- Adesso basta – li zittì Kasumi cominciando a riacquistare forza nella voce. - Dobbiamo decidere cosa fare adesso. La nostra missione Himitsu, ripetimi le precise parole del preside.
- Kanzi ha detto: “I sensori del Garden hanno rilevato qualcosa di anormale alle Rovine di Odino. Recatevi a Centra, accertatevi del problema e risolvetelo”.
- Perciò, secondo gli ordini ricevuti dobbiamo occuparci della Strega.
I ragazzi si avvicinarono a Kasumi per poter decidere un piano insieme. Gli unici che non si unirono furono Himitsu, che osservava i neo SeeD con la schiena appoggiata ad un albero, e Huta che, seduto su un masso, osservava a sua volta i SeeD con un sorrisetto sulle labbra mentre strimpellava con la sua lira.
- Cosa sappiamo? – interrogò Kasumi, sperando di prendere al più presto tutte le decisioni perché aveva ancora bisogno di riposo.
- Be’ l’obbiettivo più prossimo della strega deve essere per forza il ritrovamento di Gilgamesh – rispose Chou.
- Ma per rintracciarlo, a sua volta ha bisogno della presenza di Odino – la corresse Sway. – Ma se Odino non si trovava alle Rovine… allora dove si può trovare?
I ragazzi si ammutolirono. Kasumi si sentiva spossata, sia mentalmente che fisicamente, ma sapeva di non poter essere lei a fornire tutte le risposte. Scoccò di nascosto un’occhiata a Himitsu che continuava ad osservare i ragazzi col suo strano ghigno. Gli sguardi dei due ragazzi si scontrarono per un istante, e alla fine:
- Il Cratere di Trabia – disse semplicemente il biondo SeeD.
- Il Cratere di Trabia? – domandò allora Chou. – Perché il Cratere di Trabia?
- Perché è il luogo con maggiore confluenza magica dopo Centra e il Lunatic Pandora. Odino, non trovandosi a Centra, e non sapendo nemmeno se il Lunatic Pandora esiste, l’unico luogo dopo si può cercare è il Cratere di Trabia – spiegò Huta lasciando i ragazzi di stucco.
- Allora non sei soltanto uno strano barbone – lo schernì Himitsu.
- No, e tu possiedi il senso dell’umorismo Himi-chan – controbatté il giovane. Poi questo si voltò verso Kasumi: - Vengo con voi.
- Ne sono felice – gli sorrise lei alzandosi in piedi.
- Sicura di stare bene? – le chiesero Chou e Krateia.
- Certo non vi preoccupate…
Ma le cedettero le gambe e solo Sway, afferrandola al volo, le impedì di cadere a terra.
- Ah, no?
- …forse non sto così bene – ammise allora la giovane. – Ma non ha importanza: dobbiamo raggiungere Trabia prima che lo facciano la Strega Cecir e il suo cavaliere.
- Allora ti porterò io – decise Sway e se la caricò sulla schiena.
- No… Sway… - tentò di opporsi la ragazza, ma era troppo debole anche per litigare.
“Non posso farmi portare da Sway… finirà che…” pensò la giovane portando gli occhi al cielo.
- Zitta – le impose il Gunblader, prendendo il comando. – Come facciamo a raggiungere Trabia prima della Strega?
Questa era una bella incognita perché effettivamente Trabia era molto distante, e loro erano a piedi.
- Io avrei un’idea – si annunciò poi Huta. – Lo so, non è grandiosa, ma per il momento credo sia davvero l’unica cosa che possiamo fare: qui vicino c’è uno dei boschi sacri dei Chocobo. Potremmo…
- Bravissimo Huti! – esclamò Chou saltandogli in braccio.
- Mi chiamo Huta – rispose lui posandola a terra e arruffandole i capelli, di cui ne prese in mano una ciocca. – peccato che li abbia colorati, credo che neri ti sarebbero stati molto bene.
- Be’ a me piacciono così… e ridammi quella ciocca! È mia!
- Ora non più! – esclamò il ragazzo, poi estrasse un piccolo coltello da una tasca e gliela tagliò via. – Mia! – le disse, lasciandola basita per qualche secondo.
- Ehi… ma… i miei capelli!!!!!!
Chou prese ad inseguire Huta minacciandolo di morte e lanciandogli dietro dei Kozuka, ovviamente senza colpire il bersaglio, strappando una risata ai presenti.
- Sembrate marito e moglie! – gridò loro dietro Dwale.
- O forse come fratello e sorella – sussurrò Kasumi, ma l’unico che fu in grado di sentirla fu Sway.
- Dovremmo avviarci – disse Himitsu, richiamando all’ordine i suoi compagni.
Il gruppo di ragazzi, dopo che Huta ebbe messo via in uno zaino tutte le proprie cose, s’incamminò verso questo Bosco Sacro dei Chocobo. Himitsu in testa, seguito da Dwale, Chou, Huta, Krateia e Sway e Kasumi per ultimi, un po’ più indietro rispetto gli altri.
- Non ti peso? – sussurrò d’un tratto Kasumi all’orecchio di Sway.
- No, non preoccuparti. Sei talmente leggera che non mi sembra nemmeno di tenerti in braccio. Ma quanto pesi?
- 47 chili.
- Ma non è poco, anche per una ragazza? – domandò lui incredulo.
- Un po’, ma sono forte lo stesso.
- Sì, lo vedo… lo vedo che sei forte!
Passarono ancora un po’ di tempo in silenzio quando Kasumi bisbigliò, poggiando la testa a una spalla di Sway:
- Sto pesando a tutti…
- Veramente, per il momento solo a me… - tentò di scherzare il ragazzo.
- Seriamente, Sway.
- Sono serissimo. Non sei di peso per nessuno, anzi, sei di sostegno agli altri con la tua saggezza e la tua allegria. Sei premurosa, gentile, altruista, socievole, intelligente… bella… riassumi in una sola persona tutti i pregi di noialtri.
- Ti prego, non dire così…
- Perché non dovrei? – le domandò lui inquieto.
- Non capiresti – gli rispose triste, nascondendo la faccia nel suo giubbotto.
Sway si fermò e posò in terra la ragazza.
- Kasumi Megami, dimmi – le intimò accucciandosi in modo da fissarla negli occhi azzurri e malinconici, - che cosa ti turba?
- Io… ecco… non credo… di potertelo dire… - rispose lei sfuggendo il suo sguardo e mordendosi il labbro.
- Prova – la incoraggiò lui, prendendole per la seconda volta il viso tra le mani.
Lei lo fissò dritto negli occhi, aprì la bocca forse con l’intenzione di dire qualcosa, ma alla fine la richiuse, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Lo abbracciò in cerca di conforto per qualcosa che non poteva rivelare a nessuno. Sway decise di non porle altre domande, così ricambiò l’abbraccio. Quando le lacrime della ragazza si furono fermate la prese di nuovo sulla schiena e affrettò il passo per raggiungere i loro compagni. Kasumi disse ancora un’unica frase, bisbigliata all’orecchia di Sway, poi tacque per il resto della strada: - Anche Dwale è bella.
In quei momenti di silenzio Sway rifletté sull’ultima discussione che lui e Kasumi avevano avuto e a quanto poco, in realtà, conoscesse la ragazza.
Il Bosco Sacro di cui aveva parlato Huta si trovava in prossimità di una sporgenza che si affacciava sul mare. Più allegri di prima, ora che avevano finalmente delineato un piano, i sette ragazzi avanzavano con passo sicuro verso il bosco ma un ragazzino sbarrò loro la strada.
- Non potete entrare tutti quanti: spaventereste i Chocobo – disse loro.
- Tu chi sei? – lo interrogò Himitsu.
- Chiamatemi Chocoboy. Siamo noi Chocoboys che custodiamo i Boschi Sacri dei Chocobo, se volete entrare, dovete farlo uno alla volta.
- Noi abbiamo solo bisogno di cavalcature per un viaggio veloce – mormorò Kasumi mentre Sway la posava su un masso.
- Uno alla volta, la regola è sempre quella – insistette il Chocoboy. – Scegliete chi di voi dovrò accompagnare nel bosco affinché catturi i vostri Chocobo.
I ragazzi si fissarono a vicenda per qualche secondo.
- Andrò io – si offrì subito Kasumi, ma fu subito chiaro che nessuno dei suoi compagni aveva la ben che minima intenzione di lasciarla andare.
- Sarò io – decise allora Chou, - ad andare. Chocoboy, accompagna me.
Così i SeeD guardarono Chou entrare nel bosco mentre si preparavano all’attesa, fosse questa breve o lunga.
Huta fu il primo a trovare un modo per impiegare il tempo e cominciò zelante a controllare le ferite e le bende di Kasumi aiutato da Krateia, Himitsu si era seduto all’ombra di un albero, Dwale, invece, affiancava Sway che fissava con sguardo assente i tronchi degli alberi tra i quali Chou era scomparsa.
- Ti senti meglio ora? – indagò la giovane pugile.
- Cosa ti fa credere che sia stato male? – ribatté secco il giovane.
- Ti ho visto molto preoccupato… eri in ansia per la salute di Kasumi. Ce ne siamo accorti tutti, per questo io… mi chiedevo se ora ti fossi rilassato vedendola sana.
- Sana? – ringhiò Sway voltandosi verso Dwale con gli occhi roventi. – Come puoi definirla sana se non riesce nemmeno a reggersi in piedi?!
- Non occorre adirarsi per…
- Deciderò da solo per cosa adirarmi, ma grazie della premura.
- Beh, datti una calmata! – l’aggredì allora la giovane. – Io mi stavo solo preoccupando per te perché ti avevo visto giù! Non ti permetterò di trattarmi così, sono anch’io una tua compagna, perciò non serve ringhiarmi addosso se ti rivolgo la parola. E scusa tanto se ti ho distolto dai tuoi interessantissimi pensieri.
La sfuriata, pronunciata senza alzare la voce, scosse particolarmente Sway che la fissò intensamente negli occhi per qualche istante.
- In effetti sei bella – disse Sway prima di voltarle le spalle e raggiungere Huta che gli faceva segno di avvicinarsi già da qualche minuto.
Chou rimase dentro il Bosco per poco più di un’ora, ma quando ne uscì, reggeva trionfante le redini di sei splendidi Chocobo. I Chocobo erano degli animali davvero maestosi, alti un paio di metri, le penna gialle risplendevano sotto i raggi del sole mentre attendevano impazienti di cominciare a correre, qualunque fosse la loro destinazione. Senza perdere altro tempo ogni ragazzo balzò in groppa a un Chocobo, Kasumi, che di certo non era in grado di governare il bipede, fu costretta a sedersi davanti a Sway, di nuovo, nonostante la ragazza avesse semi-espresso il desiderio di salire sul Chocobo insieme a chiunque altro.

12. Il Cratere di Trabia

La velocità dei Chocobo era fantastica e incredibile, saettavano attraverso pianure e secche come se non facessero altro per tutta la vita. Persa tra mille emozioni, osservando tutto ciò che la circondava, nonostante rare volte riusciva a cogliere qualcosa di più di semplici macchie di colore che sfrecciavano velocissime ai suoi lati, Kasumi riuscì a dimenticare tutti i suoi problemi. Almeno finché lei e gli altri ragazzi non scorsero in lontananza il cratere di Trabia. Ormai avevano cavalcato per diverse ore e il cielo cominciava ad imbrunire acquistando splendenti colori oro e arancio. I giovani SeeD spronarono le loro cavalcature e raggiunsero finalmente l’orlo del cratere. Ma erano arrivati troppo tardi. Al centro del cratere si trovavano già la strega Cecir e il suo Cavaliere, quest’ultimo, avvolto da strani simboli arcaici e da una luce ambrata aveva appena terminato una gemellanza. Si era unito con Odino, il suo spirito gemello.
Ci volle poco perché strega e cavaliere si accorgessero dell’arrivo dei SeeD, così cominciò la battaglia. I ragazzi eliminarono velocemente le guardie che avevano accompagnato la strega e subito si scagliarono contro il Cavaliere, mentre Cecir osservava lo scontro da poco lontano. Nessuno si era mai scontrato con Kensa, o lo aveva visto combattere, ma in breve fu chiaro della sua potenza e abilità. Da solo riusciva a tenere testa a tutti loro. Parando un suo fendente Sway si domandò dove fosse Kasumi: l’aveva osservata durante l’esame pratico e tutte le altre battaglie e si era reso conto della sua maestria nel combattere che non era certo inferiore a quella di Kensa. Ma allora perché non erano ancora riusciti a sopraffarlo? Sway fece un balzo indietro per riprendere fiato lasciando il posto a Huta e Chou, e si guardò intorno cercando Kasumi con lo sguardo. Eccola. La ragazza aveva insistito per combattere seppur non ancora guarita e le era bastato stringere la propria arma e alzarla sulla testa per sfinirla. Era caduta a terra e respirava a rantoli stringendosi spasmodicamente l’addome, dove probabilmente si era riaperta la ferita. Sway le corse incontro e la prese tra le braccia, la ragazza stava bruciando di febbre.
Qualche metro più in là intanto, lo scontro non sembrava voler cessare. In quell’istante era Chou ad affrontare il giovane cavaliere. La ragazza schivava gli attacchi con grande agilità per poi contrattaccare con i suoi stiletti, anche se purtroppo non arrecavano gravi danni. La giovane combatteva guardando fisso negli occhi il suo avversario. Ci fu un momento però, che durò quanto un battito del cuore, in cui Kensa esitò, come dire… si arrestò a metà di un fendente mentre guardava con una strana espressione la ragazza. In quel momento, solo in quell’istante, la nebbia dei suoi occhi si era diradata e il verde dell’iride aveva risplenduto come uno smeraldo sotto i raggi del sole. Chou ebbe appena il tempo di accorgersene che la nebbia era tornata ad invadere gli occhi di lui, tanto da farle pensare di essersi immaginata tutto. Si allontanò dal giovane e lasciò il turno a Krateia. Si voltò cercando Sway e Kasumi e li vide, una retta dall’altro, distante alcuni metri. Kasumi sembrava priva di sensi, ma d’un tratto spalancò gli occhi e spinse bruscamente Sway allontanandolo da sé. La giovane si alzò in piedi, nonostante fosse barcollante, e levò le braccia sopra la testa. Cono orrore, probabilmente fu Chou a capire per prima le intenzioni della compagna, difatti pochi secondi dopo il terreno sul quale stavano tutti posando i piedi si era ricoperto di ghiaccio. Da questo ghiaccio era emersa la Guardian Force Shiva che, attaccato il Cavaliere con un raggio gelato, era scomparsa lasciando Kasumi totalmente priva di forze. La ragazza svenne.
Sway si voltò adirato verso Kensa, pronto per riprendere il combattimento, ma anche lui sembrava finalmente privo di forze. Si issò in piedi, pronto a sferrargli il colpo decisivo, ma la Strega Cecir si interpose tra i due. La donna fissò sprezzante, ad uno ad uno, tutti i ragazzi.
- Sono stufa di giocare con voi bravi soldatini – disse loro, fredda come il ghiaccio. Alzò le braccia verso il cielo, evocando una magia, il cielo ormai risplendeva rosso come il sangue ma il richiamo della magia lo fece diventare quasi nero. Seguirono alcuni secondi di assoluto silenzio, poi caddero sulla terra delle meteore. Colpirono ripetutamente tutti i ragazzi, facendo perdere loro i sensi. Se quello fosse stato un videogioco, sullo schermo sarebbe apparsa la scritta “Game Over”.
Sway fu l’ultimo a perdere conoscenza, ma sentiva ancora la gelida risata della strega risuonargli nelle orecchie – Avete perso, SeeD. – Ma non gli interessava questo: doveva trovare Kasumi, stava male, l’aveva vista…

13. Prigionieri

I ragazzi si risvegliarono, qualche tempo dopo, ma non si trovavano più presso il Cratere di Trabia, anzi, probabilmente non si trovavano nemmeno più a Trabia. Ognuno di loro era stato rinchiuso in una stanza diversa. Erano belle stanze, ma avevano le sbarre alle finestre e le pesanti porte di legno chiuse da catenaccio. Le varie stanze si trovavano divise su due piani, ma i ragazzi ancora non capivano dove si trovavano. Guardando fuori della finestra c'era solo un vastissimo deserto che si estendeva a perdita d'occhio. Le pareti delle stanze erano in pietra... e sopra lo stipite della porta c'era, intagliato nel legno, un grande serpente rosso: lo stemma della famiglia reale di Centra. Tutti quanti, uno dopo l'altro, si erano ripresi e avevano recuperato le forze mentre attendevano solamente di sapere cosa sarebbe successo loro. Tutti tranne Kasumi, la ragazza era l'unica che, inerme stesa sul grande letto della sua stanza, bruciava a causa dell'alta febbre che l'affliggeva.
Kensa stava percorrendo lentamente uno dei due lunghi corridoi sui quali si affacciavano le stanze dei prigionieri, aveva ricevuto l’ordine da parte della strega di far visita e interrogare tutti i ragazzi. La prima persona che visitò fu Kasumi. Il giovane cavaliere aprì la porta della camera e si sporse sopra il letto della ragazza, madida di sudore e la vista appannata. Kensa rimaneva lì, fermo a guardarla. Kasumi strinse i denti, stava male, ma era cosciente. Debolissima, l’unica cosa che era in grado di fare, era di sputare in faccia al giovane. E lo fece.
- Maledetta strega! Non credevo foste così codarde!
Il volto di Kensa subì una trasformazione, improvvisamente i suoi bei lineamenti furono deformati da una profonda smorfia d’odio improvviso. Il giovane la colpì violentemente facendola cadere al suolo, Kasumi sbatté la testa e perse i sensi. Allora Kensa l’afferrò in malo modo e la buttò sul letto prima di uscire velocemente dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Si era svegliata da diverse ore, ma non era ancora sicura di dove si trovava. In quel momento stava seduta per terra sotto la finestra, ignorando c9ompletamente il raffinato mobilio che decorava la stanza. Dwale era molto confusa… e preoccupata. Era molto preoccupata per Kasumi, ma soprattutto per Sway. Quando Kasumi era svenuta, lo spadaccino era diventato strano… ed era entrato in quello strano stato simil-comatoso già assunto prima. Cosa poteva fare? La ragazza era tormentata da mille domande e crucci, quando sentì una chiave girare nella serratura di ferro e vide Kensa entrare nella stanza. Dwale si alzò in piedi, decisa a mostrare di non essere abbattuta come in realtà era. Kensa le si avvicinò e la fissò con i suoi occhi gelidi.
- SeeD – disse azzannando la parola. – SeeD, siete d’intralcio. Chi vi ha mandati qui? Cosa cercate? Chi di voi è il capo?
Dwale lo fissò, cercando di capire cosa le era appena stato detto. Provava, provava, provava a capire cosa voleva da lei quell’uomo, ma non ci riusciva! Inevitabilmente, contro la sua volontà, scoppiò in lacrime riuscendo a dare solo qualche risposta confusa.
- …e all’esame non sapevo la risposta e Kasumi mi ha dato il biglietto… Huta l’ha guarita e Chou era appena arrivata in stanza… e allora Himitsu ci ha detto della missione e noi vi abbiamo visti… Kasumi… no, Himitsu… non so chi è il capo… Sway… lui era preoccupato per Kasumi. A me non ci pensa mai… la strega…
Kensa decise di andarsene: di certo non avrebbe potuto ottenere di più da quella giovane. Fece un passo in avanti e sferrò un violento calcio nello stomaco a Dwale, che era scivolata per terra. In seguito al colpo ricevuto si piegò in avanti tossendo e sputacchiando sangue.
Kensa uscì dalla stanza e raggiunse quella di Krateia. Entrando trovò la giovane seduta su una poltrona, ma appena entrò nella camera, la giovane balzò in piedi come l’avessero morsa. Le domande di Kensa furono le stesse di prima, ma trovavano Krateia preparata.
- Ecco, signore – gli disse fingendo ottimamente rispetto, riverenza e timore, cosa quest’ultima che non aveva bisogno di molta finzione. – E’ vero, noi siamo SeeD. Ma ci trovavamo lì assolutamente per caso… eravamo stati accompagnati dal nostro professore a fare visita alle rovine di Odino e vi abbiamo accidentalmente intravisto…
Krateia vide uno strano ghigno allargarsi sul volto del giovane cavaliere.
Ridi, ridi pure idiota pensò.
- C’è, tra voi, un uomo di nome Leonheart? – domandò allora Kensa. Sembrava avesse trovato la fonte dalla quale avrebbe potuto ottenere tutto quello che voleva sapere.
Krateia rispose in fretta, senza fermarsi a riflettere: - No purtroppo… era un mio caro amico ma è morto poco tempo fa in un incidente…
Krateia si inventò questa e molte altre bugie ma continuava a domandarsi cosa, per Hyne, poteva interessare alla strega di Sway…
Alla fine, apparentemente soddisfatto, Kensa lasciò anche quella stanza e si avviò verso la camera successiva: quella di Himitsu.
Himitsu non si trovava sdraiato sul letto, come era per Kasumi, non si trovava seduto per terra, come era per Dwale, e non si trovava nemmeno seduto su una poltrona poltrona, come era per Krateia. No, il giovane era in piedi, continuava a camminare avanti e indietro per la stanza. Avanti e indietro, avanti e indietro, aspettando che accadesse qualcosa. All’improvviso si accorse che la pesante porta di legno si stava aprendo. Fece appena in tempo a vedere il volto di Kensa che già lo colpiva con violenza con un pugno, ma non riuscì a far altro che far girare di ottanta gradi il viso del cavaliere. Himitsu vide Kensa irrigidirsi mentre tornava a fissare colui che l’aveva colpito. Lo fissò freddo per qualche istante, poi gli tirò un pugno a sua volta. I due giovani si guardarono con occhi roventi, anche Kensa, nonostante il suo sguardo incandescente sembrasse essere di origine diversa. Non fu un combattimento vero e proprio, ma durò alcuni minuti. Alla fine Kensa riuscì a colpire con molta forza il suo avversario facendogli fare un giro su se stesso, Himitsu cadde a terra dando le spalle a Kensa. Il giovane era pronto a rialzarsi, a continuare lo scontro ma un colpo alla testa lo stordì. Il giovane si voltò, Kensa l’aveva colpito col calcio dell’Hyperion. Cominciava già a vedere sfocato, i contorni della stanza cominciavano a diventare indefiniti.
- Tu…! – ringhiò. - …bastardo sleale…
Kensa scoppiò a ridere di una risata cupa. – Non credere di combattere con un SeeD del tuo Garden, che segue le tue stesse, sciocche regole – furono le ultime parole udite da Himitsu prima di svenire. Kensa uscì anche da quella stanza.
Erano pochi ancora i prigionieri a cui doveva fare visita. La tappa che subito seguiva l’incontro con Himitsu era la camera dove era rinchiuso Sway. Kensa entrò e notò che stranamente lì la luce mancava. Cercò Sway con lo sguardo e si accorse che era seduto per terra vicino a lui. Il cavaliere si accucciò in modo da essere alla stessa altezza dello spadaccino, lo fissò negli occhi. Con la testa lasciata ciondolare di lato, Sway sembrava addormentato, se non che aveva gli occhi spalancati. Questi, di solito grigio-azzurri e intensi, fissavano vacui nel vuoto. Silenziosamente, senza parlare, Kensa rimase a fissarlo per qualche secondo, poi uscì.

14. Evasione

Ancora una stanza, quella di Chou, e poi sarebbe andato da Huta. Il giovane cavaliere aprì la porta della stanza silenziosamente, furono solo i cardini da oliare che annunciarono il suo arrivo. Kensa scrutò la camera, cercando la ragazza con lo sguardo. Chou se ne stava seduta sul letto abbracciandosi le ginocchia, con i capelli colorati che le cadevano davanti agli occhi donandole un’aria tetra. Azzurro e rosa, erano colori accesi e vivaci… che così poco centravano con l’umore della ragazza. Appena entrato Kensa aveva spalancato gli occhi e aveva bisbigliato con la voce rotta: - Perché fai tutto questo?
Kensa la guardò inespressivo dando la precisa sensazione di non aver nemmeno udito le parole pronunciate dalla ragazza.
- Mi ascolti? Perché fai tutto questo? – gli urlò contro la ragazza saltando in piedi. Perché si stava arrabbiando? Lei non si arrabbiava mai così… lei non aveva nessun motivo per adirarsi! Eppure… forse un motivo c’era… Ne era certa: lei aveva visto qualcosa nei suoi occhi cupi, anche se in quel momento erano inespressivi. – Durante la battaglia, io… io ti ho visto. Ne sono certa! Per un istante, solo per un istante i tuoi occhi hanno cominciato a risplendere come due smeraldi… possibile che una persona con gli occhi tanto belli e profondi possa servire una strega crudele come Cecir?
Kensa la ignorò e, di nuovo, parve non averla nemmeno sentita, e le porse le stesse, identiche domande che aveva posto anche agli altri ragazzi. O meglio, a quelli padroni di sé che non avevano tentato di rompergli il naso.
Chou lo fissò, in quel momento era stata lei a non aver minimamente sentito e ascoltato le parole del giovane. Dapprima piano, poi sempre più violentemente le lacrime cominciarono a rigarle la faccia quando poi finalmente scoppio a piangere.
- I tuoi occhi sono buoni! – gridò tra un singhiozzo e l’altro. – Perché fai così? Perché fai così?
- Rispondimi, Chou Nizi.
La ragazza lo ignorò e mosse dei passi in avanti. Sembrava fosse quasi contro la sua volontà, anzi ne era certa, le sue gambe si stavano muovendo da sole. Fatto sta, che corse incontro al giovane e lo abbracciò stringendogli il busto con le sue sottili braccia e affondando il volto rigato di lacrime nel suo petto. Era così freddo…
- I tuoi occhi sono buoni! – strillò con la voce ormai spezzata dallo sforzo.
Per alcuni secondi non successe nulla, nel completo silenzio, anche il tempo sembrava essersi fermato e gli unici suoni che si sentivano erano i singhiozzi di Chou. Poi, all’improvviso Kensa cominciò a tremare e successe una cosa che, probabilmente, sconvolse e confuse entrambi i giovani. Lentamente, anche Kensa strinse a sé la ragazza, circondandola con le braccia.
- Tu… tu… - balbettò.
Chou alzò gli occhi arrossati per poter vedere il volto del ragazzo. Questo aveva un’espressione che lei non gli aveva mai visto, e così i suoi occhi… erano tornati verdi, di nuovo, ancora una volta. Verdi… verdi come gli smeraldi sotto la luce del sole, verdi come il fondo delle bottiglie. Un verde tanto bello e luminoso… però erano atterriti, i suoi occhi erano spaventati e confusi e la fissavano agitati.
Tutto questo durò un istante. Ti colpo, così come si erano illuminati, così si spensero e ritornarono vitrei e spenti. No… forse il disgusto e la crudeltà erano gli unici sentimenti che si potevano leggere in quegl’occhi. Odio e crudeltà… e violenza. Così con una sberla Kensa respinse la ragazza che andò a sbattere contro la testiera del letto alle sue spalle. A questo punto Kensa uscì, ma sembrava quasi corresse, che scappasse. Sbatté la porta dietro di sé e scomparve.
Chou rimase distesa a terra, di lì a qualche ora avrebbe avuto un grosso livido violaceo sulla schiena, ma certo non si preoccupava di questo. Era distesa a terra, con le lacrime che scivolavano sul freddo pavimento, Chou aspettava che la porta tornasse ad essere sprangata. Ecco, c’era, da un momento all’altro avrebbe sentito la chiave girare. Aspettò… aspettò… ma nessuno chiuse la porta a chiave, nessun catenaccio tirato. Aveva sentito distintamente il rumore delle chiavi infilate nella serratura… ma la porta era ancora aperta! Chou attese ancora qualche minuto, poi si decise a tentare l’evasione. Si avvicinò con cautela alla maniglia in ottone della porta, come se avesse paura che le mordesse la mano, e con altrettanta cautela l’abbassò. Nulla la morse, e la porta si aprì, si spalancò senza fatica.
Riacquistato il coraggio, Chou uscì dalla sua stanza rendendosi conto, con grande sorpresa, che non solo la chiave della sua elegante prigione era infilata nella serratura, ma un intero mazzo di chiavi che contava almeno venti pezzi! Senza esitazioni la ragazza afferrò il mazzo di chiavi e schizzò via, verso la camera più vicina. Non sapeva chi dei suoi compagni vi fosse rinchiuso, o se semplicemente era una stanza vuota, quello che sapeva è che se doveva fare qualcosa, tanto valeva fare quello. Solo che non sapeva quale delle chiavi era quella giusta per aprire la porta… ne provò una ma non entrava, ne provò un'altra che sembrava funzionare ma era troppo piccola. Provo una decina di chiavi e alla fine riuscì a trovare quella giusta e con grande gioia aprì la porta ma scoprì che era vuota. Delusa sfilò la chiave appena utilizzata dal mazzo, per evitare di fare confusione e se la mise in tasca. Corse subito alla porta vicina, ma questa volta la trovava preparata. La giovane chiuse gli occhi e si concentro. – Fiocco Arcobaleno! – urlò il nome della sua tecnica. Ogni volta quasi arrossiva per la banalità di quel nome. – Lightdawn!
Una strana tecnica. Illuminò tutte le chiavi del mazzo ma pian piano la luce cominciò a spegnersi, solo una chiave alla fine continuava a brillare: quella per aprire la stanza. Chou infilò di nuovo la chiave nella serratura e questa si aprì. Ma anche questa era vuota. Chou sbuffò spazientita, possibile che avessero rinchiuso i suoi compagni nei quattro angoli del castello? La ragazza corse avanti e aprì un’altra porta, poi quella dopo e quella dopo ancora. Percorse tutti il corridoio per la sua lunghezza aprendo tutte le porte, finché non giunse all’ultima di queste. La giovane quindi la spalancò e cerco di vedere se aveva fatto un nuovo buco nell’acqua. Fu felice di scoprire che non era così, solo che avrebbe preferito evitare di dover schivare la lampada che le era stata scagliata contro appena aveva messo piade nella stanza.
- Dwale! – esclamò con gioia.
- Oh Chou! – singhiozzò Dwale in risposta. – scusami per la lampada. Come fai ad essere qui?
- Sono riuscita a fuggire – le spiegò frettolosamente, e poi, porgendole qualcosa: - Tieni. Queste sono tre chiavi, ti serviranno per aprire le porte delle stanze dove sono rinchiusi Himitsu, Huta e Krateia. Si trovano al piano di sotto. – e poi corse via.
- Aspetta! – la chiamò indietro Dwale. – come fai a sapere che sono le chiavi giuste?
- Oh – rispose Chou sorridente, dopo tante lacrime, - una tecnica che ho imparato giusto adesso! Vai, fai presto! Io libererò Kasumi e Sway!

15. La fuga

Le due ragazze si erano divise, e Chou impiegò poco tempo per trovare la stanza nella quale Sway era rinchiuso. Ma quando entrò, si rese conto che forse avrebbe preferito non trovare il ragazzo così presto… Sway se ne stava seduto a terra, nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato Himitsu. Il ragazzo non si era mosso di un millimetro, sembrava in coma.
- Oh… - sussultò la ragazza vedendo il compagno in quello stato. Chou gli si inginocchiò accanto, lo afferrò per le spalle e lo scosse con gentilezza. Ma non ottenne alcun effetto. Lo scrollò ancora, con più forza, ma invano. Alla fine, dopo alcuni minuti di tentativi la ragazza si prese la testa tra le mani abbattuta.
- Mammina… come cavolo faccio a farlo muovere? Devo ancora liberare Kasumi!
Chou tornò a fissare Sway.
- Come posso fare? – la ragazza corrugò la fronte. – Ehi! – Sway si era mosso! Ne era certa… aveva spostato un braccio.
Ma allora… forse…
- Coraggio Sway… - disse la ragazza mettendosi un braccio del giovane dietro la testa, in modo da farlo alzare in piedi. – Adesso andiamo a salvare Kasumi e poi raggiungiamo gli altri!
Beh non parlava e sembrava addormentato… però si muoveva! Sembrava un’enorme bambola che aspettava solamente di essere mossa. Aveva gli occhi vacui, che guardavano fissi davanti a sé e più che camminare si faceva trascinare… ma almeno non era un peso morto!
Quanto vorrei non essermi separata da Dwale! Pensò Chou a denti stretti.
Lentamente e con fatica, la ragazza riuscì a raggiungere anche la stanza di Kasumi. Sway venne lasciato seduto a terra in corridoio, con la schiena adagiata contro il muro. Subito dopo spalancò la porta ed entrò nella stanza dov’era rinchiusa Kasumi ma fu allora, con disappunto, che si rese conto dello stato della compagna. La ragazza infatti era distesa sul letto, dormiente o svenuta, e non sembrava avere intenzione di destarsi dal suo stato di incoscienza. Così Chou decide, senza tante cerimonie, di caricarsela sulle spalle e di trascinarla in corridoio dove le “attendeva” Sway.
- Questo è un problema – si disse Chou dopo aver appoggiato con delicatezza ad una parete del corridoio anche Kasumi. Entrambi erano svenuti e lei non aveva la ben che minima idea di come fare per riunirsi ai suoi compagni. Kasumi certamente avrebbe avuto una soluzione.
Presa dall’esasperazione si accucciò a fianco di Kasumi e la scosse, così come aveva fatto con Sway, tenendola per le spalle.
Kasumi non riprese coscienza e Chou si alzò in piedi e cominciò a camminare, nervosa, avanti e indietro per il corridoio.
- Dannazione, Kasumi! – esclamò calciando con forza la parete di pietra. Solo allora, vide un’ombra muoversi alle sue spalle. Così si voltò. Era Sway che, forse per la sfuriata di Chou (che per un quarto d’ora non aveva fatto altro che imprecare) si era ripreso. Dopo essersi svegliato si era accostato a Kasumi, senza tra l’altro degnare Chou di uno sguardo, e aveva abbassato la testa, affranto.
- Mi dispiace Kasumi. Perdonami, è tutta colpa mia – sussurrò delicatamente alla ragazza svenuta. Parlò in modo tanto lieve e leggero che Chou non riuscì ad udire altro che un bisbiglio. Poi, senza altre parole, Sway si alzò in piedi e si caricò Kasumi sulle spalle. Solo allora posò lo sguardo su Chou. – Andiamo – le disse.
I due ragazzi percorsero velocemente il lungo corridoio e discesero due ripide scalinate.
- Hai una pallida idea di dove stiamo andando? – gli urlò Chou dopo un po’.
- No – le venne gridato in rimando – ma è sempre meglio che starsene fermi nello stesso posto all’infinito!
- Il ragionamento non fa una grinza – borbottò sarcasticamente la ragazza. Eppure alla fine dell’ennesimo corridoio videro una lunga chioma bionda scomparire dietro un angolo.
- Dwale! – chiamò Sway.
La ragazza era veramente Dwale, che correva in coda al gruppo di tutti i ragazzi che aveva liberato.
- Come sta Kasumi? – domandò ansiosa Krateia appena vide i tre ragazzi correre loro incontro.
- Non lo so – risposero sinceramente Chou e Sway. – Sta…
- Potrei gentilmente farvi notare – li interruppe con voce profondamente sarcastica Huta – che stiamo fuggendo? Il salottino lo faremo quando avremo cambiato continente.
- Giusto – assentì Sway.
Il gruppo riunito riprese la fuga. Discesero di corsa altre due rampe di scale e attraversarono l’ennesimo interminabile corridoio. Durante la corsa vennero attaccati da alcuni soldati, ma i ragazzi non avevano tempo per pensare a eventuali valori e ad attacchi di coscienza e li eliminarono in pochi secondi. Alla fine della corsa sbucarono all’aperto. Chi ci aveva pensato non si era sbagliato, si trovavano realmente nel palazzo della famiglia reale di Centra e quello che si estendeva davanti agli occhi dei ragazzi era un deserto di sabbia. Il deserto a sud-est di centra. Di certo, l’interrogativo da formulare in quel momento sarebbe stato: “E adesso come facciamo ad attraversare il deserto con l’esercito reale alle calcagna?”
Purtroppo (ma è davvero giusto dire ‘purtroppo’?) i ragazzi non ebbero nemmeno il tempo di porsi il quesito, perché l’esercito reale non l’avevano dietro, ma davanti! Tutte, o quasi, le truppe al servizio della regina del regno di Centra, la regina Cecir, erano schierate e pronte a ricatturare i fuggitivi. I giovani SeeD rimasero sì e no un secondo a fissare quella miriade di soldati che si voltarono e rientrarono nel castello alla ricerca di un'altra, disperata via di fuga.
- Ma volete dirvi cosa diavolo le avete fatto per lanciarvi dietro tutto il suo esercitooo?? – gridò a squarciagola Huta, con le lacrime agli occhi dall’esasperazione.
. Ma che ne soooo?? – gli rispose Chou con lo stesso, identico tono di voce. – Quella è pazza! Ha bisogno di un hobby, te lo dico io! Noi l’abbiamo solo vista mentre elencava dettagliatamente i suoi piani alle truppe!
- E questo lo chiami poco? – le fece notare Himitsu con una punta di sarcasmo.
- Ah… è vero…
No, dev’esserci anche qualcos’altro… rifletté Krateia correndo di fianco agli altri e ripensando al colloquio avuto con Kensa.
I ragazzi si ritrova nell’enorme e sfavillante salone d’ingresso, con le sue decorazioni oro e blu e la luce del sole del deserto che filtrava dalle luminose vetrate. E’ un peccato che i giovani andassero “così di fretta” perché se si fossero soffermati appena qualche secondo ne sarebbero certo rimasti affascinati. C’erano due grandi scalinate ma da lì scendevano quel centinaio di soldati che non andavano a allargare le schiere dell’esercito. Una sola strada aveva il passaggio libero.
- Il seminterrato – disse Sway.

16. VOLIAMOOOOOO!!

I ragazzi corsero velocemente per le ripide scale, certi che appena qualche metro dietro di loro ci fossero decine di soldati pronti a ucciderli o ricatturarli. Più scendevano, più la temperatura si raffreddava. Dwale era convinta che avrebbero trovato un aria più rarefatta, invece le sembrava di essere nel cortile del Garden.
- Come può esserci così tanta aria? – disse dando voce ai suoi pensieri. – Siamo sottoterra!
- Ci saranno di sicuro delle ventole per il cambiò d’aria! – le spiegò Himitsu che correva dietro di lei.
I SeeD finirono di percorrere la lunga scalinata e giunsero nel seminterrato. Beh… ‘seminterrato’… più che uno seminterrato sembrava una base missilistica. Lungo tutta una parete erano disposti in ordine una trentina di lanciamissili di altissima tecnologia e altrettanti aeroplani, alcuni erano semplici idrovolanti (cosa se ne facevano, visto che stavano nel deserto) o velivoli del tipo amatoriale, ma altri erano aerei di tipo militare estremamente avanzati. I colori predominanti erano il grigio e il marrone scuro che donavano al luogo un’aria tetra e triste, non che ci si aspettasse altro da una base missilistica, ma fu proprio questo che permise a Chou di decidere con che mezzo sarebbero potuti fuggire.
- Guardate! – urlò d’un tratto. – Un drago rosso!
- Non dire scempiaggini, Chou – la rimproverò Sway senza prestarle attenzione.
- Scemo d’uno Sway – urlò ancora la ragazza. – Guardate!
Questa colta i ragazzi si girarono verso di lei e guardarono nella direzione che veniva loro indicata.
- Chou – sospirò Himitsu con pazienza – quella è un’aeronave. Però effettivamente…
- … potremmo usarla per fuggire! – termino per lui Huta. – Ma è vecchio, vedete lì sulla fiancata? E’ stato costruito tre secoli fa!
- Se è qui vuol dire che funziona, no? Saliamoci! – decise Dwale premendo il pulsante di apertura del portellone, su quella che sarebbe dovuta essere la pancia del drago. L’aeronave infatti, di un colore rosso intenso e decorata di nero e bianco, aveva la testa di un enorme drago rosso e dei bracci che certamente rappresentavano le zampe della maestosa creatura.
I ragazzi stavano per salire a bordo del velivolo quanto una sfera d’energia color blu e bianco sfiorò l’orecchia destra di Kasumi, ancora addormentata sulle spalle di Sway. Tutti si girarono verso l’unica porta aspettandosi l’esercito, ma trovarono di peggio. Solo due persone, ma le peggiori che potevano incontrare: la strega e il suo cavaliere. I ragazzi, benché a malincuore, estrassero velocemente le armi, pronti all’ennesimo scontro ma:
- Cosa fate, idioti! – ringhiò loro contro Krateia, affiancata da Chou. – Voi salite sull’aeronave, presto!
- Già! - esclamò Chou, - ci pensiamo noi a questi due!
I ragazzi fissarono per alcuni secondi le due compagne. – Dobbiamo avere fiducia in loro – disse Dwale aiutando Sway a portare Kasumi a bordo.
Appena l’ultimo dei ragazzi aveva messo piede nell’aeronave, Krateia avanzò velocemente d’un passo. Circondata da simboli arcaici e da un’aura simile a violente fiamme dorate spalancò le braccia chiamando a sé il potere del proprio spirito gemello. Apparve Quetzal, il maestoso uccello richiamò una tempesta, anche laggiù, sottoterra. Si alzò un forte vendo che agitava i ricci capelli ramati di Krateia, poi insieme al vento giunsero anche i fulmini che si diressero tutti verso la strega e il suo cavaliere. Cecir alzo una mano e l’attacco fu nullo, essendosi i fulmini scontrati contro una spessa barriera magica. Tutto ciò fu in un secondo. Cecir mosse lievemente la mano ancora levata e Krateia venne scaraventata da una forza invisibile contro il portellone aperto dell’aeronave. Rimase solo Chou.
La ragazza si voltò un attimo in dietro per controllare le condizioni della compagna, alla quale era stato già prestato soccorso dagli altri. La giovane fece un passo in avanti, ostentava uno sguardo duro ma in realtà, nel profondo del suo animo, provava sentimenti ben diversi. Stava per impugnare il proprio Shuriken, ma si fermò a metà del gesto. Portò invece le mani dietro alla schiena: infilati della cintura c’erano due Sai. Li impugnò e dopo aver bilanciato il peso sulle gambe si preparò a combattere.
- Fatti avanti! – urlò contro Kensa, per provocarlo.
Il cavaliere la guardò e scoppiò in una risata sadica. Impugnò l’Hyperion con la mano destra e si piegò sulle ginocchia, preparandosi all’attacco. Kensa scattò in avanti attaccando Chou con colpi velocissimi, violenti e frenetici, finché i sai non sfuggirono dalle mani della ragazza, cadendo a terra e rotolando lontano da lei.
Allora Kensa poggiò lentamente la lama dell’arma al collo della giovane facendole colare lungo il collo alcune gocce di sangue. Rimase così, fermo, senza una parola. La strega gli si avvicinò da dietro. Alcune ciocche dei suoi lunghi e ondeggianti capelli neri le caddero davanti al viso. – Uccidila – bisbigliò la strega all’orecchia di Kensa. Dato quest’ordine, Cecir sorrise maligna e si allontanò di qualche passo.
Kensa fu scosso da un tremito e alzò l’affilata spada sopra la testa, pronto a colpire. Chou lo fissava, gli occhi verdi brillavano mentre riflettevano la triste luce delle lampade al neon sopra le loro teste. Strinse i denti, pronta a ricevere il colpo che probabilmente le sarebbe stato mortale. Non aveva paura di morire… no, non è vero. Era terrorizzata, ma lo accettava: in questo modo i suoi compagni avrebbero avuto la possibilità di fuggire.
Cosa aspettate? Pensò contrariate, perché siete ancora qui?
Cercò di ignorarli e si concentrò solo su se stessa e Kensa davanti a lei. Chou continuò a fissarlo: perché non colpiva? Le mani gli tremavano fino all’inverosimile, il giovane sbatteva gli occhi ogni pochissimi istanti… e continuava a tremare. Poi, all’improvviso si fermò e guardò Chou negli occhi. Fu un istante, la ragazza ebbe la folle percezione che lo sguardo del giovane fosse tornato limpido, ma che importava? Sarebbe morta. Chou chiuse gli occhi, attendendo il colpo.
- Kensa… - bisbigliò solamente.
Sentì il rumore della carne lacerata e della lama contro le ossa che si rompevano, il sangue che sgorgava copioso dalla ferita. Che strano però… lei non sentiva dolore. Decise di aprire gli occhi, temendo ciò che avrebbe potuto vedere. Si decise e li spalancò. Ciò che effettivamente vide la lasciò stordita, si chiese se non fosse morta senza rendersene conto. C’erano Kensa… e anche Cecir. Solo che… la spada del cavaliere che avrebbe dovuto colpire lei, era invece conficcato nel fianco sinistro della strega.
- Come…?!
Il come era semplice da spiegare… alla fine Kensa aveva colpito, ma aveva deciso di colpire la strega. All’ultimo aveva roteato la spada all’indietro e aveva affondato la spada. Passarono alcuni secondi prima che qualcuno facesse qualcosa. Lentamente, con una calma quasi surreale, Kensa si pulì la lama insanguinata sul mantello e la rinfoderò. Il giovane si avvicinò a Chou, la prese per le braccia e l’aiutò ad alzarsi in piedi. – Kensa… - bisbigliò di nuovo la ragazza.
- Mi dispiace – borbottò con difficoltà il cavaliere e ora Chou non aveva dubbio: il suo sguardo ora era limpido. Limpido come non l’aveva mai visto e ne era certa, sarebbe rimasto così per sempre. La ragazza non riuscì a pensare a nulla, a malapena riusciva a rendersi conto di quel che faceva. Solo vagamente aveva registrato il fatto di star correndo, affiancata da Kensa, a tutta velocità verso l’aeronave. Per strada si chinò a raccogliere i due sai prima di raggiungere il portellone del drago rosso, dove li stava attendendo Krateia. Già l’aeronave era pronta a partire, appena i due ragazzi salirono a bordo, questa decollò. Chou, Kensa e Krateia raggiunsero la cabina di controllo. Krateia aveva fissato strano Kensa ma, così come stavano facendo tutti gli altri, decise di ignorare la sua presenza fino a quando non sarebbero stati al sicuro. Cosa che non sarebbe avvenuta tanto presto perché si stavano rendendo conto di un altro problema.
- Come facciamo ad uscire? Qui ci sono solo roccia e pietre! – esclamò Huta, che stava ai comandi, inorridito.
Non ebbe però il tempo di aggiungere altro: Kensa tirò fuori da una tasca del mantello un piccolo oggetto grigio e metallico, con un pulsante rosso al centro. Lo premette e in pochi secondi una parte di soffitto di aprì grazie a un meccanismo azionato dal pulsante e finalmente furono fuori. Chou corse a guardare fuori da un oblò, vedeva sfrecciare sotto di sé a una velocità impressionante prima il deserto, poi le montagne ed infine il mare. – VOLIAMOOOOOOOO!! – urlò estasiata.

17. Ritorno al Garden

E così volarono, in quell’antica, seppure ancora magnifica, aeronave rossa con la forma di drago. Erano riusciti a fuggire e ne erano tutti contenti, ma non ci sarebbero mai riusciti senza l’inaspettato aiuto di Kensa. E poi… casa ci faceva lì con loro? Era questo che i ragazzi SeeD stavano pensando mentre fissavano con accesa diffidenza il giovane cavaliere seduto in un angolo.
- Beh – disse Sway rompendo il silenzio carico di tensione, - chi sei tu?
Kensa lo fissò, gli occhi ormai perennemente limpidi, con una mesta perplessità. In che senso chi era?
- Emh… oltre a quello che sappiamo già ovviamente… o se vuoi anche quello… sì…. Cioè… insomma… che ci fai qui con noi? – si corresse un imbarazzato Sway.
- Fino a pochi minuti fa ero il Cavaliere della strega, il mio nome è Kensa Suru. Sono stato scelto come cavaliere a sette anni.
- A sette anni? Eri così piccolo? – esclamò Chou.
- Sì, vedi Chou Nizi, 17 anni, luogo e data di nascita sconosciuti – disse Kensa, come se parlasse solo a Chou e acquistando un tono di voce piatto mentre dava i dati dell’ex porta-pizze – Esiste un paesino, isolato e tenuto nascosto alle altre genti, dove è tradizione che la Strega scelga il suo cavaliere. Il bambino scelto viene allontanato dalla famiglia appena possibile in modo che cominci al più presto un durissimo e disumano allenamento per preparare il corpo.
- Ma… - interruppe bruscamente Dwale. – I genitori del bambino si separavano dal figlio così, come niente fosse? E in un addestramento duro come dici tu, per creare il guerriero perfetto, come mi sembra di aver capito, non si dovrebbe temprare anche la mente e lo spirito?
- Vedi… il primo è un concetto complicato da spiegare, tutti gli abitanti di quel villaggio vivono in funzione della Strega. Per due genitori avere il figlio scelto per diventare il cavaliere è l’onore più grande che possano ricevere. Il fatto che non lo rivedranno mai più, non riceveranno più notizie non è importante… l’importante è l’onore e il privilegio. Probabilmente in una parola sola potrei chiamarlo fanatismo – spiegò Kensa accigliandosi di più ogni secondo che passava.
- E per quanto riguarda l’addestramento? – volle sapere Himitsu.
- Come ha detto Dwale Kibou, diciassette anni, nata il 12 novembre a Timber - riprese l’ex cavaliere parlando di nuovo, per un secondo, con un tono molto piatto nella voce, - non è necessario temprare la mente del neo-cavaliere perché, giunto a una preparazione fisica sufficiente, la strega opera un incantesimo, un brutto incantesimo… spaventoso. Questa magia, che sanno compiere solo le streghe e che conoscono sin dal momento in cui acquisiscono i poteri, spinge e rinchiude la coscienza del ragazzo in un angolo remoto della sua mente rendendolo al pari di un burattino. Col tempo la coscienza si consuma fino ad annientarsi.
- E’ terribile! – gemette Dwale che, piano piano, cominciava ad accettare quell’uomo che aveva ferito tutti loro. Infondo, se quello che stava raccontando era vero, non era stato realmente lui, ma Cecir!
- C’è una cosa che non capisco – s’intromise Huta, voltandosi dal sedile del posto di comando. – (Non preoccupatevi, ho inserito il pilota automatico). Oltre a difendere la strega che serve, che altro compito ha un cavalieri?
Himitsu, alle spalle dei ragazzi si coprì la bocca con una mano in un silenzioso eccesso di risate. Krateia invece cominciò a parlare improvvisamente d’altro, la voce alta e super velocemente, mentre il viso le si stava rapidamente diventando porpora.
- Shhhh! – la sgridò Chou. – stiamo ascoltando!
- No, davvero… guardate che bel prato che c’è qui sotto! –continuò Krateia quasi urlando.
Chou guardò fuori dall’oblò. – Ma se siamo sopra le montagne?!
- Ah… sì giusto, ma sono molto belle vero? – tentò ancora Krateia, in quell’inutile e misterioso tentativo di sviare il discorso.
Kensa sorrise. – Non preoccuparti Krateia Chishiki, diciotto anni, nata il 20 ottobre a Balamb City. Non c’è nessun problema.
Krateia allargò le braccia in segno di resa: - E sia!
- Allora?! – incalzarono Huta e Chou all’unisono.
- Ero il suo amante.
Cadde un pesante silenzio. – Ah – fu l’unico, imbarazzato commento d Huta.
Superato il profondo imbarazzo, che durò per circa trenta secondi, Chou e Huta ripresero a bombardare il giovane con mille e più domande.
- Perché continui a dire i nostri nomi, cognomi, date e luoghi di nascita?
- Ecco… perché… - ma Kensa s’interruppe. Era stata una voce femminile a parlare, ma non apparteneva a Chou bensì…
- E’ difficile da spiegare Kasumi Tenshi Unmei Megami, età e origini sconosciute. Alla mia regina dovevo riferire sempre dettagliatamente con chi stavo parlando.
- Kasumi!
- Kasumi, ti sei svegliata! – esclamò Chou.
- Sì… - bisbigliò Kasumi senza aver ancora aperto i grandi occhi cerulei. – Ma credo che tra un po’ me ne andrò di nuovo, non ho nemmeno la forza di aprire gli occhi. Ah, Suru… basta che ci chiami per nome… o per cognome, se preferisci.
- Agli ordini, Kasumi Megami – sorrise Kensa mentre la ragazza tornava a riposare.
- Ehi Kensa! Guarda che Kasumi-chan ha diciassette anni come noi! – lo rimproverò Chou.
- Abbiamo raccolto informazioni su tutti voi. Luogo, data di nascita, genitori (a questo riguardo, a parte la signorina Krateia siete stati tutti fin troppo misteriosi) e la vostra vita fino a oggi… ma alcune informazioni sembrano non esistere – spiegò l’ex Cavaliere. Di te, Chou, siamo a conoscenza solamente da quando avevi nove anni e vivevi presso Ben Nizi, pizzaiolo trasferitosi da breve a Balamb City. Ma conosciamo la tua età. Di Kasumi Megami non sappiamo nulla: l’età, il luogo di nascita, i genitori o solo dove è vissuta fino al momento in cui è giunta al Garden di Balamb qualche tempo fa.
- Guardate – ordinò Himitsu, interrompendo il discorso. – Si vede Balamb.
Tutti i SeeD abbandonarono velocemente l’argomento “Kasumi” e corsero a spiaccicare il naso contro il vetro degli oblò per poter vedere dopo tanto tempo l’amato Garden. Tutti tranne Sway: il ragazzo non riusciva a non pensare alla dormiente Kasumi. Un giorno dovrai pur raccontarci di te stava pensando. Ha detto di venire da Esthar… il miglior luogo se non vuoi far sapere nulla di te: Esthar cerca di rimanere separato dal resto del mondo dalla Prima Guerra della strega… sempre che ci sia stata. Leggenda o storia? Perché sono andati persi quasi tutti i documenti di quegli anni?
Come prima cosa, dopo essere atterrati, vennero urgentemente condotti in infermeria Kasumi, Sway, Chou e Kensa, che più necessitavano di soccorsi (gli altri si erano accontentati di un paio di pozioni). Huta rimase con i feriti mentre Himitsu, Krateia e Dwale si recarono dal preside per fare rapporto.
- Avete fatto un ottimo lavoro – si complimentò il preside Kanzi, dopo aver ascoltato l’intero racconto. – Ora tornate nelle vostre stanze. Il signor Suru e il signor Ongaku possono rimanere qui fino a tempo da definirsi.
- Ma non eravamo a corto di stanze? – domandò Dwale confusa.
Kanzi fece spallucce. – Siete stati via per più di un mese. Abbiamo fatto costruire una nuova ala. Ora andate.
Dwale si girò subito per andarsene seguita, dopo qualche secondo di esitazione, da Himitsu ma Krateia li fermò. – Desidero che la nostra squadra ottenga la missione di annientamento della Strega Cecir, regina del regno di Centra.
- E’ fuori questione – rispose secco il preside. – Adesso uscite.
Gli occhi di Krateia lanciavano saette ma nonostante tutti si voltò e raggiunse Himitsu e Dwale, poi insieme presero l’ascensore.
- Anche a me sarebbe piaciuto avere la missione – confidò sconsolata Dwale mentre raggiungevano il piano terra.
Krateia non rispose e rimase in silenzio, poi si girò bruscamente e tornò in ascensore. Stava per premere il pulsante per la presidenza quando Himitsu la chiamò formalmente: - Soldato SeeD Krateia Chishiki.
- Presente – rispose Krateia.
- Come caposquadra ti affido il compito di convincere il preside ad affidarci l’incarico.
- Agli ordini – rispose Krateia con un sorriso. – Vado ad ottenere la missione.
Così, mentre Krateia tornava a parlare col preside, Dwale e Himitsu raggiunsero l’infermeria dove li attendevano Kasumi, ancora addormentata, Chou e Huta, che stavano sveglia anche per lei.
- Dov’è Krateia? – domandò Huta appena li vide entrare.
- A litigare col preside – rispose Himitsu.
- Per cosa?
- Per farci affidare la missione contro la strega.
- Ma non era già nostra? – chiese Chou, perplessa.
- Evidentemente no – le rispose Himitsu esasperato. – Come sta Kasumi?
- La dottoressa dice che tra un paio di giorni starà meglio! – esclamò Chou.
Mentre Himitsu si chiedeva cosa trattenesse la ragazzina dal saltare dal letto, entrò in infermeria un’agitatissima dottoressa Tiryo che quasi la legò al letto.
- La missione è nostra! – urlò Krateia mezzora dopo, entrando in infermeria spalancando euforica la porta.
Nel frattempo anche Kasumi si era destata e chiacchierava animatamente con Chou e Dwale. – Ottimo! – esclamò quest’ultima. – Quando partiamo?
- Subito – decise Kasumi balzando giù dal letto come se avesse avuto le molle sotto il sedere. Ma di nuovo accorse la dottoressa Tiryo come la cavalleria rusticana (Sway fu quasi sicuro di aver sentito le trombe) che la rimise a letto, costringendola peggio di come aveva fatto con Chou, il che era tutto dire!
- Nessuno si muoverà da qui senza il mio esplicito consenso! – ruggì la donna. Era bassa e minuta, aveva i capelli castani raccolti in una severa crocchia e un paio di occhi grigi, dolci e severi allo stesso tempo. Appunto… era bassa e minuta, ma in quell’istante Huta credette che sarebbe saltata loro addosso da un momento all’altro. Altro che dolce infermiera, questa è una fiera! Ma tutti si dovettero arrendere all’autorevole dottoressa, tra l’altro anche il preside aveva in seguito affermato che se non fossero totalmente guariti, tutti quanti, non li avrebbe lasciati partire e avrebbe affidato la missione a qualcun altro.
Così i ragazzi furono costretti al Garden per ben due settimane. Ma quel tempo non passò inutilizzato, tralasciando gli allenamenti dei ragazzi e quella che sembrava la nuova sacra missione dell’esplosiva coppia Kasumi-Chou (e cioè far impazzire nel minor tempo possibile la dottoressa e le due infermiere che l’aiutavano), i giovani SeeD, Huta e Kensa si argomentarono il più possibile sulla strega al fine di preparare un buon piano. Tutto quello che sapevano era che, ottenuto Gilgamesh, l’obbiettivo più prossimo di Cecir sarebbe stato ottenere la temibile Ultima Weapon… ma dove poteva essere questa? Kensa non poté essere d’aiuto perché ricordava poco o niente degli anni in cui era stato un fantoccio nelle mani della strega. L’unica che riuscì a trovare una pista fu Krateia.
- Centro di Ricerca Sottomarino – disse un giorno. – l’ultima volta che è stata avvistata si trovava al Centro di Ricerca Sottomarino. Ricordate però che non è nulla di certo, pare che “quell’ultima volta” fu durante la Seconda Guerra della Strega e potrebbe essere una semplice diceria.
- Non importa – disse Sway con decisione – se questa è l’unica pista che abbiamo, questa è la pista che seguiremo.
E così partirono con l’aeronave a forma di drago in direzione del Centro di Ricerca.
- Dovremmo dare un nome a questa bellezza – esclamò Chou guardando fuori da un’olbò.
- E’ vero – annuì Dwale.
- Un nome ce l’ha già.
- Quale, Kasumi?
- E’ “Lagunarock” – sussurrò Kasumi con un sorriso malinconico.
- Che bello! Lagunarock! Lagunarock!
- E’ un nome che mi è familiare – rifletté Sway ad alta voce. – Mi piace!
E’ familiare anche a me, Sway. Pensò Krateia. Familiare, molto familiare… sono sicura di averlo letto da qualche parte. Ahhh… è importante, lo so! Ma chissà perché non riesco a mettere a fuoco il ricordo. E’ proprio lì, davanti a me, ma come allungo la mano per afferrarlo… quello sguscia via, poco più lontano!
- L’ho sempre saputo che non c’era nessun altro adatto a questa missione oltre a loro – disse orgoglioso il preside Kanzi che, in compagnia della professoressa Miryoku, osservava i ragazzi partire a bordo della Lagunarock.
- Allora perché ha detto che non avrebbe affidato loro la missione, per nessun motivo, se questa è sempre stata sua intenzione?
- Dovevo sapere quanto erano determinati. Dopo il frenetico urlare di mia figlia che mi descriveva con rabbia tutte le cose fantastiche e stupefacenti che hanno fatto mi sono convinto. Sono preoccupato per tutti loro, non solo per Krateia, ma so che sono i miei SeeD… sono pronti a tutto! – osservò la Lagunarock diventare un puntino rosso nell’orizzonte. – Buona fortuna, ragazzi!

18. Il Centro di Ricerca Sottomarino

- Centro di Ricerca Sottomarino… strano nome, strano posto, strano utilizzo. Costruito in mezzo al mare da Esthar in un tempo molto remoto era stato abbandonato dopo solo pochi anni di utilizzo e da quel momento era stato il covo di alcuni dei più forti mostri… oltre che della Guardian Force Bahamut e della Weapon chiamata Ultima.
- Abbiamo capito, Krateia! – esclamò Dwale. – Ma su quel tuo fantastico libro di favole non ci sarebbe anche scritto dove si trova?
- E’ la millesima volta che ve lo dico: si trova qui sotto! – rispose Krateia risentita.
- Ma qui sotto non c’è! – le urlò di rimando la pugile.
- Calmatevi – intimò Himitsu.
- E da quando sei tu a dare gli ordini? – ringhiò Dwale.
- Beh – rispose Himitsu con un tono saturo di sarcasmo – circa da quando siete diventati SeeD e il preside mi ha designato come caposquadra visto che sono del mestiere da un po’ più tempo di voi.
Questo zittì la ragazza, che comunque aveva ragione: non c’era traccia di nessuna piccola isola che fungesse da ingresso al Centro di Ricerca. Krateia si era argomentata molto, prima di partire, aveva trovato presunte coordinate e aspetto dell’ingresso in una specie di vecchio diario, trovato in un vecchio scatolone, nel vecchio ripostiglio della vecchia biblioteca, scritto da un vecchio SeeD del Garden. Era tutto in po’ troppo “vecchio” per affidarsi totalmente alle sue informazioni, ma per il momento erano tutto quello che i giovani SeeD possedevano. Probabilmente, purtroppo, le coordinate non erano poi così esatte: erano diverse ore che i ragazzi volavano ininterrottamente sullo stesso tratto di mare senza trovare nulla (chissà, forse si aspettavano che dopo trecento volte che un’astronave passava là sopra, l’isola sarebbe sorta magicamente dalle acque. Non fu così).
- Oddio, certo! – gridò all’improvviso Kasumi, terrorizzando tutti quanti.
- Casa? – domandò Huta poggiandosi una mano sul petto – prega sia importante, perché credo di aver appena avuto un infarto.
- Anch’io fratello, siamo sulla stessa barca – lo assicurò Chou dandogli una pacca sulla schiena.
- Certo… è così ovvio… - pareva che Kasumi non avesse minimamente prestato attenzione ai due. Continuava a camminare avanti e indietro per il ponte guardando a tratti fuori dall’oblò. D’un tratto si voltò, in modo che la vedessero tutti. – Ecco, sentite cosa ne penso io. Credo che il diario di Krateia dica la verità, ma…
- Ma se sono ORE che giriamo su e giù senza trovare nulla! – s’intromise Dwale.
- Lasciami finire – la rimproverò Kasumi. – quel diario è molto vecchio, come abbiamo capito e sappiamo tutti che negli ultimi secoli il livello dell’acqua si è alzato in maniera spaventosa, metri addirittura.
- Certo – disse Krateia soprappensiero – mi sembra sia stato proprio durante in secolo scorso che si firmò il trattato di Timber… qualcosa sui ghiacci che si sciolgono, non riesco a ricordare bene.
- Sì comunque… Se il diario risale al periodo delle due Guerre della Strega da allora il Pianeta ha subito un grande mutamento…
- L’ingresso al Centro di Ricerca dev’essere stato sommerso! – esclamò Kensa.
- Precisamente – annuì Kasumi.
- Grazie ad Hyne abbiamo te! – strillò Chou abbracciando l’amica.
- Le tue idee vengono dal Cielo, Kasumi! – stabilì Dwale ridendo.
Kasumi sorrise: - Non questa volta.
- Quindi cosa facciamo? – domandò Sway riportando la serietà all’interno del gruppo. – E’ sottacqua, come facciamo noi a trovare qualcosa che è sottacqua?
- In realtà non dovrebbe essere troppo difficile – rifletté Huta a voce alta. – L’acqua si è alzata di alcuni metri, non chilometri: dovrebbe essere appena sotto il livello dell’acqua.
- Purtroppo temo che la fortuna non sia con noi, ragazzi – disse Himitsu atono.
- Ehh?? – esclamò Chou con una vocina da bambina piccola. – Perché dici cosìììì…
- Ma è ubriaca? – bisbigliò Kensa all’orecchia di Sway.
- Per quanto ne so… è sempre così.
- Dicevo – tossì Himitsu riportando l’attenzione su di sé – i radar dell’aeronave rilevano che qui c’è stato un terremoto e…
- E…?
- E il Centro di Ricerca è finito davvero in fondo al mare – terminò Dwale inorridita. – Adesso che facciamo?
Decisero di immergersi. Adesso sapevano dove si trovava la loro destinazione e dovevano solamente raggiungerla, Huta trovò delle mute in una delle cabine della Lagunarock.
- Farà freddo laggiù – disse sconsolato. – Io odio l’acqua…
- Niente storie! – sorrise Dwale – Andiamo! – e si tuffò per prima. Dietro di lei scesero in ordine: Sway, Krateia, Himitsu, Kasumi, Kensa e Huta.
- Ci siamo tutti? – domandò Dwale un po’ impaziente.
- Credo di sì – rispose Krateia – vai.
Dwale chiuse gli occhi e si concentrò, la ragazza cominciò a brillare di una luce cremisi, onde e mulinelli si crearono tutt’intorno a lei, un’onda più grande e apparve Siren. L’affascinante Guardina reggeva in mano una cetra dorata mentre le ali dello stesso colore, che le nascevano dalla testa, riflettevano i raggi del sole creando mistici giochi di luce. Le ali si chiusero sulla Guardian Force che si gettò in acqua, quando riemerse le ali erano scomparse e al loro posto Siren aveva una coda di pesce. I ragazzi ne avevano già parlato prima: sarebbe stata lei, col potere dell’acqua, a condurli incolumi in profondità donando loro la capacità di respirare sott’acqua e di resistere dalla pressione.
- Ora siamo pronti? – chiese ancora Dwale. – Andiamo.
- No, aspetta! – la fermo Huta. – Chou, perché non sei in acqua?
- Io… - cominciò a balbettare la ragazza – ho tanta paura dell’acqua profonda. Non mi piace, non mi piace…
- Ma Chou… - tentò di farla ragionare Dwale, ma la ragazza sembrava non voler ascoltare nessuno.
- Va bene Chou – disse Kasumi, Sway si voltò verso di lei: i suoi occhi erano diventati d’argento, - rimani sulla Lagunarock e aspettaci.
- Va bene – sussurrò Chou. – Mi dispiace ragazzi.
- Non ti preoccupare! – la rassicurò Dwale con un ampio sorriso. – Basteremo noi per fargliela vedere a quella stregaccia!
- Però qualcuno dovrebbe rimanere con lei… - disse Huta indeciso.
- Rimarrò io – si propose Kensa, uscendo dall’acqua.
- Se entro quattro ore non siamo tornati, inviate un messaggio al Garden spiegando la situazione e dando loro le nostre coordinate.
- Agli ordini.
Dwale s’immerse e i ragazzi le andarono dietro mentre Chou e Kensa rientrarono nella Lagunarock. Kasumi e Sway erano ancora in superficie, il gunblader aveva ancora una cosa da dire:
- Gli occhi sono lo specchio dell’anima, Kasumi.
- Sì, - sussurrò triste la ragazza – di solito sì. – E s’immerse seguendo i compagni.
- Un giorno ti capirò – promise Sway.

19. Il Guardiano dell'isola sommersa

- Sei sicura di non voler andare con i tuoi compagni, Chou?
La ragazza annuì. – Io… non so perché, ma ho sempre avuto terrore del mare…
- Ti è successo qualcosa quando eri più piccola? – indagò Kensa.
- In realtà non so lo – gli confidò sconsolata Chou. – Non ricordo molto bene la mia infanzia, solo pochi frammenti confusi, troppo pochi.
- Beh, se ti fa sentire meglio: io ricordo a malapena anche la mia adolescenza! – tentò di consolarla l’ex cavaliere, scherzando su un evento che gli causava ancora così tanta sofferenza.
- Mi dispiace – disse all’improvviso la ragazza. – In questo modo sono soltanto un peso per i miei compagni.
- Non è così – la rassicurò Kensa. – Sicuramente saresti stata un peso maggiore se fossi andata con loro in queste condizioni.
- Ma…
- E poi – la zittì lui, - in questo modo mi hai fatto un piacere.
Chou lo fissò interrogativa.
- Fino a pochi giorni fa ero il vostro nemico, né voi né io siamo ancora pronti a ingaggiare un vero combattimento spalla contro spalla.
- Ma non è vero! – esclamò la ragazza. – Io mi fido. Io mi fido di te!
- E’ vero – sorrise il giovane. – Non so perché, ma tu ti sei subito resa conto che l’uomo che combatteva contro di voi non ero realmente io. Te ne sono grato Chou, è grazie a te se sono riuscito a sottrarmi al controllo della strega
- Ecco… umh… non so… erano i tuoi occhi che… insomma… - balbettò Chou imbarazzata.
Kensa sorrise e si accostò alla ragazza.
- Chou, io…
Intanto i SeeD erano arrivati in prossimità di quel che rimaneva del centro di ricerca.
- Per Hyne! – esclamò Huta appena riuscirono a vederlo. – Se prima erano delle rovine, adesso sono solamente un cumulo di macerie!
- Vorrà dire che Cecir avrà più difficoltà a raggiungere la sala dove si trova Ultima! – ribatté Krateia. - Speriamo solo che AHHHHHH!!! – strillò all’improvviso schivando per un soffio un attacco giunto dall’alto.
- Che succede? – gridò Sway allarmato.
- Non lo so! – rispose Krateia agitata. – Qualcuno mi ha appena attaccata!
- E’ Leviathan, il guardiano delle rovine sommerse – spiegò Kasumi avvilita. – Dovremo sconfiggerlo per passare.
- No, non c’è tempo! – s’intromise Himitsu. – Guardate, è stata recentemente ferito sul dorso: la strega è già passata di qui!
- Cosa facciamo? – domandò Huta tenendo sott’occhio il Guardiano.
- Dividiamoci in due squadre – decise Sway. – La prima che rimanga a combattere contro Leviathan, la seconda entri nelle rovine a incontrare la strega.
- D’accordo – assentì Dwale. – Io rimarrò qui, senza di me Siren non può aiutarvi a respirare sott’acqua.
- A questo punto, altri due di noi restano e tre vanno – continuò Sway.
- Io preferirei andare nelle rovine – si propose Krateia. – Non sono la più abile nel combattere, ma credo di poter essere utile nel caso c’imbattessimo in indovinelli o meccanismi d’azionare.
- Adesso basta – esclamò Kasumi. – Leviathan non rimarrà per sempre ad aspettarci. Sway, tu e Himitsu andrete con Krateia. Huta, Dwale ed io rimarremo a combattere. Va bene, caposquadra?
- Esemplare – annuì Himitsu.
- Aspetta! Himitsu è uno dei più potenti tra di noi, non sarebbe meglio se rimanesse ad aiutarci? – volle sapere Dwale.
- Volentieri Dwale, ma temo che sott’acqua le mie pistole non funzionerebbero molto bene. Adesso muoviamoci.
- Agli ordini! Ragazzi, Siren ed io riusciremo a salvaguardarvi fino all’entrata delle rovine, dopodiché perderemo ogni contatto con voi.
- Grazie Dwale. Sway, Himitsu, andiamo.
Kasumi, Huta e Dwale attesero che i loro compagni scomparissero all’interno delle rovine per ingaggiare il combattimento.
- Ricordate di non allontanarvi troppo, altrimenti la magia di Siren non riuscirà più a raggiungervi.
- Nessun problema! - esclamò Huta avvicinandosi alla Guardian Force con un colpo di gambe. – Prendi questa!
Il ragazzo caricò la sua arma di elettricità e colpì il G.F. con tutta la sua forza, ma Leviathan non sembrò nemmeno sentire l’attacco.
E pensare che è appena uscito da uno scontro con le truppe della strega! Si disse il giovane stringendo i denti.
- Adesso tocca a me! – gridò Dwale facendosi avanti. – Preparati Leviathan, perché sento di aver appena appreso una nuova limit: METEODRIVE!
Nemmeno questo attacco ebbe effetto, dopo di loro anche Kasumi preparò una delle sue offensive più potenti ma non arrecò un danno tale da mandare Leviathan K.O. Allora la ragazza si ritirò in seconda linea per curare Dwale e Huta con una delle sue magie.
- Brava Kasumi – le urlò Huta. – Rimani in seconda linea e curaci con la tua magia bianca mentre noi due continuiamo ad attaccare.
- Ha ragione Huta, non affaticarti troppo: ti sei ripresa da poco da quel brutto infortunio. Non preoccuparti, bastiamo noi contro questa lucertola blu!
Kasumi diede loro ascolto e rimase dov’era. Non ho mai visto un Guardiano così potente. Sono io più debole del solito? Non può certo essere stata quella sciocchezza ad indebolirmi… O forse sono così per causa sua?
<< Sì Tenshi, è a causa mia >>
Ma perché? Adesso c’è bisogno del mio aiuto! Leviathan è quasi imbattibile nel suo ambiente.
<< Tu sei mia, Tenshi, eppure ti stai affezionando troppo al leone >>
Non è così! Io…
<< Taci. D’ora in poi sarai privata dei miei poteri, vai ed aiutali con le tue forze. Sei sempre stata la più potente, Tenshi, saprai ancora attingere alla tua forza? Al tuo attacco distruttivo? >>
Quello non lo farò mai più.
<< Beh, è un peccato, sei l’unica che è riuscita ad apprendere il “The Fallen Angel”, l’attacco dell’angelo caduto. Adesso è meglio che tu vada: la Belladonna sta per appassire. >>
Kasumi uscì dalla sua trance e i suoi occhi riacquistarono il loro solito colore turchino. Si voltò verso Dwale, la ragazza stava per soccombere.
- Kasumi, che stai combinando? – le gridò Huta, intento ad attaccare Leviathan da dietro. – Cura Dwale, presto!
- No, non c’è tempo per curarla – disse Kasumi vedendo il Guardiano che si preparava ad attaccarla. – Huta, stai indietro. Dwale, stringi i denti. – la giovane portò davanti a sé il Divine Angel e cominciò a farlo roteare come un’elica, l’aura della ragazza ormai risplendeva di un intenso colore purpureo mentre richiamava a sé la più potente delle sue Limit dopo il “The Fallen Angel”: - ANGEL CURSE!
Angel Curse significa “Maledizione dell’angelo”. In un attimo l’energia (HP) di Kasumi si quintuplicò mentre si attivavano tutte le magie di protezione come ad esempio Shell, Protect e Rigene. Il Divine Angel della ragazza si trasformò in una katana giapponese a lama lunga, anche occhi della ragazza mutarono ma, invece di acquisire quel particolare colore argentato, diventarono violetti (Rosa di Parma, per intenderci. Diciamo un bel rosa shocking). Kasumi si smaterializzò e riapparve in un attimo davanti a Dwale, tra lei e il Guardiano. Con un grido di battaglia la ragazza cominciò ad attaccarlo con rapidissimi fendenti che procurarono al G.F. profonde ferite in tutto il corpo. Alla fine, privo di forze, Leviathan divenne una corrente d’acqua bollente e venne assimilata da quella Kasumi impetuosa e aggressiva.
- Da questa parte! Ho trovato il passaggio! – disse Krateia chiamando i compagni. - Dannati ricercatori, non potevano costruire questo Centro sulla terraferma?
- Calmati Krateia… - consigliò Sway.
- Come faccio a calmarmi? E’ un’ora che stiamo attraversando corridoi mezzi franati con l’acqua che ci arriva alla vita.
- Fate silenzio adesso, stiamo per entrare nella sala di Ultima – intimò Himitsu, irritato dal fatto di essere bagnato fradicio. Erano stati più asciutti prima, nella barriera d’aria che Siren e Dwale avevano creato intorno a loro che non in quel momento.
I tre ragazzi entrarono silenziosamente nella sala di Ultima, la stanza era misteriosamente illuminata da una luce azzurra che rimbalzava sulle pareti levigate dall’acqua. Però, a parte loro, la sala era deserta.
- Siete arrivati troppo tardi – disse Sway.
- Come? – lo interpellò Krateia.
- E’ il messaggio che ci ha lasciato la strega, l’ha inciso nel muro con la magia.
Krateia seguì con lo sguardo la direzione che le veniva indicata: come se fossero state marcate a fuoco, su una delle pareti della sala c’erano proprio quelle brucianti parole: “Siete arrivati troppo tardi, SeeD”.
- Dannazione, adesso cosa facciamo? – esclamò Sway stringendo i pugni. – Gli altri contavano su di noi!
- Gli altri, o solamente una certa ragazza lunatica? – gli sibilò Himitsu all’orecchio.
Sway lo spinse via con rabbia. – Ti fai mai gli affari tuoi, caposquadra?
- Non è colpa mia se non sa attenersi alla missione.
- Abbiamo tutti la stessa missione, te ne sei forse dimenticato? – continuò ad aggredirlo.
- Tu non sai niente di lei! – gli urlò contro Himitsu.
- Perché, tu sì? – gridò Sway di rimando.
- Io… - cominciò Himitsu in collera, poi si arrestò, ricomponendosi. – No.
- Ehi, Sway! Himitsu! – chiamò Krateia.
- Cosa c’è?
- La strega vuole ancora divertirsi con noi – disse ai due ragazzi. – Ci ha lasciato un indovinello:
“SeeD… SeeD… mi avete privata del mio cavaliere e del mio amante, desidero vendetta. Raggiungetemi, se ci riuscite.
Con il primo cerchio splendente
di notte si aprirà
il sentiero con fiori di ciliegio
per le rovine dell’arma finale.
L’atrio tra terra e mare
Dimora delle ultime streghe passate.
- Cosa vuol dire? – domandò Sway, che intanto si era calmato.
Krateia scosse la testa. – Non ne ho idea. Torniamo dagli altri.
- Brava Kasumi! – esclamarono Huta e Dwale, sebbene un po’ intimoriti.
Kasumi si voltò verso di loro, gli occhi continuavano ad avere quel mistico colore purpureo, la katana non accennava a ritornare l’asta a due lame che Kasumi adorava tanto.
- Dwale… credo ci sia qualcosa che non va – mormorò Huta appena raggiunse la compagna per risanarla. – Perché non torna normale?
- Non lo so – rispose la ragazza.
- Ehi Kasumi! Dwale! Huta! Siamo qui! – chiamò Krateia appena Siren ebbe ricreato la barriera d’aria intorno a lei, Sway e Himitsu.
- State lontani! – strillò Dwale quando vide Kasumi nuotare velocissima verso di loro. – Kasumi!
Sway aveva già cominciato a nuotare verso di lei e riuscì a intercettare il suo fendente con il Gunblade. Il contraccolpo gli fece vibrare tutto il braccio, fino alla spalla.
- Cosa le è successo? – domandò Krateia sull’orlo delle lacrime.
- Ha usato una delle sue abilità, si è trasformata e ha sconfitto Leviathan in pochi secondi, poi non è tornata normale e ci ha attaccati – spiegò Dwale abbracciando l’amica.
- E la sua arma?
- Si è trasformata con lei.
- Basta Kasumi, è ora di finirla! – urlò Sway spingendola via. La ragazza non sembrò prestargli la minima attenzione e attaccò di nuovo.
- Tenshi, ti prego smettila!
- Zathvar… - Kasumi esitò e questo diete occasione a Sway di disarmarla.
- Siren è stanca, dobbiamo tornare in superficie altrimenti moriremo… - bisbigliò Dwale priva di energie nel tentativo di mantenere la barriera d’aria intorno a tutti loro.
- Krateia, credi che la Lagunarock sia in grado di fungere anche da sottomarino? – domandò Huta con urgenza.
- Non lo so – rispose la ragazza scuotendo la testa. – In ogni modo non abbiamo modo per contattare Chou.
- Posso farlo io – rispose Himitsu senza allontanare lo sguardo dallo scontro tra Sway e Kasumi. Poi si costrinse a farlo, si concentrò cominciando a risplendere, così come avevano già fatto gli altri quando avevano invocato il loro Spirito Gemello. Beh, più che risplendere di luce dorata, rossa, blu, verde o porpora come avevano fatto i suoi compagni, quando apparve Diablos il ragazzo era completamente avvolto dall’oscurità più profonda, tale che a malapena si riusciva ad intravedere il suo giubbotto rosso.
Vai dalla farfalla e avvertila che ci serve il suo aiuto. Disse Himitsu comunicando mentalmente col suo gemello. Diablos scomparve.
Nel frattempo sia Sway che Kasumi si erano liberati delle loro armi, il giovane gunblader afferrò la ragazza per le spalle e l’avvicinò a sé, in modo da fissarla dritta in quegli occhi opalescenti. – Non mi interessa se quello di ha chiamata Tenshi, tu sei Kasumi. La nostra Kasumi, perciò adesso ritorna in te!
La ragazza chiuse gli occhi e si aggrappò a Sway.
- Sway… - bisbigliò appoggiandosi a lui. – Cos’è successo? Vi ho attaccati?
Il ragazzo annuì.
- Mi dispiace, in nessun altro modo saremmo riusciti a sconfiggere Leviathan – sorrise debolmente quando Sway l’accompagnò dagli altri SeeD. – In un modo o nell’altro, alla fine sono sempre io quella che arreca più fastidi.
- Ma lo fai per aiutare i tuoi compagni – le disse Himitsu.
- Grazie. Aiutami a nuotare, per favore – gli rispose.
- Ti sto aiutando io – le fece notare Sway, accentuando la presa intorno alla sua vita.
- Lo so, ma ti sei anche stancato nel tentativo di fermarmi. Non voglio che ti senta male anche tu.
- Ma… - protestò il ragazzo.
- Insomma Sway, calmati – gli intimò Dwale, che a sua volta era aiutata da Krateia. – Siamo tutti stanchi, di cosa ti preoccupi?
- Di niente, non importa – rispose il ragazzo affidando Kasumi a Himitsu. Dopo il litigio che avevano avuto all’interno del centro di ricerca, Himitsu era l’ultima persona a cui voleva affidare Kasumi.
Kensa sorrise e si accostò alla ragazza.
- Chou, io…
- Aspetta! – gridò Chou mettendogli una mano sulla faccia. – C’è un mostro della Lagunarock!
- Cosa? Dove? – domandò Kensa.
- Guarda, è lì! – Chou gli indicò un angolo della cabina di pilotaggio.
- Non è un mostro, è Diablos: lo Spirito Gemello di Rubbuku Himitsu – spiegò Kensa dopo aver buttato un’occhiata.
- E come lo sai?
- L’ho saputo dalla strega – rispose il ragazzo.
- Ehi tu, bruttone! – urlò Chou, parlando con Diablos. – Che cosa vuoi?
- Chou Nizi, modera il linguaggio – disse la voce di Himitsu attraverso la Guardian Force.
- Oh, agli ordini caposquadra! – esclamò Chou sull’attenti.
- Prendete i comandi della Lagunarock e veniteci incontro, abbiamo numerosi feriti, oltre ad una fretta insistente: Siren e Dwale tra breve ci lasceranno bagnati.
Dopo un secondo, in cui Diablos fissò intensamente la ragazza, il Guardiano avvolse intorno a sé le proprie ali da pipistrello e scomparve in una nuvola nera simile ad uno stormo di pipistrelli.
- Credi siano nei guai? – domandò Chou sedendosi ai comandi.
- Solo se non ci sbrighiamo – rispose Kensa prendendo quelli secondari.
- A proposito, cosa stavi per dirmi prima?
- Nulla, questo – rispose l’ex-cavaliere – te lo dirò un altro giorno - e la Lagunarock s’immerse.
- Non credevo che potesse essere anche un sottomarino – rifletté Kensa dopo alcuni minuti di movimento, mentre cercava tracce dei SeeD sul radar.
- Credo che nessuno lo credesse – ridacchiò Chou, - altrimenti credi che si sarebbero fatti tutta la strada a nuoto?
- Eccoli! Li ho travati: sono laggiù.
- Li vedo, come facciamo a farli entrare senza riempirci d’acqua?
Chou cominciò ad agitarsi, erano arrivati, ma come facevano a trarre in salvo i suoi compagni? Eppure Kensa sembrava così calmo!
- Chou, ho trovato: sotto il portellone sinistro c’è un’entrata costruita per espellere l’acqua infiltrata. La stessa utilizzata per la funzione di astronave. Ma come li avvertiamo?
- A questo ci penso io – rispose la ragazzo con uno strano sorriso.
- E come? – sorrise a sua volta Kensa, trovando divertente l’espressione della ragazza.
- Alla vecchia maniera – dopo di ché tirò fuori un foglio e cominciò a scriverci sopra con un pennarello, poi sbatté il foglio stesso sul vetro della cabina di pilotaggio, praticamente in faccia a Huta. Il ragazzo fissò per qualche istante il foglio, sconcertato, poi guidò i SeeD all’entrata scoperta da Kensa.
- Ma cosa ci hai scritto? – domandò continuando a ridere.
Chou si voltò e gli mostrò il foglio, con una grafia grande e disordinata aveva scritto di entrare dall’accesso sotto il portellone sinistro.
- Un genio Chou – sorrise l’ex-cavaliere preparandosi ad accogliere i SeeD feriti.

20. Sentiero di primavera della prima notte di luna piena

- Per fortuna vuoi due eravate rimasti sulla Lagunarock, altrimenti a questo punto ci saremmo trovati veramente nei pasticci – ringraziò Dwale strizzandosi con forza i capelli grondanti d’acqua.
- Cosa è successo? – volle sapere Chou.
- Kasumi ha ottenuto Leviathan – disse Sway tenendo gli occhi bassi.
- Mentre noi tre abbiamo trovatoselo un misero indovinello… - spiegò Himitsu, indicando se stesso, Sway e Krateia con un cenno della testa, perché ancora reggeva Kasumi. La ragazza, nel frattempo, si era addormentata con un’espressione sofferente sul volto.
- Non intendevo questo… - borbottò Chou facendo il broncio. La giovane voleva in realtà venire a conoscenza dei fatti riguardanti Kasumi: non le avevano detto nulla a riguardo, ma ormai tutti quando condividevano un legame speciale. Chou sentiva che era accaduto qualcosa, ma avvertì anche che nessuno voleva parlargliene. Dunque rinunciò.
- Che tipo di indovinello? – s’intromise Kensa.
- Con il primo cerchio splendente di notte si aprirà il sentiero con fiori di ciliegio per le rovine dell’arma finale. L’atrio tra terra e mare dimora delle ultime streghe passate. – recitò Krateia, che da quando avevano lasciato le rovine del centro di ricerca non aveva fatto altro che pensarci. – Credo che sia l’indizio che indica il luogo dove si trova Omega Weapon.
- Non è esattamente così – la corresse Kensa, pensieroso. – Omega Weapon non appartiene e non è mai appartenuto a questo mondo.
- Ma ci sono giunti numerosi documenti in cui si testimonia la sua esistenza! – esclamò Krateia. – Altrimenti, cosa starebbe cercando la Strega?
- Omega Weapon – le rispose semplicemente Dwale, che sembrava essere appena stata colta da un’illuminazione. – Ragioniamo… l’Omega Weapon di cui si parla, risale al periodo in cui dovrebbe esserci stata la seconda guerra della strega, sbaglio?
- No… - assentì Krateia, ascoltandola con le braccia conserte.
- Beh… i testi dicono che fu la Strega di quel tempo a mandare l’Arma contro coloro che in seguito la sconfissero…giusto? – chiese di nuovo conferma la ragazza.
Krateia annuì. – La Strega Artemisia – precisò. – Ma è successo diversi secoli fa! Cosa centra con adesso?
- Sempre se ricordo bene – continuò Dwale titubante, - quella Strega veniva da un'altra dimensione, è quindi possibile che se la sua portata dietro da lì!
I ragazzi la fissarono intensamente.
– Come ho fatto a non pensarci! – esclamò alla fine Krateia. – Brava Dwale!
- Questo vuol dire che l’indovinello ci porterà a un portale? – esclamò Huta.
- No – rispose Himitsu. – A luogo dove il portale si aprirà. Credi che una cosa così instabile si possa trovare sempre immobile nello stesso punto?
- Quindi, dovremmo risolverlo, non credete? – li spronò Sway, avvicinandosi a Himitsu e portandogli via Kasumi. I due ragazzi si fissarono truci per un istante, poi Himitsu guardò il Gunblader posare la giovane sulle loro coperte, ammonticchiate in un angolo.
- Non lì, Sway! – lo sgridò Dwale. – Kasumi non è un sacco, portala in cabina… - la ragazza fece una lunga pausa, sbatté velocemente le palpebre e con un profondo respiro disse: - e stai con lei finché non si sveglia.
- Ma… e l’indovinello?
- Ci pensiamo noi all’indovinello, intanto – rispose Chou al posto dell’amica.
Il giovane annuì, sollevò ancora una volta Kasumi e scomparve insieme a lei attraverso la porta.
Perché? Si domandò Dwale, vedendo Sway che si allontanava di spalle. Io… mi sono innamorata di Sway, in questi mesi. All’inizio mi piaceva soltanto, ma standogli vicina mi sono resa conto di quel che provo veramente. Allora perché aiuto quei due… è chiaro che sono attratti l’uno dall’altro. L’hanno capito tutti, ormai. Eppure, finché c’è la minima speranza io dovrei lottare. Perché li spingo ad avvicinarsi?
- Dwale… - la chiamò Chou, sfiorandole la spalla. – Cominciamo a provare.
Non guardatemi con quello sguardo di compassione negli occhi! Pensò Dwale in un urlo interiore. La giovane chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e sfoderò il suo migliore sorriso.
- Forza! Si accettano suggerimenti!
I ragazzi sorrisero e cominciarono a lavorare su quell’antipatico enigma.
Sway si sedette su uno dei letti delle cabine. Fece stendere Kasumi sullo stesso e appoggiò la sua testa sulle proprie ginocchia. Il ragazzo poteva vedere il viso di lei, in quel momenti era sereno. Gli occhi chiusi e le ciglia lunghe… la lebbra sottili lievemente dischiuse nel sonno. In quel tempo i capelli le erano cresciuti e la frangia cominciava a caderle sugli occhi, glieli spostò dolcemente. Sway sbuffò, già da un po’ lui al posto della frangia aveva un tenda, per fortuna la sua particolare attaccatura di capelli gli permetteva di continuare a vederci.
Kasumi gemette, movendosi sulle ginocchia di Sway, ma non si svegliò. Il ragazzo continuò a vegliarla mentre si domandava cosa potesse esserle successo quando combattevano contro Leviathan. Quando lui, Krateia e Himitsu erano tornati all’esterno, quasi non l’aveva riconosciuta. Certo, i capelli erano i suoi, i lineamenti erano i suoi… ma gli occhi, l’arma e i movimenti… quelli appartenevano ad un’altra Kasumi. Sway si era spaventato, sebbene gli costasse ammetterlo. Gli occhi della ragazza avevano quella caratteristica di mutare, di passare dal turchese all’argento… dal turchese al rosa? I movimenti… di solito così flemmatici ed eleganti, sinuosi… erano diventati precisi e violenti. No si disse il giovane, quella certamente non era Kasumi.
Ma lui cosa poteva fare? Quel senso d’impotenza lo ferì e sentì una fitta al petto. Cos’erano quei sentimenti? Preoccupazione? Angoscia? Paura? No. Il tornare a volgere lo sguardo sulla ragazza addormentata gli rispose. Era amore. Amore? Lui non conosceva l’amore. Come poteva essere amore? Sway chiuse gli occhi, perché la vista del volto di Kasumi lo distraeva, e tentò di riflettere. Da quando provava tale sentimento? Ripensò al giorno in cui si incontrarono… era appena stato al Centro d’Addestramento, era nervoso e irritabile. Certo non in quel momento, in cui l’aveva vista solo come un’invadente intrusa. Quando l’aveva portata in giro per il Garden? Forse, ma allora la vedeva come un’allegra amica. Poi partirono per la prima missione, pian piano osservava la ragazza e si rendeva conto che il suo comportamento, forse il suo stesso carattere mutava. Sempre di meno erano i momenti in cui rideva e scherzava, il suo atteggiamento sempre serio. Poi lei fu ferita per salvarlo. Ricordarlo gli provocò dolore, una fitta al petto. Quello? Era stato quello il momento in cui il suo cuore aveva cominciato a battere per lei? In quell’istante lungo una vita? Quell’istante, in cui la ragazza l’aveva abbracciato facendogli da scudo con il suo corpo? Quell’istante, in cui la ragazza era caduta a terra mentre i capelli la coprivano come un velo? Sì si rispose Sway. L’attimo in cui aveva cominciato a provare qualcosa di più forte dell’amicizia era stato quello. Il giovane si sentì bruciare gli angoli degli occhi. Non stava per piangere, lui non piangeva… inconsciamente una mano gli scivolò nella tasca dei pantaloni per stringere il medaglione. Era uno strano medaglione, era pensante e d’argento, rappresentava l’immagine di un leone e dietro aveva un incisione: The sleeping lion heart. Non aveva mai saputo cosa significasse quella frase, d'altronde quell’oggetto non era suo…gli era stato affidato dai suoi genitori, da sua madre per essere precisi. Il suo nome era Hina Leonheart, Sway aveva acquisito il suo cognome e alla morte della donna aveva ricevuto quell’oggetto in dono. Il cognome di Leonheart, che Sway portava fieramente, e il leone d’argento, appartenevano alla tradizione della sua famiglia. Sua madre gli aveva sempre narrato molte storie, su guerrieri e streghe e suoi loro antenati. Hina gli aveva sempre ripetuto, dal giorno in cui era nato, che da sempre il destino dei Leonheart era legato a quello del mondo. Sway non ci aveva mai creduto sul serio, ma seguendo i desideri della madre aveva cominciato a esercitarsi con il Gunblade. In breve, si appassionò alla disciplina e dopo la morte della madre s’iscrisse al Garden di Balamb.
<< Perché vuoi che usi il Gunblade, mamma? >> << Anche io lo uso, non vuoi avere la stessa arma della tua mamma? >> << Sì! Sì! >> << Sai, Sway, anche mia madre utilizzava il Gunblade, così come mio nonno e il mio bisnonno, tutti i Leonheart diventano maestri del Gunblade. È una tradizione di famiglia. Allo stesso modo, tutti i Leonheart, maschi o femmine che siano cresceranno e si sposeranno con il cognome di Leonheart >>
Quell’antichissima discussione che Sway aveva avuto con la madre, un giorno che si allenavano, tornò alla mente del ragazzo. Credeva di essersene dimenticato, quanti anni aveva a quel tempo? Cinque? Sei? Allontanò da sé quei pensieri con una scrollata di spalle, il gesto improvviso fece di nuovo gemere Kasumi, ma non la svegliò.
Sway abbassò lo sguardo su di lei, fissò intensamente la sua figura addormentata, la linea del volto, la forma degli occhi, il suo petto muoversi lentamente su e giù, seguendo il suo respiro. Chiuse gli occhi e si chinò su di lei baciandola dolcemente, sfiorandole leggermente le labbra. Quando riaprì gli occhi, vide che anche Kasumi l’aveva fatto.
- Buongiorno, bell’addormentata – le sorrise.
La ragazza invece non sorrise, vedendo lo sguardo colmo d’affetto del giovane s’atterrì e lo spinse lontano da sé, bruscamente.
<< Tu sei mia, Tenshi, eppure ti stai affezionando troppo al leone >> quelle parole risuonarono nella sua testa come un ricordo doloroso.
- Perdonami – la supplicò il ragazzo, guardandola ferito. – Non avevo intenzione d’infastidirti. La Strega ci ha lasciato un enigma da risolvere, appena te la senti raggiungici – le disse il giovane, assumendo un tono freddo e avvicinandosi alla porta.
Kasumi si alzò a sedere, lo vedeva allontanarsi, le dava le spalle, stava per andarsene. Se avesse varcato quella soglia, lei se lo sentiva, l’avrebbe perso per sempre. Ma cosa poteva fare? La sua missione era una sola… Si alzò e lo fermò, abbracciandolo da dietro.
- Scusami, ti prego scusami! – urlò la ragazza, in lacrime. Non si curava del fatto che forse dalla cabina di pilotaggio la potessero sentire. Non la sentirono, ma se fosse stato, a Kasumi non interessava.
- Kasumi… - sussurrò Sway, cercando di voltarsi.
- Non girarti! – urlò la ragazza, tenendolo stretto. – Non girarti – ripeté.
- Kasumi, cos… - domando il ragazzo confuso.
- I tuoi occhi mi rendono irrequieta… - bisbigliò la ragazza, scossa dai singhiozzi. – La tua voce penetra dentro di me, profondamente…
- Kasumi… - cercò di parlare Sway, ma l’accentuarsi della stretta della ragazza lo zittì.
- Non interrompermi, ti prego… - continuò lei, bagnandosi le guance e il giubbotto del ragazzo, piangendo. – Ti adoro, mi sono innamorata di te… ma questa sensazione avrei voluto non provarla mai in tutta la mia vita. La tua gentilezza e l’affetto, il tuo sorriso e il tuo modo di fare… amo tutto, ma non posso tornare indietro. Scusami…
- Kasumi! Cosa stai dicendo!? – esclamò Sway, finalmente riuscendo a voltarsi. L’immagine della ragazza, in lacrime, gli straziò il cuore.
- Io non posso amarti – disse la ragazza. – Né ora, né mai. Siamo compagni, possiamo essere amici, ma io non posso e non devo amarti!
La ragazza lo evitò e corse fuori dalla stanza. Sway la guardò allontanarsi velocemente. Cosa… cosa volevano dire quelle parole? Il ragazzo si lasciò cadere il ginocchio, il dolore gli lacerava il petto. Si piegò in avanti, tempestando di pugni il pavimento.
- Cosa vuol dire, Kasumi? – strillò il ragazzo, la fronte appoggiata al suolo gelato, sembrava pregare. Lui non adorava Hyne, non aveva mai preteso nulla da lui ma per lui non aveva mai nemmeno fatto nulla. – Perché? – gli domandò in quel momento. – Cosa vuoi da noi?!
Passarono alcuni minuti ma non ebbe nessuna risposta, non che se l’aspettasse, ma quel tempo gli era servito per calmarsi. Strinse i denti, mentre si feriva le labbra. Basta! Non poteva continuare ad autocommiserarsi a quel modo. Si alzò in piedi, un po’ barcollante ed uscì dalla cabina.
Kasumi corse fino alla porta, dietro la quale poteva sentire le voci dei suoi compagni discutere. Il cuore le saltava nel petto, impazzito, le sembrava che la testa le scoppiasse. Non dovevo innamorarmi di lui?
<< No, Tenshi, non dovevi farlo >>
Signore… Io…
<< Basta così, sapevo che, affidandoti questa missione, ti avrei spinta incontro a mille tentazioni. Com’è sentire il sangue scendere a fiotti dal tuo corpo? Com’è sentire sulla pelle il calore di un’altra persona che ti sfiora? >>
Bello… singhiozzò la ragazza, impedendosi di ricominciare a piangere.
<< Sapevi che una volta terminato il tuo compito, tutto sarebbe tornato come prima… eppure hai voluto immergerti in queste sensazioni e provarle nella loro pienezza >>
Ho sbagliato, ma non commetterò più gli stessi errori.
<< Lo spero, Tenshi. Ti sei accorta, vero, che non sei sola? >>
C’è Zathvar…me ne sono resa conto quando siamo ripartiti dal Garden.
<< Lui ti aiuterà, Tenshi… Ti aiuterò anche io, non preoccuparti. Adesso vai, riacquista i miei poteri >>
Signore, se posso chiedere…vorrei continuare con le mie sole forze.
<< D’accordo, Tenshi. Ma il mio aiuto lo avrai sempre >>
Kasumi si sentì di nuovo libera da quel contatto, ma si sentì rattristata quando si spezzò, l’aveva salutata con calore e le aveva infuso coraggio. Era un po’ di tempo che pensava a lui con rancore, ma finalmente si era ricordata del suo compito, e della ragione per cui lei era lì. Sorrise e spalancò la porta.
- Kasumi! – esclamò Huta, che fu il primo a vederla.
- Ciao, ragazzi – rispose Kasumi, cercando di tornare la spensierata ragazza che aveva dimostrato di essere all’inizio del viaggio.
- Stai bene? – le sussurrò Himitsu, avvicinandosi e fermandosi davanti a lei.
- Sto bene – annuì la ragazza, mentre gli angoli della bocca si incurvarono verso il basso in un’espressione triste. – Mi aiuterai? – gli domandò, stringendogli il braccio in una morsa.
- Ti aiuteremo tutti – rispose il ragazzo.
- Dov’è Sway? – domandò Dwale, preoccupata.
- Ha detto… - esitò Kasumi. – che…
- Che l’avrei raggiunta subito.
- Sway! – sussultò Kasumi. – rifugiandosi vicino a Himitsu. I due giovani si scambiarono sguardi di ghiaccio, poi Himitsu fece sedere Kasumi tra Chou e Huta.
- Allora, come va con l’enigma? – chiese Sway, ignorando sia Himitsu che Kasumi.
- Non molto bene – rispose Krateia, fingendo di non cogliere la tensione palpabile nell’aria. – Non riusciamo a capire quasi nulla. Dice che di notte si aprirà un sentiero con fiori di ciliegio. Potrebbe essere un indizio sulla particolare conformazione del terreno, ma potrebbe essere solamente una metafora…
- Le righe seconda e quarta sono le uniche che non hanno bisogno di interpretazione… - borbottò Huta, seguendo il filo dei propri pensieri. È certo che il portale si aprirà di notte e che condurrà alle rovine di Omega Weapon. Weapon significa arma, mentre omega è l’ultima lettera dell’alfabeto greco.
- Abbiamo anche supposto che il cerchio splendente potesse indicare il momento esatto… - continuò Kensa, fissando il foglio su cui avevano trascritto l’enigma. Il luogo è certamente indicato nelle ultime due strofe, ma non riusciamo a capire a cosa si riferiscano “L’atrio tra terra e mare dimora delle ultime streghe passate”.
- Sono stanca – si lamentò Kasumi, appoggiandosi alla spalla di Chou.
- Forse è meglio se torni a riposare… - propose allora la ragazza, ma Kasumi non intendeva quello. Il significato nascosto in quelle parole, lo colse una persona sola.
- Allora svelaci la soluzione! – disse questa, soddisfatta.
- Con il primo cerchio splendente, di notte si aprirà il sentiero con fiori di ciliegio, questo porterà alle rovine dell’arma finale – recitò Kasumi. – La prima notte primaverile di luna piena, si aprirà il sentiero che conduce alle Rovine di Omega.
- Brava Kasumi! – esclamò Chou, tentando di sembrare serena. L’avevano allarmata quelle improvvise parole della ragazza, come poteva aver risolto l’enigma dopo averlo sentito una sola volta, quando invece loro ci stavano ragionando da una lunga infinita ora?
- Ma certo… Il primo cerchio splendente è la prima luna piena e i fiori di ciliegio indicano la primavera!
- E l’atrio tra terra e mare, dimora delle ultime streghe passate? – domandò Sway, senza la minima flessione nella voce.
- La Casa di Pietra – rispose la ragazza, senza guardarlo negli occhi.

21. La Casa di pietra

Huta conosceva l’ubicazione della casa, ma non volle svelare il perché di quella conoscenza. Purtroppo i ragazzi non ebbero l’opportunità di prepararsi allo scontri: Kensa avvertì che la prima notte di plenilunio primaverile sarebbe stata dopo due giorni, così già da quella notte i giovani SeeD si erano accampati davanti alla Casa di Pietra. “Un orfanotrofio” aveva spiegato Huta.
Dwale aveva acceso un grande fuoco e in quel momento stava seduta a terra a fissare le fiamme, vicino a lei sedeva Sway e dopo di lui, a cerchio intorno al piccolo falò Kasumi, Himitsu, Krateia, Kensa, Huta e Chou.
Il sole era tramontato dietro la linea dell’orizzonte già da qualche ora, tutti erano silenziosi. C’era da aspettarselo… il destino di molte persone dipendeva solamente da loro: appena risolto l’enigma, Himitsu aveva contattato il Garden, richiedendo rinforzi SeeD al preside. Non solo la comunicazione era fortemente disturbata, ma l’uomo avvisò che anche movendosi immediatamente, nessun membro del Garden sarebbe riuscito a raggiungerli in meno di tre giorni… ovverosia troppo tardi.
All’improvviso, ma silenziosa come una farfalla, Chou balzò in piedi. Lei non era fatta per le lunghe attese, diceva, e così si allontanò verso il boschetto vicino, con la scusa di una passeggiata. Kensa la guardò allontanarsi, sembrava pensieroso, ma dopo pochi secondi si alzò, senza una parola, e la seguì.
- Come li invidio… - disse veemente Krateia, levandosi a suo volta e sedendosi tra Kasumi e Sway. – Ehi, mi hai sentita? – la pungolo non sentendo la risposta.
Sway levò lo sguardo sulla giovane dai capelli castani. I suoi occhi erano argentei, di un argento così intenso che sembravano essere stati coniati con il mercurio puro. Ma non solo lo sguardo, anche l’espressione, la linea della bocca… Kasumi era molto triste, Sway non sapeva cosa succedesse quando il colore suoi occhi si alterava, ma sospettò che fosse a causa di quello se la ragazza in quel momento era addolorata.
- Perché siete qui, voi tutti? – volle sapere Kasumi, quando tornò se stessa.
I ragazzi si voltarono a guardarla, era la prima volta che apriva bocca da dopo la risoluzione dell’indovinello.
- Non lo so… Forse, all’inizio, era solo una questione di valori - disse Sway, rispondendo per primo, fissando la giovane negli occhi con uno sguardo estremamente intenso, profondo, come se volesse leggerle nell’anima, ma anche… accusatore. – Adesso desidero solo che questa storia termini il più presto possibile. E tu, Kasumi?
- Mi dispiace – rispose la ragazza, senza avere la forza di reggere un confronto visivo con lo spadaccino. – Ma questo… rimarrà un mio segreto – fece una pausa. – Fino alla fine.
- Sono qui perché sto viaggiando con voi – rispose Dwale, riuscendo a cancellare un po’ di tensione. – Io sono orfana, forse non lo sapete, sono nata a Timber, cresciuta in un orfanotrofio. A tredici anni, cioè appena mi è stato possibile, ho abbandonato la città e ho cominciato a viaggiare: dopo pochi mesi giunsi nel tranquillo paese di Winhill. Laggiù conobbi un’anziana coppia, un vecchio soldato Galbadiano e sua moglie. Mi presero con loro e l’uomo cominciò a insegnarmi le arti marziali, non fui la sua prima allieva, ma in quel periodo era l’unica. Morirono in un incidente due anni dopo… quando li raggiunsi ormai era troppo tardi, l’uomo era già spirato, mentre sua moglie era morente. Prima di andarsene, però, utilizzò le sue ultime energie per svelarmi una cosa che avevano scoperto due anni prima, pochi mesi dopo il mio arrivo: l’anziano uomo aveva indagato sulle mie origini, trovando ben poco in realtà… solo una cosa scoprì e ricordo ancora nitidamente le parole della donna quando me la riferì: da qualche parte, su questa terra, mia madre vive ancora. Abbandonai il paese la settimana successiva, amavo molto quell’anziana coppia, li consideravo come miei nonni. Chiusi così quel capitolo della mia vita e m’iscrissi al Garden di Balamb… perché? Perché i SeeD viaggiano, come era mio desiderio, ma i SeeD anche combattono, come era sempre stato desiderio del nonno. Me lo ripeteva sempre, che un giorno avrebbe voluto vedermi nella divisa dei SeeD. Un giorno tornerò al villaggio e la indosserò: anche se lui non può più vedermi so che ne sarà felice.
- Non lo sapevamo… - le disse Sway.
- No, lo supponevo: l’unica persona a cui ne ho parlato è Chou. Allora… Huta! Tocca a te!
- Anche io sono in viaggio per cercare qualcuno – sorrise il giovane, tirando una corda della sua lira, che da tanto tempo non suonava. – Accidenti! Non è più accordata! Un tempo avevo una sorella, ma fuggì quando avevamo sette anni. Da allora sono dieci anni, che la cerco ininterrottamente per il mondo. Ho sempre viaggiato da solo, ma questa volta sono felice di avere dei compagni!
- Io sono qui… perché sono un SeeD – rispose Himitsu, glaciale.
- Tocca a Krateia! – esclamò Huta, voltandosi verso la ragazza. – Ehi! Dov’è Krateia?
- Presto, venite qui! – la sentirono però chiamare, in quell’istante.
I ragazzi scattarono in piedi e corsero verso la direzione sa cui proveniva la sua voce.
La ragazza si era allontanata pochi secondi dopo Kensa ma, invece di dirigersi verso il boschetto, si era addentrata tra le rovine di quella misteriosa casa grigia. Attraversato il cortile, si era resa conto che la porta d’ingresso era stata bloccata da alcune macerie. Dopo essersi guardata intorno per alcuni minuti, aveva individuato una fenditura nella parete. Ci s’infilò dentro, facendo attenzione a non sbattere la testa contro uno dei macigni che sporgevano bassi.
- Ma tu guarda cosa deve fare un poveretta come me… - borbottò. Scivolò oltre massi e pezzi di muro e soffitto caduti, da quanto tempo era lì quel piccolo edificio? Alla fine sbucò in una stanza, era in buone condizioni, nonostante i vetri delle finestre non esistessero più e buona parte del soffitto fosse crollato, aveva ancora l’aspetto di una stanza. La ragazza notò immediatamente la porta di legno e corse ad aprirla, si trovò davanti a uno spettacolo magnifico: la luna risplendeva, nonostante non fosse ancora un cerchio perfetto, rifletteva la sua luce su tutti i fiori dell’immenso prato. Dovevano essere sbocciati da poco e si esibivano colorati e rigogliosi.
- Bellissimo… - sospirò la ragazza, ma poi si ricordò che non aveva avvertito nessuno quando si era allontanata. Si voltò per tornare indietro, proprio allora vide un’iscrizione sul muro.
- Ragazzi… - bisbigliò. – Presto venite qui! – urlò poi.
Dopo pochi istanti sentì un rumore di passi dietro una parete di macerie. Qui dietro deve esserci la porta bloccata pensò. Tentò di chiamare ancora una volta gli amici, ma non la sentirono, perché stavano parlando tra loro concitatamente.
- Uff… - sospirò. – A mali estremi, estremi rimedi. Quetzal! Dammi il tuo potere del fulmine! Kyaaaaaahh!
Krateia si allontanò di qualche passo dalle macerie, poi ci scagliò contro un fulmine. La parete si frantumò all’istante, rivelando il passaggio ai SeeD.
- Salve! – salutò la ragazza!
- Che spavento… - sospirò Dwale, poggiandosi una mano sul petto.
- Perché ci hai chiamato? – domandò Sway.
- Giusto! – esclamò Krateia, battendo le mani. Poi, indicò il muro della casa, quello con la porta da cui era uscita. – Guardate lì, c’è un’iscrizione bellissima!
Kasumi si accucciò vicino al muro indicatole e sorrise.
- “La Casa di Pietra esisterà sempre per accogliere tutti i bambini senza famiglia, in modo che possano crescere e diventare veri guerrieri ed eroi” – lesse la ragazza. – Sotto sono state incise le firme: Squall e Rinoa, Selphie Tilmitt, Irvine Kinneas, Quistis Trepe, Zell Dintch, Edea e Cid Kramer.
- Mancano i cognomi dei primi due – osservò Dwale, avvicinandosi all’iscrizione.
- Sono due nomi che mi suonano molto familiari – annunciò Krateia.
- Anche a me – bisbigliò Sway, senza convinzione.
- Come possono aver abbandonato un luogo così importante? – si domandò Dwale. – E da quanto?
- Non più di sei anni – disse Huta. – Io sono cresciuto in questo orfanotrofio. Sei anni fa è stata l’ultima volta un cui tornai qui, non so cosa sia successo da allora.
- Non ha senso continuare a ragionarci su – avvertì Himitsu, senza staccare gli occhi da quell’iscrizione. – E’ meglio andare a riposare, adesso. Domani ci aspetterà un momento difficile.
Huta, Dwale e Sway annuirono e, insieme al giovane, ritornarono al piccolo campo, dove solo Kasumi era rimasta a sorvegliare.
- Tu non vieni, Krateia? – domandò Dwale.
- No… io rimango qui ancora un po’.
La ragazza rimase sola. Quei primi due nomi le erano troppo familiari, il loro suono le risuonavano nella mente come una canzone. Continuava a fissarli intensamente, come se si aspettasse che chi li aveva scritti potesse apparire davanti a lei da un momento all’altro. Krateia sospirò, doveva essere pazza ad essere ancora lì. Decise di andare a riposare anche lei. Fece per levarsi in piedi e sfiorò i nomi con le dita, come se li salutasse. Proprio quel gesto, però, fece staccare un pezzo di muschio secco che non aveva notato, cadde e rivelò il cognome dei due consorti.
- Leonheart…? – sussultò la giovane, voltandosi a guardare Sway. – Ma allora…!
Krateia si alzò in piedi e mosse il primo passo verso il ragazzo, ma una luce alle spalle la fece girare di nuovo.
- Non è possibile… la parete brilla!
La luce scomparve dopo un istante, al suo posto apparve un essere enorme e maestoso. Un leone immenso e magnifico, tutto nero con la criniera e altre sfumature viola e due grandi ali sulla schiena.
- Oh, mamma…
Il leone parve studiare la ragazza per qualche secondo, poi perse interesse e volse lo sguardo verso il falò.
- Ragazzi! Aiuto! – gridò Krateia.
- Ragazzi! Aiuto!
- Questa è di nuovo la voce di Krateia! – esclamò Huta, balzando in piedi.
- Sta chiamando aiuto! – realizzò Sway, correndo verso di lei.
Dwale e Huta fecero per seguirlo, ma Himitsu si parò loro davanti, fermandoli e permettendo solo a Kasumi e Sway di raggiungere Krateia.
- Cosa stai facendo? – domandò Dwale.
- Aspettate - si limitò a dire il giovane uomo.
Solo Kasumi e Sway giunsero ad aiutare Krateia, la ragazza si domandò il motivo.
- Cos’è questo? – gridò Sway, estraendo il Gunblade.
- Sono un Guardiano – rispose il leone nero, con la sua voce imperiosa. – Il mio nome è Griever!
- Chiunque tu sia, lasciaci stare!
- Metti a tacere i tuoi bollori, giovane ribelle – ordinò Griever senza scomporsi, colpendo il giovane con una zampata.
Sway sbatté la schiena contro un masso e, suo malgrado, tossì del sangue.
- Krateia, allontanati da qui! – ordinò Kasumi. Quando la compagna le diede ascolto, corse da Sway, per aiutarlo a rialzarsi, ma il ragazzo la spinse via.
- Faccio da solo – le disse, freddo.
Kasumi lo vide tirarsi faticosamente in piedi, per poi crollare di nuovo a terra.
- Non fare lo stupido! Siamo compagni, te l’ho pur detto!
- Non è la sola cosa che hai detto – ribatté il ragazzo.
Allora la ragazza si irritò.
- Volendo fare il conto di tutto ciò che ho detto da quando ci siamo conosciuti, ricordi le miei parole fuori dalla caverna dove tenemmo l’esame pratico per diventare SeeD?
Sway scosse la testa.
-Ti dissi queste precise parole: “Un giorno il tuo gemello sarà uno dei più forti”. Ricordi adesso?
- Sì, adesso ricordo. Ma cosa centra con quello che è successo tra noi due?
- Niente! – strillò la ragazza, afferrando Sway per il colletto del giubbotto. – Apri gli occhi, deficiente – lo insultò. – Apri gli occhi e guarda chi hai davanti a te, sai chi è? Sai chi era? Datti una mossa!
Sway venne gettato con violenza ai piedi della Guardian Force.
- Quel è il tuo nome, guerriero? – domandò la creatura al ragazzo.
- Il mio nome è Sway Leonheart.
- Leonheart… - ripeté Griever. – Quanti anni non sentivo questo nome. Anche tu possiedi il cuore del leone addormentato?
Sway lo fissò confuso, di cosa stava parlando? Istintivamente andò a stringere il medaglione che gli aveva dato la madre… Ma certo! Il medaglione! Si ricordò. The sleeping lion heart… Il cuore del leone dormiente. Sway lo tirò fuori e lo esibì sul palmo della propria mano.
- Indossalo – ordinò Griever.
- Come? Perché…?
Il Guardiano ruggì, divenne luce e sembrò tuffarsi nel medaglione. Sway sentì il metallo vibrargli bollente contro la pelle, poi sentì un ruggito. Senza che lui facesse nulla, il medaglione si levò in aria e gli si legò al collo con una catena.
- Da oggi sarò il tuo spirito gemello, protettore e guida – disse ancora Griever, poi tutto tornò come prima.
Sway si tirò in piedi, sentendosi pervaso da una nuova forza. Si voltò verso Kasumi.
- Hai ragione – le disse, - non ho il permesso di pretendere nulla da te. Hai detto che anche tu mi ami, ma che non puoi farlo. Va bene, lo accetto. Prima credevo che non ci sarei mai riuscito, ma Griever mi ha dato un nuovo spirito, mi ha reso completo.
Kasumi annuì, stringendosi le spalle: non era sicura di voler sentire quelle parole.
- Nonostante ciò – continuò Sway, - non smetterò di amarti. Se un giorno potrai farlo anche tu, sappi che io… - fece una pausa, guardando l’immenso prato fiorito. – Io sarò qui.
- Sarai qui? – domandò, incredula.
- Sì, sarò qui. Aspetterò qui.
- Aspetterai me? – sussurrò la ragazza, mentre lottava per ricacciare indietro le lacrime. Forse era l’unica persona che aveva già sentito quelle parole: non era la pria volta che venivano pronunciate. Anche quei fiori le avevano già sentite.
- Ti aspetterò qui – ribadì il giovane. – Se un giorno verrai, riuscirai a trovarmi. Lo prometto.
Sway si voltò e tornò al falò. Kasumi, invece, si lasciò cadere contro la parete della casa. Era un sogno? Un’illusione? Ma soprattutto… poteva esserne felice? Poteva sperare? Attanagliata da tutti quei dilemmi si rannicchiò, la schiena appoggiata contro il muro e la testa appoggiata sulle braccia che le abbracciavano le ginocchia. Scoppiò di nuovo a piangere, doveva smetterla però. Il giorno dopo ci sarebbe stato lo scontro finale. Scossa da quei cupi pensieri, si addormentò sulla fredda terra.

22. Ti amo

Tutto intorno era buio. L’unico, sporadico raggio di luce era dovuto alla luna, in quei rari momenti in cui riusciva a trapassare i fitti rami degli alberi. Camminando, Chou si guardava intorno, riusciva a sentire ogni presenza che la circondava, uccelli, volpi, conigli. Ma era una presenza inquietante, gli animali erano irrequieti e anche Chou lo era. La ragazza si era allontanata dal gruppo proprio per scacciare la sua irrequietezza, ma invano. Poche ore separavano lei e i suoi compagni dalla battaglia, una battaglia assurda. Il destino di tantissime persone dipendeva da loro. Loro, gli unici in grado di contrastare la follia di una donna permeata di poteri incredibili, potentissimi. Cosa ci faccio io qui? Si domandò. Tutti i suoi compagni erano guerrieri esperti, dotati di capacità formidabili: maestri nella spada, nelle armi da fuoco, nel corpo a corpo, nelle magie. E lei? Lei cos’era? Infondo era solo una porta-pizze, si era trovata nel posto giusto al momento giusto, nulla di più. Era SeeD, certo, aveva passato l’esame, ma…era ad un livello completamente diverso da quello, per esempio, di Kasumi, o di Dwale, o di Krateia. Si sentiva un’infiltrata. Era carina e spiritosa, ma non è con questo che si vincono le battaglie! Oltretutto lei… si sentiva incompleta. Spessissimo, da quando erano diventati SeeD, aveva udito i suoi amici comunicare con i propri spiriti gemelli, percepiva tra loro un’affinità indissolubile, che lei non riusciva ad avere. In quel lontano giorno anche Chou aveva trovato il suo spirito gemello, ma solo uno dei due Brothers si era unito alla ragazza, e lei sapeva che per completarsi avrebbe dovuto trovare l’altra metà di sé: l’altro guardiano.
- Perché ti sei allontanata?
Persa nei suoi pensieri, Chou impiegò un attimo a voltarsi e a riconoscere la voce di Kensa.
- Dovevo riflettere da sola - rispose la ragazza.
- A cosa pensavi? - domandò lui raggiungendola.
- A tante cose… - disse Chou calciando un sasso e facendolo rotolare fino a un cespuglio. - A questa situazione. A domani.
- Non sei l’unica. Quella di domani sarà una battaglia diversa dalle altre. Abbiamo tutti paura…
- Non ho paura - lo interruppe la ragazza. - Solo…non capisco perché sono qui. Qual è la mia funzione nel gruppo.
Kensa sorrise e la invitò a camminare con un gesto della mano. - Quindi hai paura - insistette il giovane dopo un lungo silenzio. - Paura di non essere all’altezza dei tuoi compagni. Paura di risultare inutile.
Chou annuì.
- Ma lascia che ti faccia una domanda - riprese Kensa. - Dove credi saremmo se tu non fossi stata con noi? Anzi, dove credi sarebbero i tuoi compagni se non fossi stata con loro? Io non so i dettagli di quel che successe prima del mio “risveglio”, ma posso dirti cosa appresi in quel momento: capii che ero vivo, capii che ero libero e, soprattutto, capii che da quel momento in avanti avrei potuto decidere da solo da che parte stare. Decisi di stare con te.
- Grazie Kensa - sussurrò Chou, rischiarando la propria espressione triste con un sorriso.
- Questa è la Chou che conosco! - esclamò il giovane, sorridendo a sua volta. - Torniamo dagli altri?
- Va bene - acconsentì la ragazza, voltandosi e ricominciando a camminare nella direzione da cui erano arrivati. - Però…prima vorrei che mi dicessi una cosa.
- Che cosa?
- Cosa stavi per dirmi il giorno dello scontro con il Leviatano?
L’espressione di Kensa si fece seria, lo sguardo divenne più intenso. - Lo vuoi sapere adesso? - domandò.
- Sì.
Kensa scosse la testa, ridacchiando. Era molto tempo che lo pensava, da molto tempo aveva provato il desiderio di svelarlo a Chou ma, per un motivo o per un altro, aveva sempre taciuto tutto. Quando aveva finalmente preso la decisione era stato bruscamente interrotto dall’apparizione di Diablos. Quella sera non aveva seguito Chou con l’intento di toccare quell’argomento: voleva solo restarle accanto e rassicurarla, per cancellarle ogni dubbio e tentennamento da cuore e dalla mente. Ma adesso era stata proprio lei a chiederglielo. Doveva dirle tutto? Doveva fingere ancora? Sicuramente le sue parole l’avrebbero turbata: sarebbe riuscita comunque a dare il meglio di sé in battaglia? Lui non lo sapeva, ma in quel momento non gli importava nulla della battaglia, se avrebbero vinto o se avrebbero perso, se sarebbero morti o sarebbero sopravvissuti. Doveva svelarle ciò che celava dentro di sé. Kensa fece un lento passo verso di lei, l’espressione seria era scomparsa per lasciare spazio a un sorriso raggiante. Poggiò delicatamente le sue grandi mani sulle spalle della ragazza e la fissò negli occhi. Fece un profondo respiro e aprì la bocca per parlare.
Fu un istante, lo spostarsi di una foglia, l’improvvisa consapevolezza di essere in trappola. Kensa spinse bruscamente Chou di lato, facendo evitare a entrambi una pallottola.
- Cosa succede? - strillò la ragazza, rialzandosi in piedi.
- Soldati della strega - ringhiò Kensa, raggiungendo la giovane per aiutarla. - Sono tutt’intorno a noi, ci hanno circondati!
Dopo poco, infatti, uno dopo l’altro i soldati con lo stemma di Centra uscirono dall’ombra offerta dagli alberi e raggiunsero i due ragazzi nella radura, stringendosi sempre più intorno a loro.
- Cosa facciamo? - domandò Chou.
- L’unica cosa che possiamo fare - rispose Kensa, ponendo la sua schiena contro quella della ragazza. - combattiamo. Anche se urliamo, le nostre voci non raggiungeranno mai l’accampamento.
- Le armi le ho lasciate presso il fuoco!
- Allora combatterai a mani nude - rispose freddo Kensa. Il giovane non temeva la morte, l’aveva affrontata e sconfitta migliaia di volte, ogni volta che scendeva in un combattimento. In verità, a ogni suo respiro affrontava la morte. Era consapevole che un giorno anche lui sarebbe stato accolto nelle braccia di Hyne e lo accettava ma…non sarebbe stato quel giorno. Non sarebbe morto tanto presto perché lui…lui aveva una persona da proteggere, e questa persona era Chou. Non avrebbe permesso a nessuno di ucciderla o di ferirla. Al fianco aveva ancora il fodero dell’Hyperion, che vibrava assetato di vittime e non sarebbe certo stato lui a fermarlo. Estrasse l’arma facendo sibilare la lama affilatissima al contatto con l’aria.
- Sei pronta? - domandò.
- Con te, lo sono sempre - rispose Chou, che ne frattempo si era avvolta le mani in alcune strisce di stoffa.
Fu così che cominciò il combattimento. Schiena contro schiena, secondo dopo secondo i due giovani combattevano e uccidevano, schivavano i colpi e venivano feriti. Kensa, un maestro del gunblade, e Chou, che combatteva con una tecnica che non le apparteneva. Ma entrambi sapevano di non poter continuare a lungo, i nemici erano troppo numerosi e loro solo in due. Chou era determinata a non essere sconfitta. Voleva dimostrare a Kensa che non era solo una ragazzina, voleva dimostrare ai suoi compagni che sapeva combattere come loro, ma soprattutto, voleva dimostrare a se stessa di potercela fare. Io non sono solo una ragazzina, e sono pronta a dimostrarvelo!
Purtroppo non è con la determinazione che si vincono le battaglie. Nonostante la grande forza interiore dei due guerrieri, pian piano cominciarono a soccombere sotto l’accanimento degli attacchi nemici. In tutto quel tempo, da quando la sua avventura aveva avuto inizio, Chou era cambiata e lo sentiva, forse se ne rendeva conto solo in quel momento. Era cambiata non solo nell’aspetto fisico, che si era slanciato e raffinato, gli occhi mostravano sempre quella parte di lei insicura ma finalmente ostentavano una fierezza nata lentamente e faticosamente nell’animo della giovane. Chou rivolse lo sguardo a Kensa, impegnato nella battaglia. Il volto del cavaliere era schizzato col sangue dei suoi nemici, eseguiva una danza letale insieme alla sua spada, volteggiava su se stesso eliminando un nemico dopo l’altro ma trovava sempre il momento per volgere lo sguardo verso Chou. I due compagni si fissarono negli occhi per un istante, un istante che durò mille anni. Entrambi erano esausti e cominciavano a sentire il peso della fatica ma nessuno dei due aveva intenzione di soccombere, questo Chou lo sapeva benissimo, ma nonostante ciò lesse qualcosa negli occhi di Kensa, qualcosa che non avrebbe voluto cogliere e che non le piacque affatto. La ragazza aveva imparato a osservare e conoscere il profondo sguardo di Kensa, sapeva che dentro di esso erano racchiusi l’animo e i sentimenti del giovane. Per questo si spaventò. Chou intravide due sentimenti che aveva già incontrato sulla sua strada, mai li aveva visti riuniti in un solo istante eppure erano lì e la stavano osservando. Morte e Amore. Cosa significava? Perché Kensa le rivolgeva quello sguardo?
- Quello che volevo dirti - disse il giovane parando un fendente con l’Hyperion - è semplice: io ti amo. Forse ti ho amata ancor prima di riuscire a risvegliarmi completamente, in quei momenti in cui un barlume della mia coscienza si ribellava al dominio della srega e io intravedevo i tuoi occhi spaventati, confusi o determinati. Ti ho amata e ti amerò per sempre.
Kensa non la guardava ma non aveva importanza perché anche Chou non poteva distrarsi dal corpo a corpo con i soldati. Senza che potesse impedirlo la vista cominciò ad appannarsi e delle calde lacrime le scivolarono sulla guancia. Lei lo sapeva? Sapeva che Kensa l’aveva amata? Ma soprattutto, cosa provava lei per lui? In quel momento non ebbe alcun dubbio, mentre e sudore e sangue si mescolavano tra loro non ebbe alcun dubbio. Forse in un altro posto, in un’altra situazione avrebbe faticato a trovare la verità tra i suoi sentimenti confusi, ma in quell’istante le apparve tutto così chiaro e semplice… Chou stese l’ultimo sua avversario e si voltò verso Kensa per parlargli, ma una nuova ondata di nemici si presentava ad attaccarli. Ma quanti sono? Alla ragazza non interessava, forse non le sarebbe importato nemmeno di morire, ma prima doveva parlare a Kensa. Spiccò una corsa verso di lui, che nel frattempo di era allontanato, non sapeva cosa avrebbe fatto una volta raggiunto, le importava solo essergli accanto.
- Fermati! - le ordinò però lui.
- Cosa…? - balbettò Chou, arrestando la sua corsa. - Perché?
- Perché voglio salvarti. Voglio vederti tornare dai tuoi…dai nostri compagni e poi domani sconfiggere Cecir.
- Certo! - urlò Chou. - Lo faremo tutti insieme1
- No - asserì Kensa socchiudendo gli occhi, i nemici che si facevano sempre più vicini. - Questa qui è la mia battaglia, questi soldati, che a suo tempo furono miei sottoposti, sono stati mandati qui da Cecir per me. Per vendicarsi del mio tradimento. Io non voglio che tu muoia, voglio che continui a sorridere, scherzare…voglio che continui a vivere…anche senza di me!
- Cosa stai dicendo? - strillò Chou, avanzando un altro passo verso Kensa. Stava piangendo, piangeva come non aveva mai pianto in vita sua. Gli occhi le bruciavano e faceva fatica a respirare, singhiozzava senza ritegno ma si ostinava a non distogliere lo sguardo.
- Fermati - ripeté Kensa. Si voltò. - Ti ho detto l’unica cosa importante, l’unica cosa che avrei voluto dire prima di morire.
Il cavaliere si voltò di nuovo, ora impugnava l’elsa dell’Hyperion con entrambe le mani. La lama scura della spada cominciò a brillare come una pietra d’ossidiana gettata in un mare di luce, come in un sogno il giovane cominciò a correre, una folle corsa che lo portava dritto nelle braccia del nemico.
- Tu non pensi a quello che voglio io? - urlò allora Chou, con tutto il fiato che aveva in corpo. - Non ti interessa conoscere i miei desideri? Tu vuoi che io continui a vivere come sempre, ma come potrei farlo senza di te? Quello che io desidero è tornare a casa insieme a te, perché anche io ti amo! Anche io ti ho amato da sempre, dalla prima volta in cui il tuo sguardo limpido si è posato su di me!
Non l’aveva sentita. Il volto di Chou era arrossato e bagnato dalle lacrime, lo vedeva allontanarsi da lei senza via di scampo, e non aveva nemmeno udito le sue parole. Non provò neppure a raggiungerlo, ormai era troppo lontano, stava andando in un posto dove non avrebbe mai potuto raggiungerlo. Ormai la spada di Kensa rifulgeva di una luce propria, una forza immensa, da lontano Chou riusciva quasi a percepire la forte tensione che faceva vibrare la spada incandescente. Cosa stava succedendo? La ragazza non riusciva a capirlo, ma in realtà la spiegazione era più semplice di quel che sembrava. Cercando all’interno di sé, Kensa trovò il cuore della sua energia, la fonte di tutto il suo potere e la prosciugò quasi interamente, riversando quasi totalmente quell’essenza nella lama della spada. L’impatto con i suoi avversari fu terribile. L’Hyperion sprigionò una potenza incredibile, una luce fortissima squarciò il buio della notte. Chou venne sbalzata via dall’onda d’urto provocata e perse i sensi.

23. Fratelli

Chou aprì lentamente un occhio. Lo richiuse e infine li aprì entrambi con difficoltà. Le doleva la testa insieme a ogni singola parte del suo corpo. Volse lentamente la testa, Huta e Dwale la stavano sorreggendo.
- Si è svegliata!
- Dov’è Kensa? - domandò Chou un secondo dopo, mettendosi a sedere. Si trovava ancora nel boschetto, nello stesso punto in cui aveva perso i sensi. Ancora confusa si guardò intorno, tutti i suoi compagni, tranne Kensa, erano lì riuniti, in cerchio davanti a lei. - Dov’è Kensa? - ripeté.
Kasumi, che era dritta in piedi davanti a lei, distolse lo sguardo e si spostò di lato, liberando la visuale dalla ragazza. Davanti a Chou si estendeva un enorme cratere, largo diversi metri. Impiegò un secondo a comprendere ciò che era successi e realizzarlo le provocò un dolore indescrivibile, un dolore che non aveva mai provato in tutta la sua vita.
- Non ci credo… - bisbigliò, poi si girò e corse via, le lacrime che le scivolavano oltre le guance, rimanendo sospese nell’aria un secondo prima di ricadere.
Huta la guardò allontanarsi e dopo un secondo decise di seguirla. - Io vado con lei.
Sway era appoggiato con la schiena ad un albero, poco lontano. Il suo sguardo non seguiva Chou, ma Kasumi, ed i suoi occhi seguirono la direzione di quelli di lei. La giovane aveva un’espressione malinconica, dopo aver osservato Chou e Huta scomparire nella boscaglia si diresse nuovamente verso l’accampamento. Sway si staccò dal tronco e raggiunse Kasumi in pochi passi. Le afferrò un braccio e la fermò. - Tu lo sapevi! - l’accusò con aggressività.
- Si - fu la secca risposta.
- Perché non li hai fermati?
- Ci sono cose che sono necessarie - si giustificò lei con una nota tagliente nella voce, poi se lo scrollò di dosso.
L’aveva persa di vista un paio di volte. Chou correva a perdifiato nell’oscurità della notte e non aveva una meta. Finalmente la raggiunse, era rannicchiata tra due rocce, sotto un grande albero. Quando Huta le fu abbastanza vicino, Chou alzò la testa per controllarne l’identità. Dopo un attimo tornò a nascondere il volto tra le braccia. Il ragazzo fece ancora un paio di passi verso l’amica e poi si fermò, si accovacciò a terra e attese.
- Non gli ho nemmeno potuto rispondere - singhiozzò Chou dopo un po’ di tempo che se ne stavano lì, immobili.
Huta si alzò di nuovo in piedi e la raggiunse. Senza pensarci su le si sedette accanto e la confortò fra le proprie braccia. Dal principio Chou avrebbe voluto spingerlo via, ma aveva troppo bisogno d’appoggio e quell’abbraccio era così strano, così… materno, in un certo senso.
- Portami al faro - disse dopo un lungo silenzio.
Huta la guardò circospetto. - Quale faro?
- Quello dell’orfanotrofio.
- Sicura di non preferire stare da sola?
Chou annuì.
- D’accordo - assentì il giovane, - vieni. - E la prese in braccio.
- Cosa stai facendo? - esclamò Chou, lasciandosi scappare un gridolino.
- Ti porto al faro, no?
- Grazie - sorrise la ragazza.
Impiegarono diverso tempo per raggiungere la spiaggia. Si sedettero sugli scogli con la luce del faro, che continuava a funzionare sebbene abbandonato da lunghi anni, che illuminava il mare.
- Non sono triste - disse Chou all'improvviso, gettando un sasso nella scura acqua del mare.
Huta si voltò per scrutarla in volto. - Non è vero - proferì.
- No, sul serio - lo rassicurò lei. - Non sono triste: è qualcosa...di molto più forte e devastante. Chissà... - sorrise, - forse è rimpianto! Non è un bel sentimento, sai?
Huta l'osservò preoccupato. Quella non era la Chou che conosceva, era malinconica, gli occhi arrossati dal pianto, eppure cercava di apparire allegra. Non l'aveva mai vista fare così.
- Sai... - sussurrò Chou dopo un po', cambiando argomento. Io da piccola sono cresciuta qui.
- Anche io - rispose Huta, scendendo dal masso e stendendosi sulla sabbia fredda. - Ma non mi ricordo di te.
- Nemmeno io - annuì la ragazza raggiungendolo. - Mpf! ma in fondo è comprensibile: ricordo pochissimo della mia vita all'orfanotrofio...quando ero ancora molto piccola prese una barca e me ne andai per mare. Da sola. Scappai, ma era ovvio che una bambina di...quanti anni avevo? Sei? Sette? Comunque...dopo solo la prima notte stavo per morire. Dispersa in mare aperto su una barchetta di legno, completamente abbandonata ai flutti marini!
Huta ascoltava le parole della ragazza in silenzio, senza aprire bocca. All'improvviso l'aria intorno a lui si era allertata, e continuava ad ascoltare.
- Non so per quanto tempo rimasi in balia delle onde - continuava intanto Chou. - Ore, giorni...non saprei dirlo. Mi salvò una nave che attraversava i mari di Centra. Non ho molti ricordi di loro, ma agli occhi di una bambina quale ero...mi erano sembrati degli angeli! Vestiti di bianco su una nave lunga e sottile... Mi tennero con loro per alcuni giorni, fino al momento in cui non incontrai Ben, il mio patrigno.
- Quindi, "Chou"...? - biascicò Huta, mettendosi a sedere.
- No - lo precedette la ragazza, - non è il mio vero nome, ma io non riuscivo in alcun modo a ricordare il mio, così... Chou vuol dire "farfalla", lo sai?
Huta sorrise benevolo. Quanto voleva bene a quella ragazza! Era ancora triste, il dolore continuava a consumarla crudelmente ma adesso anche lei opponeva una resistenza, il giovane non faticò a comprenderlo e ne fu felice.
- Non dovremmo tornare dagli altri, adesso? - domandò.
- Sto bene qui… - Chou stette zitta un secondo. - Va bene, andiamo.
I due giovani si alzarono in piedi, togliendosi la sabbia da i vestiti. Improvvisamente un rombo preannunciò la venuta di un lieve terremoto, che fece cadere i due per terra. Il problema era che non accennava a smettere?
- Cosa sta succedendo? - strillò Chou nel tentativo di farsi sentire oltre il rumore.
- Non lo so! - urlò Huta in rimando, ma proprio in quel momento la risposta divenne chiara ad entrambi. Mucchi di sabbia si raccolsero in un’unica duna che si aprì. Dal suolo emersero due esseri con le sembianze di due tori.
- Seclet! Minotaurus! - esclamarono i due giovani all’unisono.
- Grazie, finalmente ho potuto rincontrare mio fratello! - proferì Seclet.
- Cosa?! Vuoi dire che ognuno di noi ha uno dei due Brothers come Spirito Gemello? - domandarono Huta e Chou, contemporaneamente.
- Huta - chiamò Seclet. - Non suoni più la cetra?
Il ragazzo osservò il toro con un’espressione confusa. - No…Sì…Non ne ho avuta l’occasione ultimamente.
- Ma cosa state farfugliando? - gemette Chou infastidita, non aveva molta voglia di parlare con quei due svitati, anche se era gemellata con uno di loro.
- La porti con te, vero? - continuò Minotaurus, ignorando la ragazza. - Suonala.
- Come? - chiese Huta, i due giovani erano sempre più confusi. Nonostante tutto prese in mano lo strumento. - Cosa dovrei suonare?
- La ninna-nanna - ordinò la Guardian Force.
Rinunciando all’idea di ottenere delle risposte, Huta impugnò la cetra e pizzicò la prima corda ma la pazienza di Chou si era esaurita già da tempo.
- Non ho intenzione di stare qui un secondo di più - ringhiò. Si sistemò i capelli e si allontanò. Intanto, però, Huta aveva cominciato a suonare. La ragazza si arrestò: dove aveva già sentito quella canzone? Lei la conosceva! La sapeva cantare! Tornò velocemente sui suoi passi e si aggiunse alla voce di Huta. Era un ninna-nanna per infanti, ma in quell’istante le sembravano le parole più sensate del mondo.
- La conosci?! - esclamò Huta alla fine della canzone.
- Anche tu!
- Dove l’hai imparata? - aggredì lui.
- Non lo so!
I due stettero in silenzio e si scrutarono sospettosi negli occhi, allora i due guardiani si sorrisero: - Ben ritrovati, fratelli! - e scomparirono.
- Non posso crederci - sussurrò Huta, dopo che lui e Chou erano rimasti da soli.
- Cosa? - domandò con lo sguardo basso.
- Ho iniziato la mia ricerca giovanissimo… sono anni che la porto avanti…
Chou lo fissò confusa.
- Cercavo mia sorella, che era fuggita dall’orfanotrofio dove eravamo stati affidati a bordo di una barca. La cercavo e continuavo a cercarla e lei era sotto i miei occhi!
- Aspetta - lo fermò lei. - Rifletti, non è possibile!
-Come non è possibile? I due Brothers, che si sono divisi tra noi due! La canzone, ultimo ricordo che abbiamo di nostra madre! Lo stesso fatto che tu e mia sorella siete fuggite dall’orfanotrofio, lo stesso dove sei cresciuta anche tu, alla stessa maniera! Queste non sono coincidenze, anche il nostro aspetto è simile! Gli stessi occhi verdi, gli stessi capelli neri (anche se i tuoi erano ricoperti fino a poche settimane fa da una massiccia dose di colorante blu e rosa). Guarda la forma del naso, la forma allungata degli occhi, la carnagione! Come puoi dire che non siamo fratelli!? Mi domando solo come ho fatto a non accorgermene prima! Dopo tutti questi anni, in cui ti ho cercata ininterrottamente non ho intenzione di lasciarti andare!
- Ma Huta - disse Chou con la voce rotta, prossima al pianto, - fratelli? Anzi, gemelli? Oggi, tutto oggi, io non… non riesco… io non…non…non… - non riuscì più a continuare. La voce le si spezzò in gola e non riuscì più a proferir parola. Si limitò a gettarsi tra le braccia del ritrovato fratello e scoppiò in lacrime. Pianse a lungo e i suoi singhiozzi riecheggiavano per tutta la spiaggia.
- Waaaaaaaaaaa!!! Sob, sob! Huta…Huta, Kensa è morto! Sigh… io non posso affrontare la battaglia di domani da sola, non ci riesco…
- Chou… - sussurrò Huta, accarezzandole dolcemente i capelli. - Piangi, piangi e sfogati. Ci sono io vicino a te, e ci sarò anche domani.
La ragazza si attaccò al lungo giaccone del ragazzo. - E’ tutta colpa mia…se solo non mi fossi allontanata…O se solo non mi avesse seguito, lui sarebbe ancora vivo!
- No Chou! - esclamò Huta. - Non devi dire così! Kensa si è sacrificato per te, ha preferito dare la sua vita in cambio della tua, perché era innamorato di te. Mi stai dicendo che desidereresti essere morta, lasciando lui a sprofondare nel dolore che ora provi tu?
Chou scosse la testa.
- Su, adesso andiamo a riposarci.
La ragazza questa volta annuì, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. - Grazie di essere mio fratello.
- Ma ti pare! - le sorrise Huta mentre entrambi si avviavano verso l’accampamento.
- Posso chiederti una cosa, prima di raggiungere gli altri? - sussurrò Chou quando scorse in lontananza il fuoco acceso dai suoi compagni.
- Solo se in cambio mi fai una promessa - decretò Huta.
- Quale promessa?
- Se ti sentirai di nuovo afflitta correrai subito da me, prima di prendere qualunque iniziativa.
- Va bene - annuì la ragazza. - Lo prometto!
- Okey. Adesso la domanda.
- Ecco… Ti ricordi il mio vero nome? - bisbigliò Chou in un sussurro appena percettibile.
- Certo - annuì Huta. - Lo vorresti sapere?
- Sì… ma non voglio usarlo ancora.
- Il tuo nome è Nakaba Ongaku - rispose Huta solennemente.
- Se domani morissi mi piacerebbe che ci fossero entrambi i nomi sulla lapide.
Il suono di uno schiaffo riecheggiò a lungo nel silenzio della notte.
- Avevamo detto basta con i rimorsi. Domani non morirà nessuno! Vinceremo e torneremo a casa tutti insieme… e magari quel cretino di Sway si metterà con l’altra miss-allegria.
Chou ridacchiò. - E a dimostrazione del fatto che sono assolutamente certo di quel che dico… quando torneremo su questa terra e in questo tempo ti racconterò di nostra madre.
La ragazza annuì, di nuovo seria. - Non moriremo.
I due giovani raggiunsero gli altri SeeD dopo pochi altri minuti e li trovarono tutti addormentati, tranne Dwale che aveva il suo turno di guardia. Quando vide Chou e Huta fare ritorno, aspettò che il ragazzo si fosse separato dalla sorella e poi corse da lei e l’abbracciò. Le due amiche stettero a lungo una abbracciata all’altra.
- Fatti forza - le ordinò Dwale.
Chou riuscì a sorriderle. - Ho un fratello adesso.
- Cosa?! - esclamò Dwale confusa. - Raccontami cos’è successo questa notte!
- No - disse Chou. - Adesso vai a dormire, ti do il cambio: non credo di riuscire a chiudere occhi questa notte.
- Perché - le rispose Dwale ironica, - credi che gli altri stiano dormendo là sdraiati? Chi è sveglio batta un colpo! - esclamò allora.
Un colpo, due colpi, tre colpi, quattro e cinque: sì, erano tutti svegli.
- Fa nulla. Adesso ci sto io a fare la sentinella! Ti racconterò tutto domani, dopo la battaglia: vinceremo!
Anche gli altri ragazzi udirono le parole della ragazza e ne trassero forza. Sì, vinceremo! Pensarono mentre Dwale si infilava nel proprio sacco a pelo.

24. Anche io voglio cambiare!

All’improvviso, durante la notte, aveva cominciato a piovere. L’unica soluzione era stata rifugiarsi sotto il tetto rovinato e consunto della vecchia casa di pietra.
Non mi sarei mai aspettata un’eventualità del genere pensò Dwale. Erano tutti svegli e fissavano silenziosamente le gocce d’acqua scendere dal cielo e bagnare tutto il terreno, rendendolo fangoso.
Il tempo si assottiglia rifletté Dwale rifugiandosi in una nicchia, ma la pressione sulle nostre spalle aumenta.
Si sentiva molto strana. Come tutti gli altri fino a quel momento aveva avuto molti pensieri strani, pensieri che andavano ribelli in ogni direzione. Ora se ne stava lì, con le braccia conserte, a osservare i suoi compagni di viaggio e amici. Si rese conto solo in quell’istante di non averli mai osservati davvero… Oh Hyne, come sono stata egoista! Si era sempre concentrata solo su se stessa, tutto ciò che le accadeva intorno sembrava non riguardarla. Compiangeva quel suo modo di essere, o meglio, di essere stata. Perché lei non era più la Dwale che era all’inizio del viaggio. Aveva imparato a combattere bene, si rendeva conto che i suoi avversari la temevano durante il combattimento. Aveva appreso nuove tecniche e affinato quelle che già conosceva, ma non solo questo, aveva imparato ad apprezzare le Materia e non temeva più di usarle perché conosceva la loro vera forza. Si accorgeva di avere dei compagni. Ma io…cosa ho fatto tutto questo tempo? Solo in quel momento capiva, solo in quel momento vedeva davvero. Lei era lì, da sola in un angolo, ma davanti a lei si stagliavano delle scene simili ma contemporaneamente diversissime a tal punto di sembrare su due universi completamente diversi. Davanti a lei c’era la sempre splendente Kasumi, che si puntellava al davanzale di una finestra senza vetri con i gomiti e osservare le fronde degli alberi piegarsi sotto la violenza del vento. Il suo sguardo vagava triste, il suo sguardo è sempre malinconico! Rifletté Dwale, cercando solo in quel momento di formulare un’ipotesi per quel comportamento. Scosse la testa, non l’avrebbe mai saputo. Loro due non erano amiche, avevano combattuto fianco a fianco ma non erano amiche: Dwale aveva impedito che lo fossero, solo in quell’istante se ne dispiacque. Il sentimento che entrambe provavano per Sway aveva creato una barriera forse insormontabile. No, sono stata io a crearlo! Dwale si ripromise che, se fossero tutti sopravvissuti alla battaglia, si sarebbe impegnata ad abbattere quella barriera.
Poco distante da Kasumi, a sonnecchiare con le spalle appoggiate a una parete ricoperta di muschio, riposava Himitsu. Dwale lo trovava particolarmente interessante. Era affascinante, e i loro capelli biondi erano così diversi. Quelli di lui erano bellissimi, dello stesso colore di un campo di grano lasciato a dorare sotto i raggi del sole. I miei sono così pallidi… sorrise la ragazza, prendendone in mano una lunga ciocca. Lentamente tornò ad osservare Himitsu. Era il loro caposquadra ma infondo aveva sempre lasciato agli altri il compito di prendere le decisioni, correggendoli se sbagliavano. Dwale scosse la testa ridendo sommessamente, come aveva fatto ad essere così superficiale? La giovane girò la testa verso sinistra e il suo sguardo s’incontrò con quello di Krateia, le due si sorrisero un istante prima di immergersi nuovamente nei propri pensieri. Anche Krateia era più di quel che appariva, era graziosa a modo suo, meno di Kasumi e più di Chou. I riccioli ramati e gli occhi grandi, i suoi movimenti maturi e il suo carattere deciso. Anche lei è cambiata molto. All’inizio a malapena parlava. Mi voltavo e mi accorgevo di fissare una compagna con cui a malapena avevo mai parlato… ora invece prende parola, interviene, ride e si arrabbia. Dwale rise di nuovo cercando con lo sguardo i due fratelli, Huta e Chou. Erano due gocce d’acqua, come avevano fatto tutti loro ad essere così ciechi? Gli stessi capelli neri, li vedeva ora che Chou si era tolta quell’eccentrica tintura colorata. Gli stessi occhi verdi allungati, il setto nasale un po’ largo, le labbra sottili e la mascella ostinata. Erano davvero uguali, anche nell’atteggiamento. Erano entrambi invadenti e perennemente allegri, pronti a fare dello spirito, a risollevare il morale. Ora però erano così tranquilli… felici perché si erano ritrovati dopo tanti anni. Ma intorno a loro aleggiava anche un’aura di profonda amarezza. Non c’era da stupirsi infondo, erano passate solo poche ore dalla morte di Kensa. Ne risentivano tutti. Anche lui, nonostante la sua entrata tardiva nel gruppo, era diventato necessario. Era come un teatro, tutti erano le maschere necessarie affinché lo spettacolo andasse avanti. Dwale sorrise, di nuovo. Si sentiva serena, in quell’alba piena di aspettativa e d’angoscia lei si sentiva serena come non lo era da tempo. Di fianco a sé c’era Sway. Era inquieto, le braccia incrociate sul petto. Il sue respiro era molto lento, che stesse dormendo? Dwale si voltò a fissarlo: non stava dormendo. Stava fissando Kasumi. Dal principio Dwale sentì la consueta fitta dolorosa al petto, poi, dopo che fu svanita, rimase perplessa. Quello non era lo sguardo di Sway per Kasumi, uno sguardo che lei conosceva molto bene. Quante volte li aveva osservati di sottecchi, cogliendo quelle sensazioni che nemmeno loro percepivano? Di solito Sway posava gli occhi su quella ragazza dai lunghi capelli castani e allora la sua espressione si addolciva mentre lui sembrava estraniarsi da tutto il resto. Quello non era il suo sguardo per lei. Certo, lui l’amava, tristemente per Dwale era palese che in quegli occhi blu brillasse quel forte sentimento ma… c’era qualcos’altro. Forse… risentimento? Ma come era possibile? Come si può amare e odiare contemporaneamente una persona? Si può? Dwale non lo sapeva, ma era certa di quello che stava vedendo e si sporse in avanti incredula. Con quel gesto attirò su di sé l’attenzione di Sway, che spostò gli occhi su di lei, un po’ raddolcendoli, e le domandò: - Hai detto qualcosa?
La ragazza scosse la testa. - No, niente. Scusa, ero soprappensiero.
L’affermazione lo fece ridere - E chi non lo è! - esclamò scompigliandosi i capelli neri. Dwale seguì la sua mano mentre compiva quel gesto. Anche lui è cambiato moltissimo.
- A cosa pensavi? - le domandò ancora, sorridendo.
- Prova a indovinare - rispose lei, ricambiando il sorriso. Nonostante quel che ho detto prima…sono davvero cambiata?
- Hai ragione - ammise lui. - Probabilmente solo Kasumi è capace di pensare ad altro.
- Perché dici così? - volle sapere Dwale, notando la curva amara della bocca di lui.
- Chi lo sa! - rispose Sway truce. Poi fede una pausa. - ahhhhh, lasciami perdere! Parliamo d’altro!
No, non sono cambiata. Per niente, sono rimasta uguale identica a prima. Le stesse fissazioni, le stesse paure, lo stesso carattere chiuso. Perché sono l’unica a non essere cambiata?
Prese una decisione. Anche io voglio cambiare!
- Hai un coltello? - domandò a Sway. Il ragazzo la fissò sorpreso e scosse la testa mentre indicava Chou, cullata dal fratello. - Chiedi a lei.
Non ce ne fu bisogno. La ragazza aveva udito la richiesta dell’arma e aveva già lanciato uno dei propri sai all’amica. - Grazie! - esclamò Dwale prendendolo al volo, allora afferrò i propri capelli e tagliò via una ciocca, poi un’altra e ancora un’altra. Di certo il risultato era lungi dall’essere esteticamente accettabile, ma ci avrebbe pensato in seguito. Ora i capelli le arrivavano sopra le spalle. Restituì il sai a Chou che, come tutti gli altri, la guardava sconcertata. Si accucciò e raccolse il nastro che fino a pochi secondi prima le legava i capelli, se lo passò sulla fronte e lo legò sulla nuca. Fece una giravolta su se stessa, allegra. Si domandò come faceva ad essere così felice, sapendo che entro qualche ora lei e i suoi compagni avrebbero affrontato la morte, ma non poteva farci nulla. Anche io cambierò, come tutti gli altri!
Tornò a sedersi a terra, accanto a Sway e gli sorrise ammiccante.
Kasumi guardava fuori della finestra della vecchia casa di pietra. Il vento le carezzava dolcemente il viso, dietro di esso la ragazza percepì una gentilezza che certo non apparteneva al vento. Alle spalle della ragazza anche i suoi compagni erano inquieti e per qualche secondo sentì, oltre al perenne sguardo di Sway, anche quello indagatore di Dwale. Dopo alcuni minuti la sentì parlare con Sway, erano così sereni. Entrambi lo erano, da quanto tempo non accadeva al giovane spadaccino? Da mesi, probabilmente. Kasumi non si voltò nemmeno quando la sentì alzarsi in piedi e prendere il sai di Chou, sapeva cosa voleva fare.
- Mpf! - sussurrò senza farsi sentire dagli altri. Come se ce ne fosse bisogno… quanto doveva ancora crescere quella ragazza! La sentì tagliarsi i capelli corti e poi tornare al fianco di Sway.
Kasumi si sentì una goccia di pioggia scivolarle lungo la guancia, alzò lo sguardo al cielo e scosse la testa, contrariata. Non piove più… Le nuvole si diradarono lentamente scoprendo il nero cielo stellato e lì, nel centro del firmamento una luna dorata e un tondo cerchio perfetto.
- E’ il momento - sentenziò Himitsu alzandosi in piedi.
- Andiamo - annuirono gli altri e, imbracciate le loro armi, uscirono dalla casa e raggiunsero la spiaggia.

25. Le Rovine di Omega

Il mare era dello stesso colore del cielo e il riflesso della luna l’illuminava di riflessi d’oro e d’argento.
- Cosa dovrebbe succedere? - domandò Huta mentre aspettava come tutti gli altri.
- Guarda… - sussurrò Kasumi indicando il mare. Un attimo dopo la luce dell’astro notturno si allungò e creò un sentiero luminoso che si estendeva lungo tutto il mare, terminava in una macchia scura all’orizzonte.
- Dobbiamo andare di là? - domandò Krateia indietreggiando esitante.
- Sbrighiamoci allora - esclamò Chou, che fu la prima ad incamminarsi. Subito dietro la seguirono tutti gli altri.
Qualche tempo dopo raggiunsero il termine del sentiero dorato, davanti a loro realizzarono che la macchia scura non era altro che il portale per un’altra dimensione. Ci si gettarono dentro, senza esitare.
Per un istante tutto fu buio, non potevano scorgere nemmeno il più piccolo bagliore di luce. Ma erano davvero nelle Rovine di Omega? Ogni secondo che passava più vicini alla fine del loro viaggio, un viaggio così lungo…sembrava strano fosse passato quasi un anno.
Ci fu un boato, una specie di ruggito alle loro spalle. Si voltarono tutti insieme: il passaggio si era richiuso, imprigionandoli in quel mondo parallelo.
- Dobbiamo sbrigarci - esortò Himitsu, cominciando a camminare nella più fitta oscurità.
- Ci siamo tutti? - volle però assicurarsi Krateia, trovando a tentoni la parete e cominciando a camminare senza staccare la mano da essa. - Non vedo niente.
- Lasciate fare a me - Dwale distese la mano ed evocò la magia della Materia incastonata nei suoi guanti. - Fire.
La fievole luce della fiammella illuminò i volti dei giovani. - Ci siamo tutti - rassicurò Huta, accanto alla sorella.
- Facciamo presto - disse Kasumi, ripetendo l’esortazione di Himitsu. - Non dobbiamo fermarci qui troppo a lungo, il tempo scorre più lentamente che nella nostra dimensione, rischiamo di fare ritorno e non ritrovare più nessuno che conosciamo.
Qualcuno sorrise, nell’ombra. Molti di loro avevano perso le persone più importanti che avevano, altri le avevano appena ritrovate, c’era chi le aveva vicino a sé e chi non ne aveva mai avute. Nonostante tutto, s’incamminarono lungo gli stretti corridoi e cunicoli delle Rovine. Tutto era avvolto da un alone di silenzio, il rumore dei loro passi rimbalzava sulle pareti e ritornava alle loro orecchie smorzato, ovattato. Il clima caldo umido li irritava profondamente annullando ogni desiderio di parlare. Tutti i loro pensieri e le loro forze erano proiettate verso la vicina battaglia. Poi, da lontano, si accorsero che la luce aumentava, laggiù, dietro l’angolo vedevano brillare una luce molto intensa. Che Cecir fosse lì? Chou scattò in avanti, per accertarsene, e gli altri le andarono subito dietro.
- La Strega!! - esclamò Chou, indicando la donna. Era in piedi, dall’altro lato della caverna, a dividerli un profondo burrone.
- Dovremo attraversarlo sul fondo per poterlo superare… - constatò Krateia.
- Presto! Facciamo presto! - esclamò Dwale, in ansia. Dall’altra parte Cecir, nel suo sfavillante abito scarlatto e i lunghissimi capelli neri, che scendevano fino a sfiorarle i polsi, era avvolta da un’aura blu scuro, che si alzava verso il soffitto come un rogo. Il rogo delle streghe, che però non bruciava loro la pelle perché non era altro che la manifestazione del loro potere. Ai suoi piedi potevano scorgere un mostro gigantesco, Omega Weapon, già sconfitto e sottomesso. A sua volta avvolto dall’aura blu della strega, che stava piano piano assorbendo il suo essere. La donna si voltò e li vide. Buttò indietro la testa e scoppiò a ridere beffarda. - E così siete giunti fin qui SeeD, ma vi manca qualcuno…dov’è il mio cavaliere?
- L’hai ucciso! - ululò Chou, dall’altra parte dello strapiombo.
- Oh, e così è stato lui… - ridacchiò. - Che cattivo ragazzo, fare tutto quel baccano e rovinare il terreno…poi è così brutto quel cratere in mezzo alla foresta! - scoppiò di nuovo a ridere. - Ebbene, SeeD, cosa volete fare?
- Ti sconfiggeremo… - sussurrò Kasumi, più a se stessa che agli altri. Solo Sway, che le era accanto, riuscì a udire le sue parole, pronunciate in un bisbiglio. Fece un passo in avanti e decise di urlarle: - Noi ti sconfiggeremo!!
- Prima dovrete raggiungermi, SeeD!
- Andiamo - ordinò Huta cominciando a discendere per uno stretto sentierino scavato nella roccia. Gli altri annuirono e lo seguirono.
- Oh, non così facilmente, SeeD - bisbigliò graffiante, senza smettere l’assimilazione del potere di Omega. - Prima dovrete sconfiggere loro! - urlò. Alzò un braccio al cielo e sussurrò delle parole che non giunsero mai alle orecchie dei ragazzi, che imperterriti continuavano la loro discesa nell’abisso. - Affrontate il mio esercito!
Ci fu un lampo, il terreno tremò e poi, dalla terra, con strani lamenti cominciarono ad emergere dei corpi, striscianti. Prima un braccio, poi la testa seguita da tutto il corpo. Zombie, non-morti. Alcuni di loro erano armati, possedevano asce o spade e indossavano delle armature, altri sembravano donne dagli abiti logori, ma anche loro possedevano qualcosa per offendere, qualcuna di loro delle lance o dei coltelli. Sembravano tutti uguali, i loro visi erano indistinguibili, rovinati e logorati dalla terra che li aveva conservati, privati della vita ora non erano altro che delle marionette nelle mani di chi li aveva resuscitati: la Strega.
- E ora cantate, o miei servi, miei guerrieri, mio esercito!
Lentamente, l’incessante lamento dei non-morti mutò, acquistando una parvenza di significato, un ritmo, un suono. Kasumi s’arrestò, rabbrividendo. Troppo tempo era passato dall’ultima volta che aveva udito quell’inno.
- Fithos Lusec Wecos Vinosec… - gridavano. La successione d’amore delle streghe.
- Cos’è questo? - gracchiò Chou osservando i cadavere rianimati avanzare lentamente verso di loro. Non prestò attenzione al lugubre canto che andavano intonando.
- E’ il mio esercito, ragazzina! - gridò la strega da lontano, ridendo sguaiatamente.
- Non sarà difficile eliminarlo… - disse Krateia, facendo un passo avanti e superando i compagni.
- Cosa vuoi fare? - domandò Dwale. Poi capì. - Va bene, ti darò una mano.
Le due ragazze si posizionarono una al fianco dell’altra, mentre i corpi putrefatti dei cadaveri avevano cominciato ad avanzare della loro direzione. Dwale e Krateia stesero le mani in avanti a si concetrarono…
- Life2!! - urlò Dwale.
- Areiz! - evocò invece Krateia, mentre le voci delle due giovani si fondevano in un solo urlo.
La luce verde, che caratterizzava la magia, avvolse i non-morti ma si fermò a metà. Un attimo prima di sfiorare i loro corpi, uno scudo invisibile sembrò proteggerli e la magia rimbalzò indietro. Venendo castata su Krateia e Dwale.
- Hanno Reflex… - osservò Himitsu, caricando le pistole.
- Vorrà dire che dovremmo adottare un altro metodo - ringhiò Chou, esibendo il proprio Shuriken.
Tutti i ragazzi, uno a uno, imbracciarono le proprie armi e si prepararono a colpire.
- Hyne…dacci la forza - disse Kasumi gettandosi nella calca. Le lama del Divine Angel cominciò a rifulgere di una luce cerulea mentre la ragazza faceva roteare vorticosamente l’asta mietendo i nemici come fossero spighe di grano. Solo dopo molto tempo si fermò un secondo per riprendere fiato.
- Dunque è questo il Cuore di Pietra… - bisbigliò Sway, scrutando la ragazza da lontano. In un solo colpo aveva atterrato metà del numerosissimo esercito della Strega. Sway rivide mentalmente, ancora una volta, i movimenti della ragazza. Come poteva possedere tanta potenza in un colpo così minuto? Anzi…come faceva a conoscere quella tecnica? Erano anni che lui studiava e si allenava, il Cuore di Pietra era l’attacco più potente eseguibile da un Gunblader… perché lui ancora non l’aveva appresa? Ma sì, era talmente ovvio… Il Lion Heart, il rarissimo gunblade dalla lama di indistruttibile cristallo azzurro, era quell’arma uno degli elementi essenziali per poter eseguire il Cuore di Pietra con il Renzokuken…e lui ancora non la possedeva. Un urlo lo distolse dai propri pensieri.
- Non è possibile! - aveva urlato Dwale.
- Cosa c’è? - domandò Sway, affiancandosi alla giovane.
- No Sway…… guarda! Stanno resuscitando!
Era vero… tutti i corpi che erano stati colpiti da Kasumi , e anche quelli che avevano in seguito eliminato Sway e gli altri, avevano cominciato a rimettersi insieme e ad alzarsi in piedi.
- Cosa facciamo? - domandò Chou.
- Sono le nostre armi… - ipotizzò Huta. - Non sono abbastanza potenti.
- Ormai è tardi per pensare a questo - esclamò Himitsu freddo, ma intanto rivolse lo sguardo verso Kasumi. Gli occhi dei due giovani s’incrociarono.
“Cosa ti aspetti che faccia?” domandò Kasumi muovendo solamente le labbra.
Himitsu scrollò le spalle. “Quello che devi”
“Non dipende da me”
- Dividiamoci! - urlò allora Himitsu. Dobbiamo trovare il modo per sconfiggerli!
I giovani si allontanarono e ricominciarono ad attaccare i non-morti, separatamente. Era una battaglia assurda, apparentemente inutile. Per quanti corpi potessero cadere a terra, dopo pochi istanti si rialzavano ancora più agguerriti di prima.
- Tutto ciò… è frustrante - gemette Dwale, colpendo un cadavere con un montante.
Gli altri non lo ripeterono, alcuni neppure udirono il lamento della ragazza, però tutti pensarono la stessa cosa.
Se solo…
Se solo…
Se solo…
Se solo…
Se solo…
- Se solo avessi un’arma un po’ più forte!!
Il tempo si fermò.
O meglio, sembrò fermarsi. In realtà tutto continuava a scorrere proprio come aveva sempre fatto, eppure c’era qualcosa di diverso. I ragazzi si fermarono a metà del gesto che stavano facendo. Huta rimase immobile, con la Buster Sword conficcata nel terreno, Dwale non mosse più un muscolo rimanendo con un braccio piegato e pronto a colpire il bersaglio, a Chou sembrò di levitare per un istante in aria prima di posare i piedi per terra. Cosa stava succedendo?
Sway si guardò intorno, tutti i suoi compagni erano nelle sue stesse condizioni, ma cosa significava tutto ciò? Si sentì le braccia più pesanti e si guardo le mani. Quella non era l’elsa della sua spada. Le piccole ali d’argento, la lama di cristallo azzurro… Non poteva essere… ma quella era proprio il…
- Il Lion Heart! - urlò.
I suoi compagni si voltarono a fissarlo, stupefatti. Seguendo il suo esempio guardarono ciò che in quel momento stringevano tra le mani.
- Premium!! - urlò Dwale.
- Save the Queen?! - Krateia.
- Con… Conformer! - Chou.
- Crime Penality… - Himitsu.
- Cos’è successo? - domandò Krateia soppesando l’arma tra le mani. - All’improvviso hanno mutato forma…
- Con queste potremo batterli!! - gridò Huta in preda al giubilo. Dal nulla, sebbene un secondo prima non lo sapessero, in quel momento, da alcuni secondi, ciascuno di quei ragazzi aveva appreso qualcosa di nuovo… qualcosa che per Huta si chiamava Omnislash, che da solo riuscì ad eliminare più della metà dei non-morti. Anche tutti gli altri lo imitarono. Un attimo dopo tutti i cadaveri erano immobili al suolo.
- Ce l’abbiamo fatta? - azzardò Chou.
- Così pare - Kasumi sorrise, asciugandosi il sudore dalla fronte. Faceva fatica a controllarsi e i combattimenti la stancavano.
Senza attendere un secondo di più, attraversarono il fondo del burrone e ricominciarono lentamente a risalire lungo la parete opposta.
Mancava pochissimo, ormai riuscivano a sentire l’aura di Cecir premere sulle loro spalle. Sembrava che da solo l’enorme potenza della strega potesse respingerli.
- Manca poco! Forza! - Dwale tese la mano a Chou e l’aiutò a superare l’ultimo ostacolo. Finalmente erano al cospetto della donna e dell’arma.
- Siete un po’ in ritardo, SeeD - ghignò Cecir. - Vi è piaciuto il mio esercito?
- Taci - sibilò Chou tra i denti.
La Strega non rispose, ma volse il suo gelido sguardo sulla ragazzina. Sorrideva.
- Attacchiamo - esortò Sway. - Dobbiamo farlo prima che termini di assimilare Omega.
Giusto, Omega. Kasumi abbassò lo sguardo sull’immensa creatura: ormai era allo stremo delle forze. Le sue membra erano abbandonate per terra immobili, a tratti il suo corpo veniva percosso da qualche breve spasmo. Presto avrebbe esaurito tutta la sua energia. Dovevano sconfiggere quella donna, che li guardava con quello sguardo distaccato e compiaciuto alla stesso tempo, e dovevano farlo in fretta. Doveva attaccare, bastava facesse come aveva sempre fatto. Proprio come stava facendo Sway, infondo, sperimentando l’appena appreso Cuore di Pietra. Quando mai assisterò ad uno spettacolo come questo? pensò Kasumi ammirando sorridente il giovane e le scintille infuocate provocate dalla sua lama. Kasumi strinse l’asta del Divine Angel. Perché all’improvviso si sentiva senza forze? Anzi, non era così: non riusciva proprio a muovere nemmeno un muscolo. Le dita delle sue mani erano bianche lì dove stringevano l’arma. Perché non si muoveva?
- Perché combatto? - bisbigliò stringendo i denti. Sentì Huta attaccare la strega.
Kasumi alzò di scatto la testa. Dov’era Himitsu? La ragazza era convinta che solamente il giovane potesse darle una risposta. Ma lui non era accanto a lei. Era laggiù, lontano, dall’altra parte della sala: era il suo turno di attaccare la strega. Kasumi era sola in quel momento, in quel luogo ed era la sola su cui fare affidamento: solo se stessa. Non era convinta di potercela fare, ormai non sapeva più come attingere al coraggio dentro di sé. Senza volerlo, tornò a fissare le proprie mani tremanti. Qualcosa doveva scuoterla, altrimenti non si sarebbe mossa di lì.

26. Lontano da guerra, morte e magia…

- Dove sono?
Si era svegliato disteso su un letto. Dove si trovava? Non conosceva quel luogo, ne era sicuro… fece scivolare i piedi fuori dal letto e si alzò in piedi. Provò a guardarsi un attimo intorno, niente in quella stanza riusciva ad essergli famigliare. Si lasciò cadere sul letto e provò a fare mente locale. Cosa gli era successo?
Tutto, tutto, tutto, fu travolto dai ricordi come da un vortice violento. Ma anche così non riusciva a capire in che modo fosse arrivato laggiù.
Distrattamente percepì delle voci. Erano reali o le aveva solamente immaginate?
Di nuovo.
No, non erano frutto della sua immaginazione: c’era qualcun altro in quella stanza. I rumori provenivano dalla stanza attigua a quella in qui si trovava lui. Si avvicinò alla porta senza fare il ben che minimo rumore. Non gli fu difficile farlo.
Accostò l’orecchio al legno della porta. Chi erano quelle persone? Ascoltando le loro voci dedusse che fossero due. Due donne, una di loro era giovane, molto giovane. Non come lui ma ancora nel fiore dell’età: forse una trentina d‘anni. La voce dell’altra donna invece era più bassa e un po’ roca. Probabilmente una vecchia.
Ma chi era lui per loro? Le conosceva? O forse loro conoscevano lui… domande che non avrebbero mai avuto risposta se continuava a starsene lì impalato. Spalancò la porta senza fare rumore ed entrò nella stanza che riconobbe come una cucina.
Le due donne erano sedute al tavolo in mezzo alla stanza, poste una di fronte all’altra. La donna giovane gli dava le spalle, la vecchia invece lo vide subito appena entrò.
La donna sorrise rivelando parte della sua bocca sdentata. - Guarda Laael, si è svegliato - disse afferrando distrattamente una ciocca dei propri capelli grigi.
- Cosa? - la donna di nome Laael si voltò di scatto. Era molto bella, a modo suo. Era altissima, quanto lui. Noto la lunga treccia di capelli fulvi che le ricadeva sul petto mentre i suoi occhi verdi lo fissavano curiosi e sorpresi. Laael sorrise. - Come ti senti?
- Sto… bene - rispose lui confuso. Parlando, la gola gli fece male. Involontariamente si massaggio delicatamente il collo con una mano.
- TI fa male perché hai dormito per due mesi - informò la vecchia, osservandolo.
- Già - assentì Laael. - Credevamo che fossi in coma, ormai!
Rimasero in silenzio. Nessuno di loro sapeva come dire tutto ciò che passava loro per la testa. Fu Laael a rompere quell’attimo colmo di tensione.
- Hai un braccio fasciato - disse indicando la medicazione.
Sì, l’aveva notato.
- Anche il busto è fasciato - continuò lei imbarazzata. - E poi ti abbiamo steccato una gamba.
Lui annuì. Apprezzava lo sforzo della donna di fare conversazione, ma non sapeva proprio cosa poter rispondere. Appena Laael finì di parlare provò a domandare:
- Che posto è questo?
Vide Laael sorridere contenta e aprire la bocca per rispondere. La vecchia però interruppe entrambi.
- Giovanotto, un po’ d’educazione! Dì un po’, prima di cominciare a fare domande in casa d’altri non sarebbe meglio presentarsi? - sbottò contrita. - Ma come gli educano i giovani d’oggi… mah!
- Avete ragione. Chiedo venia. Il mio nome è Kensa Suru.
- Io sono Laael Drenel - la donna ridacchiò divertita. Probabilmente dallo strano linguaggio adottato dal giovane.
- Ghiv Drenel - si presentò la vecchia con un gesto della mano. - Ti trovi a casa nostra.
- Sì, ma… dove di preciso? - tentò ancora il giovane.
- Nella cittadina di Lowtroohn.
Kensa non riuscì a impedirsi di levare gli occhi al cielo. - Ma dove?!
- Figliolo sei un disco rotto! Smettila con questi “dove! Dove! Dove!” non siamo mica al circo!
- Zia, calmati - intimò Laael alzandosi in piedi. - Credo che il signor Suru voglia conoscere tutta la storia dall’inizio.
Il giovane annuì speranzoso. - Non mi chiami Signor Suru. Prego, non siamo così formali.
- Bene - sorrise Laael invitandolo a tornare nella propria stanza. - Vieni Suru, ti racconterò tutta la storia… anche se in realtà non c’è molto da raccontare!
Kensa seguì la donna attraverso la stanza. Uscirono da una porta laterale che prima non aveva notato e, dopo aver attraversato un lungo corridoio uscirono all’aperto.
- Questo è il nostro giardino - annunciò Laael orgogliosa, indicando i fiori che crescevano rigogliosi. - Ma prego, siediti da qualche parte: sulla panca o sulle sedie. Sarai comunque affaticato.
Kensa si avvicinò alla panca di legno. Dopo pochi istanti ci si sedette sopra.
- Ti abbiamo trovato due mesi fa. In realtà ti ha trovato mio zio. La notte prima avevamo visto un enorme lampo, o qualcosa del genere, cadere un po’ lontano, nei boschi. In realtà non ce ne siamo preoccupati, ma appena sorto il sole ci è sembrata una buona idea andare a controllare.
- Cosa avete trovato? - domandò Kensa. Sospettava infatti che il fulmine intravisto da Laael e i suoi zii altro non fosse che il risultato dell’esplosione del suo Hyperion durante l’ultimo combattimento. A proposito, chissà dov’era finito il suo gunblade.
- Nulla - fu la risposta, accompagnata da un’alzata di spalle. - Lo zio non è mai arrivato a destinazione: a metà strada trovò te con metà delle ossa distrutte e senza sensi…
- E quindi?
- Beh, cosa pretendevi che facesse? - esclamò Laael. - Ti ha caricato in spalla e ti ha portato qua! Io e zia ti abbiamo curato proprio per benino! Ma, davvero, non credevamo dormissi così a lungo. Avrai fame, vero?
Kensa sorrise alla donna. Il cibo era stato uno dei suoi pensieri dal momento in cui aveva aperto gli occhi.
- Vieni dentro, ti preparo la cosa più sostanziosa che abbiamo! - rise la donna, accompagnandolo nuovamente in cucina.
- Avete già finito? - gracchiò la vecchia quando li vide riapparire.
- Si zia - rispose Laael trafficando con le pentole.
- Allora fammi un favore, cara: accendimi la radio. Sta iniziando la trasmissione da Timber sulle notizie.
- Lo faccio io - si offrì Kensa sintonizzando lo strumento sul canale giusto. - C’è qualcosa di speciale da sentire?
- Ma come, non lo sai? - ridacchio Laael esterrefatta. - In questo momento alcuni SeeD di Balamb stanno combattendo contro la strega.
- Quella lurida, sporca, schifosa cagna di una Strega - la vecchia sottolineò il proprio disprezzo sputando in un angolo. - Un tempo era pure la regina di Centra, lo sai, ragazzo?
- Ho sentito qualcosa a riguardo… - riuscì a borbottare Kensa. Quindi erano già passati due mesi? Da due mesi stavano combattendo incessantemente contro Cecir? Come poteva essere possibile? Provò a chiederlo.
- Cecir? - ripeté la vecchia. - Chi mai chiama quella puttana per nome? Non sarai mica una sua spia!?
Kensa scosse la testa tristemente. -Perché nessuno la chiama per nome?
- Non si fa e basta! - grugnì la vecchia. - Mi chiedi come fanno a combattere per due mesi… ma chi credi che sia io, il preside del Garden? Non sappiamo niente noi poveri mortali! - sputò di nuovo.
- Zia, calmati - suggerì Laael servendo da mangiare a Kensa.
- Hai ragione - le concesse. - Me ne vado a letto: questo gagliardo giovanotto mi irrita terribilmente - e se ne andò sbattendo la porta.
- Non farci caso. Fa sempre così - gli confidò la donna. - E’ solo infastidita dal fatto che ci nascondano le cose.
- In che senso? - domandò Kensa, tra un boccone e l’altro.
- Ci hanno avvertito dei fatti riguardanti la Strega solo il mese scorso… - spiegò Laael. - Quel demone ha rasato al suolo due città al nord, una a Trabia e una a Galbadia… E noi non capivamo neppure perché! Tutti avevano dei sospetti, in fatto a catastrofi, si pensa per prima cosa sempre alle streghe… Comunque… - sospirò e non concluse la frase. - No, niente.
- Cosa c’è? Dimmi - la spinse Kensa.
Laael stette in silenzio ancora un istante. - Come possono solo sette ragazzi determinare il destino di un mondo intero? Dei ragazzini poi…
- Non sono solo dei ragazzini! - gridò Kensa rovesciando il piatto a terra. - Sono forti, sono determinati e sanno quello che fanno. Sono giovani, certo, e questo non giustificherebbe alcun loro errore… errori che non compiranno. Sono più validi di molti adulti che conoscono e da soli hanno sconfitto avversari che non hanno nulla da invidiare alla strega! Come Leviathan ad esempio!
Laael rimase interdetta un istante. Poi sorrise.
- Da questo dovrei supporre che li conosci… dimmi chi sei, ragazzo. Sono curiosa. Raccontami tu una storia questa volta.
Rimasero fermi a fissarsi a lungo. Kensa non voleva mettersi a raccontare la sua vita e nemmeno quella degli altri. Però forse avrebbe dovuto. Laael e i suoi zii gli avevano salvato la vita, lo avevano accolto in casa e… sì, da una parte glielo doveva. Dall’altro provò il desiderio di far conoscere almeno a qualcuno la loro storia. Kensa non nutriva dubbi riguardo alla vittoria di Chou e degli altri ragazzi, ma poi come avrebbero fatto conoscere la loro storia? Attraverso la radio? I Media? Dovette reprimere una risata. Sarebbe stato tutto stravolto, per questo cominciò a raccontare la sua storia, cominciando dall’inizio, e piano piano cominciò ad introdurre anche accenni alle storie degli altri. Il sole tramontò molto prima che il giovane terminasse il proprio racconto.

27. The Fallen Angel

Sangue. Fatica. E ferite. Per quanto tempo ancora sarebbe durata la battaglia? Ma, soprattutto, quanto ancora sarebbero durati loro? Ormai le forze stavano per abbandonarli e anche la determinazione che all'inizio aveva tanto animato i giovani stava scomparendo. Era troppo potente. Quella strega che con tanto ardore detestavano e volevano vedere morta sembrava immortale. Da quando era cominciato lo scontro non aveva provato a schivare nemmeno uno degli attacchi dei SeeD, eppure non riportava la ben che minima ferita. Nemmeno un graffio: per lei il tempo sembrava non essere passato. Non aveva subito il più piccolo mutamento dal momento in cui l'avevano vista, ormai più di un'ora prima. Non un capello si era mosso, non un lembo del vestito si era strappato, non una goccia si sudore le aveva imperlato la fronte. Solo l'aura del potere di Omega continuava a diminuire, inevitabilmente, mentre quello di Cecir cresceva sempre di più. Cosa potevano fare ancora? Erano feriti, perché talvolta gli attacchi che sferravano tornavano loro indietro, ma non esausti. Il problema non consisteva nelle condizioni in cui vigevano i ragazzi, quanto piuttosto quelle del loro avversario: dovevano trovare il suo punto debole, altrimenti sarebbero rimasti laggiù per sempre. O meglio, fino a che la Strega avesse finito di assorbire Omega.
The Fallen Angel, è la vostra unica possibilità!
NO!
- Sono stufa di vedervi muovere indaffarati come formichine, SeeD - disse all'improvviso Cecir, volgendo lo sguardo su di loro. - Andatevene, altrimenti vi caccerò io stessa.
- Provaci! - ringhiò Sway alzando minaccioso il Lion Heart.
- Cominciamo da te soldatino? - disse la strega con un sorriso velato che le scopriva i denti bianchissimi. - Molto bene.
La donna levò un braccio verso l'alto. La sua aura vibrò e per un secondo diventò di un intenso color ghiaccio. Una spirale di brina si arrampicò su di lei come un serpente, partendo dal terreno le circondò dapprima le gambe, il busto ed infine si concentrò sul suo palmo alzato.
Cosa stava facendo?
Sentirono il rumore proprio dell'acqua che si solidifica ed eccola là, minacciosa sopra la testa della Strega una lancia di ghiaccio. Il suo volto era inespressivo mentre la scagliava contro Sway.
- Dwale! - Sway s'accucciò a terra reggendo la compagna tra le braccia.
- Stai bene, Sway? - domandò la ragazza levando gli occhi sul giovane. Cercava di non guardare la lancia che le aveva trapassato una spalla.
- Stupida! Cosa credevi di fare? - gridò Sway cercando di estrarla.
- Non lo fare... - intimò Dwale in un bisbiglio sofferente. - Non credo che mi farebbe molto bene...
- Ha ragione. Sway, portala via.
Il giovane alzò lo sguardo verso Kasumi.
- E' un ordine?
- No, solo un consiglio. Mettetevi al riparo e comincia a curarla. - Kasumi s'inginocchiò accanto ai due ragazzi. - Dwale, sei forte, vero? Non morirai, vero?
Dwale le sorrise. Faticosamente le prese una mano e la strinse. - Non morirò.
Le due giovani si fissarono intensamente. Il loro rapporto, misto di amicizia e rivalità in quel momento aveva escluso tutti i contrasti. Nonostante ciò però, Kasumi sussurrò delle parole all'orecchio dell'amica: - Adesso siamo pari, vero?
Dwale le ammiccò debolmente mentre Sway la trascinava via. La mente rievocò il ricordo della battaglia che precedeva l'incontro con Huta. Mpf... hai ragione, siamo pari.
- Che cosa toccante - commentò Cecir, che fino a quel momento era rimasta in silenzio ad osservare la scena. - Quasi quasi vi lascio in vita solo per vedere come va a finire!
- Prima di interessarti della vita degli altri dovresti pensare alla tua! - urlò Chou attaccandola alle spalle. Lo shuriken della ragazza però si limitò a colpire la barriera evocata dalla strega per poi rimbalzare indietro.
- Sciocca ragazzina, non vedi che è completamente inutile?
Il The Fallen Angel! Vuoi forse che muoiano tutti?
NON LO FARO'!
- Cecir non avere troppa fiducia in te stessa, riusciremo a batterti!
- E come? - domandò la Strega, sinceramente incuriosita. - Io sono la strega, ricordi? Nessun attacco umano potrà sconfiggermi!
-Allora prova questo! Aiutaci Diablos, principe dei demoni!
- Himitsu, cosa stai facendo? - domandò Krateia fissando sbalordita il demone fare la sua comparsa avvolto da una nera nuvola di pipistrelli.
- La attacco con qualcosa di non umano, no?
- Non funzionerà mai! - esclamò Kasumi, immobile.
Evoca il The Fallen Angel, i Guardian Force non hanno il potere necessario per affrontare la strega!
TROVERO' UN'ALTRA SOLUZIONE!!
- Non ditemi che vi avevo sopravvalutato, SeeD - disse la strega allontanando con un gesto della mano il polverone provocato dall'attacco di Diablos. - Non pensavate davvero di potermi sconfiggere così!
Detto questo incrociò le braccia sul petto e fissò Himitsu. Il giovane venne avvolto da una specie di guscio seminvisibile. Quando questo scomparve egli cadde a terra senza un gemito.
- Himitsu!! - strillò Kasumi gettandosi accanto al giovane.
- Ho la pelle dura - biascicò il SeeD tossendo sangue. - Auch... credo si sia rotto qualcosa... dentro... ma che razza di attacco era?
- Himitsu! - ripetè Kasumi cacciando indietro le lacrime.
- Piangi? - domandò lui con un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca.
- Non sto piangendo!
- Ehi moretto... - chiamò Himitsu rivolgendosi ad Huta. - Portami via di qui...
- Cosa? - esclamò Huta spostando lo sguardo da lui alla sorella. - Ma così Chou, Kasumi e Krateia rimarranno da sole!
- Se è questo il tuo problema - s'informò la strega poco lontano da loro. - Allora farai meglio ad allontanarti... tutt'al più per curare te stesso!
- Cosa? - disse Huta senza capire nemmeno chi aveva parlato. - Ma io non sono ferito! ARGH!!
Nel momento preciso in cui aveva terminato la frase gli era comparsa una profonda lacerazione sul braccio. La ferita partiva dalla spalla e scendeva giù giù fino al polso. - Che diavolo...
- Sei soddisfatto adesso? O forse preferisci che la prossima volta ti colpisca direttamente alla testa?
E tu? C'è soddisfazione in te? Non hai alternative: evoca il The Fallen Angel o tutti moriranno!
Ma...
Fallo!
NO!!
- Credo che sia il mio turno adesso - riprese Cecir. Lentamente la figura di Omega si dissolse davanti agli occhi increduli di Kasumi, Chou e Krateia. - Siete sorprese?
- No - azzardò a rispondere Krateia fissando astiosamente la strega.
- Davvero? Le vostre facce dicono il contrario...
- Come mai così all'improvviso sei diventata così in vena di chiacchere? - domandò Chou a denti stretti.
- Oh ma è semplice: adesso sono invincibile! Il potere delle Guardian Force superiori ormai è in mio possesso! Per questo posso permettermi di fare salotto qui con voi - scoppiò a ridere.
Sentito? Adesso è invincibile... The Fallen Angel...
- Sapete una cosa? Mi sento buona... credo che potrei anche permettervi di diventare mie seguaci.
- MAI! - gridarono le giovani.
- E' un vero peccato... questo vuol dire che dovrò uccidervi tutte e tre. Cominciamo... da te forse? O da te? - ammiccò verso Krateia e Kasumi. - No. Certamente no: sarai tu la prima, vero bambina?
Chou non abbassò lo sguardo e continuò a fissare con aria di sfida la Strega dritta negli occhi.
- Tu, che mi hai privata del mio cavaliere. Del mio amante. Uhuh... Te l'aveva detto questo?
- Si! - gridò Chou correndole contro.
- No, Chou! - cercarono di fermarla le compagne. La ragazza però non diede loro ascolto e alla fine giacque a terra priva di sensi, respinta violentemente da un onda di pura magia.
- E' viva - le rassicurò Cecir con un sorriso meschino. - Ho cambiato idea: lei sarà l'ultima a morire. Desidero far soffrire colei che si è appropriata delle mie cose! In fin dei conti... sarete voi le prima a morire. Dovreste essermene grate: probabilmente soffrirete di meno!
L'hai sentita? The Fallen Angel!
Non posso!
Devi!
Potrei perdermi!
Non questa volta.
- Ho capito - disse Kasumi facendo un passo in avanti.
- Aspetta! - la fermò Krateia trattenendola per un braccio. - Che cosa vuoi fare?
Kasumi si voltò verso l'amica. - Ascoltami Krateia, adesso stai per vedere il potere. Temilo ma non scappare, per questa volta. E... non raccontarlo.
- Aspetta! - ripeté Krateia, ma Kasumi si era già allontanata da lei. Adesso non distava che pochi passi da Cecir.
La donna scrutò la giovane negli occhi. - Oh, adesso capisco - disse. - Cosa ci fai qui? Chi ti ha mandato?
- Non sono affari tuoi - rispose Kasumi freddamente, levando entrambe le braccia sopra la testa. Sembrava prepararsi a evocare una Guardian Force ma tutto sembrava così diverso dal solito! I simboli arcaici che solevano circondare gli evocatori apparivano neri come il carbone e pareva essersi levato uno strano vento mistico, anche laggiù, in quella caverna senza uscite.
- Una Guardiana?
Da quel momento in poi calò un silenzio colmo d'angoscia. Solo tre persone assistevano alla scena: Krateia, Cecir e Kasumi. Poi qualcosa cambiò ma così lentamente che Krateia non si rese nemmeno conto che era mutato. Kasumi, la sua compagna, la sua amica, non c'era più: al suo posto era apparsa quella stessa ragazza che avevano incontrato durante lo scontro con il Leviatano. Era Kasumi, certo, eppure non era Kasumi. Anzi, se guardava con attenzione si rendeva conto che in quel momento la giovane era cambiata in maniera ancora più marcata. I già lunghi capelli castani ora le si riversavano sulla schiena come una cascata, ed erano diventati neri come la pece. Di nuovo il Divine Angel si trasformò in katana.
- Kasumi... - sussurrò Krateia esitante. - Sei tu?
La ragazza si voltò. I suoi lineamenti si erano affilati, ma questa volta la sua espressione era rimasta quella di sempre e la fissava con i consueti e limpidi occhi azzurri.
- Adesso sono io - sorrise la ragazza.
- Cos'è successo? - strillò Cecir terrorizzata.
- Fai bene a temermi, strega! Mi riconosci? No, come potresti - rise. - Però riesci a intuire chi ti trovi davanti!
- Come può essere che qui...solo le... The Fallen Angel...
- Ahahahahah ti cosa ti stai stupendo? Non riesco a capire - disse Kasumi puntandole contro la punta della katana. - Ma non preoccuparti troppo, sono quel che pensi solamente per metà. Questa è un'occasione speciale.
- Qualcuno vuole spiegarmi cosa sta succedendo? - strillò Krateia intromettendosi nel discorso.
- Guardami bene, amica mia - ordinò Kasumi. - Questo ti porterà un passo più vicino per capire la mia identità, ma dovrai tenertelo per te.
Detto questo Kasumi spalancò le due enormi ali nere che le erano spuntate sulla schiena e si lanciò sulla strega. In un istante la colpì un numero infinito di volte, alla fine sia lei che la strega di accasciarono al suolo.
Dopo un lungo momento la polvere scomparve e nessun rumore osò infrangere il sacro silenzio che vegliava quel momento, in cui la potentissima strega si trovava a terra privata di ogni forza. Il bellissimo vestito rosso era macchiato di nero e di grigio in più punto, gli orli erano strappati e i lucidi capelli d'ebano non erano altro che i rovi di un cespuglio di more. La donna ebbe uno spasimo e vomitò a terra una gran quantità di sangue.
- Non posso morire... io non posso morire... -farfugliò Cecir. - Non posso morire prima di...
- Lo so - le sibilò Kasumi, tornata al suo aspetto normale, all'orecchio. - Io sono qui per questo.
- Va bene - sorrise la strega appoggiando la testa sulla spalla della ragazza. - Buona fortuna.
- Non ne avrò bisogno.
- Mpf! Lo credevo anche io però... sappilo! Questo non è un dono: è una maledizione. Una maledizione che finirà solo con la fine del mondo.
- Kasumi!! - Krateia raggiunse l'amica nel preciso istante in cui Cecir esalò l'ultimo respiro: non era riuscita ad udire quello che si erano dette le due. - E' morta?
- Sì.
- Kasumi... quello che è successo prima... - cominciò Krateia.
- Non è successo nulla - la zittì l'altra. - Adesso andiamo dagli altri.
La giovane osservò Kasumi allontanarsi di schiena, nella mano destra stringeva il Divine Angel mentre con la sinistra cercava di impedire alla maglia, strappata sulla schiena, di caderle a terra.
Aveva visto bene? A Kasumi erano spuntate due ali d'angelo che le avevano lacerato la maglietta... erano davvero ali, o era solo un'illusione? Due ali nerissime dello stesso colore che avevano assunto i capelli della ragazza. Ma cosa le era successo in realtà? Anzi, cosa le accadeva? Tutti loro si erano accorti delle stranezza di Kasumi ma avevano preferito ignorarle, certi che un giorno gliene avrebbe parlato lei stessa... adesso però Krateia sapeva che non sarebbe mai successo. Kasumi non era chi tutti loro credevano, ma il problema era che lei non glielo avrebbe mai confidato!
Chi era Kasumi Megami? Da dove veniva? Si erano mai posti interrogativi del genere? Ovviamente sì, ma si erano mai dati delle risposte? Le avevano mai pretese? Personalmente Krateia avrebbe aspettato: non raccontò mai di propria iniziativa quello cui assistette il giorno della battaglia contro la Strega Cecir. Alla fine, però, tutti i nodi vengono sempre al pettine.

28. La fine dell'inizio

Dal principio non se ne erano accorti, ma nel preciso momento in cui Cecir aveva chiuso gli occhi esanime, la terra aveva cominciato a tremare e lentamente le Rovine di Omega avevano iniziato il loro veloce disfacimento.
Kasumi e Krateia avevano trascinato Chou dagli altri mettendosi a vicenda un braccio della ragazza dietro le spalle. Appena ritrovate con il resto della squadra rimasero molto colpite dal fatto che nessuno di loro riportava ferite, o meglio, riportava ancora ferite. Nemmeno i ragazzi seppero dare una spiegazione, asserendo semplicemente che pochi minuti prima, nello stesso momento, si erano resi conto di non sanguinare più e di aver recuperato tutte le forze. Le uniche tracce che rimanevano della battaglia erano cicatrici che sembravano poter risalire a parecchi anni prima.
Appena apparve la prima crepa nella parete rocciosa, i giovani balzarono in piedi e cominciarono a correre velocemente verso l'uscita, percorrendo a ritroso la strada che avevano fatto per arrivare fin lì. Con la scomparsa della strega e di Omega, i SeeD erano sicuri che il collegamento tra le Rovine e Centra si fosse riaperto e sarebbe rimasto lì fino alla completa disfatta delle rovine. Ma dovevano sbrigarsi: non avevano un attimo da perdere.
Kasumi affidò Chou a Huta, che corse avanti agli altri trasportando la sorella semicosciente sulla schiena. Dopo di lei corsero Himitsu e Krateia, seguiti da tutti gli altri. Rimaneva solo Kasumi come chiudi-fila, si teneva un po' più indietro rispetto agli altri in modo da assicurarsi che non rimanesse indietro nessuno, senza pensare che era proprio lei quella che poteva rimanere indietro.
Il portale! Finalmente... pensò quando scorse in lontananza i colori cangianti del passaggio. Osservò mentre veniva attraversato da Chou e Huta, Himitsu e Krateia. Ancora pochi passi e saremo tutti fuori... e intanto il costante rombo all'interno della caverna continuava ad aumentare mentre massicci pezzi di roccia si staccavano dal soffitto e finivano in frantumi al suolo. All'improvviso ci fu un rumore simile ad un fulmine, che riecheggiò per tutte le rovine rimbalzando sulle pareti per alcuni secondi, quando la terra non solo non smise di tremare, ma si divise in due creando un enorme baratro che avanzò zigzagando, senza una direzione, come una saetta.
Kasumi urlò nel momento in cui si sentì cadere, quando le venne a mancare il terreno sotto i piedi. Ancora qualche attimo e sarebbe precipitata in quel baratro senza fine. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stata questa, la fine? In realtà la caduta non sarebbe durata che pochi istanti: il suo corpo avrebbe rimbalzato sulle rocce provocandosi profonde lacerazioni e lividi su tutto il corpo. Da quel momento non avrebbe dovuto attendere a lungo la morte. Infondo, moriranno tutti un giorno... Ma forse quello non era il suo giorno!
- Kasumi!! - sentì solo gridare mentre qualcuno le afferrava il polso sottile. La ragazza colpì duramente l'addome contro la roccia ma non precipito, chi la stava tenendo non aveva intenzione di lasciarla e la stringeva così forte che quasi le bloccava la circolazione del braccio. Kasumi provò ad alzare il viso e vedere chi l'aveva salvata, ma alcune schegge le erano entrate negli occhi e non riusciva ad aprirli. E non ce ne fu nemmeno bisogno. Passato quell'attimo di terrore e ripreso il controllo su di sé non ebbe alcuna difficoltà a riconoscere la mano che la stringeva. Il suo calore. Allo stesso modo, non ebbe nessuna esitazione a riconoscere il respiro affannoso di Sway sui suoi capelli.
- Cosa fai, sciocco? - tossì. - Scappa, vattene, veloce! - ma contemporaneamente strinse a sua vola il polso di Sway, per non scivolare.
- Sarei davvero "sciocco" se facessi quello che mi stai dicendo - ringhiò lui tentando di trascinarla via dallo strapiombo.
- La verità è che non vuoi vedere la verità intorno a te - sospirò debolmente la ragazza aggrappandosi anche all'altro braccio che le veniva porto. Quando fu di nuovo al sicuro sulla terraferma, la giovane provò ad alzarsi in piedi, ma Sway la bloccò a metà del gesto per stringerla a sé.
- Sei proprio uno sciocco, eh, Sway? - bisbigliò la ragazza circondando la schiena del giovane con le braccia.
- Kasumi - disse lui con enfasi - anche se non mi ami o non puoi farlo, io provo per te un sentimento molto profondo e non ho intenzione di lasciar morire né te, né lui: per nessuna ragione al mondo.
- Quello che tu ti rifiuti di capire è che devi solo dimenticarmi: non c'è nient'altro da fare. E poi non sei l'unico ad amare. Anche Dwale è legata a te da un sentimento che va ben oltre la solida amicizia.
Kasumi sentì Sway trattenere un attimo il respiro, probabilmente senza accorgersene. - Dunque è per questo? E' per Dwale? - domandò lui con voce un po' roca.
- No, non è per Dwale - assicurò Kasumi socchiudendo le palpebre.
- E allora perché?! - gridò Sway fissando la ragazza negli occhi.
- Ti ho già detto che non posso svelarti i miei motivi, né a te né ad altri - rispose lei sciogliendosi dall'abbraccio. Dopo poco anche Sway la seguì in piedi e si voltò verso il portale, solo allora si accorse che non erano i soli rimasti nelle rovine, quando incrociò lo sguardo limpido e malinconico di Dwale, che si era voltata per aspettarli. Era rimasta lì tutto quel tempo, in silenzio per lasciarli parlare, quasi costretta a sentire le parole dei due giovani. Parole che la riguardavano molto strettamente. Ora però avevano finito, e appena riuscì a liberarsi dai magnetici occhi blu mare di Sway chiamò a gran voce, cercando di sovrastare il rumore del terremoto: - Che cosa fate ancora lì? Sbrigatevi!! - poi si voltò di scatto ed attraversò il portale.
- State bene! - strillò Chou appena vide i tre ragazzi attraversare il portale che, dopo un breve risucchio, si chiuse. Dwale ebbe un po' di difficoltà a sciogliersi dall'energica stretta di Chou.
- Cosa c'è da agitarsi tanto? - domandò la biondina, un po' confusa.
- Dopo che tutti noi siamo usciti, sono dovute passare due ore prima di poter vedere voi tre attraversare il portale - spiegò Huta apprensivo. - Credevamo vi fosse successo qualcosa: volevamo tornare indietro a controllare, ma non siamo più stati in grado di attraversare il passaggio.
Kasumi abbozzò un sorriso. -In realtà siamo usciti pochi minuti dopo di voi: vi avevo già detto che il tempo tra le due dimensioni scorre in modo diverso, no?
- Ah, è vero!! - seguì una risata generale, poi silenzio. Un lungo silenzio, che venne rotto da Chou.
- E' finita... - balbettò, lottando per cacciare indietro le lacrime. - Abbiamo combattuto...e c'è chi è morto per questa battaglia... - si fermò, perché non era più in grado di continuare.
- ...ed è a Kensa che credo dovremmo dedicare la battaglia - continuò Huta, venendo in aiuto della sorella. Chou annuì energicamente passandosi la manica sulla faccia con un gesto vagamente infantile.
- Adesso è meglio fare ritorno al Garden - suggerì Himitsu passando accanto a Chou. Superandole le diede un buffetto sulla spalla.
- Qualcuno si ricorda dove abbiamo lasciato la Lagunarock? - domandò Krateia presa un po' alla sprovvista. - Anzi, meglio... qualcuno sa dove siamo??
Alla fine tornarono a Balamb sani e salvi. Dopo solo alcuni giorni il preside aveva già diffuso la notizia del loro ritorno e il rapporto della missione era ormai di dominio pubblico. Nessuno sembrava non sapere quello che avevano fatto, perché l'avevano fatto e come l'avevano fatto, e questo in un certo senso destò un po' d'irritazione nella vecchia compagnia. In particolar modo in Huta: non tanto per sé, quanto per la sorella che vedeva il ragazzo che aveva amato, e che continuava ad amare, messo sotto il giudizio di chi non l'aveva mai nemmeno visto. Alla fine però ebbero ben poco tempo per pensare a questo, in quanto i governi di Balamb, Galbadia, Trabia ed Esthar fecero in modo da assegnare ai ragazzi che avevano partecipato alla battaglia un encomio speciale per i servizi resi all'umanità, o "qualcosa di simile" come diceva Huta. Ciò che ottennero in realtà non fu molto concreto, ringraziamenti, discorsi e strette di mano: nulla di nuovo. L'unico vero apporto fu quello di Kanzi che nominò Huta SeeD del Garden di Balamb, senza che fosse necessario per lui partecipare ad alcun esame. Anche Kensa fu investito dello stesso onore, diventando membro onorario SeeD, sebbene non potesse realmente usufruire di tale onore.
Epilogo
- Sei sicura di volerci già far ritorno?
- Sì, fratello - rispose Chou seria. - Sarebbe dovuta essere la prima cosa da fare, per me, dopo la sconfitta di Cecir. Invece per un motivo o per un altro sono sempre stata costretta a rimandare - fece una piccola pausa. - Grazie per avermi accompagnata oggi.
- No problem! - esclamò Huta facendole l'occhiolino. - A cosa servono i fratelli, se non per sfruttarli crudelmente?!
- Io non ti sfrutto! - esclamò Chou mostrandogli la lingua. - Solo che io non sono proprio capace di pilotare la Lagunarock!
- Lo so, lo so! - rise Huta cominciando ad atterrare. - Non te la prendere, stavo solo scherzando! - poi cambiò tono di voce e si fece serio: - vai da sola?
- Sì - rispose la ragazza scendendo dall'aeronave. - Tu mi aspetti qui?
- Certamente - annuì Huta osservando la sorella scomparire dalla propria vista.
Tutto sembrava identico a quel giorno, solo il sole cambiava radicalmente l'atmosfera. Anche il senso di ansia che le stringeva le viscere era scomparso lasciando posto ad un sottile velo di tristezza. Ormai si era già chiesta miliardi di volte, solo quella mattina, perché sentiva l'irresistibile impulso di tornare nel boschetto dove era morto Kensa.
- Ecco, qui mi ha raggiunta - si disse Chou sottovoce, continuando a camminare. Dopo poco aggiunse distrattamente: - ...e qui ho calciato un sassolino.
Ma ecco, alla fine era giunta a destinazione. La zona del boschetto dove gli alberi si diradavano, rivelando un orribile e profondissimo cratere. La ragazza lo fissò con astio per qualche secondo, poi alzò lo sguardo... e il cuore le mancò un battito. Non poteva essere vero ciò che vedeva, probabilmente era un illusione che aveva creato da sola. Proprio laggiù, dall'altra parte del cratere stava osservando un immagine troppo nitida per essere un'allucinazione. Chou vedeva un giovane molto alto, i capelli biondi sembravano molto più lunghi rispetto a come li ricordava lei. Indossava un paio di jeans ed una camicia azzurra, il braccio sinistro era ingessato e sorretto da una benda che girava intorno al collo del ragazzo. Lui se ne stava immobile, appoggiato con la schiena ad il tronco di un albero, e la fissava.
Chou corse a perdifiato lungo il perimetro del cratere e si fermò solo quando fu a pochi metri dal giovane. Non riusciva a credere che fosse lui, ma quando incrociò i suoi occhi di smeraldo non ebbe più dubbi sulla sua identità, e percorse la breve distanza che ancora li separava. Chou vide però che stava per dirle qualcosa, così lo bloccò a metà del gesto poggiandogli indice e medio sulle labbra. La giovane scosse la testa, intimandogli di tacere. Ormai non riusciva più a trattenere né il riso né le lacrime così alla fine si lanciò al collo del giovane gridando: - Anch'io ti amo, Kensa!! - completando finalmente quella ormai lontana dichiarazione mai conclusa e suggellandola con un bacio.


FINE
...o forse no.


 


Zell's Fantasy
www.zellfantasy.it