CIÒ CHE SI PUO E NON SI PUÒ
di Aeris-Rinoa


Squall aprì gli occhi alla luce del sole, nel prato del Garden, la voce di Shu nelle orecchie che diceva qualcosa riguardo ai suoi "doveri di comandante". Si alzò di malavoglia.
-Ti abbiamo cercato dappertutto!- esclamò la SeeD, puntandogli un dito in mezzo allo sterno -E tu ti eri addormentato! Ma tu guarda!- scosse la testa con finta disapprovazione, poi gli sorrise -Andiamo, le squadre di pattuglia aspettano gli ordini-
-Arrivo- sbadigliò; dormiva quasi per nulla negli ultimi tempi. Si alzò e seguì Shu verso gli alloggi, dove le reclute attendevano. Dopo aver elencato infiniti nomi e cognomi e numeri, se nè andò e si accasciò sconsolato su una panca della mensa, chiamando un pranzo. Quando arrivò la collaboratrice volontaria, Hellen, l'amica di Zell, gli disse:
-Farai meglio a mangiare in fretta, comandante, i professori ti stanno cercando per la convalida dei programmi di allenamento e il controllo giornaliero delle strutture a rischio di danneggiamento-
Squall rimandò indietro il vassoio con la mano -Lascia stare, Hellen, mi è passata la fame. Vado subito- si alzò di nuovo e si diresse verso l'ufficio del supervisore alle strutture, dove intrattenne una discussione sull'inserimento nel programma di alcune particolari tecniche e l'utilizzo delle stesse sulle strutture, che subito dopo si recò a controllare. Alcuni pezzi avevano bisogno di riparazioni, che vennero prontamente ordinate a chi di competenza.
Un giovane studente si avvicinò: -Signor comandante, ci sarebbero da convalidare le spedizioni degli stipendi e delle riparazioni del mese scorso-
-Arrivo- dopo aver letto attentamente i venti moduli con cagione e cifre di spesa e averli firmati Squall si allontanò, sospirando sempre più profondamente.
Nemmeno era riuscito a sedersi su una panchina che un professore gli piombò addosso.
-Scusi signor comandante, ci vorebbe la sua firma per i provvedimenti disciplinari-
-Arrivo-
Firmati i quaranta moduli, dieci dei quali ai danni di Seifer, Squall lanciò uno sguardo all'orologio: le cinque meno dieci. La sua giornata lavorativa era quasi finita, ancora dieci minuti...
-Comandante!- Squall trattenne un molto sgarbato "che diavolo c'è?!" e si voltò, tirato nel tentativo di non bestemmiare Hyne nel rispondere
-Sì, che succede?-
-Comandante, richiedono il vostro intervento all'area di allenamento, il sistema si è inceppato e ci sono degli studenti chiusi dentro- Squall prese la corsa verso la classe del primo piano, e fece irruzione.
-Zell, vieni immediatamente con me, si tratta di un emergenza!-
Zell, che stava insegnando le applicazioni della teoria dell'inerzia in combattimento, lo guardò perplesso per un attimo, poi abbandonò libro e gessetto e con un rapido avvertimento alla classe corse dietro al comandante, fino all'area di addestramento.
-Il sistema è impallato, ci sono degli studenti chiusi dentro-
-Mi metto subito al lavoro- premendo i tasti tanto in fretta da produrre un ticchettìo ininterrotto Zell mi mise all'opera, per poi aprire la cassetta dei chip e armeggiare con microcacciaviti, mentre Squall volava in presidenza a raccogliere SeeD disponibili per aiutare nel recupero degli eventuali feriti. Una volta che le squadre furono formate, Zell, attraverso un contatto, riucì a far aprire la porta e i SeeD entrarono. Diversi studenti erano rimasti feriti e furono portati in infermeria, ad altri fu mandata a riparare o addirittura cambiare la divisa lacera e sporca, altri furono visitati sul posto, altri ancora, svenuti ma sani, portati nelle loro camere. Squall dovette firmare tutte le richieste di ricovero per l'infermeria e quelle di manutenzione delle divise per "caso straordinario", dovette assistere al ritiro delle armi degli studenti e prendere i provvedimenti disciplinari per i comportamenti inadeguati. Quando tutto fu finito, erano ormai le sette passate, e l'unico e solo desiderio di Squall era mangiare una cena sostanziosa e andare a dormire. Ma la parte peggiore della giornata arrivava adesso...
-Ciao, tesoro- Rinoa sapeva sempre dove trovarlo, e a volte avrebbe voluto che non avesse questa capacità -Andiamo fuori stasera?- lo baciò affettuosamente su una guancia
-Io...- non poteva dirle di no, sarebbe stato il quinto giorno di fila sempre al Garden, a fare niente di che da soli, nella sua stanza, e poi dormire insieme -Va bene- le sorrise mestamente e le rispose con voce stanca
-Ti amo- lo baciò appassionatamente
Irvine si schiarì rumorosamente la voce da dietro le spalle di Rinoa -Scusate tanto, piccioncini, ma anche noi vorremmo avere l'attenzione di Squall-
Squall sospirò -Ditemi tutto-
Quistis si sedette al suo fianco e gli posò una mano sulla spalla -Sei stanco? Se non vuoi restiamo qui-
-No, no, usciamo, ho proprio bisogno di distrarmi un po'- dire bugie era l'unico modo per farli felici, si leggeva nei loro occhi che non aveva altra scelta se non rispondere di sì
Si recarono ognuno nella sua stanza, si prepararono a dovere per la serata e si rividero nella hall.
Rinoa era davvero splendida con il completo in seta, composto da una maglia senza maniche blu lunga a mezza coscia e la gonna lunga nera. Quistis indossava un paio di pantaloni neri attillati, abbinati a stivali col tacco neri anch'essi, un top color arancio-rosso monospalla con cintura color bronzo sopra. Selphie era come al solito vestita di giallo con un completo da scolaretta, camicia bianca, cravatta gialla e minigonna a pieghe, gialla anch'essa, i calzettoni alti oltre il ginocchio, bianchi, e le scarpe da ginnastica color canarino. Irvine portava il solito cappotto lungo, in pelle nera, una camicia color caffè chiaro, dei jeans color sabbia e stivaletti di scamosciato daino. Zell, in tenuta quasi sportiva confronto agli amici, portava un paio di jeans più stretti del solito, una maglietta di un qualche gruppo rock, nera e con davanti un disegno tribal, e sopra una giacchetta a mezze maniche, nera e azzurra, in stile motociclista. Squall come sempre non si era sprecato: indossava un paio di pantaloni in tessuto, con sotto un paio di abbastanza anonimi stivali, sopra una camicia di cotone, abbinata ad una giacca di similpelle dal colletto rotondo, il tutto nero.
-Possiamo andare?- chiese Quistis, pratica come al solito, mentre Selphie picchiava Irvine perché aveva gettato l'occhio alle curve della bella maestrina
-Direi di sì- Squall riuscì a malapena a nascondere uno sbadiglio
La serata passò tranquilla, si può dire, al locale convenzionato al Garden, tra drink, musica e risate. Squall lottava per restare sveglio e nascondere agli amici la sua agonia. Quando finalmente la serata si concluse Squall era ormai al limite. In auto vi fu una chiacchierata che però ridestò il suo interesse.
-Squall, a proposito- chiese Rinoa -Com'è andato quel soggiorno a Esthar che hai fatto qualche settimana fa? Non ci hai nemmeno detto perché ci sei andato-
Se ne era totalmente scordato. Laguna lo aveva mandato a chiamare per parlargli, e gli aveva rivelato di essere nientepopodimeno che suo padre. Immensamente dispiaciuto, per farsi perdonare anche solo un minimo gli aveva fatto dono di un conto platinum alla banca planetaria di Esthar, contente i due terzi delle sue, peraltro ingenti, fortune e gli aveva promesso di farsi sentire entro qualche settimana. Era una cifra che avrebbe fatto andare in delirio chiunque, ma Squall aveva quasi scordato di possedere tutti quei soldi, in quelle settimane di estenuante lavoro. Non che i soldi gli avessero mai fatto gola o simili, ma in quel momento pensò che ignorare un simile patrimonio sarebbe stato da idioti. Con quei soldi avrebbe potuto vivere di lussuosa rendita per il resto dei suoi giorni. Ciononostante aveva continuato la sua vita di prima.
-Squall?- si riprese dal suo flusso di pensieri quando Rinoa lo richiamò alla realtà
-Ah, non era nulla- a chiamarlo nulla -Solo qualche complimento e l'assicurazione di possibili servigi futuri alla repubblica di Esthar-
-Ah, il nostro PR! (PR= public relationship, indica la persona che si occupa delle relazioni pubbliche, in ambito lavorativo, per nome e conto di qualcun altro NdA)- scherzò Quistis
-Squall dalla parlantina sciolta- lo prese in giro Irvine -Fra poco riusciremo ad ottenere delle donazioni dal patriomonio personale del presidente Loire, vedrete- rise
-Magari!- disse Quistis -Il Garden è discretamente ricco ma ha sempre bisogno di nuovi fondi!- rise anche lei
-Squall, DEVI portarmi con te la prossima volta!- Selphie saltellò sul sedile; dovere, sempre dovere, perfino con gli amici.
-Ragazzi!- esordì Zell -Domani sera dobbiamo assolutamente andare in quel nuovo negozio che hanno aperto vicino al porto. Vedeste quanta roba!-
-Di che genere?- chiese Rinoa
-Penso vestiti- le rispose Irvine
-Ha dei prezzi bassissimi, per i primi giorni di apertura. E che bella roba!- esultò Selphie
-Ci voleva proprio un nuovo negozio da questa parti. Sono tutte così squallide le boutique, qui...- constatò Quistis
-Puoi dirlo forte- intervenne Irvine -Per trovare qualcosa di decente bisogna andare a Delign City e là costa tutto un occhio-
-Non capisco- disse Zell frustrato -Siamo SeeD eppure stiamo in questo buco di isola e viviamo come dei poveretti- mise il broncio
-Eh, dobbiamo accontentarci- replicò affranta Quistis -Il lusso è riservato ai SeeD galbadiani-
-Io domani parto per Galbadia alle sette, volete che vi porti qualcosa?- chiese Squall
-Magari! Avessi i soldi ti chiederei metà dei vestiti delle boutique sullo strand-esclamò Quistis
Rinoa ridacchiò -Ho messo da parte qualche spicciolo. Te li darò, comprami qualcosa di bello- gli diede un fugace bacio sulle labbra.
-Siamo poveretti- si lamentò Zell; l'animo di Squall si infiammò segretamente. Lui aveva soldi abbastanza per fare quello che voleva per tutta la vita. LUI non era costretto ad arrabattarsi per comprarsi una camicia firmata.
Piano piano, durante il resto del tragitto, un piano prese forma nella sua mente.

Squall si abbandonò sul letto, lanciando uno sguardo alla sveglia: le due e mezza. E la sveglia quella mattina era alle 5. Si addormentò senza nemmeno spogliarsi.
La mattina dopo si trascinò alle auto con i bagagli, e poi alla stazione, e per tutto il viaggio in treno dormì. Quando finalmente arrivò a Delign City, dove avrebbe passato la notte, andò a confermare la prenotazione all'Hotel Centrale e si reco dal comandante del Garden di Galbadia, con il quale discusse di termini di collaborazione e di ingerenze, di norme di convivenza e di scambio e trasferimento di studenti. Alla fine si fece quasi sera, e Squall era molto stanco, ma la città era ancora ben sveglia, così si concedette una cena costosa in un ristorante di lusso e un eisskafee su uno dei piccoli caffè dello strand. Mentre beveva il caffè gelato e si rilassava un po', una vetrina dall'altra parte della strada attirò la sua attenzione: i vestiti, quasi tutti di seta, pelle, e tessuto pregiato, costavano cifre assolutamente iperboliche, ma irrisorie confronto all'ammontare del suo conto platinum. Estrasse dalla tasca degli sgualciti pantaloni di cotone il portadocumenti consunto, e prese in mano la carta platinum, per la seconda volta quella sera. I caratteri metallici SQL LHNRT erano chiari alla luce che veniva da dietro di lui. Dopo aver lasciato una banconota sul tavolino, comprensiva di una mancia molto generosa, l'eisskafee a metà, attraversò la strada ed entrò nel negozio, salutando con voce stentorea, dato che in giro non si vedeva anima viva. Immediatamente una donna con tutta l'aria di essere la moglie del padrone comparve, e, lanciandogli uno sguardo sfacciato e superiore, gli chiese:
-Desidera? Siamo al completo col personale-
-Io veramente sarei un cliente- le disse Squall con altrettanto sarcasmo
A stento la donna trattene una risata, squadrandolo da capo a piedi con occhio critico -Quanto è disposto a spendere?- domandò, con tono che diceva "qualunque cifra tu ti possa permettere è troppo poco"
Squall, un ghigno beffardo in faccia, lanciò la carta di credito sul bancone di vetro lavorato. La donna la raccolse con un gesto fulmineo e strabuzzò gli occhi, fissandola.
-P-posso?- chiese, allibita
-Certo- il ghigno sul viso di Squall andava allargandosi
La donna inserì i caratteri alfanumerici nel computer che era lì accanto -Mi dispiace ma i nostri clienti devono avere una soglia minima di denaro nel conto in banca, noi, previa autorizzazione del cliente, controlliamo la disponibilità. Ho il suo permesso?- disse, seguendo un automatismo, con voce quasi tremante
-Prego- ormai Squall sembrava l'immagine del demonio in persona; attendeva con ansia la reazione della donna alla quantità di zeri della sua disponibilità bancaria.
La donna impallidì, trattenendo a stento un gridolino: -Prego, la accompagnerò nel giro del negozio, e le preparerò immediatamente l'ordine per dei vestiti su misura di qualunque modello le aggradi, se desidera- divenne immediatamente gentile e disponibile
Squall si fece mostrare tutto di quel mondo completamente nuovo, e per un paio d'ore si trattenne nella boutique d'alta moda, concordando stoffe e tagli e modelli, e infine firmando un ordine per dei vestiti su misura che valeva quanto il suo normale stipendio di due anni, ma che per il suo conto in banca era come fare la spesa.
-Sarà pronto prima che che lasci la città- disse la donna alla fine delle trattative -Glielo spediremo alla sua camera d'albergo, se vuole essere così gentile da lasciarmi il suo recapito. Speriamo di rivederla presto- sorrise imbarazzata per aver trattato come un comune plebeo un cliente così ricco
-Oh, il servizio è ottimo qui- ghignò Squall -Mi rivedrete di certo. Lascierò i miei apprezzamenti al vostro rappresentante domattina- la guardò dritto negli occhi -Sono sicuro che farete un lavoro egregio-
-Naturalmente- la donna deglutì: era molto spavaldo e dominava decisamente, tra loro
Squall uscì dal negozio che si sarebbe messo a ballare lungo il marciapiede. Non vedeva l'ora di indossare gli abiti nuovi, e per quasi tutto il resto della notte girò per negozi, lasciando ordini milionari per scarpe, giacche, cappotti, biancheria, occhiali da sole e altri accessori, pur senza constatare spese significative. Si divertiva da morire. Alla fine, passando nel quartiere più caro di Delign City, verso le due, lesse su un vetro illuminato: "VIP Boutique - Cambiate connotati in 42 minuti* grazie all'aiuto dei nostri specialisti! *tempo cronometrato" e più in basso "Tutti i materiali e consigli per mantenere il vostro nuovo volto quanto a lungo vorrete, e riprendere la vostra vera identità all'occorrenza, senza che nessuno se ne accorga! Aperto 24 ore al giorno, domenica e festivi a richiesta, previo pagamento di un sovraprezzo per lo straordinario"
Si fermò, rimuginando sulle conseguenze se fosse entrato in quel negozio: avrebbe potuto fare quello che voleva senza che fosse il diligente comandante Squall ad essere biasimato. Non avrebbe più dovuto dare il buon esempio, nessuno lo avrebbe preso in giro se si fosse lasciato andare, nessuno lo avrebbe richiamato al dovere nè costretto ad andare in quei claustrofobici locali di Balamb. Senza pensarci per un altro secondo aprì la porta blu stellato ed entrò. Una ragazza dall'aria giovane e allegra lo salutò affabilmente:
-Buonasera! In cosa posso esserle utile?-
-Vorrei il catalogo dei vostri trattamenti-
-Certamente!- la ragazza gli porse un grosso fascicolo, con nomi, illustrazioni prezzi: cifre che erano una miseria per il nuovo Squall
La ragazza lo fissava, apparentemente interessata. Squall deglutì, e pensò "Oh andiamo, qui nessuno sa chi sono! E se tutto va bene sarò il loro miglior cliente"
Si dipinse in viso un sorriso spezzacuori, lo sguardo divenne invitante, anche se con qualche piccolo segno di imbranataggine, e accostò il viso a quello della ragazza.
-Qualche consiglio? Gradirei molto sentire la tua opinione- disse, con voce bassa e suadente, con solo una leggera esitazione; la ragazza sembrò raccogliere l'invito
-Mi sembri un tipo che non ama farsi notare troppo nemmeno nella vita normale. Un buon modo per renderti irriconoscibile sarebbe renderti uno che ama stare al centro dell'attenzione. Comunque dipende principalmente da te, da quanto vuoi cambiare, e quanto sei bravo a recitare- replicò, altrettanto a bassa voce.
Squall le illustrò le sue intenzioni, continuando a flirtare: i capelli castani ma molto più lunghi, gli occhi di un altro colore, un trucco che facesse sembrare che fosse abituato a truccarsi e nascondesse la cicatrice.
-Questo dovrebbe bastare, abbinato ad un radicale cambio d'abito- sorrise invitante la ragazza, squadrandolo da capo a piedi e soffermandosi per una frazione di secondo sul cavallo dei suoi pantaloni.
-Dess, che fai?- disse la voce di un uomo che uscì da una tenda che presumibilmente portava nel vero locale -Quante volte ti ho detto di non dare fastidio ai clienti? Spero non vi abbia importunato troppo-
Squall inghiottì ogni modarazione -E come potrebbe importunarmi una ragazza così bella?- lanciò un fugace sguardo negli occhi nocciola della ragazza dai capelli rossi ondulati
-Molto bene. Desiderate?-
-Usufruire dei vostri servizi-
-Capo, ho qui uno schizzo-
-Brava, Dess- la ragazza mostrò un disegno con pochi colori appena accennati di come sarebbe dovuto diventare Squall a fine trattamento -Ah, Dess, sei il solito genio, è assolutamente perfetto. Prego, da questa parte-
Lo condusse in quella che a prima vista gli sembrò il rifugio di un camaleonte: parrucche, make-up, lenti a contatto, extension di tutti i tipi e colori, dovunque, e asciugacapelli, forbici, bigodini, caschi, tinture più o meno permanenti, gel, lacche e milioni di altre cose che non ebbe il tempo di osservare.
-Prego, si accomodi- gli indicò una poltrona -I capelli lunghi li vuole del suo stesso colore?-
-Sì, grazie-
Dopo un'ora circa di taglio e uso di prodotti vari, misero Squall davanti a uno specchio: i capelli, lunghi fino al torace, sembravano i suoi
-Resisteranno anche se tirati con forza- disse l'uomo -E' di suo gradimento?-
-Perfetto- sorrise Squall
-Gli occhi di che colore li preferisce?-
-Viola-
-Audace! Questo è lo spirito!- andò all'espositore delle lenti a contatto e dal mobile sottostante estrasse una scatoletta, dalla quale tirò fuori due lenti a contatto di colore molto più intenso di quelle che chiunque avrebbe potuto procurarsi altrove.
-Deve indossarle da solo. Sono coprenti a scapito di qualunque colore di occhi lei possa avere, e restano molto più ferme di quelle normali, senza danneggiare la cornea-
Squall indossò le lenti a contatto, gli occhi ora di un color viola brillante, sensuale e affascinante, e non aveva alcun fastidio.
-Perfetto. Sono fatte per resistere indossate per più di un giorno, ma se ha intenzione di tenerle molto a lungo faccia uso di qualche prodotto lubrificante per la cornea-
-Grazie, terrò presente-
-Ora il trucco: ho intenzione di seppellire quella facilmente riconoscibile cicatrice nel cerone, e di fare in modo che il suo viso sembri quanto più diverso possibile, anche ad uno sguardo approfondito, anche se nascondere la cicatrice farà già gran parte del lavoro. Il trucco è ad alta resistenza e può essere tolto solo con generose dosi di prodotti struccanti ad alta densità di solventi. Bisogna comunque cercare di non bagnarlo troppo. Cominciamo?-
-Prego-
In un batter d'occhio fu come se la cicatrice non fosse mai esistita e il viso di Squall acquisì, grazie al trucco, l'impostazione di un divo abiatuato ad interpretare ruoli affascinanti. Del tutto irroconoscibile, perfino per Rinoa.
-Così nemmeno sua madre la riconoscerebbe, anche se sarebbe stato certo meglio cambiare il colore dei capelli-
-Va bene così, con questo servizio potreste chiedere qualunque cifra- fece l'occhiolino alla ragazza, che era dietro il capo -Bella presenza ed efficienza professionale, non si può chiedere altro- pagò il conto, lasciando una mancia generosa anche qui
-Per avervi disturbato a quest'ora e aver rubato il tempo di questa bella signorina- sorrise spavaldo, prese un foglietto di carta e vi scrisse il suo numero di telefono -Chiamami- glielo mise in mano e se ne andò
-Finisci sempre per uscire con i clienti, Dess- constatò il padrone
-Con uno del genere andrei al Polo-
Squall si legò i capelli con un'elastico e, nonostante l'ora continuò per ore a passeggiare, al settimo cielo. Le ragazze lo adocchiavano per strada e lui di sentiva libero come mai prima d'ora. Infischiandosene di quello che chiunque avrebbe potuto pensare spiccò un salto e urlò di gioia in mezzo alla strada. Qualcuno lo guardò un po' storto, ma il resto della gente parve apprezzare l'audacia. Alzò lo sguardo al cielo, le stelle offuscate dalle luci della città. All'alba delle quattro finalmente si decise a tornare all'albergo. Chiese che la stanza rimanesse sua anche per il giorno dopo, a sue spese, e porse all'addetto il costo di una seconda notte. Se ne andò a dormire.
La mattina dopo si svegliò alle undici, e immediatamente telefonò al Garden scusandosi per il contrattempo, assicurando che avrebbe pagato lui la stanza per la notte successiva e che avrebbe preso il treno del giorno dopo, assolutamente. Nessuno fece altre domande. Appena ebbe chiuso il telefono qualcuno bussò alla porta.
-Avanti- disse, ancora in pantaloni di pigiama: un facchino dell'albergo entrò con in mano alcuni involti di carta per stoffe pregiate
-Signore, ho qui gli ordini della boutique "Le Chemin des Rois". Sono parecchi-
-Poggiali pure sul divano, grazie- gli diede la mancia e il ragazzo se ne andò.
Scartò i vestiti di seta e pelle e li sistemò nell'armadio, dopodichè indossò quelli che aveva fatto preparare per uscire di giorno: pantaloni attillati di tessuto opaco, di taglio sportivo, neri, la camicia rosso sangue, la giacca nera da abito, gli stivaletti neri alla caviglia senza lacci. Si studiò allo specchio: nessuna cicatrice turbava la linea della pelle pallida, gli occhi viola brillavano sfacciati dietro gli occhiali da sole costosissimi dalle lenti rettangolari e sottili, i capelli castani e ribelli cadevano fluenti sulla spalle della giacca e sul tessuto sanguigno della camicia, il viso dal taglio delicato e affascinante non gli era conosciuto. Sorrise, e il riflesso di un autentico dongiovanni sfacciato e libertino rispose con un espressione sensuale e sicura, le labbra sottili inclinate in un sorrisino impertinente.
Non lasciò le chiavi alla hall perché il personale non notasse il suo cambiamento, e uscì dritto filato, per la prima volta in vita sua felice di tuffarsi fra la gente. Sentiva gli sguardi della gente, delle donne cui passava accanto, su di sè. E gli piaceva da morire. Camminava sicuro e con posa di sfida, non più chiuso e incerto come prima, il bacino in avanti, le spalle alte e dritte. Entrò in un negozio di telefonia e comprò senza badare a spese l'ultimo modello di palmare, che funzionava quasi come un computer. Comprò anche un costosissimo portatile e firmò un contratto per un collegamento internet satellitare, molto dispendioso. Comprò il ricevitore per la linea satellitare, anche se il palmare si sarebbe adattato benissimo, e infine, dopo aver richiesto che il tutto gli venisse spedito quella sera in albergo con la massima discrezione, si concesse una passeggiata senza meta. Passò davanti ad un concessionario di auto sportive, il più caro di tutta Galbadia, e il suo sguardo fu subito calamitato da una decappottabile nera con tettuccio apribile, con la firma automobilistica più ambita al mondo. La linea era elegante e aerodinamica, e anche molto adatta a come si sentiva adesso. Raggiungeva i 400 km/h, 3500 di cilindrata e 350 cavalli, e aveva le marce manuali. Ammortizzatori assolutamente favolosi, cerchioni di qualità eccelsa, sedili in pelle nera trattata, cinque posti, cinque porte, bagagliaio spazioso e bassissimi consumi per la velocità che raggiungeva, alta riserva, freni perfetti e sensibili, stereo hi-fi, lettore dvd, schermo a cristalli liquidi, aria condizionata, lettore mp3/cd, radio, navigatore satellitare con mappe aggiornabili preinstallate, antifurto satellitare e chiusura a lucchetto sotto il cruscotto per prevenire i furti. Ovviamente costava una cifra tale che nemmeno lavorando tutta la vita e facendo la fame avrebbe potuto vedere altrimenti, ma nonostante questo avrebbe intaccato poco meno di un decimo del suo attuale patrimonio. Ovviamente la comprò tempo cinque minuti, e il proprietario della concessionaria, pressoché scioccato, gli disse che se fosse tornato di lì a dieci minuti avrebbe trovato l'auto in strada, con il pieno e una tanica nel bagagliaio, pronta a partire. In quel lasso di tempo si recò da "Le Chemin de Rois", la boutique della sera prima, e fece personalmente i complimenti al padrone, in quel momento all'interno, per i vestiti che indossava. L'uomo assentì e ringraziò, pur non riconoscendo il cliente. Squall se ne accorse e mostrò al padrone la carta platinum con la scusa di un nuovo ordine.
-Ah, signor Leonhart- lo riconobbe finalmente -Saremo felici di sottoscriverle qulunque ordine-
Squall ordinò un abito gessato e uno color fumo, una camicia grigia da cravatta e una bianca di tela con il colletto cilindrico. Una volta pagato in anticipo uscì dalla bottega e tornò alla concessionaria, all'incirca quindici minuti dopo essersene andato. Trovò ad attenderlo il proprietario, con in mano le chiavi.
-Buon viaggio, signore-
-Grazie, amico, vedrò di godermelo, questo gioiellino- disse sfacciato. Prese le chiavi e saltò in macchina senza nemmeno aprire la portiera, avviò il motore con un rombo e, anche se non superare i limiti di velocità era un tortura con in mano il volante di quell'auto, arrivò senza multe all'albergo. Preparò tutti i bagagli e li lasciò bene in ordine vicino al letto, e si cambiò: indossò un paio di pantaloni di sintetico lucido, molto attillati, una camicia di seta dello stesso viola dei suoi occhi, e una giacca in pelle, ai piedi un paio di scarpe nere di pelle, dal disegno sportivo e la suola di medio spessore, chiuse con una cerniera laterale che saliva un po' lungo la caviglia.
Prese l'auto e andò a farsi un giro in città. Tutti i pedoni, e a volte perfino gli automobilisti, si voltavano a fissarlo. Si godette il vento tra i capelli e le vetrine delle strade, pranzò in un ristorante di lusso, e quando si fece sera si diresse al locale più in voga in città, il "Nocturne Delight". Mentre guidava tirò fuori il cellulare, si scatto una foto mettendo bene in vista la marca degli occhiali e la spedì al numero del locale per le prenotazioni, promettendo di pagare un tavolo delle prime file in contanti. Quando si presentò alla porta, il buttafuori gli permise di saltare la fila, chidendogli una cifra non indifferente per ingresso e tavolo, e lo fece entrare, facendolo accompagnare da un collega ad un tavolo della prima fila. Quella sera suonava un gruppo rock molto noto. Per le prime due ore Squall evitò di ordinare alcolici, seduto con sicurezza da solo al suo tavolo, invitando con il suo atteggiamento le donne ad avvicinarsi. Verso l'una, quando la festa divenne davvero calda, una ragazza con un attilato tubino argentato, con gli stivali, l'ombretto e un paio di ciocche di capelli del medesimo colore si sedette al suo tavolo.
-Come fa uno come te ad essere solo, tesoro?- disse, rigirando un lecca lecca alla fragola in bocca
-Forse non ho ancora trovato una donna adatta- poggiò la mano sulla spalla della ragazza, accarezzandole il collo, avvicinò il suo viso a quello di lei, le labbra che quasi si toccavano -Vuoi fare un provino?- le sussurrò con voce suadente
-Vestita?- rispose lei
-Come preferisci- la ragazza si alzò e andò a ballare, invitandolo a seguirla, ancheggiando e muovendosi sinuosa nella folla. Lui la raggiunse, le mise le mani sui fianchi, i loro visi così vicini che sentivano uno il fiato dell'altra, le mani di lei una sulla schiena e l'altra sul petto di lui, i muscoli sotto le dita. La fronte poggiata su quella dell'altro, si baciarono in mezzo alla folla, ad unirli solo la lussuria e il desiderio. I due, senza lasciarsi quasi mai, uscirono dal locale, insieme, salirono in macchina, e lui la accompagnò a casa.
-Vuoi salire?- gli chiese lei, stringedolo a sè
-Se me lo chiedi così come faccio a rifiutare?- si lasciò condurre su per le scale fino all'appartamento di lei, dove si buttarono sul letto, si tolsero i vestiti gettandoli a terra, e tra baci, ansiti e gemiti trascorsero la notte.
La mattina dopo, circa all'alba, il sole irruppe dall'enorme finestra della stanza da letto della ragazza, svegliando Squall, che, frastornato, si guardò intorno. Quando notò la ragazza accanto a sè si ricordò di colpo di quello che era successo la sera prima, ma inaspettatamente invece di sentirsi in colpa il ricordo delle prodezze della notte appena trascorsa fu scacciato dal panico per l'orario del treno: erano le sei meno dieci. Se non si fosse sbrigato il treno sarebbe partito senza lui. Si rivestì e pettinò in tutta fretta, saltò in macchina che la città ancora dormiva e volò all'hotel a prendere i bagagli e poi di corsa alla stazione. Pagò il trasporto dell'auto nel vagone apposito, tariffa cara, e una volta sul treno si recò in bagno, dove si rimise i suoi soliti vestiti, legò le extensions con un elastico e le nascose dentro il pellicciotto della giacca, si tolse il trucco con il detergente che gli aveva dato il padrone dell'esercizio, e mise via le lenti. Controllò il risultato: era lo Squall di sempre, con qualche impercettibile differenza assolutamente irrisoria. Appena fuori del bagno prese in mano il cellulare e chiamò in numero della "VIP Boutique", chiedendo che per quella sera qualcuno fosse a disposizione a Balamb; gli venne risposto che vi era una piccola filiale anche a Balamb, attrezzata con tutto il necessario, e che si rivolgesse pure a loro. Chiuse la chiamata soddisfatto, e si rilassò, stando bene attendo a mantenere l'atteggiamento dimesso di sempre. Una volta sceso dal treno prese la macchina e affittò un box a Balamb per non doverla tenere al Garden, e trovò l'auto del Garden ad attenderlo fuori Balamb. Una volta tornato alla scuola e reso conto al preside di come erano andate le trattative andò a disfare i bagagli, nascondendo nel doppio fondo del suo armadio i vestiti, le scarpe e gli accessori nuovi, doppio fondo nato dalla necessità di nascondere Gunblade e divisa dai vanadalismi vendicativi di Seifer quando era assente.
Non ebbe nemmeno il tempo di espirare dopo aver chiuso l'armadio, che Rinoa entrò nella sua stanza e gli saltò al collo.
-Mi sei mancato, tesoro!- lui le diede un leggero bacio
-Anche tu mi sei mancata- stranamente non si sentiva in colpa e non sudava freddo per quello che aveva fatto quella notte
-Bentornato- lo salutò Quistis, seguita da un "Ciao" detto in coro dai restanti tre membri del gruppo
-Hai perso il treno ieri?- lo prese in giro Irvine
Squall ridacchiò nervosamente -Sai com'è, ho dormito troppo, ero molto stanco...-
Rinoa, che era seduta sulle sue ginocchia, sul letto, gli diede un bacio sulla guancia -Il preside ti ha dato il giorno libero, dato che hai portato a termine egregiamente le trattative-
Squall si trattenne dal saltare sul letto -Ho ancora sonno, penso che mi farò una bella dormita-
-Tu riposati pure, così stasera andiamo a divertirci- gli disse Irvine strizzandogli l'occhio
Non appena se ne furono andati Squall organizzò tutto per la serata: decise che vestiti, scarpe, profumo indossare, pranzò, si fece una bella dormita e poi si recò alla VIP Boutique di Balamb, confermando la prenotazione; una volta truccato usò una piccola cabina per cambiarsi, ricevendo i complimenti della donna che lo aveva truccato. Quando tutto fu finito il sole stava tramontando, e Squall, o meglio Leon, come si faceva chiamare in queste vesti, passò a prendere la propria auto e prenotò il solito posto in prima fila nel locale migliore di Balamb, non lontano da quello convenzionato al Garden.
Quando gli amici passarono in camera a prenderlo Squall era già uscito da ore, e i ragazzi si diedero da fare per cercarlo nonostante fossero già pronti per uscire.
-Ehi, sentite, magari è andato in città prima di noi, visto che aveva la giornata libera. Di sicuro ci aspetta al locale, su, andiamo- azzardò Irvine
Pur se non troppo convinti, i ragazzi si recarono in città con la macchina di Irvine, una decappottabile d'epoca, tutti vestiti come la sera di due giorni prima. Irvine parcheggiò l'auto subito fuori città e si diressero al locale, ma quando chiesero al barista e al buttafuori se avessero visto Squall e questi risposero di no cominciarono a preoccuparsi. Nessuno aveva visto Squall da diverse ore a quella parte, anche se era certo che fosse andato in città.
-Dobbiamo cercare in giro- disse Quistis -Sapete com'è, quando di perde nei suoi pensieri non ha più il senso del tempo. Magari è seduto da qualche parte a riflettere-
-Hai ragione- assentì Rinoa
Avevano appena cominciato a cercare che , in una strada poco lontano dal locale da cui erano partiti incontrarono un bellissimo ragazzo, dai selvatici capelli castani lunghi al torace, la camicia di seta nera, i pantaloni attillati di sintetico lucido, gli occhiali da sole firmati dalle lenti larghe e sottili sulla punta del naso, al di sopra dei quali due sfacciati occhi viola provocavano chiunque incrociasse il loro sguardo, il volto perfetto e il fisico da urlo sotto le stoffe sottili fecero girare letteralmente la testa alle tre ragazze, che si scontrarono tra loro nel tentativo di osservare il bel predatore notturno. Quando queste si fermarono lui si volse a guardarle negli occhi, senza muovere le mani dalle tasche.
-Signorine, se vi interesso tanto non dovete far altro che dirlo! A delle belle ragazze come voi non si può certo dire di no!- fece loro l'occhiolino da dietro le lenti scure -Se mi cercate la mia auto è poco oltre- la voce, suadente e sensuale, fece arrossire le tre ragazze, insieme allo sguardo pesantemente allusivo che aveva lanciato loro.
-Ma da dove salta fuori quel figlio di papà?- sbottò Zell sensibilmente irritato
-Porta un profumo che costa quanto il nostro intero stipendio mensile per boccetta- disse Irvine
-Dici sul serio?!-
-Mai stato più serio-
Le tre ragazze erano ancora immobili a fissare il vuoto, paonazze, Rinoa visibilmente seccata, Selphie in delirio e Quistis lusingata.
-Ma come si permette! Non siamo mica delle battone qualunque! Non andiamo mica col primo che passa!-
-Io per uno del genere offrirei ben altro che la mia reputazione!- disse Quistis schietta
-Quistis!- Rinoa avvampò anche di più
-Cavoli quanto era carino!- saltellò Selphie
-Selphie!- la riprese Rinoa
-Oh, andiamo Rinoa, si vede lontano un miglio che ti piace- la prese in giro Irvine
La ragazza lo ignorò e le ricerche ripresero, ma un'ora dopo i ragazzi si ritrovarono davanti all'"Harbor Walk", il locale più costoso e più in di Balamb. Il buttafuori fece loro cenno di avvicinarsi, non appena le vide.
-Io la conosco?- chiese Rinoa scorbutica
-Leon ha chiesto di farvi entrare gratis se vi avessi viste-
-Leon?-
-Un ragazzo alto, con i capelli castani e i vestiti costosi-
-Il bellimbusto!- si adirò Rinoa
-Su entriamo, è una buona occasione per divertirsi- disse Quistis, che era profondamente intrigata da quel Leon
-Prego-
Il locale era strapieno, ma non fu difficile trovare il ragazzo, seduto ad uno dei tavoli migliori. Le ragazze si sedettero accanto a lui: gli occhiali da sole poggiati sul tavolino, i penetranti occhi viola e il sorrisetto sensuale, le gambe accavallate con sicurezza le imbarazzavano molto. Il viso, liscio e perfetto, mostrava tracce di trucco cinematografico alle luce della discoteca: che fosse un attore?
-Benarrivate, ragazze- sorrise lui -Speravo proprio che sareste venute-
-Dovresti ringraziarci per questo- disse Rinoa sbuffando, le braccia incrociate sul petto
-Grazie, allora- disse lui, in un sussurro all'orecchio della ragazza; Rinoa arrossì ancora di più
-Bionda come le ninfe dorate- disse a Quistis -Vuoi ballare con me, bella ninfa dorata?- le bisbigliò poi, in un soffio sensuale e provocante
-Con piacere- rispose la ragazza, alzandosi
Rinao li osservò ballare, vicini e allusivi, non poteva fare a meno di fantasticare sul corpo del ragazzo, che era visibile quasi non avesse nulla addosso. E dire che lei aveva un ragazzo, che per di più non le riusciva di trovare! Cercò di togliersi il bello straniero dalla mente, ma non le riuscì. Quistis ballava in pista con Leon, i corpi che si si sfregavano, i vestiti sottili che non attutivano più di tanto la sensazione di pelle contro pelle. Leon prese la mano della ragazza, la tirò molto vicina a sè, e, sempre ballando, le affondò la lingua in bocca, in un bacio possessivo e imperioso, la mano destra che la stringeva a sè. La ragazza si abbandonò, prima sopresa, poi compiaciuta. Rinoa era troppo occupata a pensare a Squall per badare alla scena, che era poi fuori dal suo campo visivo, nascosta da una colonna.
Leon mise la ragazza spalle contro la colonna, passando le mani sul suo corpo, sopra e sotto i vestiti, sentendo le mani di lei sul petto attraverso la camicia. Per un attimo tutto rimase come immobile, poi lei si riprese e, imbarazzata oltre ogni limite, si mise una mano sulla bocca e scappò di nuovo al tavolo.
-Oh, sei tornata- constatò Rinoa ironica
Leon si ripresentò al tavolo -Volete ordinare qualcosa?- chiese loro, senza mai smette di sorridere allusivo
-Io prenderò un Fragola Tropical- rispose Quistis, una volta frequentatrice del locale
-Io prenderò un Green Delight- bofonchiò Rinoa quasi sputando le parole
-Io voglio un succo di ananas- disse Selphie
-Niente alcolici?-
-Non mi piacciono- Leon sorrise divertito
-Va bene, niente alcolici per la piccolina- Selphie mise il broncio
-Non sono piccolina, sono astemia-
-Ah, che triste condizione!- esclamò il ragazzo, portando teatralmente una mano alla fronte, placcando una cameriera con l'altra -Per favore, un Fragola Tropical, un Green Delight e un succo d'ananas per le mie amiche-
-E per te, bello?-
-Per me una Vodka liscia-
-Lo tieni bene, l'alcol!-
Rise -Me la cavo-
Sul tavolino c'erano quattro bicchieri vuoti.
-Ne hai già bevute quattro?!- si sconvolse Quistis -Ma come fai ad essere ancora in piedi?!-
Leon le mise le labbra all'orecchio -Solo perché tu non reggi l'alcol non significa che nessun altro ci riesca- la ragazza arrossì alla presa in giro, poi Leon volse verso Rinoa -Vogliamo ballare, signora dal cuore di ghiaccio?-
-Sparici, sottaniere-
-Oh andiamo, non essere così crudele!- le si avvicinò e in un bisbiglio -Tutto il mio cuore è per te, dolce dama spietata- citò dai versi di un romanzo cavalleresco di conoscenza di Rinoa, la ragazza avvampò, e quando si voltò lui le strappò un bacio appassionato, tenendole la mano. Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, ma non le riuscì di liberarsi dalla sua presa. Lui le teneva le mani, i loro visi si toccavano. Quel bacio le era familiare... Ma prima che potesse in qualche modo focalizzare quel pensiero lui le mise la mano attorno al fianco, stringendola a sè con fare possessivo, cercando la sua lingua e intrecciando le dita con le sue. Quando la lasciò con un il solito ghigno sfacciato in viso la ragazza non riuscì a muoversi, nonostante bruciasse dal desiderio di schiaffeggiarlo. Quistis era allibita dalla sfacciataggine dell'altro.
Quando sopraggiunsero Irvine e Zell Leon si alzò, con aria da vincitore.
-Io me ne vado, bellezze, ho altri locali da girare e altre ragazze da stendere-
-Che faccia tosta!- gli urlò Rinoa, paonazza
-Ehi, un bacio non è un contratto di esclusiva- replicò lui sempre con quel tono spavaldo e allusivo -Ma spero di poter non-firmare altri contratti di esclusiva con te, bella dama glaciale- le disse all'orecchio, facendo a sua insaputa sciogliere il ghiaccio attorno al cuore della ragazza
Si dileguò in mezzo alla folla. I ragazzi tornarono alla macchina.
-Vi ha dato fastidio?-
-E' così irritante!- si sfogò Rinoa
-Ma ti mangia con gli occhi- le disse Irvine serissimo -Stai attenta, uno come quello ti porta a letto senza che tu nemmeno te ne accorga-
-Lo so, che ti credi!- la ragazza arrossì e incrociò le braccia sul petto. Non sapendo che altro dire per sciogliere la soggezione delle ragazze, il breve tragitto trascorse in silenzio, e quando i ragazzi tornarono al Garden era ormai l'una passata. Si lasciarono cadere sul letto senza nemmeno mettere via i vestiti eleganti, buttati a caso sulla sedia accanto alla porta, sfiniti per la troppa tensione, e quella notte Rinoa sognò i baci di Leon e le sue mani sulla sua pelle.

La mattina dopo la ragazza si svegliò, e, non appena si ricordò che cosa avesse sognato, rossa in viso e incapace di parlare, si fece una doccia più fredda del normale e si precipitò da Squall, incurante dell'orario.
Quandò entrò in camera del ragazzo lo trovò seppellito nelle coperte, mezzo nudo, i vestiti sparsi per la stanza.
-Tesoro, svegliati- lo baciò sulle labbra, ma il bacio non le diede quel brivido di passione che invece Leon le trasmetteva
Squall aprì gli occhi lentamente, intontito dal sonno, e fra le coperte intravide il viso di Rinoa. Stando bene attento nonostante la sonnolenza a non farle notare i capelli lunghi legati dietro, ricambiò il bacio con scarsa convinzione.
-Dormivo meravigliosamente- le disse quasi biascicando, cercando di seppellirsi nuovamente nelle lenzuola; Rinoa non glielo permise e si infilò nel letto con lui
-Non ti lascio dormire- si ricordò che alla fine la sera prima non lo avevano trovato, ma inaspettatamente la cosa le dispiacque ben poco. L'immagine di Leon e il desiderio per lui le riaffiorarono brutali alla mente, e cercò di soffocarli nelle labbra e nel corpo di Squall, ma il ragazzo aveva troppo sonno per darle retta, ricambiando con scarso interesse e partecipazione. Rinoa sospirò, arrendendosi, e se ne andò alla mensa a fare colazione. Erano circa le sei, e di lì a poco sarebbe suonata la sveglia. Prese un vassoio con solo del latte e un budino e si sedette. Dieci minuti dopo era ancorà lì, a tormentare il budino con la forchetta senza toccarlo. Shu le si avvicinò con la sua colazione, e la vide triste.
-Ciao principessa! Cosa ti turba?-
Rinoa poggiò sconsolata la testa sul tavolo, le mani abbandonate -Il mio ragazzo è piatto come l'olio- disse depressa
Shu strabuzzò gli occhi -Come mai dici questo? Hai sempre adorato Squall!-
-Bè, sai come si dice, non ti manca quello che non conosci-
-Che intendi?-
-Ieri sera un ragazzo mi ha baciata, e stamani mi sono accorta che... Squall non mi piace più-
Shu era sinceramente scioccata, ma sapeva bene in che tipo di ragazzo si era imbattuta Rinoa, il classico rovina-coppie, affascinante e presuntuoso, che conquistava per divertimento. Purtroppo era arrivata tardi -Non so che dirti Rinoa, tranne di stare attenta con quel tipo-
-Grazie, Shu-
Le ragazze parlarono per un po', fino a che gli amici non raggiunsero Rinoa alla mensa, una ventina di minuti dopo. Naturalmente lei fece finta di nulla di fronte a tutti e soprattuto a Squall, decisamente assonnato.
-Ma hai fatto le ore piccole ieri?!- chiese Irvine, sorpreso da quello stato, decisamente insolito per Squall
-Magari! Non sono mi ancora ripreso dal fuso orario di Galbadia....- mentire cominciava a diventare divertente
-Povero piccolo!- scherzò Irvine
-In effetti è piuttosto sballato- constatò Selphie con semplicità
Squall coronò la pantomima accasciando il capo sul tavolo -Un caffè, il mio stipendio per un caffè nero- Rinoa si alzò subito e gli portò una colazione abbondante e una dose industriale di caffè nero, sentendosi in colpa perché non era capace di pensare ad altro che a Leon.
Dopo colazione Squall iniziò la sua estenuante giornata lavorativa, che finì regolarmente, stavolta, alle cinque. Squall si buttò sul letto, sfinito, ma l'energia gli tornò subito all'idea della serata che lo aspettava. Al solito tornò alle due passate, dormì poche ore e la mattina dopo fece fatica a svegliarsi. Per giorni andò avanti così, felice per come andavano le cose ma sempre più esaurito. Leon aveva guadagnato rapidamente fama, non c'era nessuno che non sapesse chi era o ragazza che non impazzisse dalla voglia di conoscerlo. In quel clima di adorazione Rinoa sembrava agli antipodi, e lo evitava sempre, ma lui pareva non accorgersene troppo preso com'era dall'una e dall'altra identità. Poi un giorno della seconda settimana dopo che era tornato da Galbadia, mentre stava assolvendo ai suoi compiti di comandante, Zell, che aveva il giorno libero dall'insegnamento, lo assisteva, mancavano pochi minuti alle cinque e Squall si sentiva più stanco che mai. Una folata di vento fece cadere una lamina di metallo malfissata dal piano di sopra, e questa si diresse dritta sulle loro teste. Squall se ne accorse appena in tempo e la schivò con un balzo, ma quando entrambi i piedi furono poggiati a terra, il mondo si fece buio e lui precipitò a terra con un gemito, battendo la testa sul pavimento freddo.
Si svegliò in infermeria, con la testa bendata.
-Ma cosa...?-
-Fermo dove sei- lo placcò la dottoressa, mettendogli una mano sul petto e costringendolo disteso
-Che è successo?-
-Hai avuto un capogiro di grave entità. Hai un grave esaurimento nervoso da stress e mancanza di sonno-
Squall non si stupì troppo, si aspettava che prima o poi sarebbe successo.
-Ho richiesto un permesso medico di due settimane al preside, perché tu ti possa curare. Faresti meglio a stare lontano dal Garden e da solo per un po'-
-Grazie dottoressa- disse, facendo per andarsene; la donna lo inchiodò di nuovo al letto
-Resta lì altri dieci minuti, se ti alzi adesso finirai per cadere di nuovo-
Squall rimase seduto sul letto a rimuginare per qualche istante. Era l'occasione perfetta per Leon: avrebbe corteggiato Rinoa e scoperto che tipo di uomo le piaceva in realtà.
Quando uscì dall'infermeria e comunicò agli amici diagnosi e terapia ci fu un generale momento di sconforto, ma Squall rassicurò tutti e, una volta fatti i bagagli, prese in affitto un appartamentino a Timber. Appena firmati i moduli fece finta di occupare la casa, e poi si recò di nuovo a Balamb, alla VIP Boutique. Truccato di tutto punto, con indosso una camicia rossa di seta e un completo giacca-pantaloni nero ed elegante. Quella sera la passò in giro per Balamb, ma non incontrò nessuno dei suoi amici nel locali, beccandosi invece una sbornia colossale dopo aver avuto un tet-a-tet con una ragazza nei bagni dell'"Harbor Walk". A malapena riuscì a trascinarsi fino alla camera d'albergo a Balamb. La mattina dopo, verso l'una, il sole alto svegliò lui e un gran mal di testa, ma ciononostante, con l'aiuto di un caffè nerissimo e di una sonora dose di analgesici riuscì a recuperare almeno un po'. Indossò un paio di jeans neri dal prezzo iperbolico, abbinati ad una semplice maglietta nera, attillatissima, senza maniche, e sopra questa una camicia a maniche corte rossa. Era un cambio di stile radicale, ma non tutti i momenti erano adatti ai vestiti eleganti: quello era il momento per cominciare a dare il tormento a Rinoa.
Saltò in auto e sgommò verso il garden, i capelli castani agitati dal vento, i costosi occhiali da sole dalle lenti perfettamente rettangolari contornate di argento bene in vista, al collo una croce gotica argento e nera. Quandò i freni stridettero sulla strada subito fuori dall'ingresso, il rumore risuonò per tutto il Garden.
-Ma che diavolo è?- chiese Rinoa, sfogliando una margherita per vedere cosa ne pensava la sorte del suo problema
-Sembra lo stridìo dei freni di un'auto...- disse Quistis pensosa -Ma avrebbe dovuto andare a più di 200 per fare quel rumore!-
Rinoa non sapeva se precipitarsi all'ingresso o fugire dal retro. Poi la voce da lei tanto temuta arrivò da fuori il Garden, facendola sprofondare dall'imbarazzo.
-Bella dama glaciale! Ti va di fare un giro con me?- gridò la voce di Leon da fuori l'ingresso, riecheggiando per le strutture fino al giardino. Rinoa avvampò.
-Vai, che aspetti?!- Quistis la fece alzare e la spinse verso l'ingresso -Uno così non lo si incontra mica tutti i giorni!- era un po' invidiosa, ma senza malizia, di Rinoa, che riceveva sempre tutte le attenzioni maschili. In fin dei conti era una bella ragazza, però. Sospirò guardandola allontanarsi.
Quando arrivò all'esterno, Leon era seduto sul cofano dell'automobile sportiva, a gambe incrociate, la maglietta che gli aderiva addosso come una seconda pelle, la camicia rossa appena mossa dai deboli ansiti del vento.
-Salve, signora dal cuore di ghiaccio- le sorrise sensuale -Posso sapere il tuo nome o devo continuare a chiamarti così?-
-Rinoa, Rinoa Heartilly-
-Ah, ma tu sei una dei sei eroi! Ho pescato un pesce grosso- abbassò con l'indice sinistro le lenti degli occhiali da sole, guardandola di traverso. Rinoa distolse lo sguardo, imbarazzata dai suoi modi. Mezzo Garden, subito dietro l'ingresso, osservava la scena consumato dalla curiosità di come sarebbe finita. Per sua fortuna Rinoa non se ne accorse.
-Allora, vieni a darti alla pazza gioia con me e il mio giocattolo?- fece un buffetto al cruscotto dell'auto
-Con te non ci sarebbe nemmeno da andare in chiesa! Figurarsi a darsi alla pazza gioia-
-Il tuo ragazzo è un tipo da chiesa?- rise di gusto
-Che dici?!-
-Niente, niente, è solo che mi sembra da convento. Altrimenti una come te se la terrebbe stretta!-
-Chi ti dice che ho un ragazzo?-
-Il fatto che mi respingi. O almeno cerchi- rise ancora -Dai salta su, ti prometto che il tuo romantico e casto lui non ne saprà nulla-
-Ehi!- Rinoa era imabarazzatissima, ma in quel preciso istante si trovava d'accordo con Leon, cosa che la stizziva ancora di più
Lui per tutta risposta saltò al posto di guida, e le aprì la portiera da dentro.
-Sali- ammiccò al suo indirizzo
-Sei irritante- disse, pur salendo. Non appena la portiera scattò, la macchina partì con un sgommata memorabile, che assordò tutti i presenti.
Il tragitto durò discretamente poco prima di arrivare ad un piccolo porticciolo privato, lungo la costa ad ovest di Balamb. Lì un motoscafo con tanto di lounge apparecchiata con stuzzichini e champagne li attendeva.
-Eccoci qui, Rinoa- la fece scendere, chiuse la portiera -Vogliamo rubare un po' di sole a questo mare così blu?- le sorrise e le tese la mano, e quando lei, titubante, gliela porse, con uno strattone la attirò a sè, rubandole un altro bacio. Rinoa aveva tentato di resistere fino a quel momento, ma quello era davvero il suo limite: si abbandonò tra le braccia dell'affascinante milionario e ricambiò con passione il suo bacio.
-Ah, quella che parla di esclusive!- rise Leon quando si lasciarono -Pare che nemmeno il tuo ragazzo sia riuscito a farti firmare il tanto bramato contratto di esclusiva-
-Taci!- Rinoa si sedette imbronciata e paonazza sul divanetto a poppa, Leon avviò il motore.
Quando il rombo si fermò, Rinoa sentì uno strano fruscìo, e quando si volse Leon si stava spogliando: era già a petto nudo.
-Ma cosa fai?!- i peli le si rizzarono sulla schiena, ma non potè fare a meno di soffermarsi sui muscoli scolpiti delle braccia e del torace.
-Ti piace quello che vedi, bella di ghiaccio?- ghignò lui
-Sì...- rispose Rinoa senza pensare, subito pentendosi di ciò che aveva detto, le mani a coprire la bocca
Leon rise -Non hai bisogno di dominarti così con me, Rinoa. Se c'è una cosa che nella vita trovo inutile è trattenersi-
-Si vede! Mi domando come fai a non essere affetto da tutte le malattie sessualmente trasmissibili conosciute!-
Lui rise di nuovo, una risata calda e sensuale -Prendo le mie precauzioni- le lanciò in mano un preservativo chiuso; la ragazza lo lasciò cadere come se fosse ferro ardente, arrossendo furiosamente
-Ehi, mica è avvelenato!- lo raccolse -Tienilo, non si sa mai che ti possa servire- la prese in giro, il solito sorrisino in viso
Per Rinoa era aperto conflitto: lasciar uscire ciò che sentiva dentro, lasciarsi andare al desiderio, alla passione, abbandonare ogni limite e dimenticarsi di Squall, oppure continuare a resistere alle avances del bel predatore di donne?
Quando si riprese dalle sue riflessioni Leon era in costume da bagno, un parigamba nero che sembrava indossato con lo spray, che metteva in mostra tutto quello che ancora rimaneva da vedere.
-Facciamo il bagno, già che siamo qui?- le chiese spavaldo, seduto sul bordo della barca, proteso verso l'esterno.
-Ma io non ho il costume!- disse Rinoa pragamtica, quasi scordando l'incomodo in cui si trovava
-Tranquilla non ti faccio fare il bagno in biancheria. Guarda accanto a te sul divano-
Un costume azzurro legato dietro il collo, con gli slip da legare anch'essi, a coprire il seno due trangoli di stoffa, se non altro della misura giusta, almeno all'apparenza.
-Ma...dove lo indosso?!-
-Vai pure sottocoperta. Spero di aver azzeccato la taglia-
Rinoa scese sottocoperta e indossò il cosume, che le andava perfetto, ma si sentiva in imbarazzo, non avendo mai indossato prima di allora dei costumi di quel tipo e modello. Si sentiva scoperta. Quando uscì sul ponte Leon fischiò sonoramente alla vista della ragazza, che si affrettò a piantarglisi davanti e, senza pensarci due volte, a spingerlo in acqua.
Il tuffo fu sonoro, e il ragazzo, colto di sorpresa, finì in acqua con una sonora schienata che gli tolse il fiato di bocca. Quando riemerse, i capelli bagnati tirati indietro che gocciolavano sulla schiena, rideva.
-Ma tu ridi sempre?-
Per tutta risposta Leon sparì sott'acqua, per riemergere fulmineamente appena oltre il bordo del motoscafo, con un balzo che lo portò a guardare negli occhi un'incredula Rinoa, che non ebbe il tempo di reagire prima che lui le afferrasse il polso e la trascinasse in acqua con sè.
Rinoa riemerse inspirando profondamente, la mano di Leon ancora stretta al suo polso.
-Sei una canaglia!- gli tirò un ceffone, e nonostante l'impronta rossa sulla guancia si voltò e la strinse se baciandola con ardore, la mano destra sul suo sedere a trattenerla, l'altra che aveva fermato lo schiaffo imminente.
Rinoa decise di infischiarsene dei suoi sensi di colpa e di qualunque altra cosa la potesse frenare, finalmente aveva la possibilità di fare quello che voleva, e non era giusto buttarla a quel modo. Afferrò Leon per i capelli e lo trattenne mentre gli attorcigliava le gambe addosso, restituendo la foga del bacio di lui con gli interessi.
-E il tuo dolce ragazzo?-
-Non è qui- Squall si sentì leggermente ferito da quelle parole
-Finalmente ti sciogli...-
Il pomeriggio trascorse rapido tra bagni e spuntini bagnati con champagne costoso. Alla fine, proprio quando era sicura Leon avrebbe fatto l'ultimo passò, Rinoa si ritirò dalla contesa.
-Devo tornare al Garden- disse, ferma
-Come vuoi, ti ci riaccompagno subito- le disse lui, sornione come sempre
Rinoa scese dall'auto all'ingresso del Garden, Leon che la guardava da dietro le lenti scure, appena illuminato da una delle luci del Garden.
-Non ti inviterò a salire, sappilo- disse lei gelida, sorridedo maliziosa -Non sono come tutte le altre con cui hai avuto a che fare finora. Dovrai fare molta più fatica prima di poter arrivare a tanto, sempre che tu ci riesca, ovviamente-
-Non c'è problema. E' stata la curiosità verso mondi sconosciuti e guidarmi tra le tu bracc....- la ragazza gli gettò in faccia l'asciugamano che lui le aveva prestato sul motoscafo, impedendogli di completare la frase
-E risparmiati le tue lusinghe per le sgualdrinelle che ti porti a letto-
-Agli ordini!- urlò, sgommando via
Rinoa andò a chiudersi in camera felice e raggiante, sentendosi libera e appagata. Finalmente sembrava aver trovato il tipo adatto a lei. Ma stava correndo troppo. Decisamente un intero pomeriggio con Leon dava alla testa. Se ne andò a dormire con la testa leggera, sperando che l'indomani il ragazzo si sarebbe fatto vedere di nuovo.

E così successe, l'indomani e tutte e due le settimane successive. Ogni giorno il bolide di Leon si fermava davanti al Garden, Rinoa saliva e lui la portava ogni volta in un posto nuovo, in auto, in treno, in motoscafo. E ogni giorno si svolgeva la solita guerra: i complimenti, le lusinghe, le provocazioni e piccole prepotenze di Leon, il divertito rifiuto facilmente cedevole di Rinoa, che puntualmente a fine giornata si negava, aumentando la brama di Leon per il momento in cui finalmente gli avrebbe detto di sì. In tutto il Garden si parlava del nuovo ragazzo di Rinoa, e molti sostenevano il povero comandante, che veniva "tradito in casa sua". Per Squall la penosa situazione non aveva grandi conseguenze: si stava divertendo da morire con Rinoa, si sentiva libero, e lei sembrava felice. Quando suonò per l'ennesima volta il clacson davanti ai cancelli Rinoa, con una minigonna attillata e una maglia monospalla azzurra, ai piedi anfibi, saltò in auto, pronta per il giro per locali. Si poteva dire che si fosse adattatata in tutto e per tutto allo stile di vita di Leon, e ne sembrava felice. Quando la sera tornarono, discretamente ubriachi entrambi, Rinoa gli volle parlare.
-Domani ritorna il mio ragazzo- disse seria, rossa in viso a causa dell'alcol -E gli parlerò-
-Cosa hai intenzione di fare?-
-Lo lascierò. Hai detto che hai casa a Galbadia, no? Voglio venire a vivere da te-
Squall non si aspettava una decisione così improvvisa. Una parte di lui era avvilita, l'altra felice, perché Rinoa preferiva Leon al vecchio Squall. Quando quella sera andò a dormire a Timber, un'idea cominciava già ad affiorare nella sua mente.
La mattina dopo si ripresentò al Garden come un riposato e rinvigorito Squall. Non appena ebbe un attimo di pace, dopo aver udito gli studenti bisbigliare al suo passaggio e i volti che lo fissavano volgere lo sguardo altrove appena li notava, Rinoa andò a parlargli.
-Squall, ti devo dire una cosa-
Squall si mise a disfare i bagagli -Dimmi pure, ti ascolto-
-Squall, io... mentre tu eri via ho conosciuto un altro-
Squall finse abilmente che gli cadesse l'oggetto che teneva in mano -Cosa?-
-Ho deciso di andare a vivere con lui, parto seduta stante per Galbadia-
-Ma...- si finse sconvolto -Butti via tutto così?- chiese serio, lo sguardo basso
-Non butto via niente. Vado solo dove mi porta l'istinto. Addio...- gli diede un bacio su una guancia e uscì. "Che rottura fulminea" pensò Squall "adesso capisco perché Seifer ci è rimasto così male". Per qualche ora rimase chiuso nella sua stanza, aspettando che qualcuno lo venisse a cercare, e quando finalmente Quistis, Irvine, Zell e Selphie bussarono, lo trovarono steso sul letto a guardare il soffitto con aria assente.
-Squall, come stai?- gli chiese l'insegnante
-Non lo so- rispose lui con voce piatta -Non fa nemmeno male- almeno una cosa vera l'aveva detta
-Mi dispiace, sapessi quanto-
Squall si mise seduto sul letto, la fissò per un attimo negli occhi, si alzò e uscì a fare il suo lavoro di comandante. Ci si tuffò per i giorni seguenti, ma chiaramente il rendimento andava calando e il suo umore e il suo appetito anche. La dottoressa chiese di vederlo.
-Ragazzo, sei messo male. Che ti è successo? E' per colpa di Rinoa?-
-Può darsi...- la voce era mesta e bassa -Tutto qui me la ricorda...- si mise a singhiozzare in silenzio, senza lacrime, per poi accasciarsi sul letto semi-coscente, bisbigliano "Rinoa, Rinoa..." continuamente.
La dottoressa lo mise a letto con un tranquillante e si recò d'urgenza dal preside, per poi tornare con lui subito dopo.
-Guardi- disse -La cura sembra non essere servita, e ora l'equilibrio mentale del ragazzo è stato destabilizzato da un forte dolore emotivo. Dolore che si intensifica e permane nell'ambiente stesso che lo circonda. Lo deve mandare via o finirà per impazzire, tra esaurimento e dispiacere-
-Va bene- assentì il preside -Si è meritato pienamente qualunque attenzione di cui abbia bisogno. Di quanto tempo ha bisogno?-
-Diversi mesi senza dubbio-
-Molto bene- firmò un foglietto -Questa è l'autorizzazione per l'allontanamento prolungato per motivi medici- lo porse alla dottoressa -Gli consigli uno specialista. Se necessario gli pagherò il periodo di malattia a mie spese-
Squall venne spedito in camera sua a fare i bagagli, dove si complimentò con sè stesso per le sue abilità recitative. Appena fuori del Garden, Leon rispuntò: Rinoa lo aspettava a Galbadia. Quando arrivò a Delign City, raggiunse l'appartamento di lusso in centro, dove Rinoa attendeva sprofondata nella vasca idromassaggio.
-Vedo che non perdi tempo!-
-Chi ha tempo non perda tempo, dice il proverbio-
-E chi è ghiacciato si deve scongelare!- rise lui
-Stupido!- gli tirò dietro un cuscino, poggiato poco lontano
-Io devo andare fuori di nuovo, ci sentiamo stasera- le diede un baciò e si dileguò
Aveva ancora diverse cose da sistemare: il posto macchina, diversi documenti, alcuni ordini da ritirare. Era appena entrato da "Le Chemin de Rois" con il suo solito modo, che una voce maschile lo fermò.
-Ehi, tu- disse -Torna indetro-
-Prego?-
-Cammina fin qua-
Squall era allibito: ma che diavolo voleva quel tipo?! Lo accontentò comunque, dato che era di buon umore. L'uomo si fece pensieroso. Portava vestiti costosi, chiaramente realizzati dal negozio, sulla trentina, abbronzato, dall'aria affascinante.
Gli si fermò davanti, il bacino inclinato verso sinistra come faceva sempre. L'uomo indietreggiò di qualche passo, studiandolo.
-Ragazzo, ti voglio nella mia agenzia-
-Agenzia?-
-Ti andrebbe di fare il modello? Io sono Markus Lenner-
-Lo stilista?!-
-Proprio lui. Allora, ti andrebbe di indossare i miei modelli per diversi milioni di Guil a foto?-
Per un attimo non seppre che dire. Poi il solito sorrisino gli si dipinse in faccia e strinse la mano testa dello stilista di grande fama.
-Affare fatto-
-Presentati domani a questo indirizzo- gli mise in mano un biglietto da visita con la scritta dorata di un indirizzo nella zona residenziale di Delign City, subito fuori città.
Tornò a casa al settimo cielo. Rinoa era stesa sul letto circolare a leggere una rivista di moda, abituata ad essere viziata dal partner, che era capace di spendere autentiche fortune per lei.
-Non indovinerai mai cosa mi è appena successo!- esclamò piombando in camera da letto, il ghigno più beffardo della storia stampato in faccia
-Hai trovato qualcosa di nuovo da comprare?- chiese lei prendendolo in giro; lui la bacio appassionatamente, per poi bisbigliarle
-Markus Lenner mi vuole nella sua agenzia di modelli-
Rinoa per poco non ebbe un infarto: -Ma è fantastico! Ti rendi conto?! Markus Lenner! Lo stilista più famoso al mondo! E' come vincere la maratona partendo un metro prima del traguardo. Sono così felice per te!- gli diede un bacio e lo abbracciò
-Mi vuole domani alla sua agenzia. Ti va di venire con me?-
-Naturalmente-

Al Garden si sentiva indubbiamente la mancanza di Squall, ma dopo tutti quei mesi di silenzio, la lettera giunse inaspettata.
"Cari amici e compagni, commilitoni, preside e tutti coloro che non posso nominare,
ho deciso di non tornare più. So che per voi questo sarà un colpo e me ne scuso, ma, essendomi stata diagnosticata una grave malattia psicologica e nervosa, il Garden è troppo pieno di ricordi perché io ci possa tornare. Vi mando questa lettera per farvi arrivare i miei saluti e auguri, e per dare le mie dimissioni. Qui ho trovato un lavoro che mi manterrà discretamente per quanto mi necessita, grazie a tutti del sostegno e dell'affetto. Salutatemi Rinoa
Squall"
Quistis non poteva credere ai suoi occhi. Squall non sarebbe più tornato? Non poteva essere vero! E come se non bastasse il post scriptum chiedeva gentilmente di non cercarlo per non mettere a repentaglio il suo recupero.
-Bè, ragazzi, credo sia la fine- disse Irvine
-Mai!- esclamò Quistis -Questa non la dovrà mai vedere nessun altro a parte noi quattro e Rinoa- la nascose nella tasca del vestito -Gliene dobbiamo immediatamente spedire una copia-
Così fu fatto. La mattina dopo Rinoa si svegliò prima di Leon, ancora assonnata a causa della notte insonne goduta fino a poche ore prima. Quando si diresse in bagno trovò la lettera sul pavimento e la lesse, impallidendo riga dopo riga. Alla fine della lettera si rese conto che la cosa non la toccava più di tanto. In fin dei conti Squall era sempre stato emotivamente vulnerabile. Mise la lettera in un cassetto, relegando Squall nel suo passato. Ma il tarlo del senso di colpa cominciò a roderla poco dopo, sotto l'acqua della lussuosa cabina doccia. In fin dei conti era colpa sua se Squall si era ridotto in quel modo. Scosse la testa e affogò i cattivi pensieri nel raffinato bagnoschiuma alla mirra e sandalo, sprofondando in un piacevole stato di semi-incoscenza. Quando uscì dalla doccia stava già molto meglio, e svegliò dolcemente Leon con un bacio. Essendo all'incirca le dieci il ragazzo era sufficientemente sveglio per essere partecipe, e per un'altra mezz'ora la stanza rimase buia, l'atmosfera intima coronata dagli ansiti e i brividi di piacere. Poco più tardi però il ragazzo si alzò di malavoglia.
-Ho il servizio a mezziogiorno, mi devo sbrigare- disse, ancora ansimando
Rinoa sbuffò -Che noia... Mi devo fare di nuovo la doccia per colpa tua-
Leon ridacchiò, allungandosi sul letto e stringendola a sè -Come se ti dispiacesse...- le mordicchiò un orecchio
Lei lo baciò, sfiorando con i denti bianchi il labbro inferiore -Resta ancora...- lo pregò
Lui si stese -Non credo che se ritardo dieci minuti avranno troppi fastidi...-
Lei gli si sedette a cavalcioni addosso -Penso anche io...- gli baciò il collo e il viso, lui la strinse, le mani che a volte accarezzavano delicatamente, altre assaporavano con maggiore energia il curve. Gli schiocchi dei baci riempivano la stanza, ma quando l'orologio sul comodino battè le undici entrambi, sudati e con il fiatone, si diressero in bagno, facendo la doccia insieme.
-Io devo posare all'una- disse la ragazza mentre si avvolgeva nell'asciugamano
-E' stata proprio una fortuna che tu mi abbia accompagnato, quattro mesi fa. Così lavoriamo insieme adesso- le diede uno dei suoi soliti baci, caldi e appassionati
Si diressero in auto alla Villa di Lenner, per il servizio di Leon. Gli utlimi mesi erano trascorsi egregiamente, specie per il fatto che Rinoa era stata scelta come modella, dopo che per caso aveva deciso di recarsi insieme al compagno al colloquio e provino. Entrambi avevano fatto soldi a palate, lavorando poche ore ogni giorno e girando per locali VIP la sera, dormendo sempre fino a tardi. Rinoa aveva avuto modo di scoprire il proprio lato selvaggio e in quegli ultimi tempi aveva scoperto cosa volesse dire il termine "relazione basata sul sesso", e quanto le fosse gradito tutto ciò che comportava o poteva comportare. Da quando aveva incontrato Leon la sua vita non aveva fatto che migliorare...mentre quella di Squall era peggiorata. No, non doveva farsi prendere di nuovo dal rimorso. Non era colpa sua. Eppure quella piccola pulce continuava a roderla nell'orecchio. Nelle settimane che seguirono si pose sempre più domande: dov'era Squall, cosa faceva? Stava bene? Stava guarendo? Nonostante la richiesta esplicitata nel post scriptum non poteva fare a meno di desiderare di cercarlo, almeno per sapere se stava bene. Per settimane si tirò dietro questo peso, che cercò di affogare in sesso, alcol e feste. Ma improvvisamente tutto quello che di quella vita l'aveva attratta la turbava soltanto. Pensava sempre a Squall, a dove fosse, e cosa gli fosse successo. Una sera, quasi addormentata, decise di parlarne a Leon.
-Leon...-
-Mi chiami per nome- sorrise lui -Deve essere qualcosa di grave-
-Lo è, veramente-
Lui la abbracciò da dietro -Dimmi tutto-
-Te lo ricordi il mio ex-ragazzo, Squall?- Squall si mise all'erta: aveva visto che le era arrivata una copia della sua lettera al Garden
-Non l'ho mai conosciuto-
-Bhe, è malato di nervi, e si è ritirato in qualche posto tranquillo, ma nessuno sa dove. Io vorrei almeno sapere se sta bene...-
-Malato di nervi?-
-Sì, ha una depressione riguardante i legami affettivi. Non deve più rivedere nessun luogo o persona che appartenga al suo passato-
-Per me faresto meglio a lasciarlo dov'è. Non sono uno psicoterapeuta, ma penso proprio finiresti per mandare a monti tutti mesi di cura che ha fatto finora-
Rinoa scosse la testa -Non voglio parlargli. Voglio solo sapere se sta bene-
-...- come mai lo cercava proprio allora? Perché? Le mancava, per caso? -Farò quello che posso- rispose piano
Lei si volse e lo baciò dolcemente -Grazie-
Squall, in realtà, si sforzò in tutti i modi, nel periodo seguente, di nascondere tutte le tracce che potessero condurre al vero Squall Leonhart. Spendendo una discreta cifra occultò tutti i documenti esistenti. Dopo un paio di settimane di ricerca incessante e con scarsi risultati, Rinoa era davvero depressa. Non riusciva a smettere di pensare a Squall, e lui lo capiva chiaramente. Si sentiva un verme, e ogni giorno che passava la sensazione peggiorava.
Rinoa sospirò -Sembra sparito... Dopo aver lasciato il porto di Balamb di lui non ci sono più tracce-
-Sono sicuro che sta bene-
-Vorrei tanto poter esserne certa... E' colpa mia se adesso sta così-
-Non devi affliggerti troppo...-
-Vorrei solo rivederlo e sapere che sta bene senza di me-
-...- non riusciva più a mentire, nè parlare
-Vado a fare un giro-
-Compra quello che ti pare- le diede un bacio
Quando se ne fu andata Squall si mise di fronte allo specchio e fissò gli occhi viola del riflesso. Cosa era diventato? Aveva fatto delle bugie il suo sostentamento, si era fatto corrompere dal potere del denaro, e avevo coinvolto nella sua dissolutezza anche la persona che più amava al mondo. Per il suo egoistico benestare aveva abbandonato gli amici più cari che aveva e li aveva fatti preoccupare. Aveva gettato all'aria la sua vita in nome di una libertà che aveva avuto come unico risultato quello di corrodere pian piano la sua felicità, causando a lui e alla donna che amava enormi sofferenze e problemi. Aveva finito per disprezzare quello che era in favore di quello che era diventato, aveva seppellito la sua anima nel lusso e aveva trasformato i suoi valori morali in canoni di bellezza e parametri di apparenza. Era ora di chiudere quella spirale perversa.

-Ciao, tesoro!- salutò Rinoa, con appena un paio di borse in mano: lo shopping aveva perso il suo effetto anti-depressivo sulla ragazza. Quando andò in camera da letto per poggiare le borse trovò Leon seduto al centro del letto, le ginocchia chiuse con le braccia, la testa poggiata su di esse.
-Che...succede?- aveva una brutta sensazione
Il ragazzo alzò lentamente il capo, e da sotto i capelli castani emerse un viso pallido, deturpato da una grande cicatrice, gli occhi glaciali che la fissavano, piatti.
Rinoa lasciò cadere a terra le borse, gli occhi spalancati, la pelle cinerea. Fece qualche passo indietro, inciampò. Il suo volto era l'immagine del terrore, dello shock, i movimenti esasperatamente lenti, il bel viso trasfigurato dall'orrenda consapevolezza. Si alzò e corse via disperata, non sapendo se piangere o svenire.
Corse senza badare a dove andava, se per minuti oppure ore non le interessava. Quandò si fermo era fuori dalla città, e davanti a lei si stendeva la gran pianura di Galbadia. Senza boomefriz con sè non poteva sperare di andare molto oltre, quindi si diresse alla malridotta fermata del treno, sperando che passasse presto. Se non altro di soldi ne aveva a bizzeffe, le bastava sventolare quella dannata carta di credito... Si sedette a terra e si abbracciò le ginocchia, nascondendo la testa tra le braccia. Non riusciva a piangere. Ripensò a tutto quello che aveva fatto in quei mesi, e l'unica cosa che le sorse era una nausea incontrollabile, al pensiero che la persona con cui aveva fatto quelle cose era... la stessa che aveva lasciato per poterle fare. Una gran confusione la assalì, le immagini e i ricordi si accavallarono, e poi in mezzo a quel bailamme di sensazioni e spezzoni di vita, l'assurda e pietosa consapevolezza del suo motivo: il disprezzo. Le lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance man mano che i piccoli indizi che nessuno aveva colto le si accumulavano davanti agli occhi. Ma come si poteva disprezzare tanto sè stessi da cercare di cancellarsi dal mondo? Come?! E poi, quandò ripensò al pomeriggio sul motoscafo, a quando lo vedeva in compagnia di ragazze svestite...l'aveva tradita, portandosele a letto. Chi era il ragazzo che aveva adesso davanti? Chi era il mostro che la aveva portata oltre la linea di non ritorno? Un servo del dio denaro e della dissolutezza. Fino a quel momento non aveva voluto guardare in faccia la realtà delle cose, ma la vita di entrambi era all'insegna del sesso e del denaro, del divertimento e dell'alcol. Dove era finita la Rinoa dolce e romantica, e lo Squall tranquillo e posato, amante della solitudine? Dove si erano persi quei due ragazzi che si erano dati quello splendido bacio sulla terrazza del Garden? Si mise a piangere in silenzio, sentendosi sporca e sola, sperduta all'improvviso al risveglio da un sogno, che l'aveva condotta in luoghi sconosciuti. Lo sferragliare del treno che ruppe il silenzio la destò, probabilmente si era addormentata. Salì e pagò il biglietto fino a Balamb con i contanti che aveva in tasca, e si addormentò di nuovo in treno. Fece un agghiacciante incubo in cui rivisse tutte le serate che lei e Leon avevano trascorso, ed ognuna la nauseò più della precedente. Si svegliò di soprassalto quando il controllore le toccò una spalla.
-Signorina, questa è la sua fermata- la ragazza, i vestiti scomposti e tutta spettinata, scese dal treno, per poi prendere la strada verso il Garden.
Vi giunse che il sole stava tramontando, con passo lento e quasi arreso, e quando varcò i cancelli tutti si voltarono a guardare chi fosse quella bella ragazza vestita bene, così lacera e in disordine. Quistis non ci mise più di un attimo a riconoscerla.
-Rinoa!- le corse incontro e la abbracciò -Ma tu non eri a Galbadia con Leon?-
Rinoa decise di tacere la verità -Non...non volevo più stare lì-
-Come hai fatto a ridurti così?!- non ottenne risposta e la portò in infermeria, dove la dottoressa Kadowaki la visitò. Rinoa le chiese di non fare menzione del suo seppur palese stato emotivo. La dottoressa acconsentì, anche se dubbiosa, e le prescrisse solo molto riposo. Quistis la raggiunse in giardino.
-Squall se ne è andato, dopo che sei partita, ti ho spedito la sua lettera, l'hai ricevuta?-
-Sì...-
-Sei sicura di star bene?-
Rinoa ebbe alcuni conati di vomito. Dopo che si fu ripresa un attimo disse: -Sto bene-
-Rinoa...- Quistis aveva un atroce sospetto
La dottoressa arrivò di corsa dall'infermeria.
-Che succede dottoressa?- chiese Quistis
-Rinoa, vieni qui- disse alla ragazza
Rinoa si avvicinò.
-Non so come dirtelo-
-Che succede?!-
-Rinoa, tu sei incinta- La ragazza stramazzò a terra -Di due mesi-
Rinoa non credeva alle sue orecchie: -Cosa?!-
-Incinta?!- esclamò Quistis, che aveva sentito tutto
-Di due mesi, sì-
Rinoa abbassò lo sguardo.
-E' figlio di Leon vero?-
Non sapeva che rispondere. Non voleva rivelarle quello che Squall aveva fatto.
-Sì...-
-Bè, suppongo tu voglia tenerlo- ancora nessuno sapeva quello che era successo. E mai nessuno avrebbe dovuto saperlo.
-Certo- in fin dei conti era figlio di Squall, l'unico uomo che amasse e avesse mai amato
-Bene, allora sarò felice di prendermi cura di te durante questi mesi- le sorrise dolcemente, confortandola. Rinoa si sentì un po' meglio.
Si chiuse nella sua stanza, si stese sul letto e posò una mano sul ventre che ancora non dava segni della vita nascente al suo interno. Quistis entrò piano, chiudendo la porta dietro di sè.
-Come stai?-
-Sto... bene-
-Cosa pensi di fare ora?-
-Oh, scriverò una lettera a Leon-
-Soltanto una lettera?! Non avrò esperienza ma mi sembra una cosa che va detta di persona...-
-Abbiamo litigato, ancora non me la sento di rivederlo... Se vorrà verrà qui a farselo ripetere- replicò lei, ben sapendo che Squall non sarebbe mai venuto fin lì
-Capisco-
Rinoa si alzò -Gliela scrivo subito-

"Caro... Squall(?),
sono felice di comunicarti che... sono incinta. Da un po' ormai. Ultimamente non mi è riuscito di trovare un modo per archiviare quello che è successo... Ma spero avrai il buonsenso di mettere a parte gli altri di qualcosa. E anche che tornerai, almeno a veder nascere tuo figlio (o figlia). Avevo sperato di scegliere un nome con te, nei miei sogni romantici, ma mi pare chiaro che questa non è cosa possibile, dato che non so come reagirei vedendoti, nei panni di Leon o di Squall sarebbe lo stesso. Io ho molto riflettuto su di noi, spero tu abbia fatto lo stesso.
Rinoa"
La lettera giunse ad uno sconvolto Squall cinque settimane più tardi, essendosi Rinoa decisa a spedirla cinque settimane dopo il previsto.
Squall si stese sul letto dell'appartamento, dal quale ormai non usciva quasi più. Doveva tornare? No, con che faccia tosta avrebbe guardato in faccia Rinoa dopo quello che aveva combinato? Come avrebbe fatto a guardare in faccia suo figlio? No, non poteva tornare. Non prima di aver trovato un modo per redimersi a sè stesso. Ripose la lettera in un cassetto e si mise a pensare ad una risposta.

<<...sul fronte di Galbadia si è ufficialmente aperta una guerra civile: l'esercito si è ribellato al nuovo ordinamento governativo decretato dal referendum avvenuto una settimana fa. Serrate la fila e spostatosi fuori città, si è riunito nel deserto, usando le strutture governative lì presenti come base, e ha rispedito indietro in condizioni gravi le delegazioni governative mandate a contrattare la ripresa del servizio. Il presidente è stato chiaro: è guerra civile. Il fronte della guerriglia è diventato urbano questa mattina quando i primi soldati hanno violato i confini cittadini, ferendo diversi civili e uccidendo tre guardie cittadine. Ancora non si conoscono le intenzioni del presidente per rispondere all'attacco...>>
Squall chiuse la vecchia borsa sgualcita, si mise il Gunblade in spalla e si avviò, imbucando una lettera lungo la strada.

Rinoa ricevette la telegrafica risposta di Squall due settimane più tardi.
"Mi fido che sceglierai un nome splendido. Non tornerò, forse per molto, forse mai, ma sappi che ti sono vicino con il cuore. Ti spedirò qualcosa ogni volta che potrò.
Mi dispiace...
Squall"
Non sapeva che dire, cosa pensare. Non era da lui scrivere una cosa del genere. Forse non sarebbe mai tornato? Cosa voleva dire? La preoccupazione la assalì, era ancora innamorata di lui, nel profondo del cuore.
-E' arrivata?- le chiese Quistis, alle sue spalle
-Sì...-
-Galbadia Ovest?- lesse il timbro postale -Ma non è dove è scoppiata la guerriglia urbana della Guerra di Rivolta?-
Il cuore di Rinoa saltò un battito: era andato in guerra...? Sospirò. Era tipico di lui trovare rimedi estremi per redimersi a sè stesso, ma era stato crudele a condannarla così, ad attendere di vedere il suo nome sui necrologi o sentirlo ai telegiornali. Si mise a piangere.
-Rinoa? Non mi dire che...!-
La ragazza annuì mesta.

<<Dopo quasi sei mesi, la guerra civile a Galbadia continua a portare soltanto devastazione ai civili, che vengono risparmiati dalla morte dai soldati rivoltosi, e morte per i volontari. I SeeD si sono tirati fuori da questo conflitto, asserragliati nei loro Garden e preoccupati di tenere i loro nasi ben lontani dalla faccenda, per non guastare futuri rapporti lavorativi con i galbadiani. Nel frattempo Galbadia è divisa in due: da una parte i soldati e i civili scontenti del nuovo ordinamento, dall'altra gli astenuti e i volontari che difendono la patria, o, nel caso di alcuni soldati di fortuna in particolare, difendono uno stato che nemmeno conoscono. Tutto il mondo si è fatto conivolgere, mentre il presidente nega ancora di apparire in pubblico e non si schiera. Le notizie...>>
Rinoa sospirò, ma il grido disperato del bambino la distrasse per l'ennesima volta dalle sue preoccupazioni. Quistis entrò a passo svelto.
-Un altro vaglia per te, mia cara- le consegnò la busta con dei soldi -Come sta la piccola Edea?-
-Piange disperatamente ogni cinque minuti- Rinoa sorrise mestamente
-Edea!- Selphie entrò saltellando e subito si precipitò al capezzale della bambina, facendole cucci-cucci e muovendole un dito davanti al viso -Quanto sei carina! Proprio come la tua mamma!- la piccola rise
-Sei l'unica che riesca a farla ridere- si congratulò Irvine -Per il resto sembra inconsolabile-
-Irvine, come andiamo a Galbadia?- chiese Quistis al compagno, appena tornato da un viaggio proprio da quelle parti
-Non bene temo. Il conflitto si fa aspro, soprattutto da parte dei civili che si sono uniti ai soldati in rivolta. Non finirà presto quanto si sperava-
-Sono preoccupata, Galbadia non reggerà senza l'intervento dei SeeD-
-Lo penso anche io. Resta solo da vedere quando cadranno-
Rinoa si strinse al petto la lettera. Quanto avrebbe voluto che lui fosse lì, accanto a lei, anche se ancora non era riuscita a perdonarlo. Non sopportava di rodersi in quel modo non sapendo cosa gli succedeva. Avrebbe potuto morire e lei non ne avrebbe saputo niente. Almeno fino a quando non lo avessero identificato, cosa che avrebbe potuto non accadere mai.

I mesi passavano, mentre tutti si preoccupavano di dove fossero Squall e Leon, Rinoa unica che sapeva la verità. La piccola Edea cresceva, le spuntarono i primi denti, fece i primi passi, disse la prima parola. E Squall non era lì per vederla. Fu il giorno del terzo compleanno della piccola che accadde l'inaspettato. Da non molto erano riprese le comunicazioni e i trasporti con Galbadia, i telegiornali acclamavano la conclusione della guerra e finalmente tutti cominciavano a tirare sospiri di sollievo. Non molto tempo dopo che il presidente di Galbadia aveva annunciato la cessazione delle ostilità, Rinoa finì di spulciare i necrologi, non trovando nè il nome di Squall nè quello di Leon. A quel punto sperava solo che tornasse. Quegli anni da sola le avevano fatto capire quanto lo amasse, quanto fosse disposta a fare, e a perdonare, per riverlo accanto a sè. Erano tutti così presi a preoccuparsi che quando arrivò il primo treno dalla terraferma nessuno se ne accorse. Il Garden si riempì di parenti e studenti che tornavano a casa dopo la permanenza forzata oltreoceano. Tra questi, quasi portato dalla folla, vi era uno di quelli che si erano meritati l'appellativo di "eroi di guerra". Un volontario che, pur avendo riportato numerose ferite e portandone ancora le cicatrici, aveva combattuto con valore per tutta la guerra, aiutando i più deboli e dimostrandosi persona di buon senso e coraggiosa. Agli abitanti di Balamb pareva impossibile che un loro compatriota potesse essere un eroe di guerra, ma quale orgoglio per la piccola isola! Immediatamente tutti i presenti si misero e cercare tra la folla che scendeva dai treni e dalle navi il misterioso individuo, aspettandosi chissà che, ma nessuno sapeva chi fosse e nessuno riuscì a scorgerlo, mentre questi, avvolto in vestiti sgualciti e con un cappuccio nero tirato sulla testa, si allontanava non notato verso il Garden.
Prese a piovere, dopo che il grigio plumbeo incombeva da tutta la giornata sui cuori gioiosi di Balamb, finalmente piovve, quasi anche il cielo piangesse di felicità per la fine della guerra. Era primavera, ma il caldo era già arrivato, e dal cielo piovve acqua calda, proprio come se fossero lacrime. Il soldato con il cappuccio nero entrò da solo nel Garden quasi deserto, passando davanti ad un custode distratto dalla televisione che pubblicava gli elenchi dei caduti. L'aria era scura e pesante, e lui avanzava con calma nella pioggia, la sacca militare in spalla, un sorriso dipinto sulle labbra.
-Ci si rivede, Balamb Garden-

-Ma che freddo!- urlò Selphie battendo i denti e stringendosi a Irvine -Perché piove acqua fredda adesso?- si lamentò poi
Negli alloggi del dormitori in realtà avrebbe fatto caldo, ma il caso voleva che quei pochi rimasti al Garden fossero in quel momento sprovvisti di riscaldamento, e quindi battessero i denti stretti nelle coperte di una stanza del dormitorio.
-Speriamo accendano presto il riscaldamento- disse Quistis, che peraltro non sembrava ricevere alcun fastidio dal vento feddo che soffiava fuori dalla finestra e penetrava in spifferi insistenti. Rinoa guardava fuori, nel muro ovattato formato dalla pioggia battente, e vide la sagoma scura avvicinarsi al dormitorio.
-Ehi, ma c'è qualcun altro oltre a noi qui al Garden?-
-Non che io sappia- replicò Quistis
-Sono andati tutti alla stazione e al porto- spiegò Zell
-E allora quello chi è?- indicò fuori
Tutti fecero un balzo quando lo sguardo seguì il dito puntato di Rinoa.
Si precipitarono sotto il portico del dormitorio, non osando mettere piede fuori, dove l'acqua gelida scorreva a fiumi e il vento soffiava feroce.
La figura scura si delineò ben presto davanti a loro, sotto il portico: gli scarponi neri avanzavano senza apparente fastidio nell'acqua gelida, i calzoni neri fradici fin sopra il ginocchio, modello militare, si erano appiccicati alla pelle, la felpa nera, ormai evidentemente fradicia perfino da quella distanza, gocciolava piano fino a terra; il cappuccio copriva il viso, bagnato e aderente al capo.
Quando la figura giunse fino a loro, tutti si scansarono subito per farlo entrare, nemmeno chiedendosi chi fosse e come avesse fatto a giungere fin lì. La piccola Edea corse a vedere cosa succedeva.
-Sei un soldato, signore?- chiese educatamente all'uomo, imponente e cupo, non senza un filo di infantile paura
-Sei sveglia, piccola- le rispose una voce profonda e leggermente rauca per il freddo; allungò le mani per prenderla in braccio, la bambina si ritrasse. Rinoa non riusciva a muoversi, la domanda le si era fermata in gola, l'aspettativa la stava uccidendo. Vide la fondina di una pistola sotto l'ascella dell'uomo, ma poi lui interruppe il movimento.
-Nah, ti prenderesti solo una peste se ti prendessi su adesso, con come sono fradicio- disse con tono spiccio, dando a tutti la certezza di essere un soldato
-Sei di qui?- chiese Quistis circospetta -Del Garden?-
L'uomo sorrise -Lo ero, sì-
Per un attimo a tutti sorse il dubbio che fosse Seifer, che aveva lasciato il Garden anni prima.
-Seifer?- chiese Zell dubbioso
L'uomo rise -No, non ci sei-
Si tolse il cappuccio, rivelando morbidi capelli castani tagliati a spazzola, com'è tipico dei militari, e una cicatrice che partiva dal mezzo della fronte e scendeva tra gli occhi per poi unirsi ad un secondo solco che correva lungo la guancia sinistra fino al collo. Gli occhi color del ghiaccio sorridevano divertiti a tutti i presenti.
-Squall!- gridarono tutti, in preda allo stupore
Lui si passò una mano in mezzo ai capelli corti -Ci si rivede- ammiccò all'indirizzo degli amici
Tutti si gettarono su di lui, le ragazze per abbracciarlo, i ragazzi per dargli amichevoli pacche sulla schiena e strette di mano, la piccola Edea in disparte che lo fissava. Rinoa rimase indietro. Quando ci fu di nuovo silenzio, la bambina si fece avanti.
-Tu sei il mio papà?-
Squall si volse a guardare sua figlia.
-Sì, piccola- sorrise dolcemente, e la prese in braccio
-Sei bagnato- tutti si misero a ridere; la bambina passò una mano paffuta sulla cicatrice che segnava la guancia del padre -Mamma mi ha detto che ne hai solo una-
Squall si mise a ridere -Questa me la sono fatta di recente-
-Che bello! Il mio papà è un eroe!- i sorrisi si aprirono sui visi dei presenti
-Tesoro, mamma e gli zii devono parlare con papà, è stato via a lungo-
-Ma...- voleva stare del tempo con il padre che non aveva mai conosciuto
-Tesoro, non discutere. Avrai papà tutto per te più tardi- Squall la mise a terra
-Va bene, mamma- la bambina trotterellò via col broncio
-Squall...- Rinoa aveva le lacrime agli occhi; si gettò tra le braccia del compagno, piangendo disperatamente, così che il bacio si scambiarono ebbe sapore di lacrime.
-Rinoa... mi dispiace. Non potevo affrontarti- le sussurrò lui
-Non... importa. Dopo tutto questo tempo, non importa più...- lo strinse a sè, finalmente, dopo tre anni che attendeva con terrore il momento in cui avrebbe letto della sua morte. La ragazza sentiva la leggera felpa fredda e umida sulla pella nuda delle braccia, e sotto di essa i muscoli dell'altro, che la guerra aveva decisamente indurito e irrobustito, facendolo quasi assomigliare a uno di quegli stereotipi, ad un soldato giocattolo, col taglio militare, gli scarponi e i muscoli in vista.
La mano della ragazza si posò sulle braccia di lui, stringendo leggermente -Ma che hai fatto?- rise di sollievo -Sembri un soldatino giocattolo!-
Squall rise -Finisci per fare parecchio sport!-
Si ritirarono tutti nella stanza, dove li aspettavano un po' di cibo e di bevande, e dove Squall raccontò la sua esperienza tra le fila dei volontarì che avevano combattuto per il presidente. Raccontò di come un soldato galbadiano gli avesse procurato con un coltello la cicatrice che ora aveva sul viso. Un episodio piuttosto normale, ma il buio gli era costato mezzo volto. Quando si tolse la felpa, però, i segni bianchi al di sotto della pelle si fecero vedere, dimostrando come, anche senza cicatrici, avrebbe portato i segni della guerra per tutta la vita. Parlarono per ore, scherzarono e risero. Quando tutto il Garden si fu ripopolato, Rinoa mise a letto la piccola Edea, anche se quella avrebbe voluto restare ancora sveglia, e, dato che aveva smesso di piovere, lei e Squall andarono in giardino, lui con ancora indosso la canottiera nera che portava sotto la felpa.
Per un attimo ci fu silenzio, poi Rinoa scoppiò di nuovo a piangere, urlando a Squall quanto la avesse fatta preoccupare e quanto fosse stata male. Lui dal canto suo le chiese perdono per ogni cosa, quasi perfino per essere tornato vivo. Ah, quanto sollievo nelle lacrime dei due! Sembrava che non si fossero mai lasciati.

-Comandante!-
-Che vuoi, ragazzo?-
-Signore, abbiamo un problema con una rissa...-
-Arrivo-
Una volta che i partecipanti alla rissa furono stati fermati e mandati dalla dottoressa, e le note disciplinari firmate, Squall si accasciò su una panca lì vicino, Zell con lui. I capelli corti si mossero appena all'ansito del vento, mentre la lunga chioma bionda di Zell, che adesso portava i capelli sempre sciolti, frusciò come le foglie.
-Papà! Papà! Ho preso 9 nel compito!- Edea si precipitò sulle ginocchia del padre, che era in divisa mimetica
Squall le diede un buffetto -Sono contento che tu vada bene a scuola, tesoro. Ma adesso fila da mamma, prima che si preoccupi, non vedendoti-
-Papà!- urlò la ragazzina, indignata -Ho dodic'anni, non sono più una bambina!-
-Oh, certo che no. Ma fila lo stesso-
-Uff- si allontanò
Squall mise le mani nelle tasche della giacca mimetica, e accavallò le gambe: la tuta frusciò.
-Comandate?- chiamò uno studente
-Che c'è, ragazzo?-
-Signore, la sua festa di compleanno sta per cominciare-
-Grazie, figliolo, vengo subito-
Zell rise -Sembri mio padre-
-Eh?-
-Chiami tutti "ragazzo" e "figliolo"-
-Ah, Zell, forse un giorno imparerai che quando hai fatto la guerra puoi permetterti di fare così anche se hai appena compiuto 34 anni!-
I due amici risero, si alzarono e si diressero verso il dormitorio, la tuta color mimetico di Squall e i suoi scarponi che spiccavano in mezzo alla folla come inchiostro nell'acqua.


FINE


 


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